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Autore: The_Last_Smile    16/12/2013    1 recensioni
"Non risposi. Troppe emozioni che si sovrapponevano, troppi pensieri, troppe domande che si ammucchiavano nella mia mente e che non mi facevano fare pensieri razionali e logici.
- hai paura del buio forse? – continuò a chiedere lui facendosi sempre più vicino. Adesso i nostri nasi si sfioravano. “avvicinati di più. Ti prego…”. L’unica movimento che riuscii a fare fu quello di prendergli la mano, come per supplicarlo.
Non avevo paura del buio, ma di quello che c’era dentro.
Sorrise e si avventò dolcemente sulle mie labbra."
La storia è tratta da un sogno che ho fatto tempo fa. fatemi sapere se vi piace tramite una recensione C:
Genere: Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WEEE!! Ciao ragazzi, sono Pina, una ragazza che ama il sovrannaturale XD vorrei  un parere su quello che scrivo, ma solo se vi va! La storia l’ho tratta da un sogno che ho fatto molto tempo fa, e ora, dopo essermi fatta cinquecento pippe mentali su come doveva essere questa storia, l’ho finalmente pubblicata C: buona lettura!! Recensite se non vi appalla troppo XD

SCIAOOO !

 

 

 

Mi rivoltai nel letto e sentii qualcosa di duro e massiccio sbattere contro la mia schiena. Mi lamentai rumorosamente, aprii gli occhi e mi ritrovai a pochi centimetri dal viso un paio di grandi occhi castani che mi osservavano fastidiosamente. Mi alzai di scatto dal letto e rimasi in piedi in attesa di qualcosa.

Era Jhon.

E stava continuando a osservarmi – buon giorno-disse, ma io ancora non riuscivo a connettere bene, non gli risposi neanche e andai verso lo specchio per sistemarmi un po’.

Poi presi coraggio e dissi – buongiorno –.

Lui si alzò dal letto e sollevò da terra due grosse buste firmate “Gucci”, le posò sul letto e mi disse con tono di sfida – queste te le manda Ethan, ti prego fanne buon uso… è troppo bello per essere sprecato su di te – io dal riflesso delle specchio gli sorrisi malamente e lui uscì con un  sorriso beffardo sulla bocca mentre io ero indecisa se aprire o meno le buste.

“bene, analizziamo un po’: queste sono buste… buste firmate Gucci… Gucci… da come Jhon ne parlava  potrebbe esserci dell’intimo… ma non credo, Ethan non mi è sembrato un pervertito ” mi feci forza e presi in mano la prima busta, la aprii con delicatezza e scrutai dentro.

“merda! E questo come si infila?!”

 

 

Ethan versò dell’ Amaro in un bicchiere da liquore e lo bevve energicamente. Tirò un grosso sospiro e si diresse perso la libreria colma di libri, alcuni vecchi e altri un po’ più nuovi, tutti ordinati per data. Poi i suoi occhi si posarono su un libro del 1860, lo prese e lo aprì come se sapesse perfettamente quale pagina prendere. Con una mano teneva il libro, mentre con l’altra reggeva ancora il bicchiere ormai vuoto. Del suo corpo nulla si muoveva tranne i veloci occhi verdi che divoravano le righe della pagina. Poi lo richiuse rumorosamente e lo mise al suo posto, facendo così con un’altra ventina di libri che seguivano l’anno 1860. Non era ovviamente di buon umore e quando raggiunse lo scomparto del 1880, che era vuoto, emise un urlo e strinse così forte il bicchiere da farlo sgretolare nella mano e cominciò a gridare – perché cazzo?! Che cosa è accaduto dopo?! Ho bisogno di saperlo! Come diavolo faccio?!- si voltò a prendere un fazzoletto dal grosso tavolo in legno molto lussuoso e si pulì la mano, camminò sulla moquette e gettò il tovagliolo nel grande camino in marmo bianco. Sbuffo e si sedette all’estremità del grande divano con le gambe divaricate, si guardò in torno e sbuffò nuovamente. La mancanza del libro era una questione pesante, l’originale era stato bruciato da una donna creduta posseduta dal demonio e la sua unica copia era tenuta nascosta nella più grande biblioteca del mondo. Era un problema anche per uno come lui. Sapere cosa era accaduto in quell’anno era di vitale importanza e, Ethan non poteva permettersi di non sapere. Ma adesso che nella “famiglia” c’era un nuovo membro, non poteva neanche permettere che quest’ultimo potesse prendere il sopravvento e girovagasse per l’Italia in quello stato. Secondo i suoi pensieri, l’Italia era uno dei paesi più belli del mondo, ma la mentalità delle persone era arretrata e ancora incentrata sull’antichità, quindi se adesso avessero visto il nuovo membro, sicuramente, l’avrebbero messo al rogo o anche peggio.

- la priorità per adesso a te piccola Nicole…- disse ad alta voce.

 

 

Aprii lentamente la porta e controllai che non ci fosse nessuno. Non avevo scelta, dovevo indossare quel vestito anche perché non ne avevo di altri: quello color limone era sporco, e poi Ethan l’aveva pagato una fortuna sarebbe stato davvero uno spreco di soldi. Sospirai e uscii dalla stanza. Non avevo una meta quindi comincia a perlustrare nuovamente. “quando avevo incontrato quei quadri parlando ero andata a sinistra… Be, forse meglio se adesso prendo da destra” cominciai a camminare e voltato l’angolo mi trovai davanti ad un corridoio immenso, come l’altro, e anch’esso era pieno ai lati di porte sul tetto ogni tanto spuntavano lampadari trasandati. C’erano poche finestre, e quelle che c’erano, erano decorate come quelle di una chiesa, con il tentativo di far entrare meno luce possibile. Tutto attorno c’era un’aria poco respirabile, che sapeva di chiuso. “ma chissà da quanto tempo questi non aprono qualche porta o le finestre…” camminai ancora fino a quando il corridoio non si diramò in due vie, continuare dritto o voltare a destra. “certamente destra… se continuo dritto rischio di finire di nuovo da quei quadri ” continuai ancora e finalmente vidi sulla sinistra una porta semi chiusa, ci scrutai dentro, aveva l’aria di somigliare ad una cucina, spalancai la porta ed entrai.

Effettivamente era una cucina, molto fornita e ben pulita. Ma cosa dovevo farmene di una cucina? Io avevo bisogno di un bagno… di un lungo rilassante bagno.

- signorina Nicole, sta cercando qualcosa in particolare?- mi chiese una bella voce da fuori la stanza.

- ehm… no, cioè si… dov’è il bagno? – chiesi imbarazzata capendo che la splendida  voce era quella di Ethan.

Sorrise e m’invitò ad uscire dalla cucina – ti ci accompagno io - .

Uscii perplessa e guardandolo torvo – ok…-.

Camminava un metro avanti a me, e camminava lentamente, forse era sovrappensiero.

Ad un tratto si fermò, indicò la porta a destra e mi disse – ti faccio portare tutto l’occorrente da Emeli, sarà felice di sapere che c’è un’altra donna in giro per casa… ah, appena finisci prosegui a camminare dritto fino a quando non ti imbatti sulla destra nell’arcata che fa di ingresso al salotto, devo parlarti di cose importanti-.  Annuii ed entrai nel bagno. Era fantastico. C’era una vasca dentro al marmo e accanto un grandissimo specchio con un lavandino a suoi piedi e luci poco pronunciate. Mi diressi verso la vasca e aprii l’acqua, mi guardai allo specchio appoggiandomi al lavandino e poi cominciai a spogliarmi del fantastico vestito, in tessuto nero che arrivava fino ai ginocchi, e sopra il pizzo nero mi copriva le spalle e le braccia. Poi entrai nella vasca e gettai un sospiro di sollievo.

Dopo qualche minuto bussò alla porta qualcuno che disse – signorina Nicole! Sono Emeli, ho l’intimo che il signor Ethan mi ha chiesto di darle-.

- si! Metto l’accappatoio e vengo a prenderli!- gridai affrettandomi di uscire dalla vasca e trovare un accappatoio. L’unico che riuscii a trovare fu quello di un uomo, che mi stava tremendamente largo. Aprii la porta e feci entrare quella gentile donn… anziana… sì, era un’anziana wow!

- questo è l’accappatoio del signor Ethan, perché è indosso a lei?- chiese perplessa. Poi continuò – Be, non sono affari miei… l’intimo lo metto qui- disse appoggiando il tutto vicino al lavandino. Poi, com’era entrata, uscì e in un attimo sparì dal corridoio.

Rimasi per qualche secondo perplessa poi scossi la testa e tornai dentro. Era intimo nero. “ok, ritiro tutto quello che ho detto su quell’uomo” sbuffai e indossai quello che mi avevano portato, asciugai i capelli che una volta asciutti divennero ricci, indossai il vestito e uscii dal basco. seguii le indicazione che Ethan mi aveva dato per raggiungere il salotto e quando lo trovai vidi Ethan seduto su un divano in pelle gigantesco che stava davanti ad un tavolino colmo di carte, bottiglie, bicchieri e altre cianfrusaglie varie. Mi avvicinai a lui e presi a parlare – Ethan, cosa dovevi dirmi?-.

Lui si alzò in piedi e disse con un sorriso bellissimo – prima di tutti fatti dire che con questo vestito sei davvero molto attraente –  io restai pietrificata per quello che mi aveva detto, nessun uomo mi aveva mai confessato di essere attraente. Poi mi ripresi e lo ringraziai  mentre lui mi faceva cenno di sedermi sul divano. Io ci girai attorno e andai a sedermi accanto a lui. E così cominciò – so che probabilmente è una nota dolente per te, ma volevo metterti in chiaro cosa sei e perché lo sei. Non voglio assolutamente che nulla venga lasciato al caso- io annuii consapevole di dell’argomento che stavamo per affrontare , quindi mi misi in ascolto con tutta l’attenzione possibile.

Lui si grattò la testa e poi prese a parlare – partiamo dal presupposto che quando eri umana ero solito osservarti. Diciamo che sapevo tutto di te. So che amavi la tua famiglia in un modo sconfinato, so che nessun uomo ti ha mai offerto le sue attenzioni, so che eri e sei una persona buona e gentile. Ed io, mi ero invaghito della tua umanità, ma mi hai dato un po’ di problemi-. Si alzo e andò a prendere un bicchiere per riempirlo di Amaro.

Io lo seguivo con gli occhi.

- che genere di problemi?- chiesi perplessa.

- tu credi che quello di farti diventare vampiro sia stata una scelta facile? Credi che non mi sia arrovellato il cervello per trovare una soluzione? Ci ho provato. Ma l’unica soluzione era questa. E dovevo decidere: o perdere per sempre la ragazza di cui mi ero invaghito o farla diventare come me… ed io decisi di farti diventare come noi, quindi ti feci sbronzare e poi cominciai a parlarti di diventare un vampiro. Tu accettasti ed io non esitai a far quel che dovevo fare. Ho deciso di trasformarti perché ti restavano pochi giorni di vita e non volevo perdere una ragazza come te-.

Si fermò con la discussione e bevve un sorso di Amaro. Io respiravo a fondo, ero senza parole, il suo ragionamento per me non faceva una piega e non sapevo cosa rispondere. Mi guardò negli occhi e chiese gentilmente – hai qualcosa da dire?- io scossi la testa in segno di negazione e lui continuò – quindi adesso l’unica cosa da fare è quella di portarti in America per farti abituare a questa tua nuova vita, così potrai tornare a stare con le persone che ami-, bevve un altro sorso e poi aggiunse – e ho già tutto pronto: biglietti, casa e valigie sono già preparati… - un altro sorso – mi manca solo il tuo consenso-.

Restai diversi secondi in silenzio, ad assimilare quel che Ethan mi aveva detto.

“In fondo cosa mi tratteneva qui? Se avevo capito bene Ethan mi aveva detto che andando in America avrei potuto tornare a comportarmi come una normale umana… si, voglio provare”.

I suoi occhi verdi mi guardavano con speranza e mi fecero salire i brividi lungo la schiena – sì, andiamo – dissi sorridendogli.  I suoi occhi s’illuminarono in una maniera stupenda ed io barcollai per la loro bellezza. Poi mi prese la mano e mi giurò – te lo prometto: riuscirai a rivedere i tuoi genitori e i tuoi amici-. Io gli sorrisi malinconicamente e lui aggrottò le sopracciglia, lasciò la mia mano e chiese – siamo di poche parole oggi… - .

- no no, è solo che ieri notte ho avuto una reazione un po’ esagerata … in fondo non è così brutto come sembra – dissi facendogli un sorriso più sano, lui mi accarezzò la guancia e mi disse –non piangere più… sei bella quando sorridi-. Mi mancò il respiro per un attimo. La sua mano sulla mia guancia mi dava forza, mi faceva sentire viva, al sicuro dal mostro che ero.  Ma il mio flusso di pensieri rassicuranti venne sradicato dalla presenza di Jhon che era spuntato un millisecondo dopo che mi ebbe accarezzata.

- piccioncini, mi dispiace interrompervi ma abbiamo dei problemi all’entrata – disse Jhon osservando preoccupato Ethan.

Ethan a sua volta aggrottò le sopracciglia e mi disse con voce ferma – resta qua- io annuii e vidi Ethan e Jhon scomparire sotto i miei occhi.

 

I due vampiri si erano messi sull’uscio della casa ad aspettare i loro visitatori che dal loro intuito erano sicuramente più di uno. Poi li videro spuntare: tre uomini vestiti di nero che aprivano il cancello e percorrevano la stradicciola che li separava dalla casa e quando furono di fronte, Ethan prese a parlare – ditemi pure, qual è il problema? - . i tre uomini, molto scortesi dissero – voi avete offerto riparo ad una donna novizia. Consegnatecela immediatamente per favore-. Ethan, irritato il massimo disse sorridendo - noi non diamo ospitalità a nessuno, né a donne novizie né a gente come voi, andate via, siete in territorio nemico – , - lo sappiamo, questo è solo un avvertimento. Una come lei non può girare qui. Detto questo togliamo il disturbo-. I tre uomini si voltarono senza salutare e andarono via com’erano venuti. Ethan fece cenno a Jhon di seguirli mentre lui rientrava in casa con fretta.

 

- lo sapevo- disse Ethan correndo di qua e di la nel salotto.

-Emeli! – grido ripetutamente per più di tre volte – vieni qua! Subito!- era furioso, gridava come un pazzo.

Quando Emeli spuntò dall’arcata, Ethan disse – ricordi cosa devi fare con libri in caso qualcuno entrasse in questa casa?-.  Lei annuì e lui continuò – manda gli effetti personali di Nicole e quelli miei in America, all’indirizzo che ti ho suggerito-,  continuava ad agitarsi con eleganza per tutta la stanza mentre prendeva l’occorrente: passaporti e soldi, una montagna ti soldi che mise in una grossa borsa e quando l’ebbe richiusa aggiunse – per tutto il resto segui tutte le istruzioni che ti ho dato-. Poi si voltò verso di me e mi domandò – che diavolo ci fai ancora lì impalata?!- mi prese la mano e corremmo verso l’uscita, e appena fuori, davanti a noi c’era un immenso garage che Ethan aprì. Dentro c’erano una dozzina di automobili fantastiche. Prendemmo una Lamborghini e usciti dal garage, ci dirigemmo verso la nostra nuova meta: STATI UNITI D’AMERICA.

 

Arrivati a Washington, cominciai a innervosirmi, mi ero stancata di viaggiare ma nonostante ciò non dissi niente a Ethan. Era così concertato nella giuda che quasi mi sembrava non pensasse ad altro, lo stavo osservando: era davvero attraente quando si concentrava, e mi venne di istinto accavallare le gambe, lui si accorse del mio movimento e allargò le spalle, respirò a fondo e continuò a guidare guardando la strada con molta più attenzione. Non ne potevo più di quel silenzio, così accesi la radio. Nel lettore cd c’era un disco cominciato, lo attivai e misi la prima traccia. Era musica classica, ma in quel momento non era quello che desideravo ascoltare. Volevo musica rock, ma dopo aver girato tre, quattro tracce, capii che non ne avrei trovata. Quindi spensi il lettore e cercai un pretesto per parlare – ma di preciso, dove stiamo andando? – chiesi guardandolo.

E lui continuando a guardare la strada con molta più attenzione e disse – nello stato di Oregon, tra i boschi abbiamo una piccola abitazione… - sospirò e poi aggiunse – è un buon luogo per imparare qualcosa-.

Adesso spostai il busto verso di lui, avevo bisogno di essere guardata. “guardami ti prego, guardami” ma non lo fece e io delusa mi raddrizzai per guardare la strada e dopo qualche minuto decisi che la cosa migliore da fare era quella di appisolarsi.  

 

- Ma dove cazzo guardi idiota?! – gridò Ethan facendomi sobbalzare dal mio sonno. Guardai qua e la disorientata e poi mi voltai verso di lui e chiesi – che succede?- lui si voltò verso di me e sorrise dicendomi – buon giorno! Siamo quasi arrivati- io aggrottai le sopracciglia e controllai dove potessimo essere.

-Piccola, siamo nello stato di Oregon.

Avevamo appena lasciato la strada per imboccare una stradicciola sterrata che ci fece inoltrare sempre di più in un fitto bosco. Era un posto incantevole. Le ultime luci del tramonto erano completamente nascoste dagli alberi e intorno c’era un’aria di erba fresca. Poi alzai gli occhi al cielo: il verde intenso delle foglie mischiato al colore del cielo era fantastico. Mi voltai verso Ethan e gli sorrisi lieta di tutto questo.  Lui ricambiò il sorriso e dopo qualche minuto ci fermammo dinanzi ad una piccola casa in pietra bianca con finestre molto spaziose.  Ethan sospirò e uscì dall’auto. Stavo per aprire lo sportello quando Ethan girò con velocità attorno all’auto e mi aprì la portiera precedendomi. Mi sorrisi e uscii dall’automobile.

Dopo, aprì il portabagagli e prese la grossa borsa e due valigie. Lo guardai e poi chiesi premurosa – vuoi una mano?- lui scosse la testa sorridendomi e mi fece strada.  “Ethan, lasciatelo dire.. hai un sedere davvero bello!” aggrottai le sopracciglia “Nicole! Che diavolo dici?! Contieniti!” scossi la testa e seguii il bell’uomo fino all’entrata dove mi chiese di prendere dalla sua tasca le chiavi e di aprire. Feci come mi aveva chiesto e quando misi la mano nella sua tasca sentii come una scossa di elettricità che probabilmente avvertì anche lui. Aprii la porta ed entrammo.  Demmo una sistemata veloce alle cose che avevamo portato con noi e accendemmo il camino anche se non sentivamo freddo. Dopo ci sedemmo sul divano che stava davanti al camino.  Lui sospiro e si voltò verso di me con gli occhi dispiaciuti – scusami. Non volevo che per te finisse così- appoggiò i gomiti sui ginocchi e con le mani si tenne la testa.  Io aggrottai le sopracciglia per capire a cosa si stava riferendo e lui continuò – per te sono stato una specie di angelo custode, ma non ti ho custodito abbastanza. Dovevo solo assicurarmi che tu avessi una vita felice… invece guarda qua dove siamo arrivati: hai abbandonato tutto perché io non ho saputo proteggerti adeguatamente-. Io mi avvicinai a lui e misi la mia mano sulla sua schiena e cominciai – ma cosa stai dicendo? Sono ancora qui, e se ci sono ancora, vuol dire che sei stato un magnifico angelo custode. Anzi, ti devo ringraziare… Sto capendo che questa nuova vita non è così male come avevo pensato -. Cercai di sorridere, anche se lui soffriva, per rassicurarlo e fargli capire che stavo bene. Lui mi guardò con attenzione e in pochi secondi ebbi le sue grandi mani sul mio viso. Con una mi accarezzava la guancia e con l’altra tra i miei capelli mi avvicinò al suo petto ed io non esitai ad abbracciarlo.

-Non sai quanto ho desiderato fare una cosa del genere senza che ti spaventassi di me…- io restai in silenzio, completamente rilassata tra il suo petto e le sue braccia mentre sembrava che il tempo si fosse fermato. Ad un tratto tutto sembrò diventare caldo, un caldo confortante che nella mia vita passata non avevo mai provato e mi lascia abbandonare a quella sensazione magnifica.

  
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