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Autore: WrongandRight    05/01/2014    1 recensioni
Questa fanficiotn è un esperimento: una raccolta di drabble e one-shot su il mio pairing preferito di FF XIII, HopexLightning.
Alcune storie saranno AU, altre un po' OOC, ma l'intento è quello di creare situazioni divertenti, tristi, imbarazzanti non solo tra i due, ma anche all'intero della compagnia che li accompagna.
"Because there's non Light without Hope and there's no Hope without Light."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Ed eccone un'altra!  Scrivere queste storielle mi sta divertendo, quindi spero che ne esca qualcosa di buono...almeno un pochino..
A questo giro è quella che dovrebbe essere una mia idea di quasi finale del Lightning Returns, di cui attendo l'uscita per vedere la conclusione della storia..
Spero possa piacere! xD

I personaggi appartengono alla Square Enix che ne detiene i diritti. U_U

 
 


Hope for a future full of Light

 

La pioggia batteva forte sul vetro della finestra, scandendo il tempo ancora meglio dell'orologio posto sulla scrivania. Il grigio delle nuvole, il rombare dei tuoni e lo scorrere del traffico.
La vita accanto a lui proseguiva; la vita del mondo continuava.
Ma ciò che era accaduto rimaneva impresso sulla pelle, prima come stigma, marchio indelebile, e poi come stanchezza. La stanchezza che permeava il suo corpo dopo notte insonni passate a studiare, progettare, creare; notti mangiate dal suo inestinguibile lavoro.

Lentamente, nella sua testa, il ticchettio dell'orologio si fuse con i leggeri colpi della celere pioggia sull'edificio. Quel suono aveva tormentato la loro esistenza per quelli che erano stati 13 giorni.
Un suono che era rimasto inaudito per 500 anni, coperto da deserti costituiti da granelli d'odio. Ed ora come cuore pulsante rivendicava il suo diritto ad esistere.
Perché il mondo era salvo. Perché gli umani avevano preso il posto degli dei, usurpato il trono del potere e ritracciato il loro destino.

Ma lui era stanco. Hope Estheim dopo 1027 anni e svariati giorni, era stanco. Non ricordava più nemmeno la sua data di nascita. Quel grigio deprimente che tingevail cielo non poteva che essergli un colore amico.

Già, il mondo era salvo. Ma a quale prezzo?
Il suo spirito ancora non si capacitava dei recenti avvenimenti.
Una voce, nelle sue orecchie, lo riportò alla realtà e interruppe le sue elucubrazioni mentali. Lo sguardo, prima fisso sulla nuda parete, si spostò sul coltello impregnato di ricordi.

“Hope. È tutto finito Hope. Siamo liberi.”

Le parole passarono su di lui come la pioggia che si abbatteva fuori. Ma la voce. Quella lo colpì.
Una scossa elettrica che lo svegliò dal torpore. Inconfondibile e forte come la tempesta che scuoteva i vetri del suo studio. Un tuono riecheggiò da qualche parte nella città.
E la voce di Lightning tornò a colpirlo.

“Hope? Hope, dimmi che mi ricevi. Non c'è più tempo!”
“L-Light?”
“Ben svegliato, direttore! Era anche l'ora che ti decidessi a rispondere. Sono più di 10 minuti che cerco di contattarti.”

La voce alterata dall'altro capo lo fece sorridere. Dopo tutto quel tempo, anche dopo la fine del mondo, lei non era cambiata. Era la solita indomita soldatessa.

“Perdonami Light, ero immerso nei miei pensieri...ma, perché non ci sarebbe più tempo? Che significa? Non hai salvato il mondo?”
Lightning sfoderò uno dei suoi mezzi sorrisi carichi di sarcasmo, o perlomeno così Hope si immaginò il volto della sua interlocutrice durante la risposta.

“Quante domande, signor direttore! Smetti di far funzionare quel tuo cervello e preparati al mio arrivo. Due minuti e sono da te, così possiamo andare via.”
“Via dove? Light, cosa..”
“Ti spiego tutto più tardi, fidati.”

Il giovane si ritrovò a guardare l'auricolare che poco prima si trovava sul suo orecchio sinistro.
Sarebbe corso fuori in mezzo alla tempesta per vedere cosa stava accadendo. Ancora una volta al seguito dei suoi compagni ritrovati.
E al diavolo la stanchezza! Al diavolo la pioggia!
Aveva già combattuto contro il tempo e l'avrebbe fatto ancora.

S'infilò il giubbotto beige che ormai stava appassendo sull'attaccapanni del suo studio e fece per uscire.
Prima si voltò e spense l'orologio.

Non ne ho più bisogno. Il tempo non ha più significato per me.

 

 

 

   
 
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