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Autore: Beauty    17/12/2013    7 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maleficent
 
Anya ebbe la sensazione che tutto il suo sangue avesse improvvisamente smesso di fluire, che i globuli rossi si fossero pietrificati nel suo corpo ostruendole vene e arterie. Per contro, il cuore aveva ripreso a pompare furiosamente, dimenandosi nella cassa toracica. In un attimo, il ricordo degli occhi di Vincent sparì nella sua mente, venendo immediatamente sostituito dal freddo. Un freddo acuto e penetrante che le avvolse tutto il corpo, mentre le mani divenivano sudate.
Rosaspina ruotò il cranio nella loro direzione, socchiudendo appena le labbra, quasi come se stesse cercando di parlare. Dalla fessura fra le due file di denti si poté vedere la parete dietro allo scheletro.
Alla fine, la principessa parlò, e la sua voce era molto simile a un fischio, un sibilo acuto.
- Fame…
Sebbene non avesse più i bulbi oculari, Anya avrebbe potuto giurare di veder accendersi un lampo famelico in quelle orbite vuote. Con un movimento straordinariamente agile e fluido per uno scheletro, Rosaspina scivolò giù dal baldacchino, facendo frusciare la stoffa dell’abito sbrindellato. Iniziò a strisciare sul pavimento, come un verme, facendosi forza sulle braccia, avanzando verso di loro.
Anya indietreggiò di un passo, sentendosi invadere dal panico. Il suo cervello si era come bloccato, l’unica cosa che riusciva a fare era guardare inorridita quello scheletro che si avvicinava sempre di più a lei, con quello sguardo vuoto e affamato allo stesso tempo.
Il Primo Ministro le afferrò un braccio, strattonandola in modo che arretrasse. Anya sussultò, voltando il capo nella direzione dell’uomo: i suoi occhi erano ancora gialli, ma lei stavolta non li vide neppure.
- Via! Muoviti!- urlò, tirandola con sé verso l’uscita della torre.- Usciamo da qui, alla svelta!
A quell’esortazione, fu come se il cervello della ragazza avesse ripreso a funzionare, e a tutta velocità. Anya lanciò un’ultima, inorridita occhiata a Rosaspina, che continuava a strisciare verso di loro, e seguì Vincent al di fuori della stanza. Iniziarono a scendere le scale della torre di corsa, senza che lui le lasciasse il braccio. Anya aveva preso a respirare affannosamente, le mancava il fiato; le gambe le tremavano, ma non osava smettere di correre, né voltarsi a guardare alle sue spalle.
In un barlume di lucidità si accorse che una delle sue mani era ancora stretta a pugno e, contro il palmo caldo e sudaticcio, premeva la pietra rossa che era stata la rosa della bella addormentata. Anya la strinse ancora di più, sperando che non le scivolasse via, ma c’era qualcos’altro: un dolore, non molto forte ma comunque presente, che le aveva avvolto l’intera mano fino al polso.
- Fame…
La voce di Rosaspina giunse alle sue spalle. Non aveva idea di come avesse fatto a percorrere tanta strada semplicemente strisciando ma, porca puttana!, si stava avvicinando!
Vincent le urlò qualcosa che Anya non riuscì ad afferrare. Adesso, il dolore alla mano si era fatto più intenso, quasi insopportabile, ma lei non riusciva a pensare ad altro se non che c’era uno scheletro affamato alle loro spalle.
La scalinata che scendeva giù dalla torre sembrava non finire mai, e le gambe le tremavano così tanto che a malapena riusciva a stare al passo di Vincent e continuare quella precipitosa fuga. D’un tratto, il Primo Ministro si bloccò, arrestando la sua corsa ma senza lasciare il braccio della ragazza.
Delle ombre proiettate contro la parete di pietra avevano iniziato a stagliarsi in lontananza, divenendo sempre più grandi a mano a mano che uno scricchiolio misto a gemiti strozzati e allo sferragliare di armature si avvicinava. Vincent lasciò il braccio di Anya, portandolo all’altezza della propria nuca e imbracciando l’arco, pronto a ricevere i proprietari di quelle ombre.
Infatti, un attimo dopo, altri due scheletri, presumibilmente dei soldati, si pararono di fronte a loro: uno – in evidente stato di putrefazione – strisciando sugli scalini di pietra, l’altro avanzando in posizione eretta, per nulla caracollante nonostante fosse fatto interamente di ossa.
Vincent estrasse una freccia dalla faretra allacciata intorno alle sue spalle, posizionandone a punta contro la corda dell’arco.
- Stai indietro…- intimò ad Anya, in un soffio, prima di scoccare il primo tiro. Questo andò a segno, e la freccia si conficcò dritta in un’orbita dello scheletro che avanzava su due gambe; il cadavere cadde a terra, finendo riverso sui gradini. Il Primo Ministro estrasse un’altra freccia dalla faretra a una velocità che ad Anya fece quasi impressione, e mirò alla testa dello scheletro putrefatto. Anche stavolta il tirò andò a segno, trapassando il cranio della guardia in mezzo agli occhi.
La ragazza boccheggiò: Vincent aveva estratto due frecce e scoccato due tiri a una velocità impressionante, e senza sbagliare un colpo. Era stato talmente rapido che Anya aveva perfino dubitato che avesse preso la mira, eppure la sua precisione era stata evidente. Stava cominciando a comprendere il perché avesse scelto proprio l’arco e le frecce, fra tutte le armi a sua disposizione.
Intanto, si rese conto, il dolore alla mano si era fatto sempre più acuto, e ora stava cominciando a estendersi in tutto l’avambraccio.
- Fame!
Anya sobbalzò, lasciandosi sfuggire un grido di puro e autentico terrore quando si accorse che Rosaspina era riuscita a raggiungerli alle spalle e si era aggrappata alla stoffa dei suoi pantaloni, così tenacemente da trapassare i vestiti con le unghie.
- Fame…- rantolò la principessa, puntando le sue orbite vuote negli occhi verdi della ragazza.- Carne…
- No!- Anya si afferrò la stoffa dei pantaloni, cercando di liberarsi dalla presa di Rosaspina, ma lo scheletro pareva dotato di una forza incredibile, e si aggrappò ancora più in alto, cercando di strapparle di dosso gli abiti. O di scarnificarla.
Si scansò di lato, ma uno strattone della principessa le fece perdere l’equilibrio, e Anya finì inginocchiata sui gradini della torre, faccia a faccia con Rosaspina. Lo scheletro le piantò le unghie di una mano nella carne della spalla, ma subito il braccio le venne mozzato all’altezza del gomito da una lama. La bella addormentata non parve provare alcun dolore per quella mutilazione, ma il suo avambraccio rotolò per qualche metro giù dai gradini, liberando la ragazza dalla sua presa.
Vincent si chinò verso di lei, sollevandola da terra quasi di peso; aveva riposto l’arco sulle spalle, accanto alla faretra, e in mano reggeva l’impugnatura della spada sottratta al soldato di guardia alla porta del Castello di Rovi.
Anya si lasciò nuovamente tirare, mentre riprendevano a scendere di corsa i gradini della torre; si voltò brevemente, scoccando un’occhiata ai due scheletri e al cadavere di Rosaspina: questo continuava a strisciare giù per le scale, e l’osso dell’avambraccio mozzato era magicamente tornato al proprio posto; le carcasse dei due soldati, invece, si stavano rialzando da terra.
Vincent non parlava, ma non le lasciava il polso, continuando a guidarla giù lungo quella scalinata interminabile, verso l’uscita. Già, l’uscita: Anya realizzò tutto quando ormai questa si scorgeva in lontananza. Non era l’uscita, era solo una porta che divideva la torre dal resto del castello; ci sarebbe stata ancora un bel po’ di strada da percorrere, e il ricordo della sala del trono gremita di scheletri la raggiunse come un fulmine.
Difatti, non appena varcata la soglia della porta, entrambi si ritrovarono nel corridoio da cui vi avevano avuto accesso. Di primo acchito, Anya non vide né sentì nulla, ma dopo pochi secondi uno scricchiolio molto forte unito a uno sferragliare di armature le ricordò che non erano al sicuro neppure lì.
Esattamente dalla direzione che avevano percorso per arrivare sino a lì aveva iniziato ad avanzare verso di loro uno stuolo di morti, tutti scheletri più o meno in stato di decomposizione. Alcuni si reggevano sulle due gambe, altri invece strisciavano sul pavimento come la principessa Rosaspina; molti di loro indossavano armature, ma ad Anya parve di riconoscere anche qualche carcassa vestita di stracci che avevano incontrato nelle cucine o lungo il percorso. La rapida visione di una testa reclinata di lato le fece intuire che doveva esserci anche la regina, là in mezzo. Alcuni scheletri erano ben conservati, ma la maggior parte di loro erano putrefatti, anneriti, ricoperti di muffa e con le ossa bucate; a non pochi mancavano le gambe, o un braccio, altri ancora si muovevano pur non avendo più il cranio. Ma tutti quanti, nessuno escluso, avevano una luce famelica nelle orbite vuote.
E adesso che facciamo?
La domanda le balenò nella mente nello stesso istante della risposta. Niente. Ecco cosa potevano fare: niente, assolutamente niente. Erano intrappolati, bloccati in fondo a un corridoio sbarrato da una parete di pietra, e la loro unica via d’uscita era ostruita da un esercito di cadaveri ossuti che avanzava verso di loro. Il solo aver realizzato di non avere una via di salvezza sarebbe stato sufficiente a ucciderla.
Vincent si voltò a guardarla brevemente, quindi la spinse indietro, verso la parete. Lasciò cadere a terra la spada, imbracciando nuovamente l’arco e iniziando a scoccare altre frecce. Riuscì a colpire uno, due, tre, cinque, nove, dieci scheletri, senza mai sbagliare, ma era consapevole che non ce l’avrebbe fatta a resistere ancora a lungo. Non aveva idea di quante frecce ci fossero effettivamente all’interno della faretra – quando era partito a caccia di quelle due ragazze era convinto che non ne avrebbe sprecate più di una o due, per ucciderle –, ma di una cosa era certo: non sarebbero durate per sempre. Presto o tardi, le frecce sarebbero terminate, e lui e quella ragazza si sarebbero ritrovati senza più alcun mezzo di difesa. Sì, certo, aveva la spada, ma di fronte a lui c’erano almeno una cinquantina di scheletri: troppi per un corpo a corpo. E poi, lo vedeva anche ora, per quanti ne colpisse, altrettanti si rialzavano dopo pochi secondi.
Scoccò un’altra freccia, venendo raggiunto dalla voce della ragazza, disperata e dal tono isterico.
- Che cosa facciamo?!
Già, che cosa? Non lo sapeva.
- Cerca un passaggio nel muro!- le urlò in risposta, aggrappandosi più a una speranza che alla probabilità che ci fosse realmente un’uscita segreta. Quasi tutti i castelli ne avevano, in caso di emergenze come un incendio o un assedio, ma trovarli era tutto un altro paio di maniche. Ma che altra scelta avevano? Dovevano pur fare un tentativo.- Ci deve essere qualcosa! Forza, cercalo!
Anya ci impiegò qualche secondo per mettere a fuoco il senso delle parole di Vincent, ma appena comprese iniziò a guardarsi attorno freneticamente, alla ricerca di qualche cosa che segnalasse un’apertura o una porta nascosta. Non trovò niente.
Si mise a tastare disperatamente le pietre di cui era fatta la parete, nella speranza che si smuovessero al tocco proprio come era successo quando lei ed Elizabeth erano arrivate nel Regno delle Favole. Ancora nulla; Anya scoccò un’occhiata a Vincent: l’uomo aveva terminato le frecce e ora, raccolta la spada da terra, stava cercando di rallentare l’avanzata degli scheletri, ma era chiaro che si trattava di una battaglia persa. Aveva avuto la meglio quando a dargli addosso erano stati solo uno o due, ma presto gli attacchi iniziarono ad avvenire a gruppi di quattro o cinque, e sarebbero aumentati ancora di più. Vincent fendeva colpi e pugnalava quei cadaveri, ma non ce l’avrebbe fatta a fronteggiarli, quando questi fossero diventati troppi.
Anya cercò di tastare nuovamente le pietre, ma un’improvvisa fitta al braccio la immobilizzò per diversi istanti. Il dolore era divenuto fortissimo, e non era più esteso solo alla mano chiusa a pugno e all’avambraccio, ma adesso le aveva invaso tutta la parte superiore del braccio e la clavicola. La ragazza ansimò, lasciando cadere lo sguardo sulle proprie dita avvolte intorno alla bellezza nella morte. Attraverso le fessure delle falangi richiuse a pugno fuoriuscivano degli spiragli di luce rossa, una luce che si faceva sempre più intensa a ogni attimo che passava. Anya aggrottò le sopracciglia, e quasi istintivamente schiuse appena le dita, allentando la morsa della sua mano intorno alla pietra. Questa iniziò a brillare ancora di più, proiettando un fascio di luce contro la parete di fronte alla ragazza.
Un rettangolo di mattoni si smosse, spostandosi di lato come una porta scorrevole, rivelando un passaggio oltre il quale si apriva il buio.
- Vincent!- chiamò Anya, senza soffermarsi a riflettere su ciò che era appena accaduto. Quello che importava, in quel momento, era solo salvarsi la pelle.
Il Primo Ministro si voltò, vedendo immediatamente il passaggio nella parete. Si allontanò in fretta dalla schiera di scheletri che erano diventati troppi per poter essere affrontati da uno solo, e raggiunse la ragazza. L’afferrò per ciò che restava della sua maglietta maciullata e la trascinò dentro il passaggio, la cui porta si richiuse istantaneamente alle loro spalle, sbarrando la strada ai cadaveri.
Vincent e Anya si ritrovarono nella più completa oscurità.
 
***
 
La sua camera da letto era avvolta in una penombra spezzata solo dalle fiammelle di alcune candele posate sulla toeletta, le quali lanciavano lunghe ombre riflesse nello specchio. Il mobilio era sontuoso ed elaborato, tuttavia ridotto al minimo: un letto a baldacchino dalle lenzuola e i tendaggi di seta, e una toeletta con una seggiola foderata di velluto su cui erano posti un poco di cipria e del rossetto, occupata invece per la maggior parte dal grande specchio dalla cornice d’oro in cui erano scolpiti, proprio come nelle colonne su cui poggiava l’intero palazzo, dei teschi dalle voci spalancate in un urlo.
La Regina Cattiva fece scorrere i denti del pettine lungo una ciocca dei suoi capelli neri, con una lentezza e una delicatezza quasi inumane, accarezzando quella chioma corvina come se si fosse trattata della cosa più importante del mondo, ma non distoglieva lo sguardo dall’immagine che lo specchio stava riflettendo di fronte a lei: il suo Primo Ministro e la ragazzina, momentaneamente al sicuro dai servitori di Rosaspina.
E la seconda chiave li aveva guidati sino a quel passaggio.
Posò piano il pettine sulla toeletta, sistemandosi meglio sulla poltroncina e afferrandone i braccioli con le unghie laccate di rosso. Le cose stavano prendendo una piega che non aveva decisamente previsto. Era convinta che sarebbe stato sufficiente l’intervento del Primo Ministro per liberarsi delle due ragazzine, e invece non era stato così. Doveva confessare di essersi sentita adirata con lui per aver mancato il bersaglio, ma alla fine si era detta che, se non altro, ora le due mocciose erano separate – e dunque, più deboli e vulnerabili – e, benché in genere qualunque cosa eseguita senza il suo esplicito consenso la infastidisse e contrariasse, non poteva negare di aver apprezzato molto lo spirito di iniziativa dell’uomo. Il suo piano aveva avuto successo: era riuscito a trovare una delle chiavi che conducevano alla Pietra.
Ora, doveva solo sperare che riuscisse a uscire vivo dal Castello di Rovi per consegnargliela. Se si fosse trattato di un altro luogo, avrebbe potuto impiegare la magia nera per prenderla di persona, ma si trattava del palazzo della principessa Rosaspina. Un luogo intoccabile, se volevi tenerti stretta un’alleata.
Uno spiffero all’esterno del palazzo penetrò violentemente attraverso le fessure della finestra chiusa, mentre il vento ululava e gemeva. La Regina Cattiva udì un curioso picchiettare, come il becco di un uccello contro del vetro. Abbandonò la visione offertale dallo specchio, alzandosi in piedi con grazia e tranquillità, come se avesse avuto a disposizione tutto il tempo del Regno delle Favole e di ogni altro mondo, e volse il capo in direzione della finestra. Proprio come aveva intuito, un corvo nero come la notte stava picchiettando il becco affilato contro il vetro, gracchiando e agitando le ali per mantenersi in volo. Senza che la Regina facesse alcunché, la finestra si spalancò, per poi richiudersi con un tonfo secco non appena l’uccello nero fu entrato.
Il corvo volò in cerchio per tutta la stanza, prima di planare e posarsi aggraziatamente sul pavimento della camera da letto, proprio di fronte al baldacchino. La Regina Cattiva rimase a osservarlo, calma e imperiosa, in attesa.
Un attimo dopo, il corvo aprì le ali, le quali cominciarono ad ampliarsi, divenendo sempre più grandi; le zambe si ingrossarono appena, allungandosi verso l’alto. In pochi istanti, la figura del corvo scomparve, tramutandosi in un corpo umano.
La Regina Cattiva rimase a guardare la trasformazione dell’animale in una donna alta e snella, vestita di un lungo abito nero e un mantello di piume corvine intorno alle spalle. Il bustino era stretto, aderente al corpo, mentre la gonna del vestito era ampia almeno quanto quella color rosso sangue indossata dalla sovrana. La donna indossava numerosi bracciali e anelli, quasi tutti in ferro e ricoperti di borchie e spuntoni affilati. I capelli biondi erano acconciati in un’elaborata pettinatura di trecce sottili avvolte intorno al capo, mettendo in risalto gli occhi scuri circondati da ombretto nero.
La Regina Cattiva non poté fare a meno di notare quanto, un tempo, fosse stata somigliante alla cugina rivale. La donna bionda sorrise, increspando appena le labbra.
- Buona sera, Grimilde - salutò, drizzando il capo.
La Regina si concesse qualche istante prima di rispondere, infine sollevò un angolo della bocca in un accenno di sorriso.
- Ti trovo molto bene, Carabosse - sussurrò.
- Carabosse è morta anni fa, e lo sai bene - il volto della donna s’indurì.- Il mio nome è Malefica.
 
***
 
Stava per avere un attacco di panico, ne era certa.
Anya sentì che le gambe le tremavano furiosamente, quasi non la reggevano in piedi. Si appoggiò con il dorso contro la parete alle sue spalle, ma a poco servì. Tremava come una foglia e, per quanto si sforzasse, non riusciva a respirare in modo normale e regolare, ma solo ad ansimare rumorosamente alla ricerca di ossigeno che sembrava sempre più insufficiente a ogni secondo che passava.
Alla fine, le gambe non la ressero per davvero, e Anya cadde in ginocchio, sentendo ancora di più il fiato mancarle. Gli arti le formicolavano, e non riusciva a smettere di respirare affannosamente. Stava andando in iperventilazione.
Le ritornò alla mente una frase che Vincent le aveva detto non molto tempo prima.
Credimi, non sempre la parola morto è sinonimo di inoffensivo, specialmente in questi tempi bui.
Dio, come avrebbe voluto ricordarsela al momento opportuno!
Ora che erano al sicuro e che il suo cervello stava finalmente elaborando ciò che era appena successo, il panico si stava sfogando in tutta la sua furia. I polmoni sembravano sul punto di sfondarle la cassa toracica.
- Calmati!- la voce di Vincent giunse molto vicina. Pur non potendolo vedere a causa del buio, Anya avvertì comunque la sua presenza al suo fianco, alla sua stessa altezza. Si era inginocchiato sul pavimento, realizzò.- Calmati, cerca di respirare…
Era una parola. Anya provò a inspirare profondamente, ma questo fu solo in grado di farla tossire, peggiorando la situazione. Il formicolio alle braccia e alle gambe era diventato insopportabile, le sembrava quasi che le stesse sottraendo ancora più ossigeno.
- Fai respiri piccoli…- le disse Vincent; le afferrò la mano che non stringeva la pietra, portandogliela al volto.- Tienila vicino alla bocca…
Anya ubbidì, tenendo premuta la propria mano contro la bocca e il naso. Cercò di regolarizzare insieme il proprio respiro e il battito cardiaco, ma ci vollero diversi minuti prima che si calmasse. Sentì che Vincent le aveva posato una mano sulla schiena, fra le scapole, forse per aiutarla a respirare meglio.
Pian piano, il formicolio svanì, e la ragazza riprese a respirare in modo regolare; ma tremava ancora, e si accorse di avere la fronte imperlata di sudore. Sentì che Vincent si era rialzato.
- Va meglio?
Anya annuì; stupidamente, si disse un attimo dopo, dato che con quel buio lui certamente non poteva averla vista. O forse sì?
Si assicurò che le gambe avessero smesso di tremare, quindi si rimise in piedi, barcollando un poco. Là dentro non si riusciva a vedere nulla: il buio era talmente intenso che neppure gli occhi avrebbero potuto abituarvisi. Anya non avrebbe neppure saputo dire come fosse fatta la stanza in cui si trovavano, che forma avesse. Di una cosa sola era sicura: là dentro non c’erano scheletri ambulanti. Se così fosse stato, pensava, a quest’ora non sarebbero stati ancora vivi. Qualunque cosa fosse successo, quella pietra li aveva guidati al sicuro.
Ma restavano comunque due problemi: come uscire da lì e come poter vedere qualcosa.
Le uniche fonti di luce, là dentro, erano il bagliore emanato dalla bellezza nella morte – sebbene di gran lunga affievolitosi rispetto a prima e comunque soffocato dalla stretta della sua mano – e gli occhi di Vincent. Anya lo squadrò di sottecchi: quegli occhi gialli erano l’unica cosa che riuscisse a farle percepire la presenza dell’uomo accanto a lei, ma nelle tenebre avevano un aspetto ancor più inquietante. Sembravano davvero le pupille di un lupo.
Le facevano impressione, e parecchia.
Avrebbe voluto chiedergli spiegazioni a riguardo, ma non voleva complicare ancora di più le cose. Un passo alla volta, si disse. Innanzitutto, dovevano trovare un modo per uscire da lì.
- Non vedo niente…- mormorò, debolmente.
- Beh, io sì - dichiarò Vincent.- Stai attenta. Resta lì dove sei. Ci sono delle scale qui di fronte, rischi di inciampare se non ci vedi…
- Delle scale?- fece eco Anya. - E…e dove portano?
- Non lo so. Verso il basso.
- Dovremmo scendere?
- Non abbiamo altra scelta. E poi, in ogni caso, l’uscita si trova al piano di sotto - Anya udì una specie di sibilo, da cui intuì che Vincent aveva riposto la spada allacciandola alla propria cintura. Un attimo dopo, avvertì la ruvidezza del guanto dell’uomo contro il palmo della propria mano. - Segui i miei passi. Vedrò io per tutti e due.
Anya annuì, sicura che stavolta lui l’avesse vista, benché lei non potesse ricambiare il favore. Mosse piano un passo, poi un altro. Trasalì quando la terra le mancò sotto i piedi, ma subito posò lo stivaletto un po’ più in basso, all’altezza del primo gradino. Barcollò, stringendo ancora di più le dita intorno alla mano di Vincent.
- Non avere fretta, d’accordo?- fece l’uomo, voltando il capo in modo che Anya si trovasse nuovamente faccia a faccia con quegli occhi da lupo. - Fai un passo alla volta, lentamente, o rischi di cadere. Intesi?
- Sì…- Anya cercò di adattarsi per quanto poteva a quei suggerimenti, ma le risultava parecchio difficile. Non avere fretta. Beh, lei invece di fretta ne aveva eccome. Fretta di uscire da lì, fretta di andarsene il più lontano possibile da quelle specie di zombie. Sperò vivamente che Vincent avesse ragione e quella scala conducesse verso il basso, magari a un’uscita.
- Cosa è successo?- chiese lui, d’un tratto, facendola sobbalzare.
- Che vuoi dire?
- La bellezza nella morte, il passaggio…è stata quella pietra ad aprirlo, vero?
- Sì…- ammise Anya, seguendo istintivamente il bagliore emanato dall’interno della sua mano. - Non so cosa sia successo, a dire il vero. Si è illuminata e…- non terminò la frase, sperando che fosse lui a colmare il vuoto. E le sue speranze vennero esaudite.
- A quanto pare non vedeva l’ora di essere portata fuori da qui - commentò Vincent, secco. Anya rimase un poco sconcertata.
- Ne parli come se avesse una volontà propria.
- La chiave, no. Ma i fratelli Grimm, loro sì. Vogliono ritornare…e lo faranno, stanne certa.
Quell’ultima frase la pronunciò più per se stesso che per lei. Giusto per ricordare a se stesso il motivo per cui aveva quasi rischiato di finire sbranato da dei non-morti, per non dimenticare che lui stava lavorando per la Regina e quale fosse l’obiettivo di quest’ultima. E poi, pensò, se i Grimm fossero tornati, anche lui avrebbe avuto un certo tornaconto.
Questo servì anche a riportargli alla mente il fatto che aveva un problema da risolvere, e anche bello grosso, un problema che in quel momento gli stava stringendo la mano mentre arrancava incespicando nel buio. Ora che avevano trovato una delle chiavi che conducevano alla Pietra del Male, quella ragazza non gli era più utile, in alcun modo. Che doveva fare con lei? La domanda era stupida, dato che sapeva benissimo la risposta: ciò che gli aveva ordinato la Regina. Ucciderla, squarciarle il petto, estrarne il suo cuore e portarlo alla sovrana su un piatto d’argento. Non era poi neanche così difficile, a pensarci bene.
Eppure, qualcosa nella sua testa gli suggeriva che non doveva farlo. Non sapeva bene che cosa fosse, ma era come una voce che gli diceva di aspettare ancora, che non era il momento. Vincent sperò con tutto il cuore che quella brutta avventura non stesse avendo il potere di rammollirlo: si era impietosito di fronte a lei già due volte, non era un buon segno.
Quella ragazza non era un essere umano, era solo una preda di caccia. E poi, maledizione!, lo aveva visto. Aveva visto i suoi occhi dopo il tramonto…
Decise di rimandare quella spinosa questione a quando fossero finalmente usciti da quel dannato castello. Prima doveva assicurarsi di arrivare vivo al di fuori di quelle pietre costruite in mezzo ai rovi; poi, ne era certo, alla luce del sole, senza più il rischio che il cadavere di una principessa cercasse di sbranarlo vivo, tutto gli sarebbe stato più chiaro. Avrebbe potuto ragionare a mente fredda e lucida, e decidere se ucciderla subito oppure rimandare l’esecuzione.
Continuarono a scendere le scale finché, in lontananza, di fronte a loro cominciò a farsi strada una luce, molto debole all’inizio, ma sempre più chiara a mano a mano che si avvicinavano. Anya si portò una mano all’altezza degli occhi quando la luce le colpì il volto, sbattendo le palpebre più volte per mettere a fuoco ciò che le stava di fronte. Ora, se non altro, riusciva a vedere, e la prima cosa che notò fu che gli occhi di Vincent erano ritornati di un colore normale.
Tuttavia, la luce era troppo opaca perché potesse essere già giorno, tantomeno perché quella che stava loro di fronte fosse finalmente la via d’uscita da quel castello degli orrori. Quasi a darle conferma di questo, appena varcarono la porta, la temperatura parve abbassarsi di qualche grado, e la raggiunse un odore acre, un misto di muffa e vino.
Quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi, Anya vide che erano entrati in quella che doveva essere una grande cantina. L’atmosfera era fredda, e in fila accanto a ogni lato della grande camerata si trovavano delle grandi botti di legno. Qua e là erano ammucchiate almeno un centinaio di scatole, provviste che erano marcite a causa del tempo.
Cosa più importante, però, era che là dentro non c’era ombra di uno scheletro.
E, ancora più importante, proprio in fondo allo stanzone, vi erano alcuni gradini di pietra, e una porta socchiusa lasciava filtrare la luce della luna.
Anya si concesse un sospiro di sollievo, lasciando finalmente la mano di Vincent e superandolo di un paio di passi, senza staccare lo sguardo da quella porta. Avrebbe voluto correre verso di essa, spalancarla e gettarsi fuori da quel posto più veloce della luce, ma s’impose di non farsi prendere troppo dall’entusiasmo. Ne erano successe di tutti i colori, meglio non sfidare il destino, almeno finché non fosse stata a pochi passi dalla via d’uscita.
Si scambiò una rapida occhiata con Vincent.
- Vai avanti…- la esortò lui.- Io ti guardo le spalle…
La ragazza annuì, iniziando a percorrere la strada immaginaria che conduceva alla porta, un po’ barcollante. Vincent la seguì, misurando ogni passo. Quasi per istinto – istinto animale, nessun dubbio – la mano destra gli corse all’impugnatura della spada. Non gli pareva vero quanto stava accadendo: quella ragazza gli aveva davvero voltato le spalle. Dopo ciò che le aveva fatto, dopo tutto quel che era accaduto solo pochi minuti prima, lei ancora aveva il coraggio di concedersi un tale lusso, e fidarsi di quello che, alla prova dei fatti, era un perfetto sconosciuto?
Era ingenua, e parecchio; nonostante il suo carattere che sarebbe stato in grado di abbattere anche un reggimento di soldati – la sua strenua resistenza quando l’aveva catturata ne era una prova – peccava di ingenuità di fronte a una situazione talmente banale. Era spiazzante.
O forse no, si ritrovò a pensare.
Forse non era semplice ingenuità, quella. Era davvero possibile che si…fidasse di lui?
Il Primo Ministro scosse il capo, allontanando la mano dall’elsa della spada. Qualunque cosa fosse, aveva infranto una delle regole fondamentali della sopravvivenza. Mai voltare le spalle a un avversario, e lei lo aveva fatto. Quello sarebbe stato il momento perfetto, l’opportunità giusta per ucciderla…eppure, c’era qualcosa che lo frenava.
Una voce – somigliava in modo impressionante a quella di quel codardo del Cacciatore, ma in un certo senso gli ricordava molto la propria, quella che possedeva in un tempo lontano, quando ancora poteva concedersi il lusso della clemenza – continuava a ripetergli due parole: non ucciderla.
Prima che potesse domandarsi il perché la sua volontà e la coscienza che credeva di aver perso stessero facendo a pugni su quella questione, uno scricchiolio sinistro lo raggiunse di sorpresa alle spalle. Si voltò repentinamente, ma non abbastanza per schivare lo scheletro di quello che un tempo doveva essere stato un servo che, sbucato fuori da chissà dove, in un attimo gli fu addosso.
Vincent sfoderò la spada, cercando di colpirlo, ma il cadavere lo attaccò con una forza straordinaria, tale da fargli perdere l’equilibrio e cadere a terra. L’arma gli sfuggì di mano, cadendo rumorosamente sul pavimento.
Senza esitare, lo scheletro lo morse a una spalla, affondandogli i denti nella carne. Vincent urlò.
 
I denti affondano nella carne, strappando e lacerando. Urla, urla di dolore e di disperazione, perché anche se riuscisse a sopravvivere a quella belva sa che adesso il suo destino è segnato per sempre.
E quasi gli dispiace che non lo abbia sbranato, quando il Cacciatore e i suoi uomini abbattono l’animale colpendolo alle spalle. Se fosse stato ucciso, a quest’ora il tormento sarebbe già finito.
Ma lui è ancora vivo, e il suo castigo inizia adesso.
 
Anya si voltò appena in tempo per vedere Vincent soccombere sotto il peso di quel cadavere. Si lasciò sfuggire uno strillo, più per sorpresa che per puro spavento, ma s’impose di non fare la stupida proprio adesso. Aveva recitato la parte della patetica damigella in pericolo per tutto il tempo, ora era lui ad aver bisogno di aiuto.
Non pensò a nulla. Semplicemente, raccolse da terra la spada di Vincent il più in fretta che poté. L’afferrò saldamente, non sapendo bene che cosa avrebbe potuto fare. Si buttò, e colpì lo scheletro nel primo punto che le capitò a tiro, sulla colonna vertebrale.
Il colpo non fu sufficiente a tranciarlo in due, ma se non altro il cadavere sembrò lasciar perdere Vincent. Per concentrarsi su di lei.
Si rialzò in piedi, dandole addosso. Anya agitò la spada a mezz’aria sperando in qualcosa, magari di spaventarlo, ma quello non parve molto impressionato. Fece per saltarle addosso; la ragazza lanciò la spada in avanti, colpendolo alla cassa toracica. Stavolta, lo scheletro barcollò, fino a perdere l’equilibrio e finire a terra.
Anya rimase immobile, inerme e disarmata.
Non fare l’eroina! Esci di qui, di corsa!
La ragazza si voltò a guardare Vincent; l’uomo si era portato una mano alla spalla, che aveva iniziato a spillare uno strano liquido dal colore simile al sangue, ma in cui il rosso s’intervallava con il nero. Il volto era deformato in una smorfia di dolore.
Anya lo prese per un braccio, cercando di aiutarlo a rialzarsi. Vincent si rimise in piedi a fatica, ma non accennava a stare meglio, anzi. La ragazza lo trascinò di corsa verso la porta, correndo a perdifiato, sentendo che lo scheletro alle loro spalle si era rialzato.
Salirono in gradini in fretta, precipitandosi fuori. Anya si voltò, chiudendo velocemente la porta; c’era una trave abbandonata lì accanto, e la ragazza la utilizzò per bloccare l’uscita.
La porta iniziò a tremare sotto i colpi del cadavere, ma presto questo smise di cercare di sfondarla.
Solo a quel punto Anya poté tornare a respirare e a godersi l’euforia di essere finalmente fuori, di nuovo in mezzo a quella foresta di rovi, ma comunque sotto il cielo notturno, lontani dal pericolo.
Vincent si lasciò cadere nuovamente a terra, contorcendosi dal dolore. La ragazza gli si avvicinò in fretta, inginocchiandosi accanto a lui e cercando di guardare la ferita.
- No…!- protestò l’uomo quando lei gli scostò un lembo di stoffa della casacca, stracciato via dal morso di quel cadavere. Anya vide che la ferita era parecchio profonda, i denti del non-morto erano penetrati nella carne, che continuava a spillare quel liquido rosso e nero. Ma c’era dell’altro: appena più sopra, c’era una seconda ferita, anch’essa chiaramente un morso, rimarginatasi da tempo.
Vincent tossì, e dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue.
Anya si sentì infinitamente impotente, ma prima che potesse pensare a qualcosa, dei passi affrettati li raggiunsero, e i due si ritrovarono di nuovo in presenza dei sei nani.
- Che siano maledetti i Grimm! Che diamine gli è successo?!- esclamò uno di loro.
- Avete trovato la chiave?- domandò Brontolo.
Anya annuì, accennando appena alla sua mano. Uno dei nani si avvicinò a Vincent, scrutando la sua ferita.
- E’ stato morso. Bisogna portarlo al campo - dichiarò.
Anya si chiese come avessero fatto a non notare lo strano colore delle iridi dell’uomo, ma non appena tornò a guardarlo ebbe subito una risposta: Vincent continuava a contorcersi dal dolore, ma teneva gli occhi serrati.
 
***
 
Lo specchio si oscurò, tornando a riflettere il volto bellissimo e privo di imperfezioni della Regina Cattiva. La donna rimase impassibile, ma sentì lo sguardo di Malefica su di sé.
- Cosa farai, adesso?- incalzò quest’ultima, dopo pochi minuti di silenzio. La Regina Cattiva si alzò dalla poltroncina con un sospiro; si sentiva un poco indolenzita, e questo l’infastidiva.
- Che intendi dire?- domandò.
- Li condurranno all’accampamento dei ribelli - precisò Malefica.- Hanno la polvere di fata. E’ per questo che ancora riescono a nascondersi. Respinge la magia nera, e inibisce le capacità del tuo specchio.
- E’ vero, ma dimentichi che il Primo Ministro è dalla nostra parte - disse la Regina Cattiva.- Penserà lui alla chiave e alla ragazzina. E, quando tornerà, sarà anche in grado di darci le coordinate esatte del nascondiglio dei ribelli. E’ un vantaggio, non credi?
Malefica ridusse le labbra a fessura, per niente convinta. Incrociò le braccia al petto, squadrano la Regina.
- Riponi molta fiducia in lui - constatò.- Non credi che sia un poco azzardato?
- E perché mai?
- E’ un ex rivoltoso. Quelli come lui andrebbero uccisi non appena vengono catturati.
Per tutta risposta, la Regina Cattiva gettò il capo all’indietro, lasciandosi andare a una fragorosa risata, quindi si sedette nuovamente sulla poltroncina, accavallando le gambe e poggiando i gomiti sui braccioli.
- Non ti smentisci mai, amica mia!- ridacchiò, ignorando l’espressione estremamente seria di Malefica.- Con una come te al mio fianco giorno e notte, non avrei più alcun problema di insubordinazione e negligenze. Sei sempre stata un tipo molto vendicativo, quello che hai fatto a tua cugina lo dimostra ampiamente…
- Mi ritengo prudente. E’ estremamente raro che l’abbandono della vecchia via sia sincero e definitivo, personalmente preferisco non correre rischi inutili.
- Dimentichi che il Primo Ministro ha deciso spontaneamente di schierarsi dalla mia parte, e che io ho fatto molto, per lui - ribatté la Regina.- E poi, sa bene cosa accadrebbe, se si azzardasse a tradirmi…
- Come vuoi. Non sarò certo io a interferire in questioni che non mi riguardano - concesse Malefica; iniziò a passeggiare per la stanza, con espressione grave.- In ogni caso, ora hanno trovato un’altra chiave.
- Sì, e non tarderemo a impossessarcene. Così come non la profezia non tarderà a parlare nuovamente.
- E l’altra?- incalzò Malefica, arrestandosi e puntando gli occhi scuri in quelli verdi della sovrana.- Che facciamo, con l’altra?
- L’altra, cosa? L’altra chiave o l’altra ragazzina?
- Entrambe. Ammettiamo pure che quell’uomo uccida la prima sorella e ci consegni la bellezza nella morte…Che cosa facciamo con la seconda? Ha trovato il sogno infranto, e non mi sembra che abbia qualcuno dei tuoi alle calcagna come invece dovrebbe!
- Sei nervosa, Malefica?- la Regina Cattiva sollevò lo sguardo sulla strega, accennando un sorrisetto.
- Dovresti esserlo anche tu - ribatté Malefica.- La Luna di Sangue si avvicina, abbiamo soltanto sei anime innocenti e l’Uomo Nero è stato sconfitto dallo stesso uomo di cui tu ti fidi così ciecamente…
- Sei troppo dura con lui. Sai bene cosa fa l’Uomo Nero, d’altronde doveva pur difendersi. E comunque, non preoccuparti: il nostro schiavo ha solo bisogno di rigenerarsi, presto potrà tornare al nostro servizio. Quanto alle vittime sacrificali…- ridacchiò.- Devo correggerti: ne abbiamo sette.
Malefica drizzò il capo, scrutando attentamente la sovrana. La Regina Cattiva sorrise quindi, con un elegante e lento gesto della mano, fece comparire nello specchio una nuova immagine.
La strega si avvicinò per poter vedere meglio: il riflesso mostrava ora l’interno di una celletta buia in cui la luce filtrava a malapena dall’unica finestrella bloccata con alcune sbarre, troppo in alto per poter essere raggiunta. Rannicchiata in un angolo, avvolta nell’ombra con le ginocchia strette al petto, c’era Lady Marian.
- Oh, giusto. Dimenticavo…- Malefica fece una smorfia.- Alla fine, è proprio lei?
- Sì, è lei.
- Ne sei certa? Occorre il sangue puro dei creatori, perché i Grimm stessi vengano risvegliati.
- Non ho dubbi. Non può essere che lei…
- E se fosse anche la Salvatrice?- azzardò Malefica.- Non è da escludere, devi ammetterlo. Se davvero nelle sue vene scorre lo stesso sangue che fu di Jacob e Wilhelm Grimm, allora potrebbe essere che…
- No - la bloccò la Regina Cattiva, con decisione.- No. La profezia parla chiaro. Sarà la progenie di un traditore a ergersi in difesa del Regno delle Favole contro i fratelli Grimm. Lady Marian è stata una traditrice, questo è vero, ma non possiamo sapere se anche suo padre lo fosse…
- Non ne abbiamo la certezza. Non ha memoria, ricordi?- insistette Malefica.- Non ha alcuna rimembranza di chi era prima di giungere qui, e aveva già otto anni quando la facesti diventare una delle tue dame di compagnia. Non possiamo sapere se…
- L’arrivo di quelle ragazze non è stato un caso!- ringhiò la Regina, irritata.- Mi aspettavo l’intervento di quei pidocchi del Dipartimento, quando ho fatto ammazzare Cappuccetto Rosso e la nonna. Ero sicura che sarebbero giunti. La mia spia non poteva tenere un segreto del genere a lungo. Ma con loro sono arrivate anche quelle due sorelle, e proprio quando il nostro piano sta per essere portato a termine. Il Fato non scherza mai, lo sai bene.
Malefica non replicò, reprimendo a stento la rabbia che quella risposta le aveva suscitato. Raccolse il mantello, voltando le spalle alla Regina e allontanandosi verso il baldacchino con un fruscio di gonne.
- E allora, quale delle due potrebbe essere?- chiese dopo poco.- Forse la maggiore. E’ riuscita a rimanere illesa dall’attacco di Rosaspina, ed è stata l’unica delle due ad aver trovato una delle chiavi senza che il Fato le tendesse una mano…
- Non trarrei conclusioni troppo affrettate, se fossi in te. Come ti ho detto, il Fato non scherza mai, e il fatto che siano giunte due ragazze invece di una sola non è certo un caso. Anche se hai ragione: è notevole quanto sia stata fortunata…- la sovrana sogghignò.- Tua cugina e i suoi sudditi hanno mietuto numerose vittime, e l’unico prima d’ora a esserne scampato ha avuto un tale onore solo per via dell’intimo rapporto che voi due avevate, tempo fa…
- Ti sarei infinitamente grata se tenessi a freno la lingua, riguardo al Principe Filippo - ringhiò Malefica, mentre il suo volto illividiva. La Regina Cattiva si voltò a guardarla, fintamente sorpresa.
- Ti ho forse punta sul vivo, cara?
- Semplicemente detesto perdermi in chiacchiere inutili quando abbiamo ben altri problemi da risolvere - sibilò la strega, dandole le spalle per non doverla guardare negli occhi. La sovrana sorrise, decidendo di punzecchiarla un altro po’.
- Perdonami. Ho solo supposto che ci fosse ancora del tenero fra di voi, dopo che tu l’hai salvato nonostante lui avesse percorso tutta quella strada solo per spezzare l’incantesimo che aveva colpito tua cugina Rosaspina…
- Non l’ho salvato io. Aveva della polvere di fata con sé, e questo lo sai.
- Vuoi dirmi che anche adesso tu non sai dove sia?
- E’ scomparso.
- L’ho sentito dire. Ma immaginavo che tu ne sapessi qualcosa.
- Io non c’entro niente con il fatto che Filippo sia sparito - dichiarò Malefica, fermamente, tornando a guardarla negli occhi. La Regina Cattiva inarcò un sopracciglio, come a dire che non credeva a una sola parola, quindi tornò nuovamente a guardare lo specchio, stavolta rincontrando la propria immagine.
- Comunque, ci resta un problema - dichiarò infine.- La Pietra del Male non basta per richiamare indietro i fratelli Grimm. Occorre un altro elemento, e questo Artù non ce lo concederà mai.
- Oh, certo. Quella - la voce di Malefica s’inasprì.- Immagino che Merlino la tenga bene al sicuro. Hai qualche notizia da Camelot?
- Non molte. So solo che dopo la morte di Re Uther le cose non hanno fatto che migliorare, sotto il comando di suo figlio. E’ un regno molto prospero.
- Pensi che Artù scenderà in battaglia, qualora i ribelli volessero tentare nuovamente di insorgere?
- Chi? Artù?- la Regina Cattiva si lasciò sfuggire un’altra risata.- Non dire sciocchezze! Artù non ha alcun motivo per voler scatenare una guerra contro di noi. Non ha il carattere irruento e bellicoso di suo padre, e poi ha tutto ciò che potrebbe desiderare: un regno prospero, degli amici leali, una bella famiglia…
- Ti riferisci alla regina plebea e alla loro mocciosa?- Malefica fece un gesto stizzito con una mano, a segnalare tutto il suo profondo disprezzo.- Forse hai ragione…ma non dimenticare che i Pendragon hanno contribuito in maniera decisiva alla disfatta dei Grimm, e Artù e Merlino sono in possesso di qualcosa di fondamentale per la riuscita del nostro piano. Se provassimo a sottrargliela, allora farebbero tutto ciò che è in loro potere per riaverla.
- Sì, questo è vero. Ma non è detto…- la sovrana sorrise.- Merlino è un mago potente, ma ormai è vecchio, non ha più molte forze. Quanto ad Artù…Sì, forse potrebbe darci delle noie, ma…non è detto.
- Cosa vuoi dire, Grimilde?
- Prova a pensarci: che succederebbe se, improvvisamente, Artù si ammalasse? O morisse?- una luce di furbizia brillò negli occhi verdi della donna.- Ginevra è la figlia di un mugnaio, e la principessa ha appena sedici anni. Nessuna delle due sarebbe in grado di governare Camelot, né tantomeno di combattere una guerra.
- E cosa proporresti di fare, per eliminarlo? Hai già provveduto a inviare qualcuno?
- Non ne ho avuto bisogno. C’è già qualcuno, a Camelot, che ha il nostro stesso obiettivo…
La Regina le rivolse un’occhiata eloquente, che Malefica comprese immediatamente. Le due donne si scambiarono un sorriso d’intesa, ma subito la strega tornò seria.
- E che mi dici della ragazzina?- incalzò.- Hai in mente qualcosa anche per lei?
- Farà molta meno strada di quanto non ne abbia fatta la sorella maggiore, puoi esserne certa - dichiarò la Regina Cattiva.- Il Cacciatore è libero, ma molto meno di quanto pensi. E’ ancora in mio potere, e alla prossima luna piena se ne accorgerà. E poi, si sta dirigendo alla volta di Salem, che non è il miglior posto dove nascondersi. Senza contare…- fece una smorfia.- Senza contare che, da quel che ho udito, anche Tremotino le sta alle calcagna.
- Tremotino?!- sbottò Malefica, incredula.- E tu vorresti mettere la nostra sorte in mano a Tremotino? Sai bene che se c’è qualcuno da temere, ora, quello è lui! E’ stato allievo di Merlino, è il mago oscuro più potente di questo mondo…
- …e nutre un profondo odio nei confronti delle forze del bene - concluse la Regina.- Non ho detto che voglio affidare la nostra sorte a lui. Ma potrebbe comunque fare il lavoro sporco al posto nostro e liberarsi della ragazza per noi.
- E non ti sei chiesta perché lo faccia?- ringhiò Malefica.- Ha già trovato una delle chiavi, ancora non sappiamo come strappargliela e vuole uccidere la Salvatrice! E’ evidente che voglia che i Grimm ritornino, eppure non ha voluto schierarsi dalla nostra parte.
- Ha sempre preferito lavorare da solo.
- Oppure ha qualcos’altro in mente!- ribatté la bionda.- Conosci Tremotino. Non fa mai niente per niente. E dobbiamo trovare il modo di strappargli la chiave!
- A questo penseremo…- disse la Regina Cattiva, al limite della sopportazione. Si alzò in piedi, andando incontro a Malefica.- Per ora, concentriamoci sui nostri obiettivi primari. Dobbiamo concentrare il nostro potere, impiegare tutta la magia oscura di cui disponiamo. Il momento è vicino, Malefica: presto i Grimm torneranno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Come molti di voi avevano intuito, il nuovo villain è Malefica. Non sono particolarmente soddisfatta di come l’ho resa, m’è venuta fuori un po’ moscetta, ma cercherò di fare meglio nei capitoli a venire. Mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate riguardo a questo capitolo (che avrebbe dovuto essere pubblicato l’altra sera ma un virus mi ha fregato temporaneamente il computer, misera me!), dato che non mi ritengo molto brillante nel descrivere le scene di azione o combattimento. Dunque, come precisato, questo capitolo segna una sorta di frattura fra due parti: Anya da qui in avanti sarà relativamente tranquilla (anche se qualche momento di tensione non mancherà), mentre sarà sua sorella a farsi travolgere da ciò che sta succedendo nel mondo delle favole. Il prossimo capitolo s’intitolerà Red Hair Under the Sea e vedrà Gaston (il quale, con ciò che combinerà, inizierà ufficialmente la sua escalation verso il lato oscuro della forza :P *la scena si sposta sul Maestro Yoda che finisce a gambe per aria privo di sensi*, più Hadleigh e Jones sulla nave di Capitan Uncino, e l’entrata in scena di un altro nuovo personaggio e di Ariel. Il prossimo ancora vedrà invece Camelot con la famiglia Pendragon, mentre dal terzo in poi si passerà ad Elizabeth (anche se qualche intermezzo di lei ce lo avremo) e ad Anya e PM all’accampamento dei ribelli, e poi il quarto finalmente l’arrivo a Salem! XD.
Nel prossimo pubblicherò le immagini di Malefica, Ariel e del nuovo personaggio, mentre dal prossimo ancora avremo quelle di Artù, Merlino, Ginevra, Odette e Lancillotto…e dei nuovi personaggi, di cui uno, si è visto, sta dalla parte della Evil Queen e compagnia ;).
Ringrazio CheshireMad, Princess Vanilla, cleme_b, SognatriceAOcchiAperti, Mandie, LadyAndromeda e Sylphs per aver recensito e tutti voi che continuate a seguire questa storia :).
Un bacio,
Beauty
  
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