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Autore: Elder_Tea    27/12/2013    1 recensioni
“Se non ti fidi nemmeno di te stesso, come farai ad essere abbastanza forte per metterti contro a tutto questo?” spiegò Lacroix “Se la tua visione della vita è così pessimistica non riuscirai mai a tirare a lungo, nemmeno sotto le armi. Ti continuerai a ripetere che tanto morirai il primo giorno sotto una raffica di pallottole. Vuoi continuare a questa maniera, o vuoi avere una visione ottimistica, nonostante tutto, del tuo futuro, così da riuscire ad uscire da questa guerra vivo e vegeto? E magari ricostruirti un futuro senza piangerti addosso pensando che i tuoi compagni siano morti a causa tua. Tutti moriamo, tutti attraversiamo dei momenti bui. Non per questo dobbiamo escludere un'eventuale futuro dopo un momento oscuro. Non ho forse ragione, signor Picard?”
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.Monnaie

Il denaro non dà la felicità? Che cosa la dà allora, vi domando?
(Pierre BenoîtKoenigsmark, 1918)

 

Erano le cinque del mattino e in lontananza, sull'orizzonte frastagliato di Parigi si poteva ammirare la sottile sagoma della torre Eiffel. Marcel la conosceva bene, sopratutto in quelle vesti così oscure ma al contempo così nitide ed eteree. Erano anni che tornava a casa appena prima dell'alba, riuscendo a dormire sì e no un'ora e mezzo e ritrovandosi, ogni mattina, ad ammirare lo spettacolo dell'alba sulla città dell'amore. Spesso si ritrovava a copiarne i lineamenti, esaminando giorno per giorno ogni suo schizzo, per essere sicuro che non fosse cambiato nulla. E per fortuna non era successo, nonostante i tedeschi di stanza a Parigi. Credeva che, prima o poi, avrebbe dovuto copiare la città senza alcuni palazzi o peggio, senza la torre.
Finiti i disegni, che richiedevano all'incirca mezz'oretta, aveva ancora tre ore per dedicarsi a qualsiasi altra attività: ascoltare la radio, leggere Le Figaro o un buon libro di Dumas. Ma quel giorno si sentiva come immerso in un mondo di sogni, un mondo ultraterreno in cui i ricordi sovrastavano la voglia di vivere, come se qualcosa avesse scosso il suo animo al punto di non farlo più riprendere.
E così si ritrovava da solo, con la finestra aperta e seduto sulla sua immensa poltrona ottocentesca, appoggiato sul grande tavolo in mogano, rigirando tra le dita una vecchia monetina d'argento, da un franco, una delle ultime prodotte, regalatagli da suo padre su letto di morte vent'anni prima, come unico pegno d'amore. Suo padre non aveva mai accettato la sua vita un po' sregolata, che inseguiva coloro che il padre definiva les fous sans argent. E così aveva regalato al figlio l'unica cosa che gli potesse dare la certezza di una vita migliore: un franco, che poteva tenere ed aggiunge ad altre monete, per riguadagnarsi un po' di dignità e non far cadere nel baratro il nome di famiglia, ricollegato da sempre a una delle più ricche famiglie di magnati del paese. Suo padre era molto attaccato ai soldi. Gli considerava una sorta di uscita da quella che era la vita a rape e cavoli della gente più povera. E forse Marcel aveva ereditato qualcosa dal carattere di suo padre. Non si poteva considerare povero: un'attico in uno dei quartieri più lussuosi di Parigi non era abitazione popolana. Pagava l'apertura del cinema ogni sera, solo per lui. Nessuno poteva permetterselo tra la classe operaia. Era riuscito a trasformare l'odio del padre in soldi per le sue tasche, così da poter vivere la vita che un padre aveva progettato per il figlio, ma a modo suo. Marcel si era sempre congratulato con sè stesso per questo traguardo ma, nonostante tutto, non aveva mai speso nè perso la vecchia monetina di suo padre. Era come un portafortuna, un ricordo dei pochi momenti felici passati insieme ad un padre assente e attaccato al denaro più che al sangue del suo sangue. Era quella monetina che gli aveva permesso di arrivare dov'era ora: testa, aveva cominciato a studiare arte. Testa, si era fatto coraggio e aveva cominciato a scrivere libri di critica artistica e cinematografica. Testa, aveva deciso di vivere una vita fuori dai dettami del padre. E così, grazie a una monetina, si era ritrovato a vivere una vita indipendente e senza regole paterne, seppure non propriamente raccomandabile. Ma tutta questa routine, fatta di soldi, feste e notti chiuso in piccolo cinema, aveva permesso dopo tanti anni di incontrare qualcuno che forse avrebbe permesso l'uscita di una croce al gioco della moneta, qualcuno che avrebbe cambiato la sua vita in meglio.
Marcel si rese solo a luci accese che il film era terminato. Si riprese, si alzò in tutta fretta e, con passo veloce, raggiunse la donna che stava per uscire dalla sala.
“Mi scusì!” urlò mentre la raggiungeva.
La donna fece un gran sorrisò tra sè e sè e si girò verso l'uomo, con i capelli laccati che si muovevano all'unisono. Anche Marcel si arrestò, colpito da cotanta bellezza.
“Mi dica.” disse la donna battendo i grandi occhi verdi.
“Volevo chiederle, se non le dispiace l'ora, se desidera venire a fare una passeggiata con me per la Rue du Cardinal.”
La donna pareva contenta dell'invito, ma subito la sua contententezza di trasformò in tristezza. La si poteva leggere nei suoi occhi, che si bagnavano un poco di lacrime d'amarezza.
“Mi piacerebbe, davvero” disse accennando un sorriso sotto quel velo di avvilimento “ma ho degli impegni a casa che non posso rimandare.”
Per Marcel era un colpo al cuore, un colpo che non sarebbe andato a segno con qualunque altra donna di Parigi. Si sentì come rifiutato, e non riusciva a cogliere i segnali della donna che dicevano chiaramente che uscire con lui era l'unica cosa che avrebbe voluto fare quella sera. Ma Marcel non si scoraggiò, e tentò di rivedere la donna.
“Se potessi sapere dove abita, potrei sapere quando riverderla.”
La donna sembrava restia, quasi impaurita.
“Non si preoccupi, non sono un soldato tedesco.” le disse sottovoce, avvicinandosi al piccolo orecchio nascosto tra i soffici capelli neri. “Si fidi, non sarei qua stasera, ma il qualche bar, se lo fossi davvero.”
La donna si sollevò sentendo quell'affermazione.
“D'accordo signor...”
“Marcel. Marcel Buisson.”
“Bene, signor Buisson. Se desidera vedermi abito al 23 di Rue D'Avron, nel quartiere Charonne.” disse, scrivendo il tutto a matita su un piccolo blocchetto. Marcel non aveva mai visto mani muoversi più delicatamente, se non quelle degli artisti che incontrava. “La aspetterò. Sono in casa tutti i giorni.”
“Perfetto.” disse Marcel, che aveva già programmato un piano d'azione degno di Aramis de Vannes.
La donna uscì, regalandogli un grande sorriso che fece scaldare il cuore di Marcel. Ricambiò il suo sorriso, degno dei più grandi film del cinema americano.
La monetina aveva segnato croce.


 
  
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