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Autore: TheNaiker    19/12/2013    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 58: Il ballo di Cenerentola



Ibaraki, 2 Marzo 1984

Più o meno mentre Mion stava facendo la sua entrata in scena al piano inferiore, ossia dopo l'ultima, grande esplosione, Sonozaki Goemon era ancora barricato nell'angolo in cui il suo complice gli aveva intimato di restare, ma stava ora cominciando ad innervosirsi. Lui sapeva che gli ospiti della festa avevano smesso di salire lì sopra alle nove in punto e si aspettava che la famigerata «Ora X» sarebbe giunta poco dopo, al massimo con qualche minuto di ritardo, invece sembrava che stesse passando un'infinità di tempo senza che non ci fosse nulla... Ed aveva iniziato a chiedere con insistenza che ore fossero, nevrotico, visto che in quanto carcerato non aveva nessun orologio al polso. Le varie risposte che riceveva erano contraddittorie, c'era chi diceva che fossero ancora le nove, c'era chi sosteneva che fossero già le nove e dieci... Goemon sperava che i suoi timori fossero infondati, che la sua brama di vederli tutti morti lo stesse inducendo ad avere fretta, a pensare che il tempo trascorresse più velocemente di quanto non fosse. Ma quando gli fu risposto che erano quasi le nove e mezza, giunse infine alla conclusione che il caro patito delle bombe aveva fallito.

Questa non ci voleva... Lui conosceva la natura del suo sottoposto, quello non era come la sua guardia del corpo, o come Nabiha, o come Seohara. Se lo avessero interrogato avrebbe sputato il rospo senza fare tanti complimenti, con buona pace dei problemi che avrebbe causato ai suoi padroni. La polizia avrebbe scoperto tutti i misfatti che lui aveva commesso in quei mesi e la sua permanenza in prigione si sarebbe allungata di svariati anni, anzi non sarebbe più uscito dalla cella... Perché quell'imbranato non aveva fatto piazza pulita alla stazione ferroviaria di Ibaraki, per esempio, invece di prendere di mira il palazzo in cui si trovavano adesso? In modo da bloccare i ficcanaso e rendere più difficoltosi i loro spostamenti verso Hinamizawa? Ma no, quello andava matto per i fuochi d'artificio, se non faceva qualcosa di spettacolare non era contento... Però Goemon si rese poi conto che neanche la sua era una buona idea, i treni non sono gli unici mezzi di trasporto esistenti ed anche senza binari i suoi avversari avrebbero potuto facilmente affittare una macchina e svignarsela, dopo la fine di quel gala.

L'uomo si sentiva come se stesse perdendo il suo autocontrollo, stava formulando teorie e congetture sballate, e prendersela con gli altri era solo deleterio per lui. Doveva stare calmo e mantenere il sangue freddo, e poi doveva soffermarsi sul creare qualche scappatoia. Escogitare qualcosa per rendere meno critica la sua posizione nei confronti della legge... Ma intanto doveva vincere la sua guerra contro quei decerebrati che si professavano protettori di Hinamizawa. Per farlo bisognava solo tenere Rika lì in quella città fino a mezzanotte, affinché non potesse partire e raggiungere il suo villaggio prima che fosse troppo tardi. Doveva solo guadagnare meno di tre ore, a partire da adesso, non un minuto di più: bastava che il questore ordinasse ai suoi sgherri di trattenerla almeno per la notte, anzi anche meno di una notte... Il suo trionfo era ancora a portata di mano...

Goemon cominciò a valutare pro e contro di ogni possibile decisione. Aveva pochi istanti per farlo, da quell'angolo poteva ascoltare le accese parole di Keiichi che spiegavano a tinte vivaci la loro situazione a tutto il pubblico della sala. Tutti i partecipanti della vesta li osservavano come se stesso recitando un melodramma, ed anche i poliziotti lì presenti li guardavano divertiti. Sia Goemon che i ragazzi erano considerati alla stregua di un puro spettacolo di intrattenimento, ed era fior di dubbio che il questore avrebbe fatto vincere lo schieramento che più lo aveva entusiasmato... Ma forse quell'atteggiamento degli ospiti avrebbe potuto anche essere usato a suo favore. Certo, doveva pensare attentamente a cosa dire.

Goemon notò che alcuni gli si erano fatti vicino e che lo invitavano a lasciare quell'angolo per fare un passo avanti e ribattere a quello che stavano dichiarando sul suo conto. Che cosa poteva inventarsi? La miglior mossa era costruire una teoria che non potesse essere verificata in quattro e quattr'otto, qualcosa che convincesse le autorità ad affermare Non possiamo rilasciare la vostra amica perché non siamo del tutto sicuri, per ora... Ma che cosa poteva andare bene per un simile scopo? Ad una prima occhiata non vi era bugia che poteva riuscire in un miracolo del genere. Goemon del resto non si aspettava di doversi divincolare da una situazione come quella, pensava che tutti gli altri sarebbero crepati prima, così non aveva pensato a nulla di appropriato.

Mordendosi le labbra, scrutò la moglie. Megumi era a breve distanza da lui, probabilmente lei condivideva con lui il suo desiderio di mettere i bastoni tra le ruote a quel branco di mocciosi, ma la donna non stava facendo nulla di concreto. Stava lì, immobile, zitta, come collaboratrice non valeva un fico secco. Perché non si era sbarazzato della consorte mesi fa? Che se ne faceva? Era solo una palla al piede, una persona noiosa che sputava sentenze su chicchessia ma che poi tornava utile solo in qualità di elemento della famiglia Sonozaki, ma a parte quello non aveva abilità personali da sfruttare... Dopo tutti quei mesi di convivenza sua moglie non si era guadagnata il suo rispetto, vista la sua pochezza lei poteva anche morire per lui. Se lo sarebbe meritato.

“Non volete esercitare il vostro diritto di difendervi, allora?” gli chiese all'improvviso direttamente il questore, irritato da quella reticenza da parte di Goemon.

“Non può farlo” disse Keiichi “Nessuna menzogna può cancellare il fatto che sia lui il responsabile di tutto, e lui ne è consapevole.”

“Posso farlo invece” rispose infine Goemon, guardandolo come un serpente “Dammi solo un secondo per pensare alle parole adatte.”

“Oppure ad una fandonia adatta.”

“Chiudi il becco e lasciami il mio diritto di replica, mi vuoi levare anche questo?” ribatté l'uomo, nervosamente.

Nondimeno, Goemon era conscio di trovarsi in una posizione spinosa e non sapeva come uscirne. Mettere in piedi una bugia e continuare a sostenere che Rika avesse preso parte alle torture su Seohara? Ma quell'altro ragazzo si stava rivelando essere un eccellente oratore, Goemon lo sapeva sin dalla Guerra delle Frane quando i suoi servitori gli avevano riferito del discorso del giovane alla prefettura. Keiichi avrebbe individuato la falla nella sua teoria in un battibaleno, assistito dai suoi stupidi amici. Goemon invece doveva guadagnare tempo, con un qualche sotterfugio, ed allora...

… Ed allora gli sembrò che gli occhi di Keiichi si stessero arrossando, come se da esse sgorgasse sangue a non finire. I suoi occhi stavano assumendo un aspetto minacciosamente demoniaco, si stava tramutando in un mostro assetato di sangue, ed anche i suoi amici, ed anche tutti gli altri astanti... E' assurdo, non può essere... Che cavolo...

Goemon scosse la testa, e quando riaprì gli occhi tutto era tornato alla normalità. L'uomo non sapeva che pensare. Un'allucinazione, quindi? E dovuta a cosa? Stanchezza? Nervi tesi? Paura? Digrignò i denti, dopo quell'ultima parola.

Ma nessuna di quelle poteva essere la risposta esatta... Anche altri partecipanti all'interno della sala si stavano massaggiando le tempie con le dita, oppure avevano uno sguardo incredulo come se avessero visto qualcosa di sorprendente... Stavano vivendo la sua stessa esperienza, forse? Avevano visto qualcosa di irreale sul volto di quel giovane? No, li poteva udire mentre vociferavano bisbigliando tra loro, spettegolando di cose varie... Ombre scure, mostri, od altre entità disturbanti... E tutti erano un po' presi dall'apprensione, notando come la loro fosse un'allucinazione di gruppo. Per l'amor di Dio, che cosa sta accadendo?

Per lui era difficile pensare che fosse opera di Ouka, quello spirito lo avrebbe certamente informato prima di questa eventuale mossa, invece ora lei non si faceva vedere da nessuna parte per dare spiegazioni. Probabilmente la sua discendente l'avrebbe localizzata se lei fosse stata lì, quindi Goemon riteneva che Ouka stesse cercando di far perdere le proprie tracce, di agire rimanendo nell'ombra. Però avrebbe dovuto avvisarlo prima... Oppure neanche lei centrava niente con quelle visioni?

Ma finalmente gli arrivò una risposta, e dalla fonte più inaspettata. Sua moglie gli si era accostato e senza neanche guardarlo in faccia gli rivelò: “Ora hai capito che ho combinato, mentre li stavamo attendendo...”

“Hmm?”

“Hai notato tutte le candele sui tavoli e sui candelabri appesi alla parete? Ho... aggiunto qualcosa di speciale a quelle fiammelle, mentre tu te ne stavi impalato in quell'angolino. Renderà tutto molto più pepato.”

“Qualcosa di speciale, dici? Alludi all'incenso che ti sei portata dietro, se ho capito bene.”

“Appunto. Con quella polverina puoi fare quello che vuoi. Costringerli a farsela sotto, azzerare la loro volontà, convincere il questore che sono loro i colpevoli... Fa' la tua scelta.”

“Oh, grazie mille per il gentile pensiero.” rispose Goemon. Sì, quella della moglie era una buona trovata, aveva portato quella sostanza da Okinomiya, immaginando che prima o poi avrebbero affrontato i loro nemici... Era la loro estrema risorsa. Forse non dovrei lasciarla morire, almeno adesso sta mostrando di avere una sua utilità. Meglio tardi che mai... Dovrei trovare una qualche idea che le permetta di sopravvivere, però se le raccontassi della Sindrome non si fiderebbe. Quindi... Potrei ricorrere all'ATPC, magari prelevandolo una volta che Mion-san avrà tirato le cuoia. Basterò fare una controllata ai gruppi sanguigni che possiedono, ma ci penseremo prima o poi.

Nel frattempo, anche Akane aveva ascoltato quello che la signora aveva detto al marito. E subito aveva alzato la voce, senza riuscire a celare una certa dose di panico: “Megumi, hai davvero fatto ricorso a quello?”

“Ah-ha...” aveva replicato l'altra, annuendo.

“Di cosa... state parlando, adesso?” chiese Rika, la quale stava iniziando a sua volta a soffrire di convulsioni.

“Oh” snocciolò Megumi “E' un piccolo trucchetto di magia che i Sonozaki usano da generazioni, al fine di instillare la paura nelle persone che devono avere a che fare con loro. Anche la vostra amichetta dormiente lo conosceva, presumibilmente, ma stasera non è qui per mettervi in guardia dai suoi effetti... Che peccato, non credete anche voi?”

“Akane-san, potete spiegarci a che si riferisce? Quella lì si sta divertendo a restare sul vago e tenerci sulle spine.” chiese Satoko, che stava iniziando a sentire le stesse sensazioni di Rika, al pari ormai di tutti gli altri.

“E'... ugh... Una sorta di intruglio che se bruciato produce un gas inodore dagli effetti allucinogeni. Grazie a Dio è sostanzialmente innocuo a lungo termine ma nei minuti successivi all'inalazione può produrre visioni come quelle che stiamo vedendo... Il fatto è che prima hanno lasciato Megumi-san da sola quassù, erano tutti o quasi al piano di sotto e così lei ha avuto tutto il tempo di piazzare la sostanza ed aspettare che i vapori facessero effetto. Ora l'aria è satura di quella roba.”

“Non possiamo aprire le finestre per far cambiare l'aria, allora?”

“Non faremmo più a tempo, credo. Anche se le spalancassimo adesso per avere più ossigeno, il gas che abbiamo già inspirato nel nostro corpo ci farà avere le traveggole per i prossimi venti o trenta minuti, questo è quello che i libri antichi del Maniero hanno sempre riportato. Dovremo trovare il modo di gestire nel modo opportuno queste visioni, prima di poter affermare di essere di nuovo a posto. State attenti, non è uno scherzo, quelli non ci daranno un attimo di tregua...”

“Non sono sicura di aver capito del tutto. Siamo in pericolo, quindi? E di cosa?”

“E' difficile spiegarlo, diventa tutto molto più ovvio una volta che lo provi sulla tua pelle. Capirai presto quello che intendo. Anche se non credevo che quella roba fosse così efficace...”

“Almeno, mi dici che roba è? Una droga?”

“Potremmo definirla così... Ma non causa dipendenza se non la assumi troppo spesso, se vuoi sapere questo. Comunque, il fatto che sappiamo di che cosa si tratta non ci salverà necessariamente. Megumi certamente sa come adoperarla, si è portata quella polvere fin qua di proposito, ed anche Goemon deve saperne qualcosa di come funziona. La impiegheranno... per costringerci a compiere azioni che non vogliamo fare e dire cose che ci potrebbero mettere nei pasticci. In questo momento, quei due sono come streghe con il potere di evocare le nostre peggiori paure, i nostri incubi più spaventosi, i nostri ricordi più tristi. Insomma, tutte le cose che noi vorremmo tanto rimuovere dalla nostra mente, ma che sono ancora lì...”

“Che cosa significa? Che...”

“Quanti dubbi che ti frullano in testa.” mormorò Megumi, che l'aveva sentita “Vuoi una dimostrazione pratica? Sarò lieta di dartela. Ormai il gas ha fatto effetto, possiamo dare inizio alle danze...” La loro avversaria li aveva lasciati parlare per un po', quel senso di incertezza che serpeggiava tra i ragazzi poteva fare al caso suo. Ma ora era per lei il momento di passare all'azione.

Prima che però potesse farlo, Rika ed Hanyuu si scambiarono un paio di occhiate molto significative. Akane non si ricordava che quella polvere fosse così potente, e si stava parlando di qualcosa che assomigliava a della magia... Doveva essere opera di Ouka. La loro parente ci aveva messo lo zampino, potenziando esponenzialmente gli effetti del gas; doveva essere quella la sua parte nella battaglia finale, e probabilmente aveva disseminato quell'operazione di una serie di sorprese che nessuno poteva aspettarsi. In fondo svelare quello che si trovava nei cuori delle persone era il suo più grande dono, lei stessa lo aveva dichiarato, quindi non c'era nulla di strano nel fatto che quegli incubi stessero prendendo forma. Che quegli spettri non fossero solo fantasmi incorporei, che potessero avere il potere di attaccarli sul serio? Impossibile saperlo prima di vederlo con i propri occhi, ma era fondamentale tenere alta la guardia. Almeno ora sapevano quale parte avrebbe recitato la loro antagonista, era pur sempre un grattacapo in meno.

Rika ed Hanyuu osservarono quindi Megumi che si rivolse a Rena, dicendole: “Ryuugu-san, non avevo occasione di discorrere con voi da molto tempo, da prima del vostro piccolo incidente...”

La ragazza dai capelli castani indietreggiò all'istante, rinculando un poco con la sua sedia a rotelle e ruotandola in modo da fissare la donna mettendosi di tre quarti.

Megumi proseguì: “Quando avevamo invitato i tuoi amici a venire a Kiyotsu, per fare quattro chiacchiere con noi, tu non avevi potuto partecipare, eri immobilizzata nella clinica del tuo villaggio insignificante, mi ricordo bene? Noi avevamo parlato anche di te, quella volta. Sappiamo della tua vita precedente qui ad Ibaraki, abbiamo scoperto parecchi cosette... Quanto spesso ti sei fermata con i tuoi compagni a parlare di quello che hai passato qui? Non sarei sorpresa se la risposta fosse mai... Però in questa città tu avevi degli amici, una volta. Avevi degli amici, degli ottimi amici, e non solo quelli...”

Rena si guardò intorno con occhi tremuli. Accanto a lei, quattro figure erano apparse, come fantasmi del suo passato. Le prime tre appartenevano ai ragazzi di Ibaraki che avevano tentato di farle violenza tanto tempo fa, e tra essi vi era Seohara il quale faceva sfoggio del suo collo sfigurato, trafitto da tutti i graffi che si era fatto prima di morire a causa della Sindrome. La quarta, invece, era quella di Ozaki Nagisa, sorellastra di una dei tre assalitori, e pure una delle pochissime amiche di Rena ad Ibaraki. Quegli spettri la stavano circondando immobili come statue, fissando in maniera totalmente inespressiva la giovane prostrata sulla sua sedia a rotelle, del tutto simili a quattro torri di pietra costruite ai quattro angoli di un castello medievale.

“Ad Hinamizawa tu stavi conducendo la tua esistenza come se questi non li avessi mai incontrati, non è vero? Tuttavia non si può avere l'arroganza di far finta che il passato non sia mai accaduto. Non hai mai fatto loro visita dopo la tua partenza, non hai mai lasciato il tuo caldo nido, avevi il terrore di fare un passo fuori dal tuo villaggio, peggio di una bambina che ha paura di allontanarsi dalla sua mammina. Non è forse così?”

“No, ti sbagli.” rispose Daijiro, prima che Rena potesse farlo “Tu vorresti cercare di farla sentire in colpa, come se in quella storia fosse lei quella nel torto, e gli altri no. Ma io ti dico che se loro tre avessero voluto davvero provare a chiedere scusa, allora sarebbero venuti loro ad Hinamizawa per visitarla, o come minimo avrebbero fatto una telefonate per tastare la situazione e capire se c'era lo spazio per una riappacificazione. Ed invece non hanno fatto niente di tutto ciò, né Seohara-san né gli altri due: quei miserabili non avevano alcuna intenzione di pentirsi e fare ammenda per i loro peccati. Non posso sapere se hanno preferito stare lontani da lei per cercare di rimuovere quel giorno dalla loro mente oppure perché pensavano di non aver fatto nulla di grave, però in entrambi i casi Ryuugu-san non ha fatto nulla di male. Se vuoi insultare qualcuno, insulta quelli che hanno cercato di rovinarle la vita, lascia stare la loro vittima.”

“Come sai che stiamo parlando proprio di loro?” spalancò gli occhi Rena “Queste visioni dovrebbero essere solo mie, dovrebbero essere generate da ognuna delle nostre menti, quindi le mie dovrebbero essere diverse dalle tue, le nostre vite sono state sempre separate fino a pochi giorni fa... Però tu... Riesci a vederle comunque?”

“Io... Non saprei dare una valida risposta... Fatto sta che riesco a scorgere anche io quello che scorgi tu...” Daijiro si era lievemente imbarazzato.

“Oh, capisco.” sorrise Rena “Condivisione delle emozioni... E' carino da parte tua...”

Daijiro arrossì un poco: “Fo... Forse. Considera che ho visto le fotografie di quei ragazzi, le loro immagini erano sui ritagli di giornale che ti aveva spedito Seohara-san, e quest'ultimo l'ho conosciuto di persona. Solo che vorrei che mi fosse chiara una cosa...” Il ragazzo indicò lo spettro dall'apparenza femminile “Chi è lei?”

“Oh, Nagisa-chan... Lei è... Una parente di uno dei tre ragazzi di quella combriccola. Lei era una delle persone che mi capivano un poco, ad Ibaraki, non ce n'erano mote come lei, anzi forse era l'unica che si sforzava di comprendere come mi sentivo... Ma francamente devo ammettere che non le davo molto ascolto, dopo il divorzio tra i miei genitori avevo solo un'idea fissa che mi girava in testa... Trovare il modo di tornare a casa mia, ad Hinamizawa.”

“E tu ti definiresti sua amica?” sputò sentenze Megumi “Oh, che bella amica che eri per lei... Non l'hai mai degnata di una telefonata, di una visita, per dirle che ti stava succedendo o per chiederle come stava...”

“Sarebbe interessante sapere come fate a sapere certe cose, signora.” ribatté Daijiro, che non sopportava proprio di vedere come Megumi se la prendesse con Rena.

Ma la ragazza lo rassicurò. “Va tutto bene, Daijiro-kun. In effetti io non ho mai cercato di mettermi in contatto con lei, ma se non l'ho fatto è perché lei non poteva rispondermi. Nagisa-chan è deceduta qualche tempo fa, un camion l'ha investita... Me ne aveva parlato un'ufficiale, mentre ero sotto scorta. Sai, ogni tanto si davano il cambio e talvolta venivano anche da qui...”

“Posso conoscere il nome dell'ufficiale in questione?” chiese il questore, incuriosendosi sul caso e desideroso di verificarlo per appurare se la giovane stesse dicendo la verità o se stesse solo recitando.

“E' una donna, il distintivo che mi aveva mostrato diceva che si chiamava... Minai Tomoe-san... Potete chiederle altri dettagli in seguito, se la storia vi intriga.” Rena sollevò il capo “Ma non è questo il punto della questione. Il punto è che forse sapete che i genitori di Seohara-san sono venuti a trovarmi, alla Clinica, ed hanno implorato sinceramente il mio perdono per quello che il loro figlio mi ha fatto, ed io sono loro estremamente grata per questo gesto. E sono sicuro che anche i padri e le madri degli altri due coinvolti nella vicenda farebbero altrettanto, se venisse loro rivelato dove sto attualmente. In conclusione, per quale ragione io dovrei fare piazza pulita del passato? Tu stai affermando che è questo quello che voglio fare, ma non è così, non è vero, tu non sai niente di me, tu non sai niente di Ryuugu Rena. La sottoscritta accetta la sua vita ad Ibaraki in quanto parte saliente della sua esistenza, ed anche se non ne vado particolarmente fiera conservo comunque i ricordi di quel periodo. E questo perché io voglio fare ricorso a quelle memorie, un giorno, quando risulteranno fondamentali. Quando i miei amici saranno preoccupati, o tristi, o arrabbiati per qualcosa che è accaduto loro... Io mi avvarrò delle emozioni che ho provato quella volta, per riuscire a capirli e ad aiutarli. La mia vita è la mia risorsa più preziosa: la mia vita passata, quella presente e quella futura sono tutte ugualmente importanti per me. Non cercare di indurmi a ripudiare una parte di me, Megumi-san, non ci riusciresti.”

Agli occhi di Rena, lo spirito di Nagisa parve sorridere dolcemente, felice per le parole che la sua amica aveva orgogliosamente pronunciato; quindi, tutte e quattro le figure spettrali svanirono, mentre Daijiro teneva la mano alla compagna, ed i due giovani insieme guardavano nel cuore di Megumi con fermezza.

“Ara ara, e questo sarebbe il tuo brillantissimo piano, Megumi-san?” commentò Satoko “A me sembra piuttosto una trovata mediocre... Spaventarci con degli ectoplasmi, ci prendi per bambini in fasce che devono ancora iniziare a crescere... Ed allora perché non parliamo della qui presente, per risparmiarci un po' la fatica?”

Accanto alla fanciulla, si stagliava ora la figura di Teppei, e la memoria dei mondi passati stava iniziando a sgorgare da un cassetto nascosto della sua mente, andando a miscelarsi con quella della sua vita presente, anche se lei non ne era completamente conscia: “Al contrario di Rena-chan, io non provo nessuna compassione per questo qui. Tuttavia, pure lui mi ha insegnato una lezione, anche se non aveva certo intenzione di farlo. E non sto parlando solo dell'importanza di essere autosufficiente ed indipendente dal mio Nii-Nii, non solo dell'essere una persona forte. So bene che mio zio e mia zie erano individui crudeli, ma Teppei era anche un codardo, oltre che un cattivone. Lui desiderava tornare a casa dei miei solo perché aveva una fifa blu di affrontare quelli che avevano fatto la pelle alla sua amante; ad un primo acchito era un mostro, ma in realtà era in grado di fare il prepotente solo con chi era più debole di lui. Ed io non voglio essere come lui.”

Lo spettro al suo fianco scomparì, come risucchiato da un buco nero verso un luogo dove non avrebbe intimorito più nessuno. “Io sarò diversa. Io voglio essere forte, in modo da non dipendere completamente da Nii-Nii o da chiunque altro. Però voglio anche fare a meno della mia forza, quando è il caso di farlo. La potenza è nulla senza il controllo, dicono... ed infatti io adoro preparare trappole, dare fastidio, stuzzicare quelli che considero miei amici, ma lo faccio solo se so che loro sono in grado di difendersi. Keiichi-san è un valoroso antagonista, anche se fondamentalmente è uno zotico villano, e se a scuola lo sfido a ripetizione è perché sono consapevole che lui è in condizione di replicare alle mie offensive, così solitamente mi rivolgo a lui quando cerco un leale avversario. Ma non farei lo stesso con uno dei miei compagni di classe più piccoli, per esempio, anche perché non ci sarebbe gusto.”

“Non potrei essere meno d'accordo” aggiunse Satoshi, vedendo con la coda dell'occhio l'immagine di sua zia Tamae alla sinistra “Ed io devo confessare che la maturazione di Satoko ha avuto delle profonde influenze anche su di me. Ora lei sarebbe in grado di vivere da sola, senza aver bisogno di essere sostenuta da me o da Shion, che ha sempre fatto molto per lei. Se lei riesce a superare tutte le difficoltà che le si parano davanti ed a divenire così fiduciosa nei propri mezzi, cosa impedisce a me di fare la medesima cosa? E' questo, ciò che mi sono detto tra me e me, dopo essermi risvegliato dal coma. Credo di non essere così imbranato come in passato, posso affermarlo a testa alta: non sono più paralizzato dai timori per la salute della mia sorellina, diversamente da qualche anno fa, il che mi ha permesso di accrescere la mia autostima. Penso di essere stato realmente d'aiuto per i miei amici, che è una cosa che non avrei mai sperato fino a qualche tempo prima. Questo è qualcosa di meraviglioso.”

“Anche io la penso come voi.” concluse Shion. Al suo fianco vi erano due immagini: quella di sua nonna Oryou e quella di sua sorella Mion, con l'aspetto truce e freddo che le avevano mostrato il giorno in cui l'avevano costretta a recidersi le unghie, in segno di distinzione. “Una volta io disprezzavo il mio clan... Ma recentemente ho cambiato il mio modo di vederlo, ed ora so che è vitale difenderlo e prendersi cura della sua prosperità. E nonostante avessi promesso che non mi sarei intromessa con gli affari di famiglia, ho dovuto rompere il giuramento; eppure sono convinta che la nonnina non mi avrebbe fatto chissà quale ramanzina, se fosse stata ancora in vita per farlo, avrebbe riconosciuto la mia buona fede. Il tatuaggio che designa l'erede dei Sonozaki è sulla schiena di Onee, non sulla mia, ma ciò cambia poco... Il nostro casato, al pari di tutta Hinamizawa, è qualcosa che appartiene anche a me, ed è mio compito fare quello che è necessario per il loro benessere, non siete d'accordo? Onee, la nonna... Mi mancano, anche se anni fa quasi le detestavo... Ecco perché...” si appoggiò un dito sulla fronte, passandoselo sopra gli occhi come a ripulirsi la pelle dal suo stesso sudore e tracciare al contempo una riga con un pennarello immaginario “Ecco perché non ho proprio voglia di lasciarti fare quello che hai intenzione di farci.”

Gli altri le sorrisero, annuendo, mentre Goemon li fissava pensieroso. Non sta andando bene... Per niente. Questa battaglia sta diventando una noiosa lezione di vita piena di roba mielosa e sdolcinata, altro che duello epico. È tutta colpa di Megumi... Ha scelto la tattica sbagliata, ma alla fine offendere ed attaccare i suoi nemici a testa bassa è l'unica cosa che sa fare. Ma lasciamo stare le critiche inutili, ora... Che cosa dovrei ideare? Non posso spaventare questi cuori di leone, sembrano averne già passate abbastanza alla faccia della loro età e hanno l'esperienza che serve loro per mantenere il sangue freddo... Però posso provarci con gli altri, ed anche con il questore... In fondo è lui che devono convincere, una parola di troppo e loro sono finiti.

“«Devo fare quello che è necessario»... Sei spassosa, sul serio” replicò alla fine, indirizzando la sua frase a Shion “Stai parlando come se tu fossi la leader della tua famiglia, adesso. Hai fatto presto a lasciarti tua sorella alle spalle... Perché non ti sei proposta come candidata, durante gli altri raduni del clan? Avresti avuto il mio voto.”

“Come se avessi potuto.” rispose lei, dispiaciuta.

“Perché no? Tu in fin dei conti mi dai l'aria di essere una ragazza che non teme le responsabilità. Ti sei presa cura di quell'altra bambina lì con te, come una signorina apprensiva che non si dimentica di niente e nessuno... E poi Mion-san è tua sorella gemella, te lo sei scordato? Niente di più naturale che rivendicare il suo posto, una volta che lei sparisce di scena. Riflettici sopra, se solo aveste cambiato il vostro ordine di nascita, se solo tu fossi uscita dal ventre di tua madre appena pochi secondi prima, chi lo sa che cosa avresti fatto da grande... Non ti ha mai sfiorato, questa idea? Io presumo che tu ci abbia pensato più di una volta, non ti crederei se tu affermassi il contrario.”

“Smettila di tediarmi, e vieni al punto.” Shion si stava seriamente innervosendo.

“Hai ragione.” sogghignò Goemon, che aveva avuto un lampo di genio che gli sembrava ottimo “Vedi, Ouka non sarà qui accanto a me, forse, non ci starà aiutando... Ma con questo gas che ci ammorba l'aria posso evocare un eccellente surrogato...” L'uomo fece un ampio gesto solenne con il dorso della mano, come a svelare un oggetto nascosto sotto un telo.

Perché dice che Ouka non è con lui? Perché dice che lei non sta facendo nulla per lui? Pensò Rika Ma se queste illusioni ottiche sono opera sua... A meno che lei e Goemon non si siano messi d'accordo e che questo tizio qua sia all'oscuro di quello che sta facendo la sua alleata... Interessante...

Quindi, sentì l'uomo che le parlava mentre lei lo stava tenendo d'occhio: “Rika-chama, c'è qualcuno che dovresti conoscere... Tu la conosci questa, non è vero?” Le sue parole ruggenti furono sufficienti per rendere la nuova ombra visibile a tutti i partecipanti, e con un turbinio di farfalle azzurre l'immagine di Ouka fece la sua apparizione, sprezzante verso il suo intero pubblico.

“Molto carina” replicò la fanciulla dai capelli blu, senza battere ciglio “Tu non la vedi al tuo fianco in questa battaglia finale ed allora la rimpiazzi con quel clone?”

“Non ci vedo nulla di sbagliato. Non me ne faccio nulla del suo potere, a me basta far capire a tutti voi chi è lei in realtà.”

“Io... Non comprendo...” disse il questore, incapace di farsi un quadro della situazione, un po' come il resto degli altri ospiti.

“E' tutto semplicissimo. Ouka-chan, perché non alzi la manina destra per mostrare quello che tieni lì?”

Rika diresse lo sguardo a quella parte del corpo dello spirito, e trasalì. Quella Ouka maneggiava una spada.

“Che cosa vorresti fare con un'arma?” gridò Satoko “Quella è una visione, non è un oggetto reale! Non può ferirci!”

“Invece può farlo” la contraddisse Rika “Grazie all'allucinogeno ed a tutto il resto, la sensazione di essere attaccati e pugnalati sarebbe così realistica che il tuo istinto e la parte irrazionale di te stessa non sopporterebbero il trauma... Il tuo cuore potrebbe davvero cedere, se quella lama ti trapassasse il petto. Sentiresti il freddo del ferro che ti attraversa la carne, anche se quella spada non è vera, e qualcosa dentro di te ti farebbe pensare Sono morta, e non c'è nessun modo per evitarlo...”

“Eh eh, non avrei potuto usare termini migliori di quelle” rise Megumi “O piuttosto vorreste testarlo personalmente, per convincervene?”

I commenti di Rika e di sua moglie avevano dato una nefasta idea a Goemon. Forse avrebbe potuto fare molto di più che fermarli... Combinando quell'effetto della loro sostanza con la sua volontà ed il suo cervello, lui avrebbe potuto azzerare la loro essenza ed il loro animo, senza margine di errore. Rika era il bersaglio più ovvio... E così il fantasma a cui lui aveva dato viva prese ad avanzare, brandendo la spada con tutta l'aria di voler fare a fette chiunque le si parasse avanti, mentre il gruppo di ragazzi si compattò facendo quadrato attorno alla bambina. Quanto agli altri ospiti, essi rimanevano annichiliti di fronte a quella catena di eventi per loro inspiegabile: erano incerti se essere al riparo dai pericoli o no, visto che a pochi centimetri da loro vi era l'immagine credibile di una ragazza che roteava una lama acuminata, e quindi se ne stavano tutti alla larga, lasciando i contendenti da soli nel mezzo della sala.

“La mia Ouka non era così cinica!” protestò allora Hanyuu “Lei aveva un cuore, lo possiede tuttora, le ho insegnato a prestare ascolto alla sua coscienza.”

“Ne sei sicura? Questa è la più precisa rappresentazione di lei che potevo fare.” replicò Goemon “Io non sono un costruttore di marionette o di maschere, io non sono capace di costruire delle versioni false delle persone. Quella che vedi è la copia esatta di quello spirito, il ritratto sputato di come lei è apparsa davanti a me... E la sua discendente è identica a lei, non è certo meglio della sua antenata.”

“Questo non è vero!”

“Lo possiamo verificare subito.”

Ed il fantasma di Ouka, attaccò, mulinando la sua spada sopra la testa come una donna posseduta da un demonio e puntandola dritta alla gola di Rika.

Ma fu respinto, con vivo rincrescimento di Goemon. Un altro spettro aveva fatto la sua comparsa, un essere in grado di costringere l'altra figura a ritornare sui suoi passi, e si trattava del clone di qualcuno che il gruppo conosceva a menadito.

Era la copia di Rena. Ritta sulle sue gambe senza alcuna sedia a rotelle, con gli occhi di ghiaccio, la sua mannaia nella mano destra, la sua solita giacchetta bianca ed il suo consueto berretto. Era stata quella a respingere la prima offensiva.

“Chi... Chi l'ha...”

“Io l'ho creata.” rispose la vera Rena “Poco fa, voi avete detto che in sostanza noi siamo diventate simili a streghe dai poteri illimitati, così ho pensato che concepire una figura capace di proteggerci fosse una buona idea. Non volevo fare l'immodesta, è solo che se ho ben capito come funziona noi dovevamo riferirci ad immagini che conosciamo molto bene, che possiamo disegnare con precisione, così ho preferito usare me stessa per non correre rischi...”

“Mica male come trovata. Perciò siamo come dei che possono dare la vita a dei servi, almeno finché dura l'effetto del gas... E' ironico. Takano-san si sarebbe divertita da matti qui, se fosse ancora viva.”

Siamo come dei... In grado di cambiare le regole a nostro piacimento... Keiichi ripeté mentalmente nella sua testa.

“Ah, ora credete che mi sia infiacchito?” urlò Goemon “Non sono ancora finito!”

E dopo la sua esclamazione il suo spettro riacquistò forza, e con un secondo attacco esso travolse il simulacro di Rena, scagliandolo con il suo impeto contro la parete, che sarebbe stata demolita se la figura che l'aveva colpita fosse stata reale. Ma visto che essa era solo un fantasma, il muro rimase intatto e la figura svanì senza produrre il minimo rumore.

Tuttavia, la Rena in carne ed ossa soffrì il colpo, come se fosse stata lei ad essere stata colpita. Percependo il legame tra la sua mente e l'allucinazione che lei aveva plasmato, la giovane si strinse il petto con la sua mano destra, tenendo la bocca chiusa con i denti per impedire alla sua saliva di cadere dalle labbra. Daijiro si precipitò prontamente da lei, poggiandole una mano sullo stomaco ed aiutandola a non cadere dalla sedia a rotelle per colpa dello spasmo, però quella era stata comunque una brutta botta. E tutto, mentre Goemon la irrideva: “Hai visto, adesso? Se una mia visione si batte con una tua visione e vince, allora la batosta che subisce la tua si ripercuote su di te, con tutto il dolore conseguente... Immagina se il mio colpo è forte a sufficienza da uccidere, puoi intuire il risultato... Questo non è un combattimento da condurre sul piano fisico, questo è un duello di menti, un duello di volontà. E non esiste né in cielo né in terra che la tua volontà possa sopraffare la mia.”

“Forse la tua volontà è forte, te lo concedo...” rispose un po' affannata l'altra “Ma mi chiedo... Sarà più forte di quella di tutti noi messi assieme?” E quindi la ragazza esclamò “Ragazzi, uniamo le forze! Possiamo farlo! Lui vuole giocare con noi, quindi facciamolo contento! Dobbiamo concentrate tutto quello che abbiamo in un altro spirito!”

“Che tipo di spirito?” chiese Shion, presa in controtempo da quell'esclamazione tanto improvvisa quanto rabbiosa.

“Lo so io!” replicò Keiichi, dopo aver riflettuto per un paio di secondi “Pensiamo a qualcuno che conosciamo tutti. Qualcuno forte come un Dio, con potere infinito. Qualcuno che simbolizzi perfettamente il nostro villaggio ed il nostro ardore, la nostra voglia di combattere...”

“Ara ara, penso di sapere a chi ti riferisci... Mi piace...”

“Onestamente non mi ci raccapezzo più, mi spiace...” disse Daijiro, ansioso in quanto non riusciva a cogliere l'idea che il resto del club sembrava invece aver colto immediatamente ed all'unisono.

“Non ti preoccupare, basta che mi stai dietro, vedrai.” rispose Rena, sorridendogli dolcemente ed unendo le mani del ragazzo con le sue.

Tutti i giovani si concentrarono allora su di un pensiero fisso, su di un'immagine ben definita. Lo fecero a lungo, mentre il tempo pareva fermarsi intorno a loro. Non avrebbero mai smesso di farlo, neppure se lo spettro di Ouka li avesse attaccati e avesse loro trafitto il cuore... Ed alla fine, dopo una violenta raffica di vento un'altra effigie fu chiamata alla vite. Una dagli occhi rossi, dalle lunga corna sul capo, e dal tradizionale abito scuro che la ricopriva fino ai piedi. Nella mano teneva non un'arma qualsiasi, ma la Onigari-no-Ryuou, una spada leggendaria, il più sacro dei tesori celati nei meandri del Tempio Furude. E nonostante ciò, il fantasma era ben degno di maneggiarla, in quanto le mani che la impugnavano erano quelle del suo legittimo proprietario. Quello di fronte ad Ouka era Oyashiro-sama in persona.

“Sarà interessante vedere come reagirete, quando vedrete cadere anche questo vostro ultimo baluardo.” ribatté Goemon irritante, riconoscendo che cosa i suoi nemici avevano creato tutti insieme “Distruggendolo, facendolo a pezzi... Io potrei ferire a morte tutte le vostre anime contemporaneamente, visto che tutti avete contribuito a dargli forma, e quella fine sarà dolorosa... Molto dolorosa, per voi... Cadrete della disperazione, quando vi accorgerete che neanche Oyashiro può sconfiggervi. Non troverete più la forza per andare avanti, dopo che avrò finito con questo spettro...”

Hanyuu contemplò il nuovo fantasma, un po' spiazzata. Quell'immagine di Oyashiro-sama apparteneva indiscutibilmente ad un uomo, non aveva l'aspetto che aveva avuto lei in vita. Era davvero diverso, molto più alto ed anziano, con una pelle scura e degli arti magri fino al punto da parere un po' troppo ossuti. Ma in fondo non era poi strano, gli altri non avevano mai saputo come era davvero Oyashiro-sama, così si erano un po' inventati dal nulla il suo aspetto fisico, basandosi su disegni e racconti orali. Nessuno aveva mai parlato di quel Dio come di una donna, era sempre stato descritto come un essere autoritario dai connotati maschili... Ma in fondo il look di quell'immagine era solo un fattore secondario. L'elemento più importante era il vigore e l'aura di forza spropositata che emanava: gli occhi di Oyashiro si incrociavano con quelli di Ouka, colmi di decisione e desiderio di proteggere il proprio mondo.

“Avrei voluto proprio assomigliare a questo ritratto, quando ero viva...” sussurrò infine Hanyuu.

“Non sei poi così diversa da questa cosa.” replicò Rika, continuando a scrutare i due fantasmi in attesa. “Tu e questo ritratto di Oyashiro-sama non siete estranei, in fondo hai contribuito a crearlo, quindi c'è un pezzetto del tuo spirito, incastonato a mo' di gemma nel mezzo dell'animo di quell'immagine.”

“Però io e lui non siamo gli stessi.”

“Perché questo non è stato creato per essere un tuo clone. Questo è come gli altri hanno sempre guardato a Oyashiro-sama, ma i racconti tradizionali non riproducono sempre la verità per forza. Puoi vedere tu stessa come la «Ouka» evocata da Goemon-san non corrisponde a quella reale, e poi non ha avuto neanche alcuna reazione, sebbene quella di fronte a lei dovrebbe essere sua madre e non un'entità qualsiasi. Il punto è che questa «Ouka» è solo l'insieme di quello che Goemon-san pensa di sapere su di lei, e quindi è qualcosa di incompleto: per esempio, visto che il nostro caro nemico non sa della parentela tra te e lei, anche il suo spettro la ignora e ti guarda come se fossi una perfetta sconosciuta. Immagino che la vera Ouka non gli abbia detto tutto, avrà tralasciato di metterlo al corrente di informazioni che lei giudicava secondarie.”

“Ho capito... Goemon-san voleva che il suo famiglio fosse esattamente come la mia figliola prediletta, ma ovviamente lui non sa tutto di lei e quindi la sua riproduzione non può che essere un falso mal concepito. La vera Ouka non deve essere lontana da qui e le deve essere venuto un colpo, vedendo come l'hanno disegnata. Certo, la nostra versione di Oyashiro-sama pare un Dio potente, non inutile come me...”

“E basta con questa litania, per carità! Certo, il nostro evocato pare proprio fatto di una buona pasta, ma dobbiamo controllare se l'apparenza corrisponde alla sostanza. Mettiamo alla prova, ti va?”

E da lì in poi, il loro duello divenne una lotta senza esclusione di colpi.

“Pensate davvero che...”

“Basta poco per scoprire che...”

“Ed anche così, perché dovrebbero...”

“Se siamo qui, allora...”

“La legge permette di...”

“E perché allora causare un putiferio tale da...”

“Perché noi siamo...”

“Che cosa pretendete di fare, dopo...”

“Noi non possiamo perdonare...”

“Non vi azzardate a dire...”

La guerra di anime tra Goemon ed il club di Hinamizawa prese il volo, con uno scambio di domande, risposte, insinuazioni, critiche e controcritiche. E dopo ogni frase sillabata da uno dei contendenti, lo spirito corrispondente guadagnava nuovo vigore ed assorbiva la forza spirituale di cui erano permeate quelle parole, attaccando quello avversario con rinnovata energia. Le loro esclamazioni erano come fili che governavano marionette sovrannaturali, le quali reagivano di conseguenza come espressione della volontà dei loro proprietari. Un morso, una pugnalata, uno scontro. Un attacco, una parata, una risposta, una seconda parata, e poi i duellanti ricominciavano dall'inizio come se fossero stati su di una giostra. Ouka ed Oyashiro danzavano nell'aere come aquiloni, ognuno desideroso di recidere il filo vitale dell'altro, di costringerlo a cadere e di precludergli ogni facoltà di volteggiare in alto. Il tutto, mentre il loro pubblico li ammirava ammaliato, estasiato da quella guerra dalle dimensioni mistiche ed il cui significato reale era loro ignoto. Gli ospiti non parteggiavano per nessuna delle due parti, e poi non sarebbero stati in grado di dare una mano ad uno di loro, così rimanevano in disparte a contemplare la scena, affascinati ed a bocca aperta.

Goemon era capace di tenere testa all'intero club, da solo. La sua tenacia ed il suo sforzo era encomiabile, sebbene il suo scopo fosse tutt'altro che lodevole. Sua moglie invece stava lontana dall'azione, lei era una donna dalla mente limitata, comparata a quella di suo marito, e quindi non sapeva trovare le risposte ed i cavilli adeguati in tempo utile per poter partecipare al dibattito; in fondo non era una parlatrice come Goemon, o Keiichi, ed era molto meno acuta di Rena, o Satoko, o chiunque altro nella sala. Tutto quello che sapeva fare era insultare i propri nemici, ricorrendo a prese in giro e ad ogni sorta di umiliazione, nella speranza che qualcuno dei ragazzi perdesse la pazienza e che l'immagine di Oyashiro perdesse quindi un poco della sua energia.

Al contrario, Shion stava ricoprendo un ruolo molto più attivo di Megumi, ed anche di sua madre Akane. La giovane era presa da un istinto animale, ed era quella che faceva più uso della sua aggressività. Lei considerava quella coppia di vecchiacci come i maggiori responsabili di quello che era capitato ad Oryou e Mion, e la paura di non vedere più la sorella con gli occhi aperti la spingeva a comportarsi in maniera più irruenta del solito. Avrebbe continuato ad urlare anche se avesse perso la voce a furia di grida e strilli.

Ad ogni modo, quel duello si stava protraendo troppo, allungandosi più del necessario. Pensò Keiichi, quanto potevano resistere ancora? Quegli esseri incorporei non parevano stanchi, comprensibilmente, ma gli umani che li controllavano invece lo erano. Sotto stress, il gas che avevano inalato poteva fare loro qualche brutto scherzo, rischiavano di svenire tutto ad un tratto, o perfino di avere effetti collaterali molto gravi. Akane non era la leader del clan Sonozaki, forse a lei non era stato rivelato tutto di quell'essenza ed evitare conseguenze infauste era importantissimo. Inoltre, il combattimento non sembrava sul punto di finire, il tempo giocava contro di loro. Per colpa del senso di eccitazione dovuto alla nuvola di gas, la loro percezione delle ore e dei minuti era probabilmente stata alterata, totalmente distorta, e forse la mezzanotte era già stata scandita dagli orologi di tutta Ibaraki senza che loro se ne fossero accorti... Doveva trovare una soluzione, ed in fretta...

“Ne ho pieni i cosiddetti di voi! Volete arrendervi o no?” esclamò Goemon.

“La domanda più idiota che si sia mai sentita nella storia dell'universo. Congratulazioni, hai vinto il premio speciale!” replicò il ragazzo, che non aveva ancora voglia di gettare la spugna.

“Oh, davvero?”

“Ci puoi scommettere. Ammira il nostro fantasma, laggiù.”

La spada di Oyashiro iniziò a far sgorgare lampi di fuoco, mentre Keiichi proseguì. “Questa figura non rappresenta solo le anime di coloro che vedi davanti a te stasera, ma pure quelle di chi si trova in altri luoghi, di chi vive oggi ad Hinamizawa e di chi ci ha vissuto negli anni e nelle ere passate. Noi non siamo da soli, anche Mion è qui, anche Alice e Giancarlo lo sono, anche Kimiyoshi e Kasai, anche Takano ed Irie, anche Tomitake ed Akasaka... Ed anche tutti gli altri... Questo è il nucleo centrale dello Spirito del nostro villaggio, questo Oyashiro-sama è l'emblema stesso dello Spirito di Hinamizawa, e questo perché è sempre stato così. Oyashiro-sama è il simbolo della nostra anima.”

“Bel discorsetto... Che però non tiene conto della realtà. Ti sei già dimenticato della faida tra i Sonozaki? Anche alcuni di quelli che mettevano in discussione la leadership di Mion-san venivano da Hinamizawa. Il tuo piccolo villaggio idilliaco non è così unito e coeso come stai cercando di farci credere.”

“Tu però stai parlando di persone che hanno agito con coscienza, loro non stanno complottando di causare una catastrofe come stai facendo tu. Ci prenderemo il tempo necessario e spiegheremo loro come stanno le cosa, dopo che questa storia sarà finita, e loro saranno contenti di essere convinti da noi.”

“La tua ingenuità è così commovente... Sai, per ogni cosa che la mente umana può concepire, esiste qualcos'altro che può cancellarla. Osserva, ed apprendi questa lezione.” La spada di Ouka divenne tutta umida, come se quella lama metallica fosse una sorgente da cui sgorgava acqua cristallina. “Questi due esseri sono i simboli delle nostre anime, Keiichi-san. L'hai detto anche tu, ed io la penso come te. Solo che la tua è tempestosa ed ardente come il fuoco che circonda l'arma del tuo paladino, mentre la mia è calma e regolare come l'oceano che fuoriesce dalla spada del mio burattino. Però sai che succede, quando il fuoco e l'acqua entrano in contatto, no? Secondo te quale di questi elementi andrà a vincere?”

“L'acqua, è ovvio.” declamò trionfante Megumi, che finalmente aveva occasione di intromettersi.

“Risposta affermativa, cara... La natura è uno specchio delle passioni umane, la passione ed i sentimenti più impulsivi durano meno di un fuoco di paglia, al contrario della razionalità e della capacità di giudizio... E questo si ripercuote sui nostri campioni. C'è spesso un legame molto saldo tra noi e l'ambiente nei nostri paraggi... Ma non ti basare solo sulle mie parole, verifichiamolo per l'ennesima volta. L'idea ti alletta, vero?”

Gli altri ragazzi si preoccuparono per la fiducia che il loro nemico nutriva in se stesso e perciò si diedero da fare per tramutare il fuoco della spada di Oyashiro in qualcos'altro che fosse in grado di neutralizzare la lama acquosa di Ouka. Ma non poterono. La forte volontà di Keiichi proibiva loro di farlo, con gran disappunto di tutti.

“Kei-chan” lo supplicò Shion, dopo che se ne era accorta “Che stai facendo? Hai intenzione di fare il testardo ed accettare la sua sfida, forse? Sarebbe una pazzia, per favore non essere zuccone, una volta nella vita...”

“Ti fidi di me?” replicò lui, semplicemente.

“Kei-chan...” la ragazza dai capelli verdi non si aspettava una risposta del genere, ma alla fine disse solo: “Molto bene, guidaci. Ti seguiremo senza fiatare.”

“NE HO FIN SOPRA I CAPELLI DI VOI, VE L'HO GiA' DETTO UNA VOLTA!” tuonò Goemon “IL GIOCO E' FINITO! CREPATE, TOGLIITI DAI PIEDI, STUPIDO FANTASMA, E PORTATI CON TE TUTTI I LORO SPIRITI FIN NELLE VISCERE DELL'INFERNO!”

Lo spettro di Ouka si slanciò contro di loro e contro Oyashiro, con un impeto feroce... L'altro doveva fermarlo in qualche modo, od avrebbe preso in pieno i ragazzi, così sollevò la propria spada ardente, contro la lama blu della propria nemica. Immobile, lo spirito del Monaco attendeva il colpo.

Che arrivò.

Nonostante le due in guerra fossero solo entità spirituali, la potenza dell'impatto fu tanto forte da far scuotere intensamente le mura nel palazzo fino alle fondamenta, spingendo tutti a temere che l'edificio non potesse reggere una tale scossa. Le lampade ed i candelabri caddero giù dai tavoli e dalle pareti, ed una luce accecante si abbatté sugli occhi di chiunque fosse presente in sala, costringendoli a chiudere le palpebre per un secondo. Ma quando li riaprirono, tutti realizzarono all'istante chi era il vincitore. Quel duello non era reale in senso fisico, dopo tutto. Non seguiva le regole consuete.

Ed infatti, il fuoco era stato in grado di bruciare l'acqua, risalendo lungo tutto il suo flusso, ed ora l'immagine di Ouka era circondata da fiamme che la stavano ustionando, finché essa non poté fare altro che scomparire, sconfitta.

Goemon gridò di dolore a causa della ripercussione a cui era stato sottoposto, mentre il club esultò e Megumi lo fissava smarrita; e dunque, inginocchiandosi l'uomo guardò il ragazzo che si ergeva sicuro davanti a lui. “Che... Cosa...” farfugliò lui, mentre anche la visione di Oyashiro si dissipava tranquillamente e senza controindicazioni per chi l'aveva evocata.

“Hai fatto un errore determinante... Io non sono solo un tipo impulsivo, anche io ho un cervello... Sai, ci ho impiegato un bel po' di tempo, ma alla fine sto cominciando a capire come funziona questo gas, ci sto prendendo la mano. Il fatto è che sin dall'inizio le nostre erano solo allucinazioni, Goemon-san. Illusioni ottiche. Il mondo reale obbedisce a regole ben definite, come l'obbligo per gli oggetti di restare ben agganciati al terreno per via della forza di gravità, oppure la necessità per ognuno di mangiare qualcosa per sopravvivere, eccetera eccetera. L'acqua che ha la meglio sul fuoco sarebbe un'altra verità incontrovertibile di questa terra, ma se si passa al mondo dell'immaginazione tutto cambia... Ci basta capire che quelle esalazioni possono anche permetterci di scatenare la nostra fantasia, ed a quel punto mi è sufficiente avere una volontà più forte della tua per stravolgere ogni regola. Quindi, riepilogando, se io desidero che nella nostra allucinazione il fuoco possa bruciare l'acqua e tu desideri invece che l'acqua continui a prevalere, il risultato finale dipenderà da chi è capace di imporsi sull'altro.”

Keiichi andò appresso a Goemon “Adesso hai capito che tu non sarai mai in grado di batterci? Tu sei razionale, come la maggior parte degli anziani che conosco, ma la tua fantasia è molto meno sviluppata della nostra. In aggiunta a ciò, noi siamo molti di più, tu ti stancherai in fretta non avendo nessuno che ti possa dare il cambio. L'hai detto anche tu prima che non avevi più voglia di proseguire nel duello, no? Hai meno energia, meno abilità, meno forza di volontà... Quanti minuti pensi di resistere ancora, prima di capitolare?”

“Io... Io... Io non sono ancora finito...” il vecchio uomo si rialzò, risoluto a dare vita ad un nuovo fantasma. Ma fu bloccato da una mano inattesa.

“Sonozaki Goemon-san, per cortesia fermatevi.” rispose il questore “Abbiamo visto abbastanza. Avete combattuto una notevole battaglia, ma ora ammettete la vostra sconfitta. Riconoscete a questi giovani il loro meritato premio. Loro chiedevano l'immediato rilascio della loro amichetta, se non mi sbaglio.”

“No, non potete, io posso ancora...”

“Il vostro punto di vista non muterà il mio, sono desolato.” replicò l'ufficiale “Io non sono obbligato a seguire i vostri ordini e credo anche che, se questi forestieri hanno compiuto un così lungo viaggio ed un duello così avvincente, allora lo hanno fatto per una buona causa.”

“Quindi siamo liberi di andare?” esclamò Satoko, che ancora non ci credeva “Per piacere, qualcuno può dirci che ore sono?”

A quella richiesta, uno degli invitati controllò il proprio orologio da polso. “Sono... le dieci e mezza.”

“Wow, così presto? Non avremo neanche i minuti contati. Devo confessare che mi sembrava che fosse passato molto più tempo...”

“Suppongo che sia stato un effetto di quella sostanza allucinogena, ancora.” spiegò Akane “Ora, qualcuno può aprire finalmente quelle finestre? Sarebbe una vera cortesia se qualcuno lo facesse.”

Un inserviente obbedì solerte, e la donna lo ringraziò per un cenno, senza accorgersi però di quello che stava accadendo dietro di lei. Goemon era ancora sulle sue ginocchia, il suo istinto di combattere era definitivamente svanito e lui aveva iniziato anche a lacrimare, ma non era da solo. Ad un paio di passi da lui, Shion stava tenendo in mano un candelabro, impugnandolo come un bastone.

La ragazza lo guardava rabbiosa, e percependo la sua presenza Goemon sollevò il capo, incorrendo nei occhi assetati di Shion.

“Ora sarebbe finita...” disse lei lentamente, mentre la sua mano le tremava “Gli altri sono salvi, almeno... Ma per colpa tua, Onee... Onee è ancora...”

Non era ancora al corrente di quello che c'era stato al piano di sotto.

“Shion, che ti sta saltando in testa?” la chiamò Rika, attirando l'attenzione di tutti.

“NON INTROMETTETEVI! IO NON LO POSSO PERDONARE! NON PUO' PASSARLA LISCIA!” La ragazza dai capelli verdi ruggì, per tenere gli amici distanti da lei.

“Shion, torna subito qui!” le comandò Akane “E' comunque un membro della tua stessa famiglia, portagli rispetto! Ha gettato la spugna, è chiaro che non ci darà più fastidio, non c'è bisogno di attaccarlo oltre.”

Ma la figlia non voleva dare ascolto alla madre. “Io... Non sono come te, come la nonna, come Onee... Io non voglio avere pietà. A causa sua, Satoko ha rischiato di morire, ed Onee potrebbe non svegliarsi più... Io non posso lasciarlo andare... IO NON POSSO...”

La ragazza alzò in alto la sua arma improvvisata, sul punto di spaccare la testa a Goemon e fracassargliela. I suoi occhi si stavano scurendo, colmandosi di tutto il risentimento che lei era stata costretta ad ingoiare fino a quella sera. Il suo istinto non le avrebbe mai permesso di arrestarsi in tempo, mentre Goemon non cercava nemmeno di reagire in quale maniera, rimaneva immobile e chinato come un condannato a morte che accettava il suo supplizio e che anzi lo accettava come il male minore: meglio una morte rapida che un'orta lunga e logorante, per lui. E tutti erano troppo lontani da Shion per poterla fermare materialmente prima che lei completasse la sua vendetta.

Tuttavia, una semplice parola poté fare quello che le persone non potevano. “Shion.”

La giovane volse il capo, sentendosi chiamata, e fermò il movimento della sua arma, andando a guardare colui che aveva pronunciato il suo nome. “Sa-Satoshi-kun...”

“La guerra è finita, per favore trattieniti, non ha più senso fare una cosa come quella.”

“Però... Io non posso...”

“Shion, non sprecare la tua vita per lui. Che cosa sarebbe di te, dopo che l'avrai ammazzato? E che cosa sarebbe di me? Non ne verrebbe fuori nulla di buono, l'unico risultato sarebbe il tuo arresto. Lascia che la polizia lo prenda in custodia per riportarlo in cella, un bell'ergastolo sarà una punizione sufficiente, per lui.”

“Sì... Hai ragione... Come al solito... Ho sempre bisogno della tua calma...” Shion cominciò a singhiozzare e ripose delicatamente il candelabro su uno dei tavoli adiacenti, mentre il questore stava dando disposizioni agli ufficiali presenti nel salone come invitati, al fine di scortare Goemon al commissariato di Ibaraki – ed anche Megumi, che dal canto suo non smetteva di strillare come una gallina e prendersela con chiunque. Una volta alla stazione di polizia, poi, gli agenti si sarebbero occupati di tutto.

Shion si era tranquillizzata, e lei non poteva nemmeno immaginare quanto le parole del suo fidanzato fossero state sagge: sua sorella sarebbe salita al piano di sopra nel giro di pochi minuti, una volta che Mion e quelli con lei avessero rimosso tutti i detriti dalla porta tagliafuoco, e le due gemelle si sarebbero potute finalmente ricongiungere ed abbracciare, dopo la burrasca di quelle giornate così turbolente.

Quella lunga, spaventosa guerra fratricida era sostanzialmente giunta al suo epilogo.

  
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