Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: JoiningJoice    19/12/2013    7 recensioni
Venezia, 1577. Un orfano di nome Jean guarda il corpo del suo migliore amico bruciare tra decine di altri corpi, mutilati e deformati dagli effetti della Morte Nera.
Venezia, 1582. Mentre la città ormai guarita si prepara a festeggiare il Carnevale, Jean viene avvicinato da un misterioso ragazzo dalla maschera nera. Qualcosa di grande sta per succedere, qualcosa per cui Venezia non è neanche lontanamente preparata...
Davanti agli occhi di Jean si formò l'immagine delle pire che avevano illuminato a giorno il sestiere anche nelle ore più buie della notte, fino a qualche settimana prima. La cenere cadeva ancora, più lenta e rada in quel momento, ma cadeva. Fu assalito da un pensiero improvviso, malato.
(Stiamo respirando cadaveri.)
Genere: Angst, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Vita e Morte a Venezia



C'era qualcosa nell'aria, qualcosa a cui non erano abituati.

Armin Arlert aveva sempre ritenuto la propria esperienza noiosa, semplice, semplicemente ignorabile. Adorava vivere con suo nonno, amava le giornate trascorse con Eren e Mikasa, impazziva per la lettura, nonostante l'unica altra persona in grado di leggere che conoscesse fosse suo nonno.

Semplicemente ignorabile.

Non avrebbe mai creduto che un giorno Jean Kirschtein sarebbe entrato bruscamente nella loro vita, portando con sé un anello e la fine del mondo. E stentava a crederci anche nel momento in cui, davanti ai suoi occhi, il corpo esanime di Jean venne raccolto dal ragazzo che aveva creduto morto per cinque anni. Anche quando suddetto ragazzo tagliò via di netto il braccio del loro assalitore, e sorrise di fronte a quello spettacolo, piangendo sangue.

'M-Marco...' si ritrovò a sussurrare, sotto shock.


Marco non lo sentì, ovviamente; come avrebbe potuto, tra le urla della gente e dei soldati ancora impegnati a salvarsi? Corse via, invece, Jean stretto tra le braccia. Armin alzò una mano tremante nella sua direzione, ma la ritirò subito; qualcosa si era mosso accanto a lui.

Hanji Zoe aprì gli occhi e lo guardò, sussurrando qualcosa che Armin non potè sentire. Aveva lo sguardo di chi ha visto un fantasma.

Armin si abbassò, tendendo l'orecchio verso le sue labbra.

'Dietro di te.'

Armin si voltò di scatto. Il ragazzo alto, il fautore del disastro che li circondava, l'uomo a cui Marco aveva mozzato via il braccio, lo sovrastava.

Entrambe le braccia erano al loro posto.

Armin si abbassò a terra svelto, proteggendo Zoe d'istinto. Si rese conto che il ragazzo stava piangendo.

'Vorrei avere una scelta.' esclamò, alzando la spada. 'Mi dispiace.'

Fu allora che una lama gli spuntò dal petto, all'altezza del cuore. L'uomo la guardò, gli occhi e la bocca aperti, congelati in un'espressione di un intenso stupore. Per un attimo, un sorriso di

sollievo gli comparve sul volto; poi cadde a terra.

Mikasa era in piedi dietro di lui, l'elsa dell'arma insanguinata ancora stretta tra le mani.


'Mikasa!' urlò Armin; come risvegliandosi da una fase di trance, Mikasa alzò gli occhi verso di lui e lasciò cadere la spada. Si abbracciarono; Armin stava ancora piangendo sulla sua spalla quando lei iniziò a parlare.

'Ero solo una bambina quando i miei genitori arrivarono a Venezia per donarmi a un loro amico e collega ricercatore per degli esperimenti. C'erano altri tre ragazzini con me, nella stanza...lui era uno di loro. Ora ricordo. Mio dio, ora ricordo.'

Armin vide Hanji Zoe alzarsi in piedi. 'Non sei infetta dal titanio modificato. Sbaglio?'

Mikasa scosse la testa. 'I miei genitori morirono di peste. Grisha Jaeger si sentì tanto in colpa da decidere di prendermi in custodia.'

Zoe scosse la testa. 'Dubito che quell'uomo abbia a cuore il destino di una bambina. Probabilmente aveva piani diversi per te.'

Armin sciolse l'abbraccio con Mikasa. 'Vi sentite bene?'

Zoe sorrise. 'Magnificamente. Devo tornare al quartier generale delle guardie e fare rapporto, ora. Possiamo ancora fermarlo.'

Armin fu tentato di dirle di Marco, ma si morse la lingua. Non riusciva a fidarsi completamente di quella donna. La guardò correre via, silenzioso, ripensando alle parole di Mikasa.

'Eren è ancora in quella torre.', mormorò.

Mikasa sorrise. 'Questo è quello che credono loro.'


*


Reiner saettò in avanti, incredibilmente veloce per qualcuno della sua stazza; Ymir lo scansò nuovamente, un torero e il proprio toro, restia a combatterlo nonostante la provocazione. Doveva studiare un piano, inventarsi qualcosa. Gettarsi in avanti e attaccare sarebbe stato stupido.

'Sasha!' urlò all'improvviso. 'Ci sei?'

Con la coda dell'occhio, vide Sasha annuire, poi urlarle in risposta.

Reiner la mancò di un soffio con un cazzotto sul fianco; non combatteva armato, perchè lo avrebbe semplicemente rallentato. Ymir appoggiò la mano sul suo capo, rapida, e utilizzò la sua stessa forza per issarsi oltre lui ed atterrargli dietro.

'L'arco e le frecce, Sasha! Ci sono?'

'Sì...sì!'

Reiner rimase un attimo interdetto dalla scomparsa del proprio obiettivo, ma la reindividuò immediatamente. I suoi sensi sembravano essere quelli di un animale. Non parlava, limitandosi a fissare Ymir con occhi bianchi e ciechi.

'Devi colpirlo!'

'D-dove?'

'ABBASSATI, YM!', si intromise la voce di Historia.


Ymir seguì il consiglio, rapida, stringendo i denti; non lo avrebbe ammesso nemmeno con se stessa, ma le gambe le erano praticamente cedute. Reiner strinse i pugni e li abbassò sulla sua schiena, costringendola a terra a sputare sangue. Si tirò su a fatica, scivolando; Connie era dietro Reiner, un pugnale in mano.


'Connie, no!'


Quell'attimo di distrazione le fu fatale. Reiner le arrivò addosso con la forza di una decina di tori, aggrappandole il busto e spingendola contro il muro.

La vista le si stava annebbiando. Non andava bene, non andava bene affatto. Sentiva dolore ovunque, e aveva un'immensa voglia di accasciarsi su quel muro e svenire, ponendo fine a tutte quelle sofferenze. Non andava bene affatto, no. Lei aveva qualcuno da proteggere.

Non poteva permettersi di dormire.


'AGLI OCCHI!' urlò, raccogliendo quel poco di fiato che i polmoni fracassati le consentirono.


Vide il volto di Sasha passare dall'essere quello di una ragazzina spaventata a quello di una cacciatrice, mentre incoccava la freccia. Spinse via il braccio di Reiner, che la bloccava al muro, e si gettò di lato, ormai quasi insensibile all'urto contro la strada. Reiner si voltò e le si lanciò contro...

...e fu allora che Sasha scoccò. La freccia si infilò nell'occhio destro di Reiner, e la bestia che era stato il ragazzo urlò di dolore, afferrandone il fusto.

Ymir si ritrasse orripilata, approfittandone per respirare grandi boccate d'aria. Reiner urlò nuovamente, mentre la seconda freccia che Ymir non aveva chiesto colpiva l'occhio sinitro. Persino i suoi versi di dolore erano più simili a quelli che può emettere un orso o un lupo che a quelli di un essere umano.

'Sasha, fermati!' urlò Connie, da qualche parte.


Sasha abbassò l'arco, una terza freccia già incoccata. Sul volto aveva un'espressione di intenso dolore, come se tutto l'orrore del mondo si fosse mostrato ai suoi occhi all'improvviso. Ymir la guardò mormorare qualcosa.


'Questo è per Marco.'

L'arco si alzò e la freccia corse rapida verso il collo di Reiner. Le urla del mostro si interruppero di botto, mentre collassava in silenzio, a terra.

Per un po' l'unica cosa che fu possibile udire, oltre alle urla dei passanti, fu il respiro affannato di Ymir. Si alzò in piedi, presto sostenuta da Connie, che le corse incontro gettando a terra l'arma.


'Sei conciata male.' constatò.

'Andiamocene.' borbottò lei.


Dita fredde come il soffio della morte si strinsero attorno alla sua caviglia.

Prima che potesse rendersene conto, la sua testa aveva picchiato contro il terreno, stordendola. Sentì Connie urlare, Sasha gridare aiuto, poi un urlo isterico, una dolce voce familiare resa folle dalla rabbia. La presa di Reiner si allentò e Ymir, semi incosciente, si voltò.

C'era Christa, in piedi sul cadavere di ciò che Reiner era stato; aveva un pugnale in mano, insanguinato fino all'elsa. Reiner mosse un braccio, e lei alzò entrambe le mani e conficcò nuovamente il pugnale nella sua schiena, ripetutamente.

Gettò il pugnale a terra e si voltò a guardarla. Il suo candido volto da angelo era sporco di sangue, gli occhi sbarrati dal terrore.

Ymir svenne.


*


'Il Caporale Rivaille rientra! Il Caporale Rivaille rientra!'

'Dio, fate tacere quell'idiota.' esclamò Rivaille, fermandosi nel cortile. Una donna gli corse incontro. Riconobbe con una smorfia i capelli cenere e lo sguardo duro di Rico Brzenska.

'Rapporto.' richiese, secca. Rivaille si voltò verso il proprio cavallo e ne tirò giù qualcosa, che porse a Rico.

'Il Comandante è morto. Questo è ciò che sono riuscito a recuperare.'

Il volto di Rico si trasformò in un'espressione d'orrore; lasciò cadere ciò che Rivaille le aveva consegnato, portando le mani alla bocca. 'Starai scherzando! Un braccio, Francese? Un braccio?!'

'Va a chiamare Pixis, Brzenska. Non ho tempo per i tuoi attacchi isterici da primadonna.'

Rico ingoiò una risposta saccente, voltando le spalle al Francese e rientrando nella caserma per cercare Pixis, il secondo in comando della guardia cittadina. Rivaille si concesse un attimo di pausa, respirando a fatica. Uscire dall'inferno scatenatosi poco prima era stata un'impresa, e doveva ancora riprendersi del tutto dall'idea che Erwin fosse morto.

Guardò la caserma; Pixis camminava verso di lui, tranquillo. Lo salutò con un cenno della testa.


'Dovremmo pensare ai civili, Caporale. Possibile che ci stiate procurando una preoccupazione in più?'

'Erwin è morto, nel caso quell'angioletto con la gonorrea del tuo secondo si sia dimenticato di riferire.' sbruffò Rivaille. 'Che ne è della famiglia del doge?'

'Se ne sta occupando Nile. Dov'è la Maschera, Rivaille? Dov'è Grisha Jaeger?'

Rivaille fece una smorfia stizzito. 'In giro a divertirsi, a giudicare dal terremoto. Non abbiamo il minimo indizio su dove sia, Pixis. Niente di niente. Devo vedere il ragazzo Jaeger.'

Fece per oltrepassarlo, ma Pixis lo fermò; era sul punto di tirare fuori la spada e chiedergli di spostarsi con tutta la gentilezza di cui non era capace, quando un urlo li fece voltare entrambi.

'Il Caporale Zoe rientra! Il Caporale Zoe rientra!'

'Hanji.' sussurrò Rivaille, affrettandosi verso l'entrata.


Hanji era conciata male, ma il suo volto era eccitato, illuminato. Rivaille la sostenne prima che lei potesse gettarsi a terra a prendere fiato.


'L'attentatore...morto.' annunciò. 'Ucciso. Dobbiamo trovare gli altri.'

'Tu non vai da nessuna parte, idiota. Me ne occupo io.'

Hanji scosse la testa. 'Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti. Dov'è il ragazzo Jaeger?'

'E' quello che stavo cercando di capire anch'io.' mormorò Rivaille, infastidito.

Pixis li guardò entrambi con la solita flemma. 'Il ragazzo Jaeger è scappato, Rivaille. Ed ecco perchè il mio secondo ti è apparso particolarmente innervosito. Quei diavoli di ragazzini hanno fatto una breccia nelle mura e si sono lanciati di sotto. E sono sopravvissuti!'

Rivaille sgranò gli occhi. 'Je vais tou vou teur.' sillabò, alzandosi e fronteggiando Pixis. 'Come diavolo fate ad essere dei tali incompententi? Zoe!' Hanji si alzò, spolverandosi di dosso la polvere. 'Prendi gli uomini che ti servono e va a cercare Jaeger. E Jaeger padre, se ti riesce. E portameli. Vivi.'

Hanji annuì. Pixis alzò un sopracciglio in direzione di Rivaille.

'Cosa pensi di fare, caporale? Devo ricordarti chi è il tuo comandante, al momento?'

'Nessuno.'


Un sorriso percorse il viso di Rivaille. Tutti i presenti, Pixis compreso, tremarono impercettibilmente.

In dieci anni di servizio, non era mai accaduto che il Francese sorridesse. Slacciò la cappa e la consegnò a Pixis.


'Erwin è morto, e voi siete solo degli idioti. Me ne vado.'


*


La prima cosa che vide, aprendo gli occhi, fu un immenso bianco. Solo bianco.

Jean sbattè più volte le palpebre,


(sono morto? Di nuovo?)

prima di rendersi conto che quella che stava osservando era la cupola di una chiesa e non la porta del paradiso.

Gli ultimi ricordi prima di perdere coscienza gli tornarono in mente, colpendolo come un pugno allo stomaco; si alzò di scatto, guardandosi intorno. Non c'era traccia dell'energumeno che lo aveva soffocato, né di nessun altro. Si alzò in piedi a fatica, passeggiando in mezzo alla navata.

Ma, sì, qualcuno c'era; in ginocchio di fronte all'altare, impegnato a mormorare preghiere in latino. Jean si mosse nella sua direzione, felice di constatare che era lì, era vivo.

Poi Marco si voltò verso di lui.

La mente di Jean si congelò di fronte all'immagine del suo migliore amico, gli occhi ridotti a due pozze di sangue e lacrime dello stesso impegnate a corrergli giù dal volto e sulle vesti. Scosse la testa, in parte spaventato, e in gran parte arrabbiato.

'Cosa ti hanno fatto stavolta?'

'Ha funzionato.' spiegò Marco, e Jean si rese conto che stava tremando. 'Il piano di Jaeger.'

Parlava a fatica, ma questo non gli impedì di urlargli di fermarsi quando Jean fece per avvicinarsi; non gli diede retta, ovviamente, e si afficinò fino ad averlo di fronte.

Jean afferrò l'angolo della propria cappa e lo strofinò dolcemente sulle sue guance, levando via il sangue. Marco rimase con lo sguardo fisso su di lui, preoccupato e privo di parole.

'Perchè siamo qui, se il suo piano ha funzionato?'

'Perchè il suo non era un secondo piano. Era parte integrante del primo piano.'

Jean annuì distrattamente. Le labbra di Marco, no, tutto il suo corpo tremava visibilmente.

'Insomma, hai intenzione di parlarmi o no?' sbottò Jean. 'I miei amici sono ancora là fuori. Potrebbero essere morti. Mi devi delle spiegazioni.'

Marco chiuse gli occhi, alzando la mano buona e sfiorando le dita di Jean vicino al suo volto. Annuì.

'Posso vedere tutto, Jean. Tutto ciò che è successo, parte di ciò che succederà se Jaeger vince. Le strade che abbiamo perso, quelle che perderemo. E le voci di tutti quelli come me che si spengono, lentamente. Bertholdt è morto. Reiner anche. Ed è un bene, perchè altrimenti avrei dovuto ucciderli io.' sospirò. 'Siamo qui perchè qui è nascosta la miccia di una catena di bombe piazzate strategicamente in tutta la laguna, e io ne sono la miccia. Io, o Annie.'

'Quindi stai aspettando questa Annie per ucciderla?'

'Sì.'

'E uccisa Annie?'

'Tu dovrai uccidere me.'


Jean ritrasse la mano lentamente; sul volto apparve un sorriso isterico, tirato. Scosse la testa e si portò le mani al volto, sfuggendo al tocco di Marco.

La sua espressione mutò rapidamente in un'esplosione di rabbia; scattò in piedi, i denti stretti e lo sguardo fisso su ciò che era rimasto del volto di Marco.


'Jean.' sussurrò lui. 'Sto già morendo. Evitami un'agonia. Ascolta...'

'No. TU ASCOLTAMI!'


La voce di Jean rimbombò, amplificata dall'acustica della chiesa. Marco lo guardò in silenzio.


'Io dovrei impedirti un'agonia? E chi impedirà la mia agonia? Chi cazzo lo farà? Come credi che fare a vivere consapevole di aver ucciso il mio migliore amico un'altra volta?!'

'Jean...'

'Jean un cazzo! Non lo farò, Marco! Non pensarci neanche!'

La sua voce si ruppe sull'ultima parola, costringendolo ad inghiottire le lacrime. Marco si alzò; la sua massa fisica sembrava essere tornata normale, come se stesse indebolendosi. Si gettò addosso a Jean, abbracciandolo.

'Mi dispiace. Non può farlo nessun altro...'

Le mani di Jean si strinsero a pugno e batterono sulla schiena di Marco, sempre più deboli, i suoi lamenti sempre più simili a un pianto nervoso, finchè non si rese conto di essersi aggrappato alla sua veste con una forza che non credeva di avere, e di aver affondato il volto nell'incavo tra il collo e la spalla di Marco. Singhiozzò in quella posizione, restio ad abbandonare il calore delle braccia di Marco, per quanto infuriato si sentisse nei suoi confronti.

'Non puoi...farlo da solo?' borbottò, mordendosi la lingua subito dopo, conscio di quanto suonasse egoista.

Marco non sembrò farci caso; fece scivolare la mano sinistra verso i capelli di Jean, prendendo a carezzarli. 'Non credi che lo farei, se fosse possibile? Non credi che ti leverei questa maledizione di dosso? Ma non posso. Rischierei di ferirmi senza morire. Dobbiamo farlo prima che Grisha Jaeger arrivi.'


Jean alzò riluttante la testa dalla spalla di Marco per guardarlo. Gli occhi avevano smesso di piangere sangue, e le sue labbra erano inclinate in un sorriso rassegnato. Sembrava di nuovo una persona normale, volto ricostruito a parte. Alzò un dito a sfiorare le sua guancia, scivolando da una lentiggine all'altra, ancora stretto tra le sue braccia.

'Marco?'

'Mmm?'

'Hai detto di poter vedere le strade che abbiamo perso, no?' alzò gli occhi ad incontrare i suoi. 'Cosa sarebbe successo se quel giorno non avessi incontrato Jaeger?'

Marco chiuse gli occhi, concentrato. 'Saremmo cresciuti assieme. Un giorno, Antonio avrebbe lasciato a me, te, Sasha e Connie la gestione dei traffici. Tu ci avresti guidato, sai benissimo che sarebbe stato così.' riaprì gli occhi un poco, lo sguardo basso. 'Ne sarei stato felice. Nulla mi rende più felice del guardarti diventare forte.'

Jean appoggiò la fronte alla sua, gli occhi chiusi, in cerca di contatto fisico. Marco lo strinse a sé.

'Avrei voluto vederti crescere.'

'Lo so.'

'Jean, non dovrei, ed è stupido dirlo ora, ma credo di essermi nuovamente innamorato di te.'

'…Lo so.'


Poggiò le labbra su quelle di Jean, tirate in un piccolo sorriso malizioso, assaporando la sua pelle, il suo profumo, il modo in cui muoveva la testa per far sì che si accomodasse al meglio nella sua bocca, la mano di lui che saliva a carezzargli nuovamente la guancia. Lo strinse ancora, più forte, godendo della sensazione di calore emanata dal suo corpo, della sua presenza.

Un attimo per respirare, per guardarsi negli occhi; un altro, per esser certi di star facendo la cosa giusta.

Un terzo attimo, per smentire le loro convinzioni e fregarsene.

Le labbra si ritrovarono, affamate, ansiose di recuperare gli anni e le possibilità perdute. Come per il ballo, Jean si rese conto di avere in mano la situazione, e impose a Marco la propria presenza mordendone il labbro inferiore con rabbia. L'altro ridacchiò sorpreso e tornò a baciarlo con dolcezza.


'Dovremmo davvero smettere.' mormorò Marco, lo sguardo preoccupato.

'Mm-mm.' rispose Jean, sporgendosi in avanti alla ricerca delle labbra dell'altro.

'No, Jean. Dovremmo davvero smettere.' Marco sciolse l'abbraccio da Jean e lo costrinse a voltarsi.

Sulla soglia della chiesa era ferma una bassa ragazza bionda, che Jean riconobbe come la principale fautrice della sua morte di neanche un giorno prima. Strinse i denti.


'Tu!


Fece per correre nella sua direzione, ma Marco gli posò una mano sulla spalla e lo oltrepassò.


'Quella è Annie, Jean.' slacciò la cappa e la gettò di lato; Jean la raccolse al volo. Sotto la cappa, Marco indossava solamente una maglia nera. La sua schiena, che Jean non aveva mai osservato con attenzione fino a quel momento, era quella di un combattente allenato alla guerra. Deglutì.

'È meglio che ti trovi un posto in cui nasconderti. Non voglio rischiare di farti del male.' si voltò a guardarlo, sorridendo. 'Hai una promessa da mantenere, ricordatelo.'

Jean sentì una smorfia farsi strada sul suo volto. 'Col cazzo.'

Marco corse verso Annie; Jean nella direzione opposta.

Sul volto di entrambi faceva capolino uno stupido sorriso speranzoso.





Ehilà, belle donne/uomini/qualunque cosa desideriate essere, buongiorno!

E' l'una e mezza mentre scrivo, e probabilmente dirò meno di quanto voglio dire. Nulla di nuovo, quindi!

L'ho già detto che sono davvero molto, molto, MOLTO felice del feedback ricevuto da questa storia? Sì, l'ho già detto, ma fanculo, lo ripeto. Non basta mai sentirlo dire, ed è tutto merito vostro che visualizzate, recensite, seguite (un sacco di persone in più, tra il precedente capitolo e questo!)...Beh, grazie. Grazie di cuore. Lo ripeto sempre, ma grazie.

Passiamo alla storia. Mancano due capitoli – entrambi saranno molto più lunghi di questo, credo –, poi l'epilogo. Non so dirvi quando aggiornerò, ma state pur certi che non l'abbandono. E non abbandono voi.

L'epilogo sarà farcito dalle fan-art (Sì, HO DELLE FAN ART!) di VeMaV, quindi se mai vi salti su il pallino di disegnare qualcuno/qualche scena, fatemelo sapere! Potete mandarmi un messaggio privato, contattarmi su Facebook o Tumblr...Dove desiderate!

E per coloro che lo hanno già fatto, SIETE LE PERSONE PIU' BELLE DEL MONDO. <3

La scena del bacio. Ragazzi scusate se sembro una verginella ma scrivere quella scena è stato un tentativo di salvarsi dall'epistassi dopo l'altro. Continuavo a immaginarmi le cose più idiote e porche del mondo.
Ne approfitto per dirvi che posterò una one-shot il giorno di Natale, per il bene dei vostri cuoricini. Una fluff. Indovinate su chi <3

'Gesù Cristo shippa questi due.' [cit.]

Spero vi sia piaciuto. Ancora una volta, verso la fine della nostra avventura.

Con affetto, amore e prosciutto crudo (?),

  • Joice.

<3

   
 
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