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Autore: shanna_b    27/05/2008    2 recensioni
La vita a volte prende pieghe non prevedibili... e se Jared, durante un concerto, si rompesse una gamba? Cosa succederebbe al suo ego, alla sua vita e alle sue vicende lavorative e personali?
In questa storia è contenuto anche il sequel della mia ff precedente "Shannonite acuta", in cui compaiono i personaggi di Shannon e Stella.
Soliti avvertimenti: non conosco i 30STM e questi "Leto" sono come me li immagino io (e qualche mia amica...), non scrivo a scopo di lucro e mi sono inventata TUTTO MA TUTTO MA TUTTO MA TUTTO...
La dedico a Tannaca e Folleria che mi fanno da Beta-Readers, amiche e psicologhe...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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YOUR DEFENCES WERE UP HIGH

 

“Certo. No, no, quello va bene, dai. Basta che aggiungi anche il pezzo che riguarda le modalità con cui abbiamo eseguito la fasciatura perché se ti ricordi…”

Din-don.

Kate sbuffò, seccata, buttando i fogli e la matita sulla scrivania con rabbia. Chi diavolo era al campanello, adesso che stava parlando al telefono con Jake per gli ultimi ritocchi al loro articolo per “Nature”, dopo due mesi di lavoro?

Si alzò ed uscì dallo studio: “Jake, aspetta che ho un rompi al campanello. Ascolta, ci vediamo tra un’ora a casa tua. Così finiamo ‘sta cosa una volta per tutte, non dovremmo averne per molto. OK? Ciao.”

Poi andò ad aprire la porta e se non la rinchiuse immediatamente di scatto, dando quattro mandate di chiave e spostandoci due armadi davanti, fu perché era talmente sorpresa da essere rimasta paralizzata, visto che alla porta c’era Jared Leto, con la sua solita faccia da presa per il culo, formato espresso.

“Ciao, Kate.” Disse, sorridendo.

“Come hai fatto a trovarmi?” Kate invece non rideva.

“Ho chiesto al direttore dell’ospedale.”

Kate si annotò mentalmente di prenderlo per il collo non appena l’avesse visto, questo direttore pettegolo: “Che cosa vuoi?”

“Vorrei scambiare due parole con te. Non mi fai entrare?”

Kate aprì maggiormente l’uscio e Jared entrò sostenendosi sulle stampelle: il dottor Harrison lo aveva dimesso un mese prima e ora Jared doveva essere in riabilitazione, ma in grado di muoversi autonomamente, conservando dell’operazione soltanto una fasciatura leggera.

Jared fece un passo per entrare guardandosi intorno: così quella era la tana del suo odiato chirurgo. Un’entrata centrale su cui si aprivano alcune porte. Cucina, studio, camera da letto… un piccolo e gradevole appartamento da single, con colori caldi e luce soffusa. Chissà perché si era immaginato un super attico, moderno e luminoso, da donna in carriera. No. A Kate si addicevano cose più semplici ed infatti eccola lì, in tuta da ginnastica, molletta sui capelli e occhiali da vista, che lo squadrava con occhi torvi come se volesse dargli fuoco sul pianerottolo.

Jared le fece un piccolo sorriso ed improvvisamente si rese conto che non c’era nessun segno di feste natalizie, dentro quell’appartamento, nonostante il Natale in arrivo.

“Ehi… Non hai fatto l’albero di Natale?” Le chiese.

“No. Le zitelle inacidite non fanno l’albero. Del Natale se ne fregano.” Kate gli puntò addosso due occhi fiammeggianti: la rabbia non le era ancora passata, evidentemente.

Jared sogghignò: “Sei arrabbiata ancora con me per quello che ti ho detto ben più di un mese fa, vero?”

Kate annuì, convinta: “Sì. Direi di sì.”

“Non mi perdoni nemmeno a Natale?” Jared la fissava con quegli occhi che in quel momento, pensò Kate, avevano il colore del mare e l’uomo era più affascinante che mai. Troppo. Un campanello d’allarme suonò nel cervello di Kate.

“No.” La donna si girò per evitare lo sguardo di Jared e si mise a mettere a posto il vaso di fiori sul tavolino vicino all’entrata.

“Nemmeno se ti chiedo scusa?” Jared le si avvicinò di più.

“No. Direi di no.” Kate continuò a spulciare i fiori, guardandolo con la coda dell’occhio.

“Peccato. Passerai il Natale qui in città?”

“Sì, devo lavorare.” Kate si girò e si mise a braccia conserte appoggiata al tavolino, a fissarlo.

“Allora verranno i tuoi genitori a trovarti…”

“No. Io…” Kate si fermò, indecisa se dovesse o meno raccontare a Jared i fatti suoi. Ma sì, tanto, non faceva alcuna differenza. “Io sono orfana e non ho fratelli, né sorelle.”

“Mi dispiace, io…”

“Tu, che farai, invece?”

“Vado da mia nonna in Louisiana, con mio fratello e mia madre, ovviamente. Ma davvero non hai nessuno che…”

Kate si staccò dal tavolino di scatto, quell’intrusione era durata anche troppo: “Senti. E’ meglio se te ne vai. Io devo uscire perché ho un appuntamento tra un’ora. Mi devo ancora preparare e perciò non ho tempo di stare qui a parlare con te.”

Jared alzò una mano per fermarla: “Ero venuto solo a ringraziarti per essere tornata quel giorno di corsa ad operarmi.”

Kate non fece una piega: “Non c’è da ringraziare di niente. E’ il mio lavoro.”

“Non eri tenuta.”

“Mi pare che qualcuno minacciasse denunce ed avvocati, giornali e TV.”

Jared si mise a ridere: “Beh, non ci è voluto molto a spaventare il tuo direttore. La parte del paziente incazzato è nel mio repertorio.”

Kate non rise per niente ma si limitò a fissarlo: aveva sempre l’impressione che Jared recitasse un po’ con tutti, che quello che vedeva non fosse il vero Jared, ma uno dei suoi tanti personaggi. C’era qualcuno che aveva visto il vero Jared? E poi, ne esisteva veramente uno di genuino, oppure a furia di recitare, Jared non aveva più la sua parte autentica?

L’uomo continuò: “Grazie, comunque. Non mi sarei fidato di un altro chirurgo che non fossi tu.”

 Kate non si scompose: quei complimenti non la toccavano, mentre aveva voglia che Jared si togliesse dai piedi il prima possibile. Non lo voleva a casa sua, anche se faceva la figura della maleducata a non offrirgli nemmeno una sedia su cui sedersi. Non le importava. Avrebbe voluto dirgli un bel “Vaffanculo” fatto bene e spedirlo fuori della porta. E invece rispose con un più educato “Arrivederci.”

Jared allungò la mano per salutarla e Kate ci mise un po’ prima di stringergliela. “Ok, vado allora. Arrivederci, Kate e… Buon Natale.”

“Grazie. Fai gli auguri anche a tuo fratello, ovviamente. Addio.” Per un momento pensò che Jared avesse anche voluto baciarla sulla guancia ma lei non fece la prima mossa.

Kate gli lasciò la mano e gli aprì la porta. Jared uscì di malavoglia e cominciò lentamente a scendere le scale, ma prima che lei chiudesse la porta, si girò a guardarla per un attimo, con uno sguardo decisamente enigmatico.

   
 
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