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Autore: DezoPenguin    22/12/2013    0 recensioni
Un pomeriggio piovoso, un mal di testa e le conseguenze di una scelta.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Midori Sugiura
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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NDT: questa è una traduzione. Potete leggere l'originale qui. Lasciate una recensione, se vi va, così potrò tradurla e inviarla all'autore.

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NDA: questa storia è stata scritta per la sfida del forum MaiUniverse di marzo/aprile "Carnival of MUses"; i prompt erano 'pioggia' e 'postumi' e ho scelto di usarli entrambi. La storia è ambientata più o meno nello stesso momento in cui Shiho dimostra di non avere il buonsenso di mettersi al riparo dalla pioggia mentre aspetta Tate (ep. 23). E, sì, come ho già detto, mi piace il nome del CHILD di Midori così come appare nei sottotitoli inglesi.

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Justice

Pioggia contro i vetri delle finestre.

"Uhhhh."

Che picchiettava, tamburellava.

"Nnnghhh..."

Echi acuti e stridenti come saette che le esplodevano nel cervello, pugnali nelle orecchie.

"Ch're sono?"

Non ci fu risposta, ma Midori Sugiura seppe istintivamente che sarebbe stato meglio alzarsi, perché se avesse tentato di dormire di nuovo il suono della pioggia avrebbe continuato ad essere crudele ed irritante, mentre se si fosse alzata si sarebbe confuso con il rumore di fondo degli altri suoi disagi.

Si alzò a sedere, e fu come se il mondo fosse esploso. Un lampo sembrò bruciarle gli occhi, e il suo stomaco si rivoltò in un'ondata di nausea. L'unica cosa che Midori riuscì a fare fu sedere immobile per quasi mezzo minuto mentre tentava di riprendersi. Alla fine, quando il dolore e il desiderio di vomitare si affievolirono, esalò un lungo gemito e si massaggiò le tempie.

Non ho avuto postumi tanto forti da…Dio, da quando? Pensò. Il suo sguardo cadde sulla radiosveglia accanto al suo letto; erano quasi le quattro del pomeriggio. Anni. Non si ubriacava a quel modo dal suo secondo anno di università. Midori aveva scoperto che la sua amica Youko riusciva reggere gli effetti dell'alcol meglio di lei, per questo—il più delle volte—limitava il suo consumo di bevande alcoliche a 'lievemente stordita' piuttosto che 'ubriaca sfatta'.

Il più delle volte.

Il suo piede urtò qualcosa. Una bottiglia. Rotolò sul pavimento, poi ne colpì un'altra con un tintinnio. Il suo acuto la fece sussultare di nuovo.

Bottiglie vuote.

Si accorse di aver bevuto lì, nel suo appartamento. Era strano. Midori preferiva bere in compagnia. Consumava alcol quando faceva festa con gli amici. Per sciogliersi—o forse per avere una scusa per comportarmi comunque come voglio. Non beveva da sola, eccetto una birra di tanto in tanto o un bicchiere di vino a cena. Non così, una birra dopo l'altra, mezza bottiglia di un whiskey scadente…e quella non era la bottiglia di Glenfiddich che aveva messo da parte per un'occasione speciale?

Che diavolo le era saltato in testa?

La pioggia che picchiava sui vetri era un rullo di tamburi contro le sue tempie.

Le quattro del pomeriggio.

Guardò di nuovo la radiosveglia, controllando di non essere diventata completamente pazza per quanto riguardava l'orario, e vide la foto accanto ad essa.

Si sentì come se una mano le stesse stringendo il cuore. Le venne di nuovo da vomitare, ma questa volta la nausea non era dovuta all'alcol. La ripugnange consapevolezza di quello che era successo, di quello che aveva fatto, esplose e minacciò di avere la meglio su di lei. La confusione momentanea causata dai postumi della sbronza e il disorientamento del risveglio se n'erano andati.

Oh, ricordava benissimo. Ricordava quello che era successo, le scelte che aveva fatto e le loro conseguenze, proprio come ricordava di essersi trascinata al suo appartamento e di aver fatto del proprio meglio per dimenticare tutto.

Non aveva funzionato.

Fissò la foto di loro tre, scattata durante uno scavo archeologico estivo dopo il suo terzo anno di università. Il professore era lì, con i suoi corti capelli neri screziati di grigio.  Tutto era grigio, ora, pensò, ma gli occhiali cerchiati di metallo, la mascella quadrata, il sorriso contagioso e entusiasta erano gli stessi. Midori era accanto a lui, infatuata com'era stata in tutte quelle sette settimane, e Youko sembrava non avere idea di come le fosse venuto in mente di lasciarsi trascinare in Turchia per l'estate. Midori sapeva cosa Youko stava pensando, naturalmente; era lì perché era quel genere di amica che non ti voltava le spalle nemmeno quando attraversavi mezzo mondo come una diciassettenne invaghita.

Avrebbe dovuto parlare con Youko. Il dolore si sopportava più facilmente in due che da soli.

Ma non poteva farlo.

Perché l'ho ucciso. Aveva cancellato dalla faccia della terra quel viso sorridente nella foto. Lo spirito del professore era stato sigillato in una colonna nel Palazzo d'Ossidiana, uno degli undici pilastri che formavano il cancello che portava al vero Tempio di Fuuka.

Gocce d'acqua scivolavano sul vetro come lacrime, ma Midori non aveva nulla da offrire. Aveva giù usato tutte le proprie.

Oh, era vero che non aveva fatto nulla come puntargli contro un coltello o una pistola. Quello era ovvio. Ma era senza dubbio aveva fatto una cosa che aveva direttamente portato alla sua morte.

Aveva fatto la propria scelta.

Aveva saputo quali sarebbero state le conseguenze.

Midori era stata affascinata dalla leggenda delle HiME, le Principesse Guerriere, fin da quando aveva manifestato i propri poteri. Aveva studiato la documentazione storica e archeologica, separando il mito dalla leggenda, la leggenda dai fatti. Lo aveva scelto come argomento per la tesi che stava scrivendo per il Master, tuffandosi nel lavoro con il suo solito entusiasmo. Era nel proprio elemento, e aveva un potere superumano per combattere i mostri.

Eccetto che, naturalmente, essere una HiME non aveva niente a che fare con le battaglie contro gli Orphan. Quello era stato solo un esercizio di riscaldamento, una scusa escogitata da Mashiro e Nagi per convincere le HiME più riluttanti ad accettare i loro poteri. Ad unirsi al Festival senza sapere che cosa fosse: un torneo in cui non c'erano vincitori. In cui undici ragazze perdevano le vite delle persone per loro più preziose in modo che la dodicesima potesse diventare la 'sposa' del Principe di Ossidiana—uno strumento grazie al quale lui avrebbe potuto ottenere il potere quasi illimitato della Stella delle HiME.

Bambine condannate, prigioniere di una favola distorta.

E lei era una di loro.

Le era sembrato tutto così eroico, mentre lo stava facendo. Quando aveva affrontato Mashiro riguardo la verità sul Festival delle HiME. Quando Mashiro le aveva dato la chiave del luogo in cui il corpo di Miyu Greer era stato nascosto per essere riparato. La preside bambina aveva fatto sembrare tutto così semplice. Aveva affidato a Midori quel compito così importante—perchè Miyu era la pedina cruciale della strategia di Mashiro. Miyu era il mezzo grazie al quale Mashiro sperava di far concludere il Festival, sconfiggere il Principe d'Ossidiana, e salvare le HiME dal loro destino.

Raggiungere Miyu, rianimarla, era lavoro per un eroe. Midori si era lanciata in quell'impresa come faceva per qualsiasi altra cosa. Ma Mashiro l'aveva sperato, vero? Aveva sperato che Midori mettesse da parte concetti come il rischio personale e il sacrificio di sé stessa per un 'bene più grande', in un modo che nessuno altra HiME avrebbe accettato di fare.

Oh, e l'aveva fatto sul serio. Si era precipitata, un giocattolo nelle mani di Mashiro. Era stata così piena di idealistico fervore che aveva lasciato intatta la memoria di Miyu invece di reinizializzarla e programmarla perché facesse quello che lei voleva, convinta che il legame di Miyu con Alyssa avrebbe spinto l'androide della Searrs ad allearsi con loro. Nella speranza di salvare le persone amate da Alyssa…o forse per vendetta.

Midori raccolse una bottiglia, la trovò ancora piena per un quarto di Suntory Scotch, roba che usavano gli impiegati per ubriacarsi in modo da riversare le proprie preoccupazioni nelle orecchie di una geisha o di un'intrattenitrice da bar, pagate per sopportare. Una bevanda appropriata al modo in cui mi sento, pensò Midori, ora felice di non aver chiamato Youko, non aver trascinato la sua amica lì per sottoporla a quelle paure. Era ora di fare qualcosa per le persone che diceva di amare, invece di implorare favori da loro o di usarli in altri modi.

Come aveva usato l'uomo che amava.

Come aveva gettato via la vita di lui per la sua missione.

Come quando aveva visto Miroku dirigersi verso la 'bara' dove la sequenza di accensione di Miyu si stava completando, ed aveva agito d'istinto. Aveva evocato Gakuten-O, non per combattere, ma semplicemente per proteggere il sarcofago, così quando l'enorme mazza di Miroku era calata, non aveva schiacciato Miyu ma aveva spezzato la spina dorsale di Gakuten-O. Midori aveva sacrificato il proprio CHILD, e con esso la vita dell'uomo che amava, il tutto per un ipotizzato futuro felice.

Un futuro che non aveva alcun motivo di credere che potesse esistere.

Nulla nella sua ricerca aveva suggerito che questo fosse possibile. Anzi era l'opposto; questo ciclo era andato avanti per…quanto tempo? Quante volte le HiME avevano danzato alla musica suonata dal loro padrone?

Cosa ti fa pensare che stavolta sarà diverso?

Non aveva avuto altro che fiducia. Fiducia in Mashiro, che aveva mentito a tutte loro, ingannandole fin dall'inizio. Fiducia in Miyu, che era stata loro nemica per tutto quel tempo. Fiducia che non aveva alcuna ragione di esistere, a parte per il fatto che Midori l'eroe, Midori il "campione della giustizia" non voleva credere nei finali infelici.

E aveva scommesso su questo la vita della sua persona più preziosa.

Guardò di nuovo la bottiglia. Era invitante, molto invitante, l'idea di prendere un altro sorso, di seppellircisi dentro, per averne non sollievo, ma almeno insensibilità, un posto dove nascondersi. Ma la ripose, senza aprirla. Forse non era un eroe.

Forse era una sognatrice che era diventata un personaggio secondario nella storia di qualcun altro. O forse era solo una pedina nel gioco del Principe d'Ossidiana. Ma almeno poteva osservare fino alla fine. Poteva guardare avanti e vedere quale fosse la verità. Se era stata fedele, o solo folle.

La sua persona più preziosa meritava almeno questo.

Grugnendo, uscì dal letto. Fuori, la pioggia continuava a cadere. Sarebbe stata la pioggia a versare le lacrime che avrebbe avuto bisogno di piangere.

 

  
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