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Autore: Himenoshirotsuki    22/12/2013    14 recensioni
Il suo corpo era luce, la emanava come una stella nella volta celeste, i capelli simili a lingue di fiamma. Ledah guardò quell'anima splendente, mentre si faceva strada tra i rovi e le spine. In quel luogo opaco, a cavallo tra la realtà e il mondo dell'oltre, ogni suo passo era troppo corto, la sua voce non era sufficientemente forte perché lei si accorgesse che la stava febbrilmente rincorrendo. Per un tempo indistinto inseguì quelle tracce vermiglie, testimoni delle catene corporee che la tenevano ancorata a questo mondo. Poi lei si girò, incrociando lo sguardo disperato di Ledah, e in quell'istante egli capì: lei era il sole nell'inverno della sua anima, l'acqua che redimeva i suoi peccati, la terra che poteva definire casa. Lei era calore e fiamma bruciante. Lei era fuoco, fuoco nelle tenebre della sua esistenza.
Revisione completata
-Storia partecipante alla Challenge "L'ondata fantasy" indetta da _ovest_ su EFP-
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guardiani'
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10

Fuori controllo


E qui Ledah versione Artorias ci sta >.
"Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se guarderai a lungo nell'abisso, l'abisso guardera dentro di te."
F. Nietzsche
 
- Airis! - Ledah urlò, mentre il corpo della guerriera si schiantava contro una colonna. La raggiunse correndo a perdifiato, frapponendosi tra lei e il suo avversario. Il loro avversario.
- Tutto qui, quello che sapete fare? E io che credevo di divertirmi almeno un po' con te, Airis. Dov'è finita la tua forza? - Ignus avanzò verso di loro, l'espressione del viso contratta in un sorriso grottesco, gli occhi accesi da un lampo ferale.
Il mantello arancione si muoveva sulle sue spalle a ogni suo passo, lasciando in bella vista il braccio coperto di sangue, scuro come il catrame. Ledah rimase immobile a fissare quell'essere, cercando di individuare una falla nella sua difesa. Scattò in avanti menando un fendente al basso costato.
- Uh... il nostro elfo ha riacquistato coraggio. - parò il colpo con estrema facilità, - Ottimo attacco, un po' deboluccio però. - un ghigno feroce si dipinse sulle sue labbra livide, – Ti insegno io come combatte un vero uomo. - lo colpì con il pomo della spada all'imboccatura dello stomaco, togliendogli il fiato dai polmoni.
Le gambe cedettero e Ledah si trovò agonizzante a terra, le braccia strette al ventre.
"Come può... come può essere così forte...?"
Un dolore improvviso al volto interruppe il filo dei suoi pensieri, mentre il sapore ferroso del sangue gli invadeva la bocca.
- E questa sarebbe la tua potenza, Ledah? Dai, perché non mi fai divertire? - una scarica di percosse lo fece rannicchiare in posizione fetale.
Tremando, allungò la mano verso una delle daghe, provando disperatamente ad afferrarla. La lama scheggiata di Ignus gliela trafisse, strappandogli un urlo che rieccheggiò nella cattedrale.
Affidati a noi, Ledah... noi possiamo aiutarti...
Ledah strizzò gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco ciò che lo circondava, ignorando quelle parole suadenti. "Non va affatto bene. Di questo passo, ci ammazzerà..."
- Allora? - Ignus girò la lama nella ferita, macellando la carne e i residui dei guanti ferrati, - Non vuoi lasciarti andare, vero? Cos'è, hai paura di perdere il controllo? -
L'elfo sussurrò un antico cantico e subito si ritrovò davanti alla colonna su cui Airis era stata schiantata.
- Portentoso! Nonostante tu abbia incassato così tanto, sei ancora in grado di usare la magia. - il guerriero mulinò la spada in una serie di fendenti, come se al posto di un duello si stesse semplicemente allenando, - Sei suo figlio, dopotutto. -
Guardò dietro di sé con la coda dell'occhio: Airis giaceva svenuta con la schiena appoggiata alla colonna. Quando avevano cominciato quel combattimento, aveva messo in seria difficoltà l'ex-comandante, ma lentamente aveva perso terreno, fin a quando Ignus era riuscito a sfondare la sua difesa con quell'ultimo, profondo affondo.
"E' come se le forze l'avessero improvvisamente abbandonata."
Sfoderò la seconda daga, mettendosi in posizione difensiva.
"Con Airis fuori gioco, sono nettamente svantaggiato e non posso avvalermi della magia ancora per molto. Inoltre," scrutò il suo avversario e il suo volto sfigurato dalle fiamme, "non sembra neanche umano."
- Chi ti ha mandato a cercarci? -
Nell'esatto momento in cui pronunciò queste parole, la spada di Ledah colpì quella di Ignus. Le due lame cozzarono, generando delle scintille. Il generale ridacchiò e senza il minimo sforzo respinse l'assalto dell'elfo.
– Mi manda la tua mammina. - tentò una stoccata al ventre, ma Ledah scartò indietro deviandola verso l'alto.
Un calcio in pieno petto fece volare il nemico contro il Signore della Foresta.
- Cosa vuole lei da me...? - avanzò verso di lui, stringendo spasmodicamente l'elsa. Sentiva la stanchezza logorargli i nervi, mentre lentamente perdeva lucidità. Lottò per rimanere sveglio, per non abbandonarsi a quella marea oscura che inghiottiva ogni sua resistenza.
Uccidilo... uccidilo... uccidilo, soffocalo nel suo stesso sangue...
Ledah si tappò le orecchie ansimando, il sudore che gli colava lungo il viso congestionato.
"Smettetela! Tacete!" si graffiò le tempie, le dita che martoriavano la pelle nel tentativo di scacciare quelle voci melliflue, suadenti.
La voce di Ignus gli giunse lontana, come se appartenesse a un'altra dimensione.
– Dev'essere difficile trattenersi, combattere costantemente contro quella parte di te che si divincola con violenza per liberarsi... -
Chi è lui per parlare...? Chi è lui per giudicarti...
"Tacete! Tacete!" la spada gli scivolò dalle dita, mentre quelle parole gli raschiavano la mente, le orecchie, la volontà. Premette ancora di più sulle tempie, gli occhi spalancati a fissare un punto nella stanza, il respiro sempre più concitato.
Il cavaliere gli si avvicinò: – Sarebbe molto più facile se ti arrendessi, sai? Guarda me! - indicò se stesso dall'alto in basso, - Sembro un damerino. Certo, i vestiti non sono il massimo, ma per il resto sto una favola. - ridacchiò e posò gli occhi sull'elfo scosso dagli spasmi, – Eppure sono morto durante l'esplosione, bruciato vivo dal calore di quelle dannate fiamme. O meglio... stavo per morire. É solo grazie a tua madre che la mia anima è stata nuovamente incatenata al mio corpo. -
- Non chiamarla così... - la voce di Ledah era simile a un ringhio.
- Oh beh... da quel che mi risulta, è stata lei ad aprire le gambe per Aesir. Eh... le donne... cosa non farebbero per avere un po' di potere. -
Potere... avrai tutto il potere che desideri... tutta la forza di cui hai bisogno, ti verrà concessa...
- STAI ZITTO! STAI ZITTO, STAI ZITTO! - l'elfo alzò lo sguardo, incontrando quello di scherno di Ignus.
Il verde dei suoi occhi era stato bruciato, lasciando il posto a due iridi rosse. Il viso era contratto in un'espressione a metà tra la ferocia e la sofferenza più assolute. Strinse la daga tremando, mentre le vene emergevano dalla pelle.
- Come fai a continuare a resistere? Eppure, dovrei averti indebolito a sufficienza... - sospirò profondamente, scocciato, - Tua madre mi aveva avvertito che eri molto testardo, ma non credevo fino a questo punto. Cosa ti trattiene ancora? - studiò l'ambiente intorno con noncuranza, finché la sua attenzione non venne calamitata da qualcosa, un corpo inerme contro una colonna: Airis.
Una risata sguaiata risuonò nella cattedrale.
– Non dirmi che sei innamorato di lei! Seriamente? - si asciugò le lacrime, divertito, - L'amore è l'arma che le donne usano per sottometterci a loro, per poi strapparci il cuore senza ripensamenti. - si avvicinò alla guerriera e si inginocchiò di fronte a lei, leccandosi le labbra in modo lascivo, - Sai, le uniche donne che io ho mai conosciuto sono state le puttane del mio paese. Mio padre era il duca di quel pezzo di terra e io ero il suo secondogenito. L'unica cosa buona della mia posizione sai qual'era? - passò le dite sulle labbra di Airis, schiudendole appena, - Che potevo avere tutte le donne che volevo, senza nemmeno pagare. D'altronde, chi si opporrebbe al volere del proprio futuro principe? - fece scivolare la mano lungo il collo niveo, per poi soffermarsi all'altezza della gola.
- NON LA TOCCARE! - Ledah si alzò in piedi furioso.
La faccia era madida di sudore e il corpo continuava a essere scosso da continui tremori. La voce della ragione stava perdendosi in mezzo a tutti quei sussurri incessanti, lasciando il passo al vortice nero che cresceva dentro di lui, corrodendo il muro della sua volontà.
Vuoi farlo tacere...? Vuoi che il suo sangue scorra sulla tua spada...?
Ignus lo guardò a malapena, poi tornò a concentrarsi su Airis. Serrò la mano sulla sua gola, mentre un ghigno perverso gli si dipingeva sulle labbra tumefatte. La donna strinse gli occhi come se fosse in preda a un incubo e, forse, lo era davvero.
- Stava filando tutto liscio, finché quella troia di Tieve non si è rifiutata di giacere con me. - mosse leggermente il viso di Airis, come per osservarla meglio, - Avevo perso la testa per lei... era così bella... non mi sembrava possibile che fosse davvero una donna di strada. Volevo salvarla, volevo darle una vita diversa. Così, una mattina andai da lei con un mazzo di fiori appena colti e le dichiarai il mio amore... - per un istante, Ledah ebbe l'impressione che gli occhi di Ignus fossero velati di lacrime, - Invece, sai cosa fece? Mi rise in faccia, dicendomi che non voleva l'amore di un ragazzino viziato. Ma smise di ridere quando le piantai la spada nel ventre e tu... tu non puoi immaginare quale godimento ho provato in quell'istante. - rinforzò la presa attorno al collo di Airis.
La ragazza spalancò le palpebre improvvisamente, nel disperato tentativo di respirare, mentre lottava per sottrarsi alla morte.
Un'espressione di pura follia distorse il volto di Ignus.
Ledah fece per scattare, ma le gambe cedettero, facendolo cadere in ginocchio. Poggiò la punta della spada sul pavimento senza distogliere lo sguardo da Ignus, dalla sua lama che ora accarezzava delicatamente il collo di Airis. Sentiva crescere l'odio dentro di sé, una furia cieca che stava dandogli nuova forza.
"Voglio il potere... "
Vuoi ucciderlo...?
"Voglio staccargli la testa... lo voglio morto!"
Vuoi che ti concediamo la nostra forza...?
Ansimò più forte, mentre una nube nera lo avvolgeva.
"Voglio tutta la vostra forza... voglio cancellarlo... distruggerlo..."
Diverse mani parvero accarezzarlo, i mille sussurri divennero un'unica voce, graffiante e volitiva.
Allora accettaci!
Ledah spalancò gli occhi e gridò. Sentì il cuore cominciare a battere impazzito, come se volesse bucargli il petto, mentre un calore intenso si diffuse in ogni fibra. La rabbia soverchiò tutto, divampò in in un grido di furore che rimbombò in tutta la cattedrale. L'aria stessa arse nei polmoni, li bruciò dall'interno, e alimentó il fuoco che gli pervadeva le vene, i nervi, risalendo fino al cervello. Quando la pazzia lo travolse, non ci fu più nulla.



 
Bianco.
Forse era caduta durante la fuga con l'elfo e ora i lupi stavano banchettando con le sue carni.
"No, impossibile." Quel pensiero folgorante riscosse leggermente la sua coscienza e assieme ad essa arrivò il dolore. Prima le dita, poi le braccia, le mani, i muscoli, infine ogni fibra del suo essere. Provò a muoversi, ma il suo corpo non rispondeva ai comandi.
Schiuse le palpebre. La sala intorno a lei aveva assunto dei contorni sfocati e i colori sembravano mischiarsi gli uni con gli altri. La voce di Ledah le giungeva lontana come un'eco. Improvvisamente, una presa poderosa le si serrò attorno alla gola, togliendole l'aria. Spalancò gli occhi, trovandosi di fronte il volto martoriato di Ignus contratto in una smorfia mostruosa. Annaspò in cerca di ossigeno, lottando contro quelle mani cianotiche. In un fuggevole attimo i loro sguardi si incrociarono.
"Un risvegliato... anche lui è un risvegliato..."
Fu questione di pochi istanti. Un urlo disumano rimbombò per la cattedrale e qualcosa si scagliò su di loro, scaraventando Ignus lontano da lei.
"Ma che diavolo...?" il filo dei suoi pensieri fu brutalmente interrotto. Davanti a lei si ergeva un cavaliere ricoperto da un'armatura nero pece che sembrava fusa col suo stesso corpo. Dagli spallacci a forma di ala di drago partivano delle catene che si incrociavano all'altezza del pettorale. Dai bracciali lunghi fino ai gomiti si allungavano delle lunghe lame, sulle quali risplendevano delle strane incisioni. Le due spade nere che impugnava già grondavano sangue.
Quando il cavaliere si volse verso di lei, Airis trasalì: sotto quell'elmo crestato riconobbe un viso a lei familiare.
"Non è possibile... non può essere lui!" lo scrutò meglio, cercando un qualcosa che la smentisse, appiattendosi sempre di più contro la colonna. Ogni traccia degli occhi muschiati dell'elfo era stata inghiottita dal rosso cremisi di quelle iridi di fuoco, piene di una furia senza fine.
Egli si volse nuovamente verso Ignus. L'ex-generale giaceva riverso a terra, il viso terreo per la paura, mentre cercava freneticamente la sua spada con l'unico braccio che gli era rimasto. L'altro, ancora caldo e pulsante, era ai piedi di Airis.
- E così... così ti sei lasciato andare, eh? - dalla voce di Ignus era scomparsa ogni ironia, – Ma non mi batterai... non ci riuscirai a battermi. - si tirò su a stento, stringendo l'arma e mettendosi in guardia, - Sei un aborto della natura, un essere nato da un'unione blasfema! -
Il cavaliere ruggì, mostrando una chiostra di denti acuminati come lame, e gli si gettò addosso. A nulla valse la resistenza opposta dal generale, che inesorabilmente retrocedeva davanti all'impeto del suo avversario: gli assalti serrati dell'elfo non solo costringevano Ignus a rimanere sempre in una posizione difensiva, ma continuavano a infliggergli tantissime ferite superficiali. In poco tempo, il sangue iniziò a scorrere sempre più copioso.
Airis era senza parole. Sebbene la maschera gelida non facesse trasparire alcuna espressione sul volto di Ledah, era certa che si stesse divertendo a far soffrire così il nemico. Per lui non era altro che un sacco di carne per la sua fame, sangue per la sua sete di morte. Un fendente della spada nera si abbatté senza pietà sulla lama scheggiata, mandandola in frantumi, e l'acciaio maciullò muscoli, spezzò ossa. Ignus urlò nuovamente, il viso contratto in un'espressione di orrore, mentre osservava la mano restante cadere a terra, la spada ancora stretta tra le dita.
- Non ti avvicinare, mostro! Non mi toccare! - si girò con le lacrime agli occhi verso Airis.
- Ti prego! Ti prego, aiutami! - la implorò.
Con un movimento fluido il cavaliere gli tagliò la gamba, facendolo rovinare a terra. Ignus strisciò verso di lei, facendo leva sui due moncherini sanguinolenti che gli erano rimasti.
- Ti... scongiuro... non voglio morire... non voglio... aiutami... - la fissò con gli occhi pieni sconcerto, - Tu sei come me... anche tu sei una... - non riuscì a terminare la frase che la sua testa mozzata rotolò di lato.
La lama nera trafisse il corpo esanime all'altezza del cuore. Poi, quello sguardo cremisi si posò su di lei.
Airis si appiattì ancora di più contro la colonna, portandosi istintivamente la mano poco sotto il cuore. Dove aveva già vissuto quella situazione? Perché quella paura che ora stava provando non le era nuova?
La creatura in cui Ledah si era trasformato estrasse la spada dal cadavere di Ignus e la puntò contro di lei. La guerriera lo fissò, nonostante il cieco terrore le attanagliasse le viscere.
"Mai tremare, mai temere la morte. Se devi lasciare questo mondo, fallo con onore." il monito del suo vecchio maestro le tornò alla memoria.
La lama del boia scattò in avanti, verso la sua gola. Airis chiuse gli occhi.
Un attimo.
Il suo cuore batteva sereno.
Un secondo.
Il suo respiro regolare.
Due secondi.
Un rimbombo e un acuto dolore.
Aprì leggermente gli occhi. La spada nera era conficcata nella colonna dietro di lei e un leggero graffio sullo zigomo prese a sanguinare.
Il cavaliere cadde in ginocchio, lasciando cadere anche l'altra arma. La sua maschera di gelida ferocia si era incrinata. Allungò la mano e le accarezzò la guancia, mentre le iridi rosse acquisivano di nuovo il loro vero colore. Ritrasse le dita macchiate di sangue, lo sguardo preoccupato e pieno di profonda tristezza. Si alzò e, dopo averla osservata un'ultima volta, le diede le spalle dirigendosi con passo sempre più concitato verso l'uscita, mentre l'armatura che aveva addosso si sgretolava come la roccia erosa dal mare.

 

  
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