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Autore: tortuga1    22/12/2013    0 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cari amici e amiche, chiedo scusa a tutti per il lungo periodo di assenza. La pubblicazione di Split riprende, e spero di completare la storia durante questo periododi vacanza. Buona lettura!




XVI.

 

La collina è coperta di erba finissima, è ancora presto per i fiori variopinti, tutte le varietà alpine capaci di acclimatarsi che fra un mese trasformeranno ogni angolo libero in un piccolo paradiso, per la gioia delle api. Le donne girano per il villaggio con le scarpe leggere e senza i mantelli, solo di sera la temperatura scende sotto i dieci gradi. Le macchine solari cominciano a svegliarsi e bisogna controllarle prima del ciclo lavorativo. Emily e Flavia armeggiano nella grande rimessa, dove fa ancora freddo. Le mani di Flavia tremano e la chiave universale cade per terra tintinnando.

- Non te la prendere. Devi farlo e lo farai.

- Ma io soffro a lasciarti! Come farai senza di me…

- Non… non lo so. – Emily si gira di scatto per nascondere una lacrima ribelle – non ci avevo mai pensato, che potesse succedere. E ora succede. Però sono contenta. Qualcosa cambierà, ci sarà una speranza. Per te, per… quelle che verranno dopo.

- Sì, una speranza. Io certe volte ho paura. Che cosa troveremo lassù? Paula non ce l’ha detto.

- Io mi fido di Paula, come mi fidavo di Ester. Non racconta mai balle.

- Anch’io mi fido, ma ho paura lo stesso. Come vivremo, cosa faremo…

- Non preoccuparti, pensa una cosa sola: ti piace questa vita sempre uguale e prevedibile? Ti piace sapere il giorno che morirai?

- No, la trovo insopportabile… ma forse mi sembra così perché ora so che c’è un’alternativa.

- È per questo, certo. Una volta, sul pianeta Terra, nessuno conosceva il suo futuro. Il destino di ogni donna, di ogni uomo era incerto, e a qualcuno quest’incertezza forse non piaceva. Noi abbiamo dovuto fare la prova e ora lo so, è meglio non conoscerlo il futuro, è mille volte meglio quell’ignoto che adesso ti fa paura. Sai che ti dico? T’invidio. È cominciato il conteggio alla rovescia?

- Sì, è cominciato e tutto sta andando liscio. Fra sei ore la casa di Paula salterà in aria facendo un baccano d’inferno. Tutte accorreranno e noi andremo alla nave e sigilleremo le porte. Ricordati quello che ti ho detto.

- Sì, sì! Come sei noiosa! Ho controllato ancora una volta i calcoli. Lo scudo cadrà in mezzo alla piazza, davanti alla scuola. Non dovrebbe uccidere nessuno, e nemmeno fare danni.

- No, se tutte sono andate dalla parte opposta. Vacci anche tu.

- Ma io…

- Lo sapevo. Tu volevi vederci partire. – le accarezza la guancia avvizzita – ma io ho paura per te. Non deve succederti niente.

- Va bene, andrò anch’io a veder bruciare la casa di Paula. Però tu devi fare una cosa.

- Cosa?

- Devi suonare per me, adesso.

 

Sebastian controlla nervosamente l’orologio digitale. Mancano due minuti all’esplosione, e poi ci saranno solo cinque minuti per caricare tutti a bordo e partire. Geneviève arriverà per prima, poi Flavia ed Ernesta, che si porterà dietro l’altra, Giulia. Bisogna tenerla d’occhio, si è intrufolata nella spedizione quasi con la forza e potrebbe non essere quello che sembra. Poi verranno Adele e Sandy. Per ultima Paula. Fino all’ultimo lui ha insistito perché restasse a bordo, tanto fra la sezione medica e il portello della navetta c’è solo un corridoio di venti metri. Ma lei niente, ha detto che non si sentiva sicura se tutte non erano dentro. E così Sebastian, nascosto nel compartimento d’isolamento, passa da una telecamera all’altra, spiando i movimenti pigri del villaggio in un bel giorno di primavera. Quando anche Paula sarà dentro arriverà lui e chiuderà il portello. A questo punto non importerà niente se le ragazze lo vedranno, sulla nave madre dovranno comunque sapere della sua esistenza. Avranno poco tempo per parlare, però. Altri cinque minuti per completare il conto alla rovescia, e poi salterà lo scudo e forse il modulo partirà. Questo è il punto più incerto: si accenderanno i motori, saranno stabili i sistemi di guida, oppure andranno a sbattere contro una collina e moriranno tutti? Nessuno lo sa, non è stato possibile fare nessuna prova, lui sa solo che Geneviève ha studiato tutte le fasi del decollo e del volo, lo ha fatto fin da bambina senza sapere che non era un videogioco, e negli ultimi tempi completava con successo novantadue decolli su cento. Un punteggio alto.

Ecco, è scoppiato il barattolo di combustibile prelevato dai serbatoi della navetta. Poco rumore ma molto fuoco, la casa di Paula sputa fiamme dal camino, dalle finestre e dalla porta divelta, tutte corrono e in testa ci sta Miko. Sull’altro schermo si vede il viottolo d’ingresso della navetta, ecco spuntare Geneviève con le trecce ciondolanti e il visetto triste, e subito dopo Flavia. Dieci secondi e arriva Ernesta insieme a Giulia, corrono tenendosi per mano. Ed ecco Sandy e Adele. Spariscono nella navetta e il viottolo rimane deserto. Sebastian cambia punto d’osservazione, ecco Paula che sbuca da dietro un albero dove si era nascosta, e corre verso l’ingresso. Ma non è sola, dietro di lei c’è Sarah.

- Paula! Dove vai, lo sai che la tua casa…

- Devo andare, devo andare subito. – accelera l’andatura, Sarah è a venti metri e guadagna terreno.

- Fermati! Devo parlarti!

- No! – corre più forte, sente il passo leggero di Sarah che si avvicina. Pochi metri ancora, ecco ha attraversato l’ingresso, la porta della nave è davanti a lei, aperta. Ma Sarah l’ha raggiunta e la placca, facendola cadere pesantemente in avanti. Para il colpo come può spellandosi le mani sul pavimento ruvido, mentre Sarah le piomba addosso e la immobilizza.

- Che ti è saltato in mente! Io volevo solo parlarti! Ma tu nascondi qualcosa…

- Maledetta, lasciami!

- Eh no, non ti lascio. Ho un’idea, vuoi vedere che la tua casa non è saltata in aria per caso… dimmi perché.

- Non ho tempo, ti ho detto.

- Sì, hai tutto il tempo che vuoi. Ora ti lego e poi ti porto da me. Ti aspetta il solito gancio nel muro.

Tenendola ferma con una mano cerca in tasca un laccio e le lega i polsi. Paula piange di rabbia, poi sente il peso di Sarah spostarsi bruscamente e allontanarsi da lei. Rotolando si mette da parte, e vede Sebastian che combatte con Sarah, parando le sue mosse e facendo acrobazie che sembrano impossibili. I due si muovono velocissimi e si scambiano colpi micidiali, capaci di uccidere se andassero a segno. Sarah sembra perfettamente serena come se stesse giocando, mentre Sebastian ha il viso preoccupato, spesso si distrae guardando il viottolo deserto e ogni volta rimedia un colpo durissimo. Paula capisce che è questione di attimi, fra poco arriveranno anche Miko e le altre, la missione andrà perduta se non fa qualcosa. Di scatto si alza in piedi e cerca di colpire Sarah con un calcio maldestro, ma una manata volutamente leggera la stordisce. Sogna che Sebastian la sta portando in braccio lungo il corridoio, al sicuro dentro la navetta, blocca il portello con un tonfo sordo. Chiude gli occhi per un attimo, e quando li riapre si trova davvero nella navetta, Sebastian è chino su di lei e le sta sciogliendo le mani.

- Cosa… cos’è successo…

- Rilassati. Quella… Sarah è un osso durissimo.

- Ma tu…

- Io non ho fatto niente, non riuscivo a neutralizzarla e cominciavo ad avere paura. Il merito è stato tuo. L’hai distratta e quando lei ti ha colpita tenendo d’occhio me, la vecchia le ha calato una bastonata in testa.

- Che vecchia…

- Sì, la vecchia nera, ha un bel sorriso.

- Emily! È stata Emily! È… una virtuosa del pianoforte.

- Sì, e una vera artista con il bastone. Ora corriamo ad indossare le tute, ci restano un paio di minuti. – aiutandosi a vicenda indossano le tute spaziali d’emergenza, progettate per essere operative in pochissimo tempo. La cabina ha dieci sedili, Geneviève è già seduta al suo posto e anche le ragazze, con le tute indossate e le imbracature di sicurezza allacciate. Paula e Sebastian si siedono vicini e allacciano le cinture. Paula parla nell’interfono.

- Geneviève, ci siamo.

- Bene. Siamo a meno settanta. Adesso salta la corazza. – le esplosioni sono soffocate dallo spessore dello scafo, all’improvviso gli schermi s’illuminano e compare il cielo. Si sentono altre deboli esplosioni e un rumore tamburellante come la grandine sul tetto.

- Ci salutano con i fuochi d’artificio. Scariche di pallettoni.

- C’è pericolo?

- Non lo so, però è meglio filarcela alla svelta.

- Reattori verticali accesi. – la voce di Geneviève è calma e quasi allegra. – meno sei, cinque, quattro, tre, due uno… ci siamo. – all’inizio non avvertono nemmeno il movimento, e si ripete il suono di grandine, ma gli schermi mostrano l’involucro della navetta che scorre verso il basso e lascia il posto agli alberi, che presto diventano piccoli e lontani. – ali spiegate. Reattori orizzontali accesi. Partiamo.

- Che strano… – il rumore dei reattori è fortissimo, la voce di Paula nell’interfono si avverte appena. Sebastian non ha parlato mai e guarda rapito lo schermo più vicino che mostra una foresta sterminata, sempre più lontana, poi tutto diventa bianco mentre attraversano un denso strato di nuvole, e poi il sole ritorna e le nuvole sono in basso, come un letto soffice di ovatta. Il bang di Mach 1 è seguito da uno strano silenzio, ora c’è solo un leggero fruscio. E il cielo azzurro diventa sempre più scuro. Passano pochi minuti che a Sebastian sembrano irreali. La voce sottile di Geneviève squilla allegra nell’interfono.

- Vi parla il vostro pilota.

- Brava, Geneviève! – un coro di voci eccitate, alle ragazze della squadra sembra ancora incredibile che stiano facendo sul serio, e non sia uno dei soliti giochi.

- Siamo a venticinquemila metri d’altezza. Fra poco vedremo comparire le stelle. Velocità Mach 5 in aumento. Motori a razzo in preaccensione. Siete pronti? Sarà un po’ dura.

- Pronti.

- Accensione. – la spinta dei tre motori fa schizzare il modulo oltre l’atmosfera, le ali ormai inutili sono abbandonate e il cielo completamente nero è gremito di stelle. Nella cabina tutti respirano a fatica, schiacciati contro i sedili dall’accelerazione, ma non è poi così male. Dopo un tempo che sembra interminabile ma in realtà è inferiore a dieci minuti, i motori si spengono e l’accelerazione cessa.

- Ci siamo. Orbita bassa, in sei ore raggiungeremo la nave con una serie di accelerazioni programmate, il computer accenderà i motori per il tempo necessario. Ora possiamo togliere i caschi.

 

Miko scaglia l’inutile fucile contro il buco sfrangiato che si è aperto nella collina. L’arma descrive una pigra parabola e si conficca nella terra smossa. Sono passate sei ore e ancora si sente furiosa.

- Maledette! Maledette traditrici! – ingoia la sfilza di imprecazioni che sono più adatte ad Helga, infatti è da lei che le ha imparate senza usarle mai. A che servono, solo a sprecare il fiato. Il velivolo sconosciuto è uscito dalla prora del modulo di atterraggio, e lei non aveva idea che esistesse, che ci fosse ancora qualcosa di utile in quella carcassa. Per lei contavano solo il generatore, gli accumulatori e le incubatrici, tutto il resto le sembrava ferraglia priva d’importanza. E invece, maledette…

- Miko… – Sarah si avvicina barcollando un po’, ha uno straccio insanguinato intorno alla testa e un grosso livido sotto uno zigomo.

- Che vuoi, tu? Te le sei lasciate scappare, vai a nasconderti almeno! Vattene, ti dico!

- No, Miko, devo dirti una cosa. Ora che ti sei calmata devi ascoltarmi…

- Allora parla!

- Non erano… sole.

- Certo, le hanno aiutate le loro doppie! E non ci serve a niente averle prese, sono vecchie con l’anima ai denti! Se non stiamo attente ci muoiono nelle mani!

- Non volevo… dire questo. C’è un’altra cosa.

- E cosa? – Miko ha perduto la sua calma impenetrabile e si muove a scatti, prendendo a calci i sassi del sentiero. – che altro può esserci?

- Un… altro essere. Sembrava… un uomo.

- Sei pazza. Gli uomini sono tutti morti!

- E invece c’era. Questo – indica il livido – me l’ha fatto lui. Avevo preso Paula e lui è uscito di corsa ad aiutarla, era vestito con una delle nostre tute ma gli stava corta, e aveva i piedi nudi. Combatteva in un modo… diverso, ha parato quasi tutti i miei colpi, io però non ero in difficoltà, pensavo che dovevo solo tenerlo occupato per un po’, tu stavi per arrivare, e poi…

- Già, e poi?

- Poi Paula si è lanciata contro di me, e io mi sono distratta per un attimo.

- Ti ha colpita lui? Vergognati! Sconfitta da due soli avversari! Che ti ho insegnato? A cos’è servito? – spara distrattamente un calcio contro un giovane tiglio e lo rompe di netto.

- No, Miko… – Sarah soffoca uno sbadiglio, si sente stanchissima – non è stato lui, lui era nel mio campo visivo. È stato qualcun altro che non vedevo.

- Ah! Allora è diverso! Un uomo! Ma sei sicura?

- Sì… – Sarah sbadiglia di nuovo – era uguale a quelli della… commedia. Brutto in faccia, più alto di noi, con i fianchi stretti e senza le…

- Ho capito, ho capito! Chissà cos’altro nascondono quelle maledette! Andiamo a interrogare le prigioniere, a quest’ora si saranno ammorbidite. – si dirige a passi svelti verso casa sua, seguita dagli sguardi intimoriti delle poche donne rimaste in giro. La maggior parte stanno tappate in casa con le finestre sbarrate. Davanti alla porta c’è Marzia con il fucile spianato. Dentro ristagna un cattivo odore di chiuso e di sudore, Rina sta seduta in un angolo con il fucile carico, e le prigioniere, le doppie delle traditrici tranne Ester che è morta, maledetta anche lei, sono ammucchiate come fagotti sul pavimento. Ogni tanto qualcuna si muove debolmente, e da questo si capisce che sono ancora vive.

- Hey, Miko! – Helga esce pesantemente dalla stanza da letto, con una bottiglia in mano.

- Pezzo di… – Miko s’interrompe bruscamente ma i suoi occhi mandano lampi – testa di rapa, ti ho detto di non bere!

- Ma…

- Chiudi quella fogna! – Helga indietreggia e torna nella stanza a letto, da dove si sente un borbottare soffocato. – E voi – si rivolge al mucchio delle prigioniere – credete che io abbia la minima pietà di voi? Vi sbagliate! Vi farò morire ad una ad una, se non parlerete!

- Ma noi non sappiamo niente, te l’ho detto subito. – Emily si solleva a fatica dalla schiena di Tania, che non si muove ma respira, forse dorme. – e poi che importa se ci ammazzi, ci resta comunque poco da vivere. E loro ti hanno fregata lo stesso.

- Carogna! – Miko ferma una manata micidiale ad un millimetro dalla sua gola. Per un attimo ha avuto la tentazione di farla finita per davvero, eppure lei non ha mai ucciso nessuno, e l’intera sua linea ha sulla coscienza solo l’intruso che sparava all’impazzata. Emily non fa una grinza, forse non ha capito che la morte l’ha appena sfiorata.

- Miko, ti conosco da quando eravamo bambine e non mi sembri cattiva. Ascoltami.

- Cosa m’impedisce d’ammazzarti, me lo dici?

- Calmati. Aiutami a tirarmi su, vuoi? – senza parlare Miko solleva Emily e la fa sedere appoggiata alla parete. – e ora siediti qui vicino a me.

- Che vuoi? Non m’imbrogli, capito? Io voglio i nomi, i nomi delle vostre complici. Voglio sapere chi ha colpito Sarah, voglio sapere che cos’hanno in testa quelle carogne!

- Una cosa te la posso dire. Sarah l’ho colpita io, e da come mi ha trattata subito dopo si vede che non le ho fatto troppo male. È stata brutale come sempre.

- Che… vuoi dire?

- Che se volevo l’ammazzavo, ho dovuto fare attenzione a stordirla senza spaccarle la testa.

- E allora parla! È vero che c’era un uomo? Tu lo sapevi? Le altre lo sapevano? Che cos’è successo?

- Calma, calma! – Emily cerca di stirarsi senza riuscirci ma rimane serena. Flavia è lontana e al sicuro, la squadra segreta sta lavorando. – non sapevo che c’era ma l’ho visto. Era… bello. Io stavo nascosta per essere sicura che andasse tutto bene e poi quella cretina di Sarah è arrivata di corsa inseguendo Paula, ed è uscito lui per difenderla. Però Sarah è troppo forte. Così ho approfittato della prima occasione e l’ho stesa.

- Tu! – l’afferra alla gola e stringe, poi cambia idea e con uno spintone la rimanda a sbattere con il muro – per colpa tua le abbiamo perse! Sarah era riuscita…

- Non capisci… – s’interrompe per tossire – eppure loro sono andati anche per te.

- E cosa c’entrano queste sciocchezze? Per me! Sei pazza! – sfoga la rabbia colpendo con malignità il grosso sedere di Tania, che sobbalza gridando.

- Tu non sei cattiva, sei solo… rigida. Me lo diceva Flavia, ed Emily lo diceva a Flavia. Ed io…

- Basta! Mi prendi in giro! Non lo sopporto!

- Aspetta, aspetta! Io so che non sei cattiva. E so pure che obbedisci agli ordini a fin di bene, no? Flavia mi ha detto…

- E basta con questa catena!

- E va bene, la mia linea sa che la prima Miko aveva una specie di… venerazione per la comandante, Elizabeth. È vero, no?

- Certo, che c’è di male? Che vuoi dire? – Miko si rivolge vivacemente verso Emily, ma stavolta non la maltratta.

- Che la tua linea ha preso molto sul serio le nuove direttive. Senza discuterle.

- Le direttive non si discutono, si applicano.

- Certo, certo! Ma ti ricordi cos’era successo ad Elizabeth…

- Eli. La chiamavano tutte così.

- Ad Eli. Stava morendo. Tu credi che fosse interamente capace d’intendere e volere? Ne sei davvero sicura?

- Miko ne era sicurissima. È stata lucida fino all’ultimo respiro.

- Però queste nuove direttive che voi avete applicato con la forza, erano strane.

- Eli non diceva mai nulla di strano. – Miko piega il corpo sottile e si abbraccia le ginocchia, guardando lontano oltre il mucchio delle prigioniere legate.

- Ma perché cancellare il ricordo, anche il ricordo dell’umanità? Perché bandire la cultura e l’arte, eh, perché? Avete cancellato gli archivi, che erano l’essenza della nostra specie. Il mondo di sole donne poteva esistere lo stesso.

- Eli voleva che non ci fossero rimpianti.

- Sciocchezze. Io penso un’altra cosa. Io so un’altra cosa.

- Cosa sai? – di nuovo Miko afferra Emily per il bavero della tuta e la scrolla come un fagotto. – devi parlare, hai capito?

- Come sei stupida, con tutta la forza che hai. Appena Eli è morta voi avete preso quelle delle nostre linee e le avete maltrattate, rinchiuse, costrette ad obbedire.

- E allora? Volevate ribellarvi e ve l’abbiamo impedito! Abbiamo raggiunto lo scopo!

- No. Le nostre linee hanno obbedito ma hanno fatto un’altra cosa.

- Cosa, cos’hanno fatto? – la voce di Miko è stridula e le mani le tremano.

- Hanno ricordato. Loro venivano dalla Terra, erano nate da una madre ed erano cresciute dentro la civiltà umana. Hanno tramandato i loro ricordi. E le ragazze della squadra segreta, le nostre doppie che ormai sono lontane, loro sanno del pianeta Terra, delle guerre e del motivo della missione. Sanno che l’umanità era prossima a sparire, e che c’era una guerra senza quartiere.

- Fra uomini e donne…

- No, stupida. Era una guerra di civiltà. Ormai era chiaro, o noi o loro. Però le cose erano andate così avanti che nemmeno il vincitore sarebbe sopravissuto, l’equilibrio del pianeta era compromesso in modo irreversibile e le fonti di energia esaurite. E così ognuna delle parti in lotta ha elaborato il suo piano. Noi volevamo tentare di ricostruire l’umanità, e così è nato il progetto Terra due.

- Così si chiama il nostro mondo.

- Sì, si chiama così. Diverse missioni erano partite prima di noi ma avevano fallito. La nostra era l’ultima possibile, prima del collasso.

- Cos’è il collasso?

- Il crollo dei sistemi organizzativi della civiltà, la produzione, gli approvvigionamenti, la sicurezza, l’energia, le comunicazioni. Dopo il collasso i sopravissuti si saranno ammazzati a vicenda per mangiarsi, e poi gli ultimi saranno morti di fame in qualche caverna. Se la nostra missione fallisce, la specie umana si estinguerà.

- La nostra missione è fallita. Però le nostre linee vivranno per sempre e…

- Stupida! Ascoltami. Chi l’ha detto, questo?

- Eli, l’ha detto Eli.

- Allora senti. Lo sai che i nostri… nemici avevano cercato più volte di distruggerci? Con le bombe atomiche, con…

- Che cosa sono le bombe atomiche…

- Scusa, tu non sai molte cose. Mezzi di distruzione di massa, capaci di sterminare milioni di persone in un colpo solo, in confronto quel tuo fucile del cazzo è un pizzico di zanzara. Comunque, dato che non c’erano mai riusciti del tutto, a distruggerci, allora si sono infiltrati in mezzo a noi. Tutte le missioni di Terra due sono fallite, e forse sono fallite per questo. Seminavano la discordia, e invariabilmente c’erano violenze e morte, perché una nave generazionale è instabile…

- Che dici, Emily, io non ti capisco!

- Miko, hai ragione, non posso spiegarti in due parole una cosa che richiede anni. Ti dico solo questo: che forse Eli…

- Non parlare male di Eli! Ti ammazzo!

- E tu ammazzami. Ma forse Eli non voleva che la missione riuscisse. Forse Eli aveva anche lei una bomba da fare esplodere, per uccidere tutte le donne. E poi, quando ha saputo che non serviva, tanto tutti gli uomini erano morti, ha pensato di fare il mondo nuovo. Però non era il mondo nuovo che avrei fatto io.

- Che vuoi dire, pazza?

- Che io avrei conservato gelosamente ogni memoria del passato, ogni testimonianza della mia specie, anche solo per lasciarla in ricordo di noi, alla fine delle nostre generazioni inutili. Io, e anche Ester, e anche le altre, quelle che avete torturato senza mai avere il coraggio di ucciderci. E lo sai perché tu e quelle due stronze ubriache non ci avete uccise? Perché non siete cattive. Siete solo tonte.

- Hai passato il limite! Io ti farò pentire di quello che hai detto!

- Tonta. Eli ha cercato di cancellare il ricordo della nostra civiltà. Non lo ha fatto per evitare i rimpianti. Lo ha fatto perché questa era la sua missione. Eli…

- No! Eli no!

- Sì. Eli era un’infiltrata, lei era dalla parte dei nemici.

- Non ti credo! È impossibile!

- Allora pensa. Tu hai conoscenze specifiche nelle arti marziali, ma Sarah, e Miko, e prima di lei…

- E piantala!

- Va bene. Tu non sai da dove vengono. Sai solo usarle queste tecniche. Sei solo uno strumento. Tu non avresti conservato gelosamente il ricordo dei maestri che ti hanno resa quello che sei? Io l’ho fatto, per i maestri della musica.

- E io… – Tania si solleva su un gomito e guarda Miko con sfida – l’ho fatto per i maestri della pittura e della scultura.

- E io… – la voce di Naomi è soffocata ma ferma – l’ho fatto per i pionieri del volo e i primi eroi delle esplorazioni spaziali.

- Basta! Basta! – Miko si alza di scatto tappandosi le orecchie, gonfia di rabbia e confusione, lottando fra l’impulso di macellare quelle donne insolenti e il desiderio di credere, di prendere per buone le parole di Emily. La voce di Emily supera l’ostacolo e la raggiunge inesorabile.

- Ti dico una cosa sola, Miko. La missione di Terra due non è fallita.

 

  
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