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Autore: Cathy Earnshaw    24/12/2013    3 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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La porta si aprì sul sorriso incerto di Yu.
«Prego, Liam» disse, facendogli segno di entrare.
Indispettito all’idea di dover trattare con una qualunque maga come fosse stata la regina dell’intera Terra dei Tuoni, Liam si impose di non dare in escandescenze. Se voleva scoprire qualcosa non poteva inimicarsela subito.
«È permesso?» domandò, facendosi avanti.
Sentì la porta richiudersi alle sue spalle e si guardò intorno, abbagliato dalla luce che entrava dall’immensa portafinestra. Un soffio d’aria gelida entrò dal vetro aperto e gli strappò un brivido.
«Non dirmi che hai freddo, Liam dell’Acqua.»
Liam si volse di scatto, reprimendo un nuovo moto di stizza. La maga se ne stava in piedi alle sue spalle, ghignando dell’aria stupita che doveva evidentemente esserglisi dipinta in volto.
«Sì, ho freddo. Non credo ci sia niente di male» rispose sforzandosi di non suonare sgarbato.
Anziché chiudere la finestra, però, la ragazza se ne rimase immobile, rigida come uno stoccafisso, con quell’aria di superiorità incollata addosso.
«Porto del tè?» domandò Yu.
«No, grazie. L’ospite non si tratterrà molto» rispose Jonna senza scomporsi.
Il tono freddo riusciva a risaltare ancora di più accanto alla cortese premura caratteristica della cameriera. Per una frazione di secondo, Liam si domandò se Ruben fosse tanto masochista da preferire un cubetto di ghiaccio gelido e spigoloso come quello al tepore che Yu trasmetteva con la sua sola presenza.
“In guardia, mago, è pur sempre un elemento fuoco…ci sarà pur una fregatura da qualche parte”.
«Puoi andare» aggiunse Jonna.
Yu si inchinò e li lasciò soli.
«Allora, mio inaspettato ospite…sembra che verrà a piovere. Immagino che la cosa ti rallegri.»
Liam rimase per un momento perplesso. Dove voleva andare a parare?
«Veramente non troppo, dal momento che avevo intenzione di uscire a cavallo prima di sera» rispose.
«Perché sei qui?» domandò, voltandogli le spalle e dirigendosi verso la portafinestra.
Disattendendo ogni speranza del mago, non la chiuse, anzi, la spalancò e uscì sul balcone. Convinto che se l’avesse seguita gli sarebbe venuta la polmonite, si tenne a debita distanza.
«Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per mio fratello. Sai, ieri non ero molto lucido, mi sono reso conto di non essermi comportato in modo molto educato. Così sono venuto qui, per conoscere la persona che ci ha tanto generosamente offerto il suo aiuto.»
Jonna lo ignorò completamente. Forse era un po’ sorda? Oppure era semplicemente maleducata?
«Ehm…Jonna?» tentò.
«Sei noioso» sbuffò. «Oltre che falso e opportunista. Ma farò finta che tu voglia davvero mostrarti gentile nei miei confronti. Allora, caro Liam, come sta il tuo moribondo fratellino?»
Liam si rese conto di digrignare i denti quando la mandibola iniziò a fargli male.
«Sta bene, grazie» rispose faticosamente. «È ancora un po’ intontito, ma sta bene.»
«Allora dovresti tornare da lui.»
Rinunciando alle buone maniere, Liam fece un passo verso di lei.
«Lasciami dire una cosa, prima: sono venuto qui animato dalle migliori intenzioni, per esprimerti la mia gratitudine e per conoscere l’elemento più importante della compagnia, e tu mi tratti nel peggiore dei modi, senza alcuna ragione! Posso sapere per quale motivo ti comporti in questo modo?»
La ragazza continuò ad ignorarlo con la sua disinvoltura invidiabile.
«Jonna? Permetti un consiglio?» e continuò «Certo che lo permetti, che domanda idiota. Pretendi di ignorarmi, come se potessi veramente renderti impermeabile a tutto e tutti…Beh, io non sono di certo la persona migliore per dare consigli comportamentali, ma essere la compagna del capo non significa solo poter avere abiti belli e riverenze. Comporta anche degli obblighi, tanta diplomazia e altrettanta pazienza. Forse Ruben sopporta il tuo atteggiamento perché tiene a te, ma i suoi uomini non hanno nessun vincolo nei tuoi confronti, e credimi se ti dico che con tutta la tua spocchia riscuoterai ben poche approvazioni.»
Si interruppe. Le dita candide della maga stringevano convulsamente la balaustra e l’aria si era fatta improvvisamente tiepida.
«Ruben è una brava persona e un buon capo. Mi addolorerebbe sapere che la sua immagine è stata screditata dal comportamento della donna che gli sta accanto» concluse.
Si volse per andarsene, ma si bloccò quando con uno schiocco uno dei vetri si crepò.
Jonna si era voltata e lo fissava con gli occhi ridotti a due fessure.
«Che vuoi fare, adesso? Uccidermi?» domandò Liam, tentando di mascherare il nervosismo.
Quello sguardo gelido non gli piaceva.
«Credi che non ne sarei in grado?» disse la ragazza.
Nonostante tutto in lei manifestasse tensione, il suo tono di voce rimase perfettamente stabile.
«Io sono sopravvissuta ad uno scontro diretto con Djalmat» aggiunse.
«O per lo meno, è ciò che sostieni» rispose Liam, sudando freddo e chiedendosi se avesse senso provocarla e se avrebbe davvero osato attaccarlo.
Jonna sbottò in una risata finta.
«Dici?» sibilò, sollevando una manica del vestito.
Liam rabbrividì. La pelle bianca del braccio sinistro era deturpata da una brutta cicatrice irregolare che si estendeva dal palmo della mano alla spalla.
«Questo è quello che mi è rimasto in ricordo di quel giorno. E mi ritengo fortunata, se l’ustione fosse stata poco più estesa sarei morta» sospirò e si lasciò cadere sulla poltrona. «Il fuoco di un drago è l’essenza stessa del mio elemento, ma proprio per questo esula dalla mia disponibilità. Curioso, no?»
Liam si sedette nella poltrona di fronte alla sua, elaborando le nuove informazioni.
«Tu non sei originaria di Madian, vero?» domandò addolcendo il tono. «Perché sei finita invischiata in quella brutta storia di Djalmat?»
«Vivevo là. Non credo che se un drago attaccasse Natìm domani, ti risparmierebbe solo perché non sei di qui.»
«E dopo quel giorno che hai fatto?»
Jonna si strinse nelle spalle.
«Ho atteso pazientemente che l’ustione guarisse. E ho giurato vendetta. Poi ho incontrato Ben, e ho deciso di abbracciare la sua causa.»
«Mettendo a disposizione i tuoi poteri? Mi hanno detto che hai come delle visioni, ma non ho capito come funzionano…» tentò cautamente.
La ragazza si irrigidì e si alzò in piedi.
«Questi non sono problemi tuoi!» disse.
L’aria tornò di colpo a farsi elettrica, nonostante i suoi occhi fossero ancora inespressivi. Liam la osservò attentamente, senza alzarsi. Non era come affatto come pensava, Jonna non era impermeabile a tutto, incapace di provare emozioni. Era semplicemente molto brava a nasconderle. Dietro a quella sua maschera di ghiaccio, però, bastava poco perché il fuoco divampasse, e qualche volta erano proprio i suoi poteri a tradirla.
«Che hai da fissare?» domandò, piantando le mani sui fianchi.
Il mago si trasse in piedi. Non era stata infruttuosa, come prima indagine.
«Hai dei bellissimi occhi, Jonna» disse con un ghigno.
Jonna alzò un sopraciglio con aria scettica.
«Te ne stai andando?»
«Ti dispiace?»
«Mi stavo giusto chiedendo se non avessi qualche impegno improrogabile…»
Liam scoppiò a ridere.
«Rilassati, o ti verranno le rughe. Sarebbe un vero peccato» disse dirigendosi verso la porta. «Grazie della squisita ospitalità, Jonna del Fuoco. Tornerò a trovarti, non temere.»
«Mi trovi qui» rispose in tono di sfida.
Quando la porta fu chiusa, Liam trasse un lungo sospiro silenzioso. Si sentiva sfinito.
 
Il sole stava tramontando sul Lago di Nebbia. Chloé era riuscita a svignarsela dal quartier generale, con l’aiuto di James che la aveva offerto il pretesto per uscire indisturbata. L’atteggiamento apatico di Liam ancora le bruciava, e non tanto perché il mago l’aveva estromessa dai propri pensieri, quanto perché sapeva bene che quel genere di comportamento era sintomo di qualcosa che lei non poteva capire. Qualcosa che la testolina malata del suo amico stava macinando, e che lo spingeva a chiudersi in sé stesso, in attesa di un’illuminazione. Non era certo la prima volta che capitava, ed ogni volta era andata a finire nello stesso modo: quando ormai Chloé aveva gettato la spugna, Liam aveva vuotato il sacco. Se la ricordava ancora bene la nascita di Irthen…
 
Era una notte serena, ma il freddo pungeva già le guance. Erano i primi giorni di ottobre. Chloé batteva il piedino calzato degli stivali nuovi, impaziente. Quel cosetto ci stava mettendo troppo a nascere, per i suoi gusti. Guardò le stelle, consapevole del fatto che aspettavano da prima che il sole tramontasse. Avrebbe tanto voluto assistere, ma sua madre “Assolutamente no, biondina, sono cose da grandi, queste!” aveva detto.
Si stropicciò gli occhi con uno sbadiglio.
«Puoi andare a letto, se vuoi» biascicò Liam, dopo aver emulato il suo sbadiglio.
La bambina si sedette sulla terra fredda vicino a lui e gli posò la testa sulla spalla. Si accoccolò di più contro il suo fianco, cercando di attingere al suo calore. Liam si irrigidì un secondo, poi si rilassò e sbadigliò di nuovo.
«Spero che sia una femmina. Così non ruberà le mie cose» mormorò.
«Chissà come sarà…» rispose la bambina. «Magari ti assomiglierà, Li’…magari avrà gli occhi scuri scuri come i tuoi.»
Il bambino si strinse nelle spalle.
«Non hai l’aria felice, Li’» disse Chloé ritraendosi e guardandolo imbronciata. «E non ignorarmi! Non mi piace quando mi ignori!» aggiunse assestandogli un pizzicotto.
«Ahi!» si lamentò Liam massaggiandosi il braccio dolente.
Chloé lo guardò minacciosa per qualche secondo, pensando a che cosa dire per scuoterlo. Non era normale che se ne stesse lì, buono buono, in attesa di un evento che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
«Cosa c’è che non va? Hai il mal di pancia?»
«Smettila, Clo! Lasciami in pace! Non ho niente.»
«Sei un brutto antipatico, Liam. Io sono preoccupata per te, e a te non interessa niente…» mormorò con il magone.
Liam si strofinò gli occhi asciutti.
«Non è vero» disse.
«Allora perché non dici niente?»
«Non ho niente da dire» tagliò corto.
La notte sembrava infinita, ogni momento scandito dalle grida di Naìba e dalle parole sommesse della levatrice. Poi, improvvisamente un grido più acuto. I due bambini balzarono in piedi e Liam cercò istintivamente la mano di Chloé. Restarono con il fiato sospeso un’eternità, prima che il pianto di un neonato riempisse la notte.
«Oh, Dei, grazie!» gridò Chloé, saltando di gioia con il peso morto di Liam ancora per mano.
«Li’? Non sei contento?» domandò perplessa.
«Credi che resterà come prima?»
Chloé lo guardò senza capire.
«Che cosa?»
«Tutto» rispose con un’alzata di spalle. «Insomma, che…la mamma mi rimboccherà ancora le coperte, e che papà mi porterà nei boschi, e…e tu.»
«Ma certo! Che domanda strana, perché non dovrebbero?!»
Liam sorrise, e tutto il malumore di colpo scomparve.
 
Chloé sorrise tra sé al ricordo di quella notte. Erano già passati quasi sedici anni, eppure ricordava tutto così bene. Sospirò. Liam era sempre stato così, munito di un sistema di autodifesa che lo portava a sigillare tutto quello che riteneva un pericolo potenziale per sé e per le persone che amava. Anche dopo il Consiglio di Effort aveva subito uno di quegli attacchi di mutismo. Si era presentato a casa sua in piena notte. Pioveva a dirotto ed era bagnato fradicio. Le ci vollero ore per tirargli fuori poche parole, giorni per fargli raccontare di come si era dichiarato neutrale e disinteressato alle logiche delle alleanze.
“Perché?” gli aveva chiesto, incredula.
“Non voglio dover rischiare la vita per la causa di qualcun altro. Se devo morire, foglio farlo difendendo la mia famiglia e la casa in cui sono nato”.
Poche parole, ancora una volta, per non cedere, per non dare libero sfogo all’uragano che gli infuriava dentro.
Sospirò di nuovo. Il sole ormai era scomparso e il molo era avvolto nell’ombra.
«Sta bene, Li’» sussurrò alla risacca. «Se vuoi lasciarmi fuori devi avere i tuoi motivi. Sta bene, basta che non ti faccia ammazzare per colpa di quella donna…»
 
Irthen si svegliò, ma tenne gli occhi ermeticamente chiusi, del tutto deciso a riaddormentarsi. Attraverso le palpebre, la luce del nuovo giorno che entrava dalla finestra gli dava fastidio. Forse, avrebbe dovuto tirare la tenda prima di andare a dormire.
Da quando si era risvegliato, due giorni prima, Amina non gli aveva ancora permesso di lasciare quella stanza. La febbre alta l’aveva tormentato per giorni, diceva, ed era meglio che riposasse ancora un po’. Ma nei lunghi momenti in cui nessuno poteva restare a fargli compagnia, tutti impegnati com’erano a preparare la guerra, i pensieri negativi lo ossessionavano. Non riusciva a fare a meno di domandarsi se non fosse tutto un sogno, un incubo assurdo in cui ogni cosa era stata invertita. Liam un mago, da non crederci! Era sembrato tanto dispiaciuto di non avergli mai confessato la verità, che Irthen non aveva avuto il cuore di sfogare tutta la sua rabbia e la sua delusione. Come avrebbe potuto, con un fratello distrutto davanti? Ma questo non significava che  avesse accolto le rivelazioni a cuor leggero. Tutti quegli anni di menzogne…solo al pensiero gli girava la testa. Come gli girava all’idea di essersi lasciato fregare da Abby. Nonostante l’istinto l’avesse messo in guardia da lei, aveva scelto di fidarsi ciecamente, di fidarsi di uno stregone! Pazzesco, aveva preteso di accompagnare uno stregone alla Cascata del Potere. Aveva addirittura pensato che avrebbero potuto stare insieme, che…e lei gli aveva addirittura fatto credere di essersi innamorata di lui! Una cento-e-qualcosa-enne! Che cosa imbarazzante.
“Sei ingiusto, bello”, si disse. “Lei te l’ha detto in tutti i modi possibili di starle alla larga, finché avevi le gambe buone per farlo”.
Vero anche quello. Come vero era quel cavolo di anello che ora faceva bella mostra di sé al suo mignolo destro. L’anello di quello strano metallo chiamato Tibunda e con incastonata la pietra Buio, quella che non riflette la luce e che dovrebbe portare fortuna. L’anello che il padre di Abby le aveva regalato in occasione del suo ingresso nella maggiore età, lo stesso padre che era poi finito massacrato pochi anni dopo.
Deglutì. Il pensiero della sua assenza gli faceva male in un modo strano, in un modo nuovo. Non si era mai soffermato più del dovuto sulla natura dei sentimenti che nutriva per lei, e non sapeva dire se fosse una cosa buona oppure no. E se anche razionalmente si rendeva conto di quanto gli fosse andata bene separandosi da lei prima di finirci irrimediabilmente invischiato, come in quella cavolo di palude in cui era caduto come una pera matura, questo non gli impediva di rimuginare su quanto gli mancasse e su quanto volentieri avrebbe sentito la sua voce di velluto.
Doveva ringraziare Liam e gli Dei tutti, perché se suo fratello non fosse giunto in tempo gli equilibri della guerra avrebbero potuto essere ben diversi.
Quanti casini erano successi unicamente per colpa sua. Che cosa avrebbe potuto fare per riparare? Arruolarsi con Ruben, ovvio. Liam gli aveva detto che non avrebbe interferito nella sua decisione, ogni quale strada avesse imboccato, e se una parte di lui desiderava tornare a Pothien e stare accanto ai suoi amici e alla bella Amanda – quanta fatica faceva a ricostruire i suoi lineamenti! – nel momento del pericolo, un’altra parte si struggeva al pensiero di Abigail, dei suoi occhi verdi, del naso a patata e delle treccine che le incorniciavano il bel viso scuro. Ad essere del tutto onesti, anche delle sue tette.
“Cavolo, Ir, stai diventando peggio di tuo fratello!” si disse.
Ad ogni modo, questi erano i motivi per cui preferiva occupare il tempo dormendo. Troppe paranoie, da sveglio.
La porta si aprì con un cigolio, e per una frazione di secondo Irthen valutò l’idea di fingersi addormentato. Ma il profumo del brodo di carne lo convinse ad aprire gli occhi. Una ragazza con i capelli scuri raccolti in una crocchia e un grembiulino immacolato stava posando un vassoio di cibo sul tavolo.
«Chi sei?» domandò, incapace di trattenere la curiosità.
La ragazza sobbalzò e si portò una mano al petto.
«Oh, Dei, che spavento! Perdonami, credevo dormissi. Il mio nome è Yu, sono la cameriera del Maestro. Amina è impegnata, così sono stata incaricata di occuparmi del tuo pranzo.»
«Oh» commentò Irthen. «Ha un buon profumo.»
«Speriamo abbia anche un buon sapore. Vuoi mangiare a letto, oppure preferisci alzarti?» domandò gentilmente Yu.
«Mi alzo, grazie.»
Irthen si lasciò scivolare giù dal letto e barcollò. La cameriera gli passò prontamente un braccio attorno alla vita e lo aiutò a raggiungere il tavolo. Quando fu seduto comodo sulla sedia imbottita dovette sforzarsi per frenare l’impulso di affondare la faccia nel piatto.
«Posso fare qualcos’altro, per te?» domandò la ragazza con un sorriso cortese.
Irthen ci rifletté. In un primo momento aveva pensato di chiedere una fetta gigante di torta di mele, ma si era subito reso conto che, in realtà, c’era qualcosa di cui aveva decisamente più bisogno.
«Fammi compagnia, ti prego. Questa stanza è così fredda quando tutti se ne vanno e resto solo io…»
Yu gli versò un bicchiere d’acqua.
«Va bene, Irthen. Di certo, ora che Ruben ha riguadagnato la compagnia della sua amata non avrà più tanto bisogno della mia presenza.»
La sua voce prese una sfumatura amara, e Irthen si domandò se potesse essere gelosa del suo padrone.
«Ad ogni modo, ho sentito Mina dire a Liam che sei pronto a lasciare la tua stanza» concluse.
Il ragazzo si illuminò.
«Davvero?» esclamò, rischiando di rovesciarsi addosso il brodo caldo.
Yu annuì.
«Proprio questa mattina!»
«Posso chiederti che ore sono?» domandò, colto da un improvviso dubbio.
«Beh, ora di pranzo, ormai. Ma non preoccuparti, non c’è fretta e avevi bisogno di recuperare le energie. Questo pomeriggio avrai modo di cominciare a conoscere qualcuno.»
Irthen finì con calma di mangiare, e prima che la cameriera se ne andasse con il vassoio tra le braccia, disse:
«Grazie della compagnia, Yu. Tornerai?»
La ragazza sorrise.
«Magari questa sera. Come ti dicevo, con molta probabilità avrò parecchio tempo libero in questi giorni. Quindi…perché no?»
Se ne andò lasciando Irthen solo, ma rincuorato.
Poco dopo arrivò Liam, e gli disse di prepararsi. Ruben aveva riunito il Consiglio, richiamando addirittura i maghi che si trovavano al fronte. Doveva esserci sotto qualcosa di grosso, ed erano tutti convocati, Irthen incluso. E mentre tentava di rendersi presentabile – invano, i capelli gli erano cresciuti troppo, e non ne volevano sapere di stare al loro posto – Liam riportò il colloquio con Jonna.
«Uhm, simpatica la ragazza» commentò, infilandosi gli stivali. «È così anche Ruben?»
Liam scosse il capo.
«No, non lo è. Ruben è un concentrato di diplomazia. Sei pronto?»
Irthen annuì. Gli riusciva ancora difficile crederlo: stava per attraversare il quartier generale di una congregazione di maghi, a Natìm, diretto ad una riunione alla quale era stato espressamente invitato, e alla quale avrebbero partecipato decine di maghi, quegli stessi maghi che tenevano tra le mani la storia.
 
Liam disapprovava. Disapprovava nel più totale dei modi quella riunione generale.
Tutti compressi nella sala riunioni di Ruben, aspettavano l’arrivo di Jonna, l’unica, splendida, ritardataria. E in quel momento, Liam l’avrebbe annegata, eccome! Sepolta sotto miglia e miglia di acqua. Irthen gli diede di gomito, e lui lo guardò con aria interrogativa.
«Hai lo sguardo assassino» spiegò suo fratello con quella sua semplicità disarmante.
Persino Aqua aveva avuto la decenza di presentarsi puntuale. Persino chi era dislocato qua e là sulle linee di combattimento era arrivato per tempo, elfi inclusi, e quella bisbetica platinata dov’era?
Anche quella cosa del “tutti presenti” gli dava sui nervi. Trovava immensamente inutile e dispendioso aver fatto rientrare tutti i maghi. Non solo avevano obbligato persone già provate da numerose battaglie ad affrontare un viaggio disagevole, ma avevano abbandonato a loro stessi gli uomini che le città alleate avevano offerto loro. Uomini completamente privi di poteri magici, e spesso anche del benché minimo rudimento in fatto di combattimento, che si trovavano senza preavviso ad affrontare i loro peggiori incubi: orchi, orchetti e draghi. Ne valeva la pena? Valeva la pena di “tutto” per una maledetta riunione?!
«Anche secondo me, Li’» disse Irthen, sempre senza scomporsi.
«Che cosa?»
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
«Questa riunione è una cazzata inutile.»
Liam sbatté le palpebre.
«Come cavolo fai tu-»
Si interruppe. La regina delle nevi stava facendo il suo ingresso in sala, e il brusio si spense.
«Ce l’hai stampato in fronte» sussurrò Irthen con un sorrisino.
Il mago distolse lo sguardo. Chi era quel mostro di acume che gli sedeva accanto? Dov’era finito l’immaturo, ingenuo Irthen? Quello che non faceva niente senza i suoi amici e che non mangiava verdura? Dei, Abigail, gli aveva fatto davvero male.
Quella nuova versione di suo fratello lo inquietava. Era innaturale la sua maturazione, troppo improvvisa. Oppure, aveva solo avuto bisogno di spazio per scoprire l’adulto che era già lì, latente. Era rimasto strabiliato dal contegno che aveva tenuto quando gli erano stati presentati Ruben, James, Aqua, Debrina, Oliandro e tutte le altre persone che avevano desiderato conoscerlo. Non li aveva tempestati di domande, come Liam si era aspettato, non era sembrato un ragazzino spaesato. Ora se ne stava lì, a parlare in sussurri con Oliandro, seduto accanto a lui.
Ruben batté la mano sul tavolo e il silenzio divenne assoluto.
«Fate silenzio, signori, vi prego. Abbiamo tante cose da dirci e poco tempo per farlo» si schiarì la voce. «Prima di tutto voglio che mi sia chiarificata la situazione sulle due linee di combattimento. Oliandro?»
Oliandro si alzò in piedi e fissò gli occhi su Ruben.
«Non ci sono state grandi svolte, dal mio arrivo. Una battaglia, poi gli orchi si allontanano, si riorganizzano e attaccano ancora dopo due o tre giorni. Non sono attacchi incisivi, sembra quasi che prendano tempo…Abbiamo subito qualche perdita, ma meno del previsto. Di draghi più nessuna traccia. Complessivamente, possiamo dire di trovarci in una situazione di stallo. Gli uomini che ci hanno mandato gli alleati sono volonterosi, ma non reggeranno all’infinito accampati tra un fiume e un bosco. L’inverno si avvicina, le notti sono fredde e l’aria è umida. Il morale sta scendendo velocemente, perciò…» sospirò. «Ah, Aqua, la tua diga regge benissimo» aggiunse.
«Oh! Davvero?» farfugliò Aqua.
«Aha, è ancora in piedi! E funziona divinamente.»
«C’è altro, Oliandro?» intervenne Ruben.
L’elfo sorrise, affettato.
«Cos’altro vorresti sapere? Quanti uomini abbiamo perso? Quanti feriti? Quanti orchi sono morti? Vorresti più dettaglio?» domandò.
Nella sua voce era filtrata una venatura fredda, e Liam si domandò se fosse una sua impressione oppure se a Dodo non stesse molto simpatico Ruben.
«Voglio sapere se gli orchi diminuiscono o se aumentano.»
Oliandro si grattò una tempia.
«Non direi che stiano calando. Ma nemmeno aumentando. Diciamo che il numero resta stabile, il ché equivale a dire che aumentano in proporzione al numero di nemici che eliminiamo, non so se mi spiego…»
Ruben annuì.
«Come temevo. Rowena, ad Est?»
«Ad Est gli orchi sono calati, Ben. Non ho prove per dimostrarlo, ma dalla direzione che hanno preso lasciando il fronte credo che siano diretti a Torat. Infondo, non abbiamo motivo di pensare che Micael dell’Acqua e i suoi non stiano subendo i nostri stessi attacchi. Ad ogni modo, inizialmente i combattimenti sono stati molto duri, e abbiamo subito molte perdite. Oggi, però, la situazione è buona.» Lanciò un’occhiata obliqua al Maestro e aggiunse «perdona la domanda, ma mi sfugge il significato della nostra presenza a Natìm con degli uomini che muoiono sul campo.»
Dai maghi si levò un mormorio di approvazione, e Irthen si mosse sulla sedia.
«I motivi della vostra presenza sono due. Prima di tutto, devo dirvi una cosa importante che ho esitato a comunicarvi, ma che ora vedo confermata dai vostri resoconti: ci è stato riferito che Djalmat vuole trasferire le sue forze a Cyanor.»
Si sollevò un’onda di sussurri, e anche Liam trattenne in respiro.
«Ma Cyanor non è la Città dei Morti?» bisbigliò Irthen.
«Sì, esatto.»
«È molto vicino!»
Liam annuì e lanciò un’occhiata a Jonna, che stava osservando la scena in silenzio. I loro occhi si incrociarono e la ragazza sostenne il suo sguardo con aria di sfida. Suo malgrado, Liam dovette cedere quando Ruben riprese a parlare.
«Abbiamo ragione di credere che il motivo degli attacchi continui e poco aggressivi sia proprio questo, tenere i nostri occhi puntati altrove, mentre i draghi si preparano al trasferimento.»
«Ne siamo certi?» intervenne Debrina.
Ruben annuì.
«A questo punto sì.»
«Qual è la fonte?» domandò Rowena, gli occhi blu fissi su Jonna.
«È una fonte riservata. Ma è affidabile» tagliò corto Ruben.
L’elfa storse il naso.
«Con i draghi tanto vicini, dovremo trovare il modo di tenerli sotto controllo» disse James.
«Questo è il secondo motivo per cui siete qui. Stan, lascio a te.»
Konstantin si alzò in piedi e disse:
«Come saprete, nei giorni scorsi siamo stati a Bosco Lossar. Volevamo parlare con gli Unicorni, ma soprattutto volevamo informare Glenndois di questo problema dei draghi, e accertarci che la notizia raggiungesse anche Horlon a Lumia. Beh, trascorrendo un po’ di tempo con loro, mi sono reso conto di quanto rischiosa, ancorché necessaria, sia stata la nostra scelta di richiamare gli informatori. Gli Unicorni sono di gran lunga più aggiornati di noi, e parzialmente anche gli elfi, perché la loro magia è potente abbastanza da attingere notizie qua e là, con un raggio molto ampio. Ma noi non ci riusciamo, siamo limitati, i nostri poteri sono poca cosa rispetto ai loro, come anche alla recettività degli elfi…»
«Dove vuole andare a parare?» mormorò Chloé, seduta accanto a Liam.
«Non so, ma non mi piace.»
«Così mi sono detto:» proseguì «bisognerebbe impostare una specie di centro di raccolta informazioni in un punto strategico. E quale punto migliore della stessa Cyanor?»
Dalla platea si sollevò un boato. I maghi cominciarono a parlare tutti insieme.
«Ma quel posto è pieno zeppo di orchi, Li’! Non può pensare davvero di andare là!» esclamò Irthen.
Chloé gli artigliò istericamente il braccio.
«Silenzio un po’!» tuonò Jonna.
Tutti tacquero in simultanea, e Liam sospettò che fosse più la sorpresa di averla vista scaldarsi che il rispetto ad indurli al silenzio. Le dedicò un sorrisetto divertito che gli fruttò un’occhiata omicida.
«Da quali fonti un mago può attingere informazioni?» riprese Konstantin. «Dall’Acqua, dall’Aria e dalla Terra. Io credo che tre maghi adulti con discrete capacità possano coordinare i propri elementi per catalizzare le informazioni. Ma naturalmente, questo può funzionare se ci si trova nel posto giusto, non in un angolo remoto della Terra dei Tuoni, ma nel luogo più centrale possibile.»
«Tu lo sai, vero, che quando i draghi saranno là ci sarà ben poco da stare allegri?» domandò Eetan.
«Lo so. E so anche che la città è già in mano agli orchi. Ma all’interno del Palazzo c’è un’area che fu sigillata con la magia, ai tempi in cui la città fu abbandonata. Di certo, né orchi né draghi posso avervi accesso. Possiamo stare là, e non sapranno nemmeno della nostra presenza.»
«E se dovessero scoprirlo?» domandò Aqua.
«E se dovessimo morire di fame?» aggiunse Debrina.
«Faremo in modo di avere cibo a sufficienza per un po’, in seguito cercheremo il modo di procurarcelo…»
«È impazzito» sussurrò Chloé. «Non dici niente, Li’?»
«Io…»
Liam la guardò. Nella follia di quel piano c’era qualcosa di geniale, non poteva nasconderlo a sé stesso. E nemmeno a Chloé, che sgranò gli occhi.
«Per tutte le frecce, Liam! Tu sei favorevole!» esclamò.
Qualche mago si volse nella loro direzione.
«Io…sì, credo di sì…»
«Se ci vai, ti spezzo le gambe.»
Liam ghignò e picchiò il palmo della mano sul tavolo.
«Io ci sto, Konstantin! Sei completamente pazzo, ma il tuo piano mi dice bene!»
Ruben lo guardò male.
«Tre maghi, dunque?» domandò Amina, che fino a quel momento era rimasta in silenzio a mordicchiarsi le unghie.
Konstantin annuì, e Liam non poté fare a meno di sentirsi irritato per lo sguardo complice che i due si erano scambiati.
«Tre maghi, e uno dei tre sarò io» precisò.
«Lasciami venire con te!» disse Aqua battendo le mani entusiasta.
Konstantin guardò Ruben.
«Per me va bene» disse il Maestro. «Hailie, vorresti unirti a loro?»
Hailie annuì con un po’ troppa convinzione, tradendo l’agitazione.
«Perfetto. Faremo in modo di organizzare la vostra partenza il più rapidamente possibile. Quanto agli altri, vi ringrazio per la vostra presenza qui. Capite il motivo dell’urgenza della comunicazione, credo. Capite che abbiamo un serio problema incombente, e che dobbiamo attuare un piano oltremodo rischioso.»
La riunione si sciolse, e quando Liam si alzò, Irthen gli afferrò il polso e lo attirò vicino. I suoi occhi mandavano lampi.
«Si faranno ammazzare» sibilò.
«Abbi fede in Stan» rispose.
«No, non capisci. Io ci sono stato, in quel cavolo di palazzo, e non sopravvivranno a lungo se gli orchi scopriranno la loro presenza!»
«Lo so, Ir. Lo so, ma non sopravvivremo a lungo noi se non riusciremo a infiltrare qualcuno…Stan è un ottimo mago, e Aqua è giovane ma non è una sprovveduta. Non conosco Hailie, ma ho la massima fiducia in loro, e per il resto…preghiamo gli Dei.»
Irthen allentò la presa.
«Spero che tu abbia ragione…»




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Spero non sia una palla pazzesca, ragazzi, non ho un buon rapporto con le riunioni strategiche! Fatemi sapere se c'è qualcosa di non chiaro, che l'unica che si fa sentire con dei dubbi è Hareth.
Approposito di Hareth.. come promesso, è arrivato il tuo regalo-aggiornamento di Natale :b Auguri XD
   
 
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