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Autore: Alex Wolf    16/12/2013    7 recensioni
Ultima parte della storia di LegolasxElxSauron. Ispirata al film "Il ritorno del re".
Dal 13° capitolo:
"Mi sono sempre chiesto perché amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo so.
- Alessandro D'Avenia"
« Stai lontano! Stai lontano da me! » Gli ordinai, facendo un passo indietro. I suoi occhi celesti mi guardarono stupiti dal mio comportamento e le sue labbra si socchiusero un poco. « Non voglio farti del male, ti prego. » Lo implorai, e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii fragile, distrutta e vuota dentro, con le lacrime che minacciavano di scendere. Ma non volevo piangere, perché non volevo mostrarmi debole, non volevo essere debole.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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You must go. ‘Cause it’s time to choose. 

 
 
“ Give me love, like her. ”

 
- Ed Sheeran.
 
 


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Quando Legolas decise di alzarsi il sole stava tramontando dietro una collina, al di la delle mura di Edoras. Il cielo era terso, e dipinto di rosa, rosso e arancio. Dalla finestra si sentivano le risate dei bambini, e degli uomini che rincasavano per la cena. Accanto a lui, sotto uno strato di pesanti coperte riposava la sua stella, immersa in un bel sogno, a giudicare dal sorriso che aveva sulle labbra. La vide stringere il cuscino e affondare ancora di più il viso nella stoffa della federa, tornando poi a riposarsi beatamente. L’elfo sorrise e con calma si alzò, i piedi scalzi toccarono le piastrelle del pavimento e lo fecero rabbrividire. Si stiracchiò un poco e il suo sguardo cadde sulla scrivania: i fogli impilati ordinatamente su di essa avevano una piccola gobba verso l’alto. Incuriosito, si diresse verso di essi e li sollevò. Una busta color crema si presentò ai suoi occhi, ma non fu quello a farlo tremare bensì il sigillo sopra riportatovi: due corna di cervo verdi sigillavano il tutto. Scostò con delicatezza la sedia che giaceva dinnanzi alla scrivania e vi si sedette. Si accarezzò il volto, sostando con le mani a metà viso più del dovuto. Il suo volto era una maschera di preoccupazione, curiosità e ancora preoccupazione. Se suo padre gli aveva spedito una lettera da Bosco Atro poteva voler dire molte cose, e la maggior parte potevano non essere belle. Facendosi forza, lanciò un ultima occhiata alla sua compagna, strappò il sigillo e ne estrasse la busta. La calligrafia perfetta di Thranduil spiccava in nero sul foglio color latte.
 
 

“ Legolas,

sono mesi che sei partito, e di te non ho notizie. Non mi dilungherò troppo con frasi scontate, ti chiedo solo di scrivermi come stai e che succede. Fanie sta arrivando, l’ho mandata io per tenerti d’occhio, non che non sappia che tu sei un ottimo arciere ma perché sei mio figlio, e come tale, voglio più sicurezza per te che per chiunque altro. Quando tronerai dalla tua eroica battaglia, figliolo, ho deciso che sarà Fanie la tua sposa. Immagina cosa vorrebbe dire avere il territorio di Mordor nel nostro regno, saremmo imbattibili. So che approverai la mia scelta, perché è la cosa giusta da fare per il nostro reame, e per te così che tu possa dimenticarti di Isil.
 

Thranduil ”
 
 
Il cuore millenario di Legolas prese a battere lentamente, mentre nelle sue mani la lettera veniva accartocciata e gettata a terra. I suoi occhi corsero nuovamente alla creatura distesa nel letto, e una lacrima gli rigò il volto. Come avrebbe potuto lasciarla andare, ora che aspettava suo figlio? Come avrebbe solo potuto separarsi da lei, che sebbene fosse acida, arrogante e comandasse tutto e tutti, era la sua El, la sua “stella”? E un secondo problema si aggiungeva a tutto questo, Fanie stava arrivando; probabilmente con i suoi draghi.
« Leg… Legolas?  Che ci fai già sveglio? Che ore sono? » La voce assonnata di Eleonora risuonò fra le pareti della stanza. L’elfo le sorrise e si alzò, tornando a sedersi di fianco a lei sul materasso. La luce del sole le illuminava i tratti facendola sembrare più bianca, due profonde occhiaie erano marcate sotto gli occhi e i capelli scompigliati sul volto. Era un disastro, ma restava bellissima. Prese ad accarezzarle i capelli scuri e i suoi occhi restarono  fissi sul volto di lei, che invece osservava il mondo cambiare fuori dalla finestra.
L’elfo sospirò.
« Tutto bene Legolas? » Era una voce vellutata quella della compagna, che ora lo fissava di traverso. « Sembra… che ti sia caduto il mondo addosso. » Scherzò lei, rifilandogli una pacca sul petto; evidentemente si era svegliata con il buon umore. Il giovane principe sbatté le palpebre e posizionò meglio la schiena sul cuscino alle sue spalle, continuò ad accarezzarle i capelli come se fosse la cosa più ordinaria del mondo e prese un bel respiro.
« Sto bene. » Mentì lui, rivolgendole un sorriso felice. Si domandò se lei lesse i suoi occhi, la tristezza che vi era dentro, perché ad un tratto la gioia nelle iridi della guerriera scomparve e al suo posto apparve sconcerto. Più veloce della luce si alzò, scavalcando il corpo del compagno, e si diresse in bagno. Legolas la seguì e le resse i capelli mentre vomitava sangue, ancora una volta.
 
 
 


°    °
 
 
 




L’aria le colpì il volto con talmente tanta forza che fu costretta ad abbassarsi contro il collo del dragone nero per restargli in groppa. Strinse il pomo della sella che il suo animale indossava e fischiò; quello era il segno che bisognava atterrare. Il sole stava calando dietro le colline e Fanie riusciva a scorgere Edoras sotto di loro. I suoi draghi sarebbero atterrati fuori le mura, erano troppo grandi per atterrarvi dentro sebbene fossero cuccioli. Con un tonfo le possenti zampe del dragone toccarono terra e un ruggito si alzò disperdendosi nell’aria fredda. Le luci delle case presero forza e subito un gruppo di arcieri si affacciò con le frecce incoccate negli archi. L’elfa alzò l’angolo della bocca e tirò fuori dalla borsa che teneva a tracolla un enorme pezzo di carne, che lanciò in aria e scomparve fra le fauci del rettile. Un altro ruggito si levò non appena una figura comparve sulle mura. Era buia, contro sole, ma Fanie l’avrebbe riconosciuto sempre e comunque, in ogni luogo. Poggiò le mani sui fianchi e spostò il peso su una sola gamba; un alito di vento le scompigliò i capelli biondi.
 
 
La sala del trono si presentò agli occhi dell’elfa con imponenza. I colori rossi del pavimento, e quelli verdi e oro degli arazzi risaltavano subito agli occhi. Le grandi colonne poste al centro di essa, decorate splendidamente, creavano un corridoio al suo interno che portava al trono. Le finestre posizionate in alto facevano entrare gli ultimi raggi di sole, e un fuoco ardeva in un piccolo camino con sopra un maiale allo spiedo. Un nano dalla barba fulva lo girava senza staccare gli occhi da quello.
« Convivi coni nani? » Domandò schizzinosamente l’elfo-femmina al ragazzo dai capelli biondi. Lui, che era rimasto serio per tutto il tragitto che li aveva condotti a palazzo le gettò un occhiata veloce, per poi indicarle una panca su cui sedersi. Lei ubbidì e le sue gambe gliene furono grate. Cavalcare draghi era splendido, certo, ma indolenziva i muscoli talmente tanto da non sentirli quasi più. Si sistemò o capelli su una spalla e riprese a guardare il suo principe. Erano passati mesi dall’ultima volta che l’aveva rivisto e non era cambiato di una virgola: solito portamento regale, soliti vestiti lavati milioni di volte, soliti occhi azzurri e magnetici. Quegli occhi che le ricordavano Thranduil, senza però infonderle paura come facevano quelli del suo sovrano.
« Lui è Gimli, figlio di Gloin, un mio amico », gettò un occhiata al nano e sorrise, « e compagno d’avventure. » Fanie sbatté le palpebre e alzò le spalle, lisciandosi i pantaloni con le mani come per non pensare alle parole del principe.
« Tuo padre lo sa? »
« Beh, non è per questo che sei qui? Per tornare a riferirgli come sto, cosa faccio?  Per riferirgli se io sono d’accordo a sposarti? » Per un secondo, il principe, digrignò i denti.
« Tuo padre l’ha deciso, non io. » Sborbottò immediatamente la guerriera, rizzando le spalle come un cane ringhia quando è messo alle strette. « E sono qui per sapere come stai, e per proteggerti. I miei draghi sono pronti per la battaglia. »
« Tu non hai obbiettato, non è così? » Ringhiò Legolas, allungandosi verso di lei con fare intimidatorio. Qualche ciocca gli ricadde sul viso ma non ci fece caso più di tanto, e continuò: « io non posso sposarti, Fanie. Ti sono grato per tutto quello che hai fatto e stai facendo, ma io non ti sposerò. »
« Perché? »
« E’ difficile spiegare, Fanie. » La giovane sbatté le palpebre e prese un bel respiro. Ora quegli occhi azzurri sembravano così freddi, parevano davvero quelli di Thranduil.
« E così: mi baci dicendo che hai dimenticato Isil, quando potevo benissimo leggere nei tuoi occhi che non era la verità, parti per questa impresa e dopo te ne vieni fuori dicendo che non puoi sposarmi senza una motivazione, andando contro i desideri di tuo padre di avere Mordor. Perché? » I palmi della ragazza si poggiarono sulle mani di lui, poi ci ripensò e li adagiò sul tavolo di legno freddo. L’ultimo raggio di sole si posò sul viso del principe, rendendo i suoi lineamenti rigidi e scuri. « Legolas, quello sulle tue mani è sangue? Che ti è successo? » Chiese poi notando delle sfumature rosse sulle dita del principe. Subito uno strano presentimento crebbe nel suo petto, la paura che si fosse ferito in una delle tante battaglie a cui aveva partecipato ultimamente. Lui poggiò le armi sul tavolo, socchiuse le labbra pronto a rispondere e si tirò indietro, come se qualcosa lo avesse costretto a indietreggiare. Una figura entrò nella sala da una porta secondaria alle spalle di Fanie, che si rese conto di lei solamente quando se la ritrovò accanto. Indossava un vestito azzurro, i capelli scuri erano lisci sulle sue spalle esili e candide e le labbra rosa chiaro erano piegate verso l’alto nella direzione di Legolas; e lui ricambiava. I due si guardarono per pochi secondi prima che la giovane si accorgesse di Fanie, ancora seduta sulla panca a fissarla
 
 



°   °
 
 



Mi avvicinai a Legolas, mettendomi al suo fianco e scrutai la giovane elfa che avevo innanzi a me. I lunghissimi capelli biondi le ricadevano su una sola spalla, il busto era fasciato da una casacca verde simile a quella di Legolas e i pantaloni marroni finivano in degli stivali neri e alti. Sulle sue spalle giaceva un armatura strana, ma tutta via di un materiale che già conoscevo: squame di drago azzurre. Mi accigliai e feci per aprire la bocca e parlare ma qualcosa mi trattenne, un pensiero potente scivolò nella mia testa e strinse in modo da farsi sentire.

Io sono Túron.

La sua voce echeggiava nel mio cranio con un eco continuo, mi sembrava di essere in mezzo a due campane che suonavano.

Io sono il vittorioso, colui che ti servirà ora che il tuo cuore ha cessato di battere. Io sono colui che ha fuoco e uragano dentro di se. Io sono figlio di Smaug.

Aprii le palpebre come se avessi visto un fantasma e guardai con preoccupazione fuori dalla finestra. Il sole era tramontato e tutte le lanterne brillavano al di fuori della reggia. Gimli era ancora impegnato a girare il suo “spuntino” serale, mentre alcuni servi cominciavano ad apparecchiare la tavola per la cena. Congiunsi le braccia al ventre e scacciai la presenza dai miei pensieri, chiudendo la mente all’essere che diceva essere figlio di Smaug.
« La tua armatura », dissi senza troppi giri di parole, attirando l’attenzione dell’elfo femmina che ora si era alzata in piedi. « E’ fatta con squame di drago: dove le hai prese? » Alzai il mento per mostrarmi sicura di quello che dicevo.
« Non devo risposte a un umana. » Sputò fuori la ragazza bionda, e i suoi occhi azzurri cielo mi perforano l’anima. Incrociò le braccia al petto e fece un passo avanti, sicura di se. Sul suo polso intravidi lo stesso stemma che era inciso sulla busta che avevo ritrovato il pomeriggio stesso; ora che ci pensavo dovevo ancora leggerla. Non sapevo come, ma sapevo di conoscere quel simbolo: apparteneva al mio passato, a qualcosa che mi aveva segnato.
« Dove le hai prese? » Scandii, con più gentilezza questa volta. Legolas mi circondò il bacino con un braccio e non mi sfuggì l’occhiata che la giovane gli rivolse. Era gelosa. Ma chi era lei per Legolas? Cosa significava il suo arrivo? E dove diamine era il drago che mi aveva parlato? 

 



°   °
 



L'ultimo sguardo di Fanie fu per Legolas. I loro occhi si incontrarono e lei vi lesse felicità e tristezza assieme. Tornò a guardare la ragazza e le iridi le caddero sulla mano poggiata sopra il ventre coeprto dal vestito: era come una tenuta possessiva, dolce e forte al tempos tesso. La carezza di una madre al figlio ancora non nato. E solo allora capì perché il suo principe non l'avrebbe sposata: perché aspettava un figlio da un'umana. Il mondo le crollò addosso; tutti quei mesi sulle sue tracce, tutti quei sacrifici, tutte le sue piccole battaglie messe in atto contro Thranduil per mandarla a cercarlo. Tutto vano, perché lui non l'aveva nemmeno pensata, neppure per un attimo. Aveva preferito un'umana a lei, aveva preferito una sconosciuta ad un'amica che sapeva amarlo. Ma cosa poteva mai darle lei, insulsa mortale, che Fanie non poteva? Cosa aveva quella ragazza di così speciale da riuscire a conquistare Legolas? Come aveva fatto a farsi amare così dal suo principe?





Anyway,
capitolo scritto in fretta per il poco tempo a mia disposizione :O. 
Avrei dovuto anche scrivere "La ragazza dei draghi" ma non c'è l'ho fatta, la posto dopo domani. Riguardo Fanie che mi dite? Ammetto che è insopportabile ora, ma lei e El stringeranno un bel rapporto in seguito. Ricordatevi che non lascio nulla al caso ;) E poi compaiono i primi accenni a Thranduil, che vi aspettate da lui? E dal nuovo amichetto 
Túron
Dedico il capitolo a tutte quelle sventurate che hanno avuto la sfortuna di conoscermi XD ( e che si sono iscritte al gruppo):

Viviana.

Zaira.

Giulia.

Viviana.

Paola.




 
  
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