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Autore: Beauty    03/01/2014    6 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo Autrice: Vi devo avvisare prima che leggiate questo capitolo. Ci sarà l’introduzione di un nuovo personaggio il cui non lieto fine è parecchio…squallido. Me ne sono resa conto anche io mentre scrivevo, ma non ho voluto cambiarlo. Questo giusto per avvisarvi, anche se non credo ne rimarrete molto sconvolti: voglio dire, qui siamo tutti adulti e vaccinati e avrete capito già da tempo ormai che questa non è la classica favoletta per bambini. Se posso rassicurare, si risolverà per il meglio anche per il nuovo personaggio qui presentato. Giusto per essere chiari.
Altra cosa: ho dovuto ancora dividere il capitolo in due parti per via della lunghezza a mio parere eccessiva. Quindi, gli eventi che ho promesso nelle note della volta scorsa saranno posticipati di un capitolo.
E’ tutto. Buona lettura!
 
 
Red Hair Under the Sea, part I
 
Stava per morire.
La Fata Turchina questo lo sapeva già da tempo ma, ora che il momento della sua fine era quasi giunto, nonostante la paura aveva comunque trovato la forza di attendere e accogliere la morte con calma e dignità. Aveva trascorso le sue ultime ore nella propria capanna nel bosco, rassettando la casa per trascorrere il più velocemente possibile i minuti che la separavano dalla sua dipartita, mentre avvertiva l’aura vitale del suo assassino farsi sempre più vicina. Aveva rimesso tutti i propri averi in ordine, e si era assicurata che non restasse nella capanna altra traccia di magia se non quella insita nella propria persona: nei giorni precedenti si era premurata di consegnare tutta la polvere di fata che le era rimasta a coloro che avevano preso le redini della Ribellione dopo la scomparsa del Principe Filippo – anche se la parola scomparsa in questo caso era oltremodo appropriata, dal momento che la Fata Turchina sapeva benissimo dove fosse, e fosse anche l’unica a essere a conoscenza dei motivi della sua sparizione; ma il capo dei ribelli le aveva fatto promettere di non rivelare a nessuno il perché del suo viaggio in un momento tanto delicato per il Regno delle Favole, e lei non avrebbe mancato a un giuramento come una creatura oscura avrebbe fatto, nonostante temesse che, se la lontananza del principe si fosse protratta troppo a lungo, la Ribellione e tutti i suoi membri avrebbero potuto risentirne ancora di più di quanto non ne stessero risentendo ora.
Era un cruccio di cui non riusciva a liberarsi, ma non era neppure l’unico che aveva in quel momento, e le sue preoccupazioni per la salvezza di quel mondo e dei suoi abitanti erano così profonde e così gravi che poco le importava del fatto che la vita stesse per esserle sottratta.
La Fata Turchina adesso sedeva calma e composta su una seggiola accanto a un tavolo di grezza fattura nella propria capanna. Teneva gli occhi chiusi, cercando di mantenere quanto possibile la tranquillità per evitare che, quando la lama avesse trafitto il suo cuore, la magia che racchiudeva in sé non si sprigionasse nell’aria con troppa violenza. Sarebbe stato un guaio se loro si fossero impossessati anche solo di un granello del suo essere anche se, ne era consapevole, dopo la sua morte non sarebbe trascorso molto tempo prima che ogni traccia della sua magia svanisse insieme alla sua vita.
Questo era ciò che la preoccupava maggiormente: quando la Regina Cattiva aveva preso il potere, dodici anni prima, lei aveva subito compreso la malvagità che le albergava nel cuore, sebbene questa fosse tutt’altro che naturale e certamente instillata da qualcuno attraverso la magia oscura. In ogni caso, ciò che la sovrana stava cercando di fare e tutte le malefatte e gli atti sanguinari che aveva compiuto durante il suo regno erano abbastanza da indurla a schierarsi in prima linea affinché i creatori non fossero riportati in vita. La Regina Cattiva non si rendeva neppure conto di cosa avrebbe comportato il suo gesto; o forse sì, ma non le importava nulla di ciò che il ritorno dei fratelli Grimm avrebbe portato in quel mondo e negli altri confinanti, e avrebbe sfruttato il nuovo stato delle cose a proprio vantaggio.
Proprio, e di tutti coloro che avevano deciso di schierarsi dalla sua parte, che non erano affatto un numero esiguo. Sempre che, una volta riportati indietro, Jacob e Wilhelm avrebbero avuto clemenza degli alleati della Regina…
Era per questo che, quando il Principe Filippo aveva fondato un drappello di rivoltosi che poi si era esteso in modo tanto rapido da spaventare la stessa sovrana, la Fata Turchina non aveva esitato un attimo a schierarsi dalla sua parte, non appena egli glielo aveva domandato. Era una fata e come tale avrebbe dovuto aborrire guerre e battaglie; lei aveva sempre creduto che non esistesse alcuna buona ragione per spargere del sangue, colpevole o innocente che fosse, ma sapeva che il Principe Filippo aveva delle ottime motivazioni per dare avvio a una rivolta – era stato uno dei primi a essere colpito dalla magia oscura, sebbene inizialmente le intenzioni di Malefica fossero ben diverse da quelle della Regina Cattiva, e con lui ne avevano fatto le spese anche la principessa Rosaspina e il suo reame, nonché la bimba che avevano concepito insieme –, così come sapeva che, se Jacob e Wilhelm Grimm fossero veramente risorti, allora quella terra si sarebbe inevitabilmente trasformata in un eterno campo di battaglia. Ogni cosa sarebbe tornata indietro di secoli, il Regno delle Favole avrebbe vissuto una nuova epoca buia, e forse neppure una nuova guerra sarebbe bastata per riportare la pace.
Così, lei aveva iniziato a dare il suo contributo ai ribelli. Non sempre era informata nei dettagli delle azioni da loro compiute, ne percepiva le mosse e i piani solo attraverso la sua magia – agguati, omicidi, tradimenti, esecuzioni, anche se tutto ciò manteneva un macabro equilibrio fra i due fronti, quello della Ribellione e quello della Regina Cattiva –, ma donava loro la sua polvere di fata, e custodiva ogni traccia, ogni indizio che potesse ricondurre al completamento di quella profezia, sebbene essa fosse rimasta monca e muta per secoli, fino a che quelle due sorelle non erano giunte in quel mondo. La Fata Turchina aveva percepito la loro aura non appena avevano varcato la soglia che divideva il Regno delle Favole dal loro mondo, e non aveva potuto fare altro se non svolgere il suo compito e informarle di quanto sapeva. Le due ragazze si erano mostrate scettiche – la maggiore, soprattutto, non le era parsa molto propensa a darle ascolto –, ma lei sapeva che, volenti o nolenti, sarebbe toccato a loro risolvere la situazione. D’altronde, quando la profezia parlava della progenie di un traditore, non scherzava affatto. Richard Hadleigh l’aveva combinata grossa, dodici anni prima; aveva infranto una delle regole secolari che controllavano i rapporti fra due mondi e, sebbene avesse tradito il segreto senza l’intenzione di causare alcun danno a chicchessia, quello che aveva fatto era imperdonabile.
L’intera faccenda non aveva tardato a venire allo scoperto, e la notizia si era diffusa nell’intero Regno delle Favole con la stessa velocità del vento Zefiro…ed era stato dal giorno in cui Richard Hadleigh aveva svelato la verità sul Regno delle Favole alla moglie, che erano iniziati i guai.
Questo tutti lo sapevano e nessuno pareva intenzionato a dimenticarlo. La matrigna di Biancaneve era stata avvelenata alcuni mesi dopo, e la Regina Cattiva era salita al trono. La vicenda che vedeva coinvolto il non ancora capitano Hadleigh aveva fatto scalpore, e da allora tutti gli abitanti di quel mondo avevano veduto smorzarsi la fiducia che riponevano negli uomini del Dipartimento Favole. La Fata Turchina non poteva dire che avessero torto, anzi, lei stessa si era alquanto sorpresa che Richard Hadleigh non fosse stato punito per ciò che aveva fatto…ma, in fondo, chiunque sapeva che brav’uomo fosse il capitano Fraser e come fosse sempre stato incline a perdonare ogni cosa ai suoi sottoposti.
La Fata Turchina sospirò, ripensando all’ex capitano del Dipartimento Favole di New York. George Fraser era una brava persona e un bravo poliziotto, che per quella missione aveva dato la vita…letteralmente. E, con la sua scomparsa, era nato un nuovo mostro, ben più temibile della Regina Cattiva, anche se non quanto i fratelli Grimm.
Il fatto che a Fraser fosse succeduto il traditore era stato come uno schiaffo a tutti loro, ma era stato inevitabile: il capitano aveva lasciato scritto che il suo posto sarebbe dovuto passare ad Hadleigh, e così era stato. Questo, tuttavia, non aveva fatto altro che aumentare la diffidenza nei confronti del Dipartimento…tant’è vero che questo era stato informato solo cinque anni prima di quanto stava accadendo. E comunque, non era stato da New York che erano giunti i rinforzi: il procuratore Crawford era sempre stato abbastanza restio a dare ascolto a tutto ciò che veniva etichettato come emergenza, in quel mondo, sin dai tempi di Fraser. Gli agenti che erano corsi in loro aiuto provenivano da Los Angeles. Anche se le cose non sarebbero potute andare peggio; come se non avessero perso già abbastanza vite…
La Fata Turchina riaprì gli occhi, avvertendo l’aura del suo assassino farsi sempre più vicina. Ormai era quasi giunto il momento, era quasi in prossimità della capanna. Presto l’avrebbe trovata. Ma non aveva paura di morire; piuttosto, temeva ciò che la sua morte avrebbe potuto rappresentare per la Ribellione.
Avevano già perduto così tanto. Troppi erano caduti, in quei dodici anni, in un modo o nell’altro.
Biancaneve, violentata da un uomo che amava e condotta alla follia dal dolore.
Mammolo, ucciso dall’amica divenuta pazza.
La principessa Rosaspina, e la figlia che aveva avuto dal Principe Filippo – sparita nel nulla quand’era in fasce.
Lady Marian, uccisa dalla Regina Cattiva.
Vincent, che aveva voltato le spalle al Bene per seguire la via della malvagità.
Il Cacciatore, divenuto un uomo lupo, un mostro.
Cappuccetto Rosso e sua nonna.
Quel povero poliziotto che era rimasto ferito e che non avrebbe più potuto…E tantissimi altri…Lei sarebbe stata solo un’altra vittima, nulla più. L’idea di sciogliersi in inchiostro non la spaventava, così come non la spaventava la consapevolezza che la sua anima avrebbe presto raggiunto quelle di Cappuccetto Rosso e della nonna nelle tenebre. Ciò che la impauriva veramente era che, senza la magia e la polvere di fata, la Ribellione sarebbe stata ancora più svantaggiata.
Ma non poteva fare nulla. La sua vita stava per finire, e non poteva fare altro che accettarlo.
E sperare che, per lei come per tutte le altre vittime, ci fosse ancora una salvezza: che una di quelle due ragazze fosse veramente la Salvatrice a lungo attesa, e che la profezia si avverasse.
Fu la sua ultima speranza, quando avvertì che il suo assassino era ora là fuori, a pochi metri dalla capanna.
 
***
 
Gaston non sapeva quanto avevano camminato. Sapeva solo che, se non lo avessero ammazzato la fatica o lo stesso Navarre come aveva promesso di fare, allora ci avrebbe pensato la paura.
Il capitano e i suoi lo spintonarono fino a fargli raggiungere la sommità di una collina. Uno di loro gli aveva sussurrato ghignando, pochi minuti prima, la fantomatica prova che avrebbe deciso della sua vita era proprio oltre quella collina, e ora lui poteva vederla.
Ma non riusciva a pensare. Non aveva neppure idea di come avesse fatto a capitare in quel posto e di che razza di luogo fosse, quello. In ogni momento, non aveva riflettuto su nulla, aveva solo pensato a salvarsi la pelle e aveva agito con questo fine.
E anche adesso, senza opporre resistenza, si stava lasciando trascinare verso una piccola capanna che si ergeva solitaria nel folto del bosco.
 
***
 
C’era una donna, a bordo della Jolly Roger.
Questo Hadleigh ci aveva impiegato ben tre giorni di schiavitù – sì, perché a bordo di quella fottuta nave pirata lui e il suo collega non erano altro che schiavi! – prima di capirlo. A dirla tutta, all’inizio non aveva voluto, un po’ per noncuranza e un po’ per altre preoccupazioni, prestare attenzione ad alcune cose che rivelavano la presenza di qualcun altro a bordo, oltre a lui e a Jones e a quella ciurma di pirati poco più che adolescenti.
Sulla Jolly Roger c’era una donna. Una donna che viveva praticamente segregata da qualche parte all’interno della nave, probabilmente nella stiva o in una cabina isolata. E che – adesso ne aveva la certezza assoluta – veniva impiegata da quei pirati per fini così abietti che si rifiutava anche solo di pensarli.
Quel pomeriggio il cielo era nuvoloso, il mare leggermente agitato e tirava un vento abbastanza freddo, oltre che dannatamente forte. Hadleigh fece una smorfia nel sentirsi i capelli scompigliati, quindi afferrò più saldamente uno dei due spazzoloni che Spugna aveva consegnato a lui e a Jones quella mattina come tutte le altre, e prese a lavare il ponte con la solita furia.
Di fronte a lui, il suo collega stava compiendo la stessa attività, ma con meno foga e più rassegnazione, e continuava a scoccargli occhiate preoccupate. Il capitano si costrinse a ignorarlo, anche se in quel momento avrebbe voluto solo spaccargli la faccia. Una parte di lui si ripeteva che quello che stava succedendo non era colpa di Nathan – anzi, era stato anche più sveglio di lui: spaccarsi la schiena a lavare il ponte di una nave piratesca non era il massimo, ma molto probabilmente se non avesse avuto quell’idea loro due sarebbero già stati gettati in pasto al coccodrillo, come li minacciava spesso Capitan Uncino –, ma l’altra invece gli suggeriva di scaricare tutto il suo malumore su Jones.
Era colpa sua, se invece di cercare Anya ed Elizabeth, lavoravano gratis sulla Jolly Roger per salvarsi la pelle ed erano prigionieri di un gruppo di pirati, mentre le sue figlie si trovavano chissà dove, c’era un assassino a piede libero e Crawford faceva il bello e il cattivo tempo al Dipartimento Favole, facendoli passare tutt’e due per dei criminali. L’unica cosa che riusciva a tranquillizzarlo almeno un po’ era la dichiarazione di Capitan Uncino secondo la quale in breve avrebbero attraccato, sebbene non avesse specificato dove – non a loro, perlomeno. In ogni caso, rimanere su quella nave non lo avrebbe aiutato a trovare Anya e Liz, e avrebbe dovuto ingegnarsi per trovare un modo per allontanarsi da Uncino e dalla sua ciurma di ragazzini, e andarsene.
Per ora, comunque, non poteva fare altro che sperare che la Jolly Roger attraccasse presto e stringere i denti combattendo a suon di malumore e rispostacce ogni giorno che passava.
Lui e Jones erano praticamente dei servi, o dei mozzi: ogni maledetta mattina venivano svegliati con calci e spintoni e tirati su di peso da quel giaciglio di stracci su cui dormivano, nella camerata con gli altri pirati, quindi Spugna – il più vecchio su quella nave insieme a loro due ma, inaspettatamente, uno dei pochi che non ringhiava loro contro come facevano invece il capitano e gli altri pirati – gli dava in mano straccio e scopa, e da lì iniziava il loro lavoro. Uncino aveva ordinato di dar loro da mangiare solo ed esclusivamente se, a fine giornata, avesse trovato tutto di suo gradimento, quindi conveniva loro sgobbare se non volevano morire di fame o essere gettati in mare.
Era un lavoro denigrante, dato che quei pirati sembravano sguazzarci nella sporcizia e godevano immensamente nel vederli pulire il loro schifo. L’unico posto che era sempre abbastanza in ordine era la cabina del capitano, ma il resto era completamente incrostato di sale, sporco e unto, e l’atmosfera era sempre intrisa di un puzzo nauseabondo. Capitan Uncino si divertiva a insultarli e a minacciarli, e tutti gli altri non erano da meno, fatta eccezione per Spugna. Quando le sue figlie erano ancora piccole e guardavano insieme Peter Pan della Disney, Hadleigh aveva sempre tacitamente considerato Spugna come un povero inetto, ma ora quello a sentirsi solo un povero inetto era lui.
Insieme alla preoccupazione per le due ragazze e al malumore per quella situazione, sulle spalle gli pesavano anche i vent’anni trascorsi all’interno del Dipartimento Favole: avrebbe dovuto essere esperto, si ripeteva, eppure non era in grado di contrastare neppure una ciurma di pirati che avevano sì e no l’età di Anya e Liz.
Tutto questo non faceva altro che aumentare il malumore, e più il malumore cresceva, più lui diventava arrabbiato e preoccupato. Era un circolo vizioso.
- Il cielo si è rannuvolato - osservò Jones a un certo punto. Hadleigh fece finta di non averlo sentito, e continuò a strofinare il ponte con furia, tenendo lo sguardo fisso a terra.
Il suo collega non demorse.
- C’è anche parecchio vento, e il mare è mosso - continuò.- Pensi che pioverà?
- Sai quanto cazzo me ne frega della pioggia!- gridò Hadleigh, scaraventando a terra lo spazzolone.
- Ehi, vedi di darti una calmata!- lo rimbrottò Jones.- Se piove, il mare sarà ancora più agitato. Rischiamo una tempesta, lo vuoi capire? Se la nave cola a picco, andiamo giù anche noi! E’ questo che sto cercando di farti capire…
- E perché invece non cerchi di capire quando accidenti scenderemo da questa fottuta nave?!- ringhiò il capitano, senza accorgersi che gli sguardi di tutti si erano puntati su di loro, specialmente quello truce e infastidito di Uncino. Il capitano era accanto al timone, troppo in alto perché potesse udirli; ma li vedeva ancora meglio da quella posizione, e aveva notato che stavano litigando, invece di lavorare.
- Non lo so quando scenderemo! Ma cosa credi, che a me piaccia stare qui? Anche io non ne posso più, ma…
- …ma tanto non hai due persone che ami disperse chissà dove, vero? La mammina sta bene!
Hadleigh sputò fuori quelle parole prima di potersi trattenere, ma non se ne pentì. Era arrabbiato, l’idea di ferire qualcuno non lo spaventava minimamente. Jones mollò a sua volta lo spazzolone, e il capitano se lo ritrovò a pochi centimetri da volto ancora prima di potersene rendere conto. L’agente lo afferrò furiosamente per il bavero della camicia, strattonandolo.
- Non ti azzardare, sai!- urlò Nathan.- Non osare parlare di cose che non conosci, stronzo! Io sono nella merda per colpa tua e di quelle due ragazze, eppure sono qui che mi spacco la schiena per darti una mano, e tu sei solo capace di sputare giudizi senza sapere come stanno davvero le cose! Mi sono fatto sparare addosso per colpa tua, sono diventato un ricercato, mi sono fatto rapire dai pirati, ho salvato la pelle a tutt’e due e tu ancora mi insulti perché…
- Se crepo io crepi anche tu, lo sai questo?! Hai salvato la pelle a me solo perché c’eri anche tu in mezzo, e non è colpa mia se Crawford è un venduto!
- Ma è colpa tua se le tue figlie ora sono in chissà quale casino, ed è stata colpa tua dodici anni fa!
- Dodici anni fa non c’entra un cazzo!
- Ah, no? No, certo, tu hai sempre scaricato la colpa su quella povera pazza isterica di Christine, facevi tanto il disperato che sopportava a denti stretti una malata mentale per amore di due bambine piccole, ma ti sei mai chiesto come mai per poco non ha…
Hadleigh si divincolò quel tanto che bastava per afferrare una spalla del suo collega e dargli uno spintone; si sentiva il sangue alla testa, ed era sicuro che gli avrebbe gonfiato la faccia se quasi mezza ciurma non si fosse accalcata attorno a loro non appena era stato chiaro che stavano per mettersi le mani addosso. A dire il vero, la maggior parte era accorsa nella speranza di vederli accapigliarsi, ma Spugna si gettò in mezzo a loro, dividendoli a forza.
- Fatela finita!- biasciò, spintonandoli in modo da allontanarli l’uno dall’altro.
- Basta!- tuonò Capitan Uncino, lasciando il suo posto accanto al timoniere e scendendo le scale fino a raggiungere il ponte della nave. - Smettetela subito e tornate al lavoro!- si avvicinò a grandi passi ad Hadleigh, sollevando l’uncino fino al suo volto.- Se capita un’altra volta una scena simile voi due finite dritti sulla passerella in pasto al coccodrillo, sono stato chiaro?!- gridò.- Muovetevi, al lavoro, e per due giorni potete anche scordarvi di…
La minaccia venne interrotta bruscamente dal rumore di una porta che sbatteva. Uncino si voltò imitato istintivamente da Hadleigh, e presto anche Jones, Spugna e altri componenti della ciurma. La porta che si era appena spalancata era quella che, scendendo alcuni gradini, conduceva all’interno della Jolly Roger, alla stiva, alla cabina dei comandi, agli alloggi del capitano e degli altri pirati. Da essa uscì incespicando un ragazzetto che doveva avere circa diciassette o diciotto anni, trafelato e visibilmente innervosito, che si reggeva i pantaloni con una mano e aveva la camicia sbottonata sul petto.
- Schifosa puttana!- ringhiò, sputando a terra. I capelli lunghi e scompigliati gli coprivano parte del volto ma, quando rialzò il capo, Hadleigh e Jones poterono vedere che su una guancia aveva tre graffi sanguinanti. Alcuni componenti della ciurma strabuzzarono gli occhi, e dopo qualche istante iniziarono a levarsi in aria senza essere nascoste in alcun modo.
Uncino sospirò con fare esasperato, quindi squadrò il pirata da capo a piedi.
- Che diavolo ti è successo?- ringhiò.
Il ragazzo non rispose, ma sputò nuovamente per terra, pulendosi malamente il sangue dalla guancia.
- Allora?- incalzò Capitan Uncino.- Che cosa è successo?
- E’ stata quella sgualdrina!- sbottò il pirata.- Ha detto che stava male, che oggi non c’era per nessuno! Io le ho risposto di smetterla di dire stronzate, che lei era qui quando e come volevamo noi, ma quella troia si è girata e mi ha fatto questo!- indicò i tre graffi sulla faccia.
Hadleigh arretrò di un passo, improvvisamente certo che le sue supposizioni fossero esatte. Già da un giorno o due aveva iniziato a sospettare che ci fosse una donna a bordo, e ora ne aveva la certezza. Non era molto difficile da comprendere, ma la preoccupazione per Anya e Liz glielo avevano impedito: poi, però, aveva iniziato a mettere insieme dei piccoli tasselli di un puzzle che andava via via formandosi.
Quella era una ciurma di adolescenti, e non c’era da stupirsi se di tanto in tanto avessero bisogno di essere…soddisfatti. Spesso lui e Jones vedevano uno di loro entrare come una furia all’interno della nave e uscirne mezz’ora dopo con un’espressione ben più rasserenata, e di tanto in tanto avevano colto dei bisbigli riferiti a una certa quella là. In più, oltre alla cabina del capitano, ce n’era un’altra privata, in cui nessuno si azzardava mai a entrare, nemmeno loro quando dovevano pulire, e che restava sempre chiusa.
Ora, di fronte a quella scena, Hadleigh aveva una certezza assoluta: su quella nave c’era una donna.
- La gattina ha tirato fuori gli artigli, eh?- biascicò qualcuno, e subito il pirata iniziò a venire deriso con sguaiata ilarità. Capitan Uncino sembrò andare su tutte le furie, e fulminò alcuni uomini con uno sguardo si fuoco.
- Fate silenzio, cani!- urlò, fuori di sé. Immediatamente, tutti si zittirono, anche se alcuni non riuscirono a frenare alcune risatine. Uncino puntò lo sguardo infuriato sul pirata ferito. Timidamente, Spugna si schiarì la voce.
- Non è la prima volta che capita una cosa simile, capitano…- disse.- Quella sta iniziando a fare la ritrosa un po’ troppo spesso, e neanche le frustate sembrano funzionare più. Forse sarebbe il caso di sbarazzarci di lei e procurarci un’altra schiava a Tortuga…
- Sarebbe quello che si merita, ma dovranno passare mesi, prima di attraccare nuovamente a Tortuga, e questi ragazzi di tanto in tanto si meritano un premio - rispose Uncino, tranquillamente; un attimo dopo, tuttavia, la sua voce tornò dura.- Anche se dovrebbero essere trucidati, per non saper nemmeno gestire una puttana!- gridò. Inaspettatamente, si rivolse ad Hadleigh e Jones.- Voi!- si sfilò dalla cintura un pugnale, gettandolo a terra ai loro piedi.- Andate nella stiva, e vedete di convincere quella sgualdrina ad abbassare un po’ la cresta. Potete usare il pugnale, o qualcos’altro a vostro piacimento…- Uncino ghignò, imitato anche da altri.
- E se stesse veramente male?- azzardò Jones. In quei giorni si era limitato a ubbidire a Uncino senza fiatare, ma l’idea di scendere nella stiva e fare del male a una donna che con ogni probabilità era una prostituta non gli piaceva. La trovava una cosa squallida, costringere una donna a…Oh, cazzo. Ma…esistevano certe cose anche ? D’accordo, era una nave pirata quella, ma…restava pur sempre il Regno delle Favole, dopotutto.
C’era qualcosa che non andava…
- Quella non sta male, quella ha solo voglia di prendere delle nerbate!- ululò Capitan Uncino.- Muovetevi, forza!
Hadleigh sospirò, raccogliendo il coltello da terra e infilandolo in una tasca interna della giacca. Si faceva schifo anche solo per avere acconsentito a una cosa simile, ma se non altro ci aveva guadagnato un pugnale. Sperò davvero che Uncino se ne dimenticasse e potesse tenerlo; aveva ancora la pistola di Jones con sé, e la teneva nascosta sotto il cumulo di stracci che fungeva da giaciglio per la notte, ma un’arma in più avrebbe fatto comodo quando avessero dovuto andarsene da lì.
Lui e il suo collega si chiusero la porta alle spalle, con ancora le risatine dei pirati addosso. Hadleigh iniziò a scendere lentamente le scale che conducevano alla stiva; la tensione di poco prima si era un poco smorzata, ma non aveva ancora voglia di scambiare parola con Jones.
Fu lui invece a parlare per primo.
- Ehi, Rick…
Hadleigh si fermò a metà delle scale, ma non si voltò, né rispose. Jones si schiarì la voce.
- Sai, stavo pensando…
- Davvero? Notevole.
L’agente si costrinse a ingoiare il boccone amaro, ma non replicò.
- Stavo pensando…Ti sembra normale che ci sia una…una…
- E’ una nave pirata, Nathan. Non mi stupisce più di tanto.
- Siamo nel mondo delle favole, Rick. Hai mai sentito di una principessa che fa la vita?
- Fraser diceva sempre che ci sono cose che neppure noi sappiamo. Forse si riferiva a questo.
- E…e se fosse la ragazza che ho visto?
A quel punto, Hadleigh allargò le braccia con esasperazione, e si voltò a guardare Nathan negli occhi.
- Santo Dio, ancora con questa storia?!- sbottò.- Nate, io ti credo, ma…non potresti almeno provare a essere più chiaro? Hai detto di aver visto sbucare dal nulla dei capelli rossi, ma…
- L’ultima volta ho visto anche la faccia!- l’interruppe Jones.- Era una donna, mi ci gioco il posto.
- Quello te lo sei già giocato.
- Sai che intendo. Pensi che possa essere lei?
- Io penso…che l’aria di mare non ti faccia bene.
- E va bene, va bene! Me lo sto inventando, allora, ci ho dato dentro con il rum e ho avuto le allucinazioni!- sbottò Nathan, innervosito. Hadleigh sospirò di nuovo, e riprese a scendere le scale. Giunsero alla stiva, e subito il capitano si diresse verso una sorta di cabina improvvisata, una costruzione di legno tarlato e ricoperto di muffa. Esitò un poco quando si trovò vicino alla porta: la nave ondeggiava così tanto che lui e Jones faticavano a mantenere l’equilibrio.
A un’oscillazione un po’ più violenta, dall’interno della cabina provenne un singulto simile a un conato represso, quindi dei colpi di tosse. Hadleigh e Jones si scambiarono una rapida e incerta occhiata: nessuno dei due voleva aprire quella porta, ma la scelta era tra quello e finire in mare.
Il capitano bussò piano, e subito lo raggiunse un ringhio inviperito.
- Ancora tu?! Ho detto di andartene, sto male, hai capito?! Voi e il vostro maledetto oceano…
- Ehm…- Hadleigh ritrasse la mano, esitando un attimo.- Siamo…Ci ha inviati il capitano…
- Ditegli di mozzarsi anche l’altra mano, a quel maledetto! Ho detto che oggi io non lavoro, sto male, lo volete capire o no?
Il capitano rimase interdetto, e così anche il suo collega. Si scambiarono una rapida occhiata, perplessi; Hadleigh fece per parlare nuovamente, ma la porta di fronte a lui lo precedette, spalancandosi di botto.
Si ritrovarono di fronte una donna molto giovane, all’incirca ventuno o ventidue anni, con addosso una specie di vestaglia azzurra sporca e macchiata, mezza cascante. Era alta e abbastanza formosa, ma il colorito del suo volto era incredibilmente pallido e aveva gli occhi cerchiati da profonde occhiaie, segno che stava veramente male. I capelli lunghi e lisci le ricadevano sulle spalle e sul dorso, e alcuni ciuffi le coprivano la faccia; nonostante questo, i due poliziotti poterono vedere che presentava dei tratti marcatamente orientali, fra cui spiccavano due occhi scuri dal taglio allungato.
- Levatevi dai piedi, tutti e due!- sputò fuori, guardandoli con rabbia mista a disprezzo e malcelato disgusto.- Avete sentito?! Non me ne importa niente delle frustate, ne ho già prese tante non ho paura di rovinarmi la schiena! Andate via!
Jones arretrò di un passo, e Hadleigh si rese conto di stare boccheggiando. La nave ondeggiò ancora, e la donna si portò rapidamente una mano alla bocca, trattenendo un conato. Si aggrappò allo stipite della porta, accasciandosi contro il legno. Chiuse gli occhi, respirando a fondo.
Il capitano esitò un attimo, quindi provò ad allungare una mano verso di lei.
- Ti…ti senti male?- azzardò.- Possiamo fare qualcosa per…
- E vattene!- strillò la donna, colpendogli il braccio con violenza per allontanarlo. Hadleigh emise un sibilo dolorante, prima di vedersi chiudere nuovamente la porta in faccia.
I due poliziotti rimasero in silenzio per diversi minuti, durante i quali sembrò che nessuno di loro osasse anche solo provare a muoversi. Jones si umettò le labbra con fare nervoso, mentre Hadleigh sentì di avere le mani sudate. Lentamente, si voltò in direzione del suo collega, scoccandogli un’occhiata che Nathan non tardò a comprendere: la scena a cui avevano assistito era stata…squallida. Non c’era altra parola per definirla. Patetica, triste, squallida.
Quella ragazza era una prostituta. Una prostituta su una nave pirata.
- Vi ha sistemati per le feste, eh?
La risata grassa di Spugna giunse con così poco preavviso da farli sobbalzare. L’uomo se ne stava a diversi metri da loro, fermo in piedi a metà delle scale, con le braccia incrociate al petto e un sorriso a metà fra il complice e il sornione.
Hadleigh si passò una mano sulla fronte e fra i capelli, affiancandosi al suo collega e guardando Spugna.
- Chi…chi è quella donna?- trovò la forza di chiedere. Sì, donna…, si corresse mentalmente un secondo dopo, con sarcasmo. Bambina, più che altro…
- Il suo nome è Hua Mulan, figlia di Hua Hu. Ma qui, la chiamiamo semplicemente Mulan, oppure la sgualdrinella - rise Spugna.
Jones strabuzzò gli occhi, sentendosi mancare.
- Mulan?!- fece eco, sconvolto, prima di potersi trattenere.- Che ci fa Mulan, qui?
- Perché? La conosci, forse?- Spugna piegò il capo di lato, squadrandolo.
- Ne ho…ne ho sentito parlare…- buttò lì Nathan, nel tentativo di mettere una toppa.
- Beh, non mi stupisce. Prima che il capitano la comprasse al mercato delle schiave, a Tortuga, la sua storia aveva fatto scandalo fra gli schifosi benpensanti.
- Che le è successo? Com’è finita qui?- incalzò Hadleigh.
- La ragazzina aveva manie di grandezza. Era figlia di un generale, sai, un uomo di valore, abile combattente e tutte quelle sciocchezze…Un bel giorno scoppiò una guerra, e quel grand’uomo dell’imperatore pensò bene di richiamarlo sul campo, anche se ormai era solo un vecchio storpio. Aveva due figli: la puttanella che hai appena visto e un lattante di pochi mesi. Lei non voleva che il paparino andasse in guerra perché sapeva per certo che sarebbe divenuto carne da macello, così una bella sera si è tagliata i capelli, ha indossato l’armatura, e ha ottenuto il consenso del padre per partecipare alla battaglia al suo posto con il nome del fratello. Ed era anche brava, sissignore!, tanto che a un certo punto l’hanno pure nominata generale, sempre credendo che lei fosse un uomo, badate bene. E’ riuscita a fregare tutti per un po’ di anni, fino a che un suo superiore non s’è messo in testa di darle in sposa sua figlia: lei ovviamente non poteva e non voleva, e inventava bugie su bugie per non acconsentire al matrimonio. Così, un giorno quello ha perso la pazienza e ha fatto irruzione in casa sua dove ha scoperto che il grande generale non era altro che una ragazzina che per anni li aveva presi tutti per i fondelli. Così l’ha fatta arrestare, condannare per tradimento e l’ha venduta al mercato delle schiave dove il capitano l’ha trovata e portata qui…
- Fate schifo…!- si lasciò sfuggire Jones, con rabbia, ma non abbastanza forte perché Spugna potesse udirlo. Hadleigh si sentì mancare la terra da sotto i piedi, tanto che per un attimo temette di stare per perdere l’equilibrio e finire in ginocchio sul pavimento. Spugna fece loro un gesto seccato, incitandoli a muoversi.
- Su, avanti! Ci avete provato e non è servito a nulla, ma non preoccupatevi: ci penserà il capitano a farla ragionare, lui sì che ci sa fare!- rise di nuovo.- Forza, ritornate sul ponte, adesso! Temo che ci sarà un bel po’ da fare…
Voltò loro le spalle, risalendo la scala verso la superficie. Richard mosse qualche passo, cercando di non barcollare, e soprattutto di pensare il meno possibile alla scena a cui aveva appena assistito. Provò l’impulso di tornare indietro e cercare di parlare ancora con Mulan, ma si disse che era meglio lasciar perdere, e si aggrappò al corrimano della scala per non cadere. Jones lo raggiunse rapidamente alle spalle.
- Rick, qui la situazione è più grave di quel che pensassimo - constatò.- Prima l’assassino di Cappuccetto Rosso e della nonna, ora questo…e le tue figlie sono scomparse. Non pensi che ci possa essere un collegamento fra…?
- Non lo so…- soffiò Hadleigh, salendo a fatica la scalinata. Non disse più nulla, ma in cuor suo sapeva che Nathan aveva ragione. C’era qualcosa che non andava, e di brutto.
Ritornarono sul ponte della nave. Il tempo era peggiorato: il cielo ora era scuro e interamente coperto da nuvole, il mare ancora più agitato, e qualche goccia di pioggia iniziò a cadere sui volti dei presenti.
L’attenzione di tutti era rivolta o al cielo o al mare, e nessuno si accorse della figura incappucciata avvolta in un mantello nero che se ne stava in disparte, seminascosta nell’ombra.
- Tempesta in arrivo - commentò Spugna.
Quasi a dargli ragione, un fulmine squarciò l’aria in lontananza, subito seguito dal rombo di un tuono.
- Tempesta, e si preannuncia anche parecchio violenta - disse Capitan Uncino.- Tenetevi pronti!- urlò, mentre la pioggia iniziava a cadere più forte, e le onde a scuotere la Jolly Roger in maniera sempre più pericolo.
Poco più in là, nella penombra, Tremotino sogghignò, nascondendo il volto sotto al cappuccio del mantello.
 
***
 
Una macchia rosso fuoco si allargò morbidamente appena al di sotto della superficie del mare, quindi una coda di pesce color verde smeraldo balzò fuori dall’acqua, sollevando spruzzi tutt’intorno. Infine, Ariel portò fuori dall’acqua la testa e le spalle, scostandosi dalla fronte la lunga chioma rossa. Nel fare ciò, indugiò deliberatamente con i palmi delle mani sul proprio volto, asciugandosi gli occhi dalle lacrime che si confondevano con le gocce d’acqua del mare e della pioggia. Se non fosse stato per gli zigomi gonfi e arrossati, nessuno avrebbe potuto dire che aveva pianto, ma anche se era sola Ariel non voleva che le tracce della litigata con suo padre rimanessero ancora sul suo viso.
Nonostante le sue precauzioni, re Nettuno l’aveva scoperta. Non aveva idea di come avesse fatto – anche se Ariel aveva il forte sospetto che ci fosse lo zampino di Aquata o Adella, o magari poteva anche essere stata Attina a fare la spia, lei e la sua lingua lunga! –, ma fatto stava che era venuto a conoscenza delle sue scampagnate in superficie. Suo padre odiava il mondo di sopra, come tutti ad Atlantide chiamavano la terra degli umani; no, più che odiarlo, lo temeva, di un timore paralizzante e ottuso: sin da quando erano piccolissime, aveva sempre proibito a lei e alle sue sorelle di salire in superficie, di avvicinarsi a un umano. Diceva che era per il loro bene, che gli uomini facevano cose indicibili a quelli come loro e al suo popolo dell’oceano, ma Ariel era convinta che fossero solo sciocchezze. Inevitabilmente, il pensiero le corse all’uomo con un uncino al posto della mano: un giovane così bello e così importante come un capitano poteva davvero essere così crudele come diceva suo padre? No, si rifiutava di crederlo.
E meno male che se n’era stata zitta e non aveva parlato a Nettuno di lui e della sua ciurma! Per il resto, era scappata da casa e aveva tutta l’intenzione di non tornarci fino a che il sole non fosse calato.
Ariel si guardò intorno, aprendosi in un largo sorriso di contentezza quando scorse a pochi metri da lei la nave con quello strano nome. Ma il sorriso le si smorzò immediatamente non appena si accorse che questa oscillava, spinta dalla furia della tempesta che stava sopraggiungendo.
Una tempesta che non aveva nulla di naturale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Ecco qui. La parte interessate di questo capitolo verrà dopo, dato che la tempesta (scatenata da Tremotino?) porterà un cambiamento radicale a bordo della Jolly Roger. Mi aspetto fischi e insulti riguardo a Mulan, ma ehi!, non disperate, anche per lei le cose inizieranno a girare per il verso giusto…prima o poi. A proposito di lei: la sua storia non è basata sul classico Disney, bensì sulla vera e propria storia da cui esso è tratto. E’ uguale in tutto e per tutto, cambia solo il finale: il generale entra davvero in casa di Mulan e scopre che è una donna, ma invece di farla arrestare prova ancora più ammirazione per lei. Il suo non-happy ending l’ho deciso io, distorcendo i fatti il meno possibile.
Avevo promesso delle immagini, ed ecco qui quelle di Malefica, Ariel e Mulan.
 
Carabosse/Malefica (Charlize Theron)
http://1.bp.blogspot.com/-SE1NvC2H7Lk/T_4LxsP5sYI/AAAAAAAAAWU/oRB6lwxNGS0/s640/Snow-White-and-the-Huntsman_610.jpg
 
Ariel (Kirsten Dunst)
http://www.atomicpopcorn.net/wp-content/uploads/2009/06/kirsten-dunst-spider-man-3-228x300.jpg
 
Mulan (Kelly Hu)
http://www.hotflick.net/flicks/2009_The_Tournament/009TTR_Kelly_Hu_005.jpg
 
Ora, due paroline. In una recensione Princess Vanilla mi ha chiesto da che parte sta Uncino, se da quella della Regina o no: allora, si capirà meglio in seguito, ma sostanzialmente Uncino non sta da nessuna parte. Personalmente non ha alcun interesse a riportare indietro i Grimm, il suo obiettivo è completamente diverso da quello di tutti gli altri, anche se le sue azioni lo condurranno alla vicenda principale. Vedrai ;).
In risposta invece a LadyAndromeda: sinceramente non so quanti capitoli saranno (come vedi non voglio fare cose troppo lunghe e quindi spezzetto), ma posso solo dire a tutti che, dal momento che voglio tentare di pubblicarla, finirò questa storia prima della fine ufficiale, regalandovi un “capitolo bomba” prima dei colpi finali (che poi non sono la vera conclusione: avevo già annunciato una seconda parte).
Bene, è tutto. Ancora, non linciatemi per la faccenda di Mulan, per favore!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e chi ha recensito ;).
A presto (molto presto!) con la seconda parte!
Un bacio,
Beauty
  
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