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Autore: Li_fe    08/01/2014    4 recensioni
Lei: Sharon. Ragazza bellissima. Ha un carattere molto forte, ma non è insensibile, sa essere dolce, ma solo con le persone che meritano. Non è una ragazza che si basa sulle apparenze, va oltre, quasi sempre. Non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Delle volte è lunatica, ma quando prende una decisione difficilmente torna indietro o cambia idea.
Lui: Christian. Il figo della scuola. Bello e dannato. Stronzo. Per lui le donne sono giocattoli. Una vale l’altra. Inquadra subito le persone, e sbaglia quasi sempre. E’ un ragazzo superficiale: si basa sulla forma e non sulla sostanza.
Cosa hanno in comune questi due? Niente. Cosa li lega? L’odio reciproco!
Vanno nella stessa scuola: Ragioneria. Si trovano all’ultimo anno, ma in classi differenti. Per fortuna.
Hanno la stessa comitiva di amici, ma non si parlano quasi mai, se non per punzecchiarsi.
Quest’atteggiamento va avanti da quasi 5 anni, precisamente dalla prima superiore, ma le cose cambieranno… L’attrazione fisica cambierà il loro ‘rapporto’.
E, con il tempo, in cosa si trasformerà la loro attrazione fisica? Resterà tale? O scemerà? O diventerà qualcosa di più travolgente, qualcosa di più importante: Si trasformerà in amore?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'odio è amore contro l'amore.





Sono passati tre giorni. Tre giorni normali. Tre giorni in cui non ho mai incontrato, nemmeno per sbaglio, Christian o Lorenzo.
Meglio così.
Non ho raccontato niente a Ludovica di quello che è successo. Sinceramente non ne ho avuto la volontà, il coraggio e la forza. L’ultimo episodio che è successo con Christian mi ha fatto capire, forse - ma forse -  che qualcosa sta cambiando. Qualcosa non è più come prima. E non so come comportarmi, e se è il caso di reagire.
Stasera ci sarà la grande festa. Sì, alla fine mi sono convinta: ci andrò. Ci andrò per un solo motivo: non sono quella che loro credono e lo dimostrerò.
Ho deciso di chiedere a Ludovica qualche consiglio sull’abbigliamento. Le ho imposto solo due cose: deve essere una cosa comoda, e non corta. Mi ha detto che rispetterà queste mie condizioni, anche se ho dei dubbi al riguardo.
Sono le 17:30 e fra mezz’ora Ludovica sarà qui. Mi ha ordinato di aspettarla a casa e di non muovermi per nessuna ragione al mondo.
Ho già paura.
Ludovica è fissata con la moda, ha un armadio zeppo di vestiti, scarpe e cianfrusaglie varie. Io non ci tengo a queste cose, invece. Sono un tipo semplice, jeans e felpa mi vanno più che bene.
Stasera però voglio cambiare. Voglio cambiare il mio look. La mia me esteriore.
Hanno sempre pensato che fossi un maschiaccio, ed è vero lo sono, ma anch’io ho un lato femminile, in fondo, molto in fondo. Solo non l’ho mai mostrato. Il motivo è semplice: non mi sento a mio agio. Lo dico molto semplicemente: non so camminare con un vestito addosso, oppure con un paio di tacchi; le poche volte che ho indossato una delle due cose, la maggior parte delle volte, camminavo con le gambe aperte, stile maschio. Una cosa positiva però c’è: non sono mai caduta sui tacchi. Esaltante, vero?
Magari stasera prendi una bella caduta.
Sempre gentile, caro cervello. Grazie.
 
Sento suonare il campanello, e mi catapulto ad aprire.
E’ Ludovica.
“Ciao amica. I tuoi sono a casa?”
“No. Sono a lavoro.” Rispondo atona.
Sono sempre a lavoro. Nella mia vita sono presenti, ma non del tutto. So che lavorano tutto il giorno per crearmi un futuro e per farmi vivere agiatamente, però questo, delle volte, non basta. Voglio solo la loro presenza fisica. Non chiedo molto. Non ho mai parlato con loro di questo argomento, non voglio angosciarli. Delle volte penso che questi siano pensieri di una bambina piccola.
“Allora mettiamoci a lavoro. Hai la ceretta fatta?” Ludovica interrompe i miei ragionamenti interiori.
“No” rispondo ridendo.
“Donna scimmia! Forza, saliamo sopra a farti questa benedetta ceretta!”
“Agli ordini Capitano.”
E così scoppiamo a ridere.
 
 
Un’ora e mezza, imprecazioni varie, urli isterici dopo, ci troviamo nella mia stanza a scegliere quello da mettere.
“Non ti preoccupare Sharon, ho portato io un vestito per te. E’ perfetto! Assolutamente perfetto!”
“Perché sei così eccitata Ludo?” le chiedo sconvolta.
“Perché?! E me lo chiedi pure? In tutti questi anni che ci conosciamo, non ti ha mai vista con un vestito addosso. Mai. Stasera invece sarai perfetta.”
“Ho i miei dubbi.”
 
 
 
“No, io ‘sto coso non lo metto. Avrò di sicuro freddo. E poi le gambe saranno troppo scoperte!”
Perché mi sono affidata a lei?! Sapevo che non potevo fidarmi.
E invece l’hai fatto, cretina.
“Ma dove lo vedi corto? E poi le cose belle vado fatte vedere, eh.”
“Ma come parli?” chiedo sconvolta.
“Con la bocca, perché?” mi risponde ridendo.
“Tu. Stai. Male. Io quel coso addosso non me l’ho metto!”
“E invece sì.”
“No. No. No.”
“Non fare la bambina!”
E adesso ha ragione.
“Vaffanculo!” le ringhio addosso.
“Eddai, fallo almeno per me! Mi voglio gustare la faccia di quelli appena ti vedranno con questo addosso! Non mi togliere questa soddisfazione, per favore!”
“..va bene. Mi arrendo. Mi devi un favore però, eh.”
“Grazie! Grazie! Grazie!” Perché sta saltando come una bambina sul mio letto?
“Sei un caso perso.” Le dico ridendo.
 
 
Due ore dopo mi ritrovo a fissarmi allo specchio, e credo quasi di svenire.
Quella non sono io. Per niente.
Il vestito mi sta bene, non mi fa sembrare una poco di buono, come sospettavo. E’ bianco, stretto dal seno fino alla vita, poi mi cade più largo lungo i fianchi. L’unica cosa che mi fa storcere il naso è la lunghezza. Per me è troppo corto, mi arriva leggermente più sopra della mezza coscia.
I capelli sono stati accuratamente aggiustati da Ludovica. Sono mossi e leggermente vaporosi e, cosa più straordinaria, sono morbidi.
Il trucco è molto bello, ma niente di laborioso e vistoso. Ludovica ha fatto in modo, con vari prodotti, che i miei occhi siano più esposti e intensi. Sulle labbra ho un rossetto di un colore indefinito, tra il rosso e il rosa acceso.
E mantenetevi forte: per la prima volta, in vita mia, ho dei tacchi ai piedi. Per di più sono molto alti, credo quindici centimetri.
Miracolo.
Mi sento bella, ma per davvero, per la prima volta in vita mia.
E’ una sensazione strana ma, allo stesso tempo, bella.
“Sei uno schianto, Sharon!”
“Ludo, ma…hai gli occhi lucidi?! Stai per piangere?!”
“Sì, cazzo. Sì. Mi sono commossa.”
“Oddio. Ma stai bene?”
“Mai stata meglio! Voglio proprio vedere la faccia di quei fessi! Si preannuncia una bella rivincita!”
Ludovica è molto più euforica di me. Sono felice di vederla così.
Stasera, come sempre, è bellissima. Ha indossato una gonna ad al vita nera, infilandoci dentro una camicia bianca e, infine, ai piedi dei sandali molto alti. Ha deciso di rimanere i capelli al naturale, e di truccarsi pochissimo.
“Stasera farai un figurone! Ne sono sicura!” mi dice Ludovica.
“In parte lo spero. Dall’altra, invece, vorrei passare inosservata. Sono sicura che non riuscirò a sopportare i loro sguardi.” Le rispondo sincera.
“Sharon, per favore, continua come hai sempre fatto, non curarti di loro più di tanto. Ok, hai deciso di andare a quella festa solo per dimostrare a loro che non sei come pensano. Ed è giusto. Ma il tutto si chiude qua. Devi stupirli, non dare loro tutta questa attenzione. Non se la meritano. I loro sguardi saranno la tua forza, questa sera. Per prima cosa devi divertirti. Dobbiamo divertirci!”
“Hai ragione. Perfettamente ragione.” Le dico, finendo il tutto, con un grosso abbraccio.
“Bene. Ora andiamo!”
 
 
Abbiamo deciso di andare in taxi. Il tragitto è durato all’incirca un quarto d’ora, ed è stato tutto molto tranquillo.
Non sono agitata. Ok, forse solo un po’, ma credo sia abbastanza normale.
 
Ci troviamo al di fuori di quest’enorme casa. Se riusciamo a rimanere vive è un miracolo.
C’è un casino di gente, la maggior parte ci è sconosciuta.
La musica è assordante e, da quello che riusciamo a sentire da fuori, dovrebbe esserci anche un Dj barra intrattenitore.
“Dai, entriamo.” Mi incoraggia Ludovica.
“Andiamo.” Le rispondo pronta.
Si entra in scena.
 
Siamo dentro.
Siamo dentro.
Siamo dentro.
Non ci credo mica. E’ stato un casino per entrare: gente che ci spingeva, strattonava, e sì, ci hanno anche palpate.
Schifo, eh?
Lo so. Lo so.
Il peggio è passato.
Non ne sono tanto sicura.
 
“Dove andiamo adesso?” Domando a Ludovica.
“Semplice. Andiamo in un angolo dove tutti possono ammirarti. E no, Sharon, non sto scherzando. Lo sai, lo devi fare. Prendi un respiro profondo e mostrati a loro per quella che sei: una persona bellissima, sia dentro che fuori. Forza amica mia!”
“Credo di farcela. Devo farcela.” Sono pronta. Sono sicura.
E così andiamo dove tutti possono osservarmi. Un lato della stanza, dove prima si trovava il Dj.
Ludovica si mette in un angolo, come per dirmi che devo risolvermela da sola.
E’ giusto così.
Tutti si accorgono di qualcuno che ha preso il posto del Dj. Si accorgono di me. Sembrano tutti meravigliati, stupiti. Li guardo in faccia, uno ad uno. A testa alta. Loro non sono nessuno per giudicare persone che non conoscono. Sono gli ultimi a dover criticare qualcuno.
Credo di avere uno sguardo di fuoco.
Sono tutti in silenzio, il  volume della musica è stato abbassato di parecchio.
Sono al centro dell’attenzione, sotto lo sguardo di tutti, e questo, stranamente, non mi crea nessun disturbo, nessun disagio. Anzi.. mi sento quasi… potente.
All’improvviso mi accorgo che, poco lontano da me, c’è un microfono. Lo prendo senza pensarci. E’ l’istinto che mi guida.
“Siete tutti senza palle. Vi auguro una serata di merda. Per chi non mi avesse riconosciuta, sono Sharon Esposito. Come potete ben vedere possiedo anch’io delle gambe. Vaffanculo a tutti, stronzi. Ah, dimenticavo, ho visto che ci sono parecchie ragazzine con la loro merce ben in vista, mi raccomando, non fatevi mettere incinte. Godetevi la brutta serata.”
Silenzio.
Assoluto silenzio.
Nessun rumore.
Ho detto tutto con un tono di voce così calmo e freddo che quasi non mi riconoscevo da sola. E’ incredibile.
Poso il microfono e tranquillamente mi avvio, insieme a Ludovica, all’angolo degli alcolici.
“Santa Madonna, ma sei stata fantastica! Si sono ammutoliti tutti. Bel discorsetto poi. Sono fiera di te! Vieni qui, fatti stritolare!” E così mi ritrovo tra le sue braccia che mi stringe forte.
E rido. Rido perché sono felice. Rido perché anch’io sono fiera di me stessa.
 
In un momento mi trovo al piano di sopra.
“Dove stiamo andando?” Chiedo a Ludovica.
“Ho mandato un messaggio a Federica poco fa. Le ho domandato dove fosse lei e anche gli altri, ha detto che sono tutti qui, al piano di sopra, in una stanza, insieme ad altri.”
“Perché sono in questa stanza?” domando.
“Perché sotto c’è troppo casino e troppa gente.”
“Ah.”
Siamo arrivati alla famosa stanza. Ludovica sta per aprire la porta, mentre rifletto sulle sue parole…
…dove fosse lei e gli altri… sono tutti qui..
Tutti? Quindi anche… quei due. No!
No.
“No!”
“Eh?!” Ludovica sta per spalancare la porta.
Scappare.
Devo scappare.
Teletrasportati.
“Devo andare in bagno!” Le dico con voce stridula.
E scappo via.  Letteralmente.
 
 
Sono dieci minuti che  sto chiusa in questo bagno.
Dio mio che mi viene? Perché sono scappata? Non è da me.
Mi guardo allo specchio. Ho le guance rosse e gli occhi impauriti.
Mi devo dare una calmata. Devo ritornare la Sharon di prima.
Mi dò una rinfrescata. Mi calmo mentalmente.
Riguardo il mio riflesso e posso andare. Sono tranquilla, almeno fuori.
 
Petto in  fuori, pancia in dentro, spalle alte.
Ed entro in quella stanza. Improvvisamente si fermano tutti.
Mi prendo il lusso di perlustrare per bene la stanza e le persone al suo interno.
Ci sono proprio tutti. Tutti. Anche quei due.
Forza. Coraggio.
Sento il loro sguardo addosso.
Non abbasso lo  sguardo. Improvvisamente quest’ultimo si scontra con quello di Christian, vedo i suoi occhi che mi osservano dalla testa ai piedi. Ha gli occhi sgranati e, quando mi guarda negli occhi, credo di poter morire all’istante. Perché mi guarda così?
I suoi occhi sono strani: più lucidi, più accesi, brillano quasi, e sono concentrati su di me.
Sono io a rompere il contatto visivo.
Non ho retto a lungo.
Vedo venire verso di me Federica, e le sorrido sinceramente.
“Sharon, ma sei bellissima!” mi dice abbracciandomi.
Basta con i complimenti!
“Grazie.” Rispondo quasi.. stanca.
Ritorna in te.
Ci sono.
Vedo Andrea che mi sorride e mi mostra i pollici, ricambio il sorriso e mi avvicino a lui.
“Dopo dobbiamo parlare, io e te.” Mi dice fra i capelli, in modo che possa sentirlo solo io.
“Lo so. Ti sei accorto di qualcosa, vero?” E’ inutile girarci intorno: con Andrea è inutile spiegarsi, lui capisce tutto prima.
“Sì.” Mi risponde sicuro.
“Dopo.”
Intanto mi accorgo che Ludovica non mi ha tolto gli occhi di dosso. Si è accorta anche lei che qualcosa è diverso da prima, le faccio un cenno con le mani, in modo che capisca che le parlerò dopo, insieme ad Andrea.
E’ ora di affrontare, anche con Ludovica, questo discorso. Insomma.. ho  bisogno anch’io di sfogarmi.
Per di più adesso Christian non mi degna più di uno sguardo, per compensare però c’è il suo amico che non mi stacca gli occhi di dosso.
Ma che cazz…
Ma poi perché mi interessa se Christian mi lanci o no delle occhiate?
Cribbio, vorrei urlare dalla frustrazione.
Mi rendo conto, solo ora, che ci sono anche altre persone che non conosco affatto in questa stanza.
Ma chi se ne frega di questi.
Mi fanno male pure i piedi. Di bene in meglio!
“Facciamo il gioco della bottiglia?” propone un ragazzo a me sconosciuto.
Tutti accettano, io sono titubante, poi alla fine vengo convita dai presenti.
In realtà ho sempre odiato questo stupido gioco. Non so precisamente il perché.
“Naturalmente non giocheremo a quello, come dire.. tradizionale, ci saranno altre regole. All’inizio è un normale gioco della bottiglia, poi dopo quando si dovrà decidere cosa fare all’avversario  ci saranno solo: bacio a stampo, bacio con la lingua, succhiotto, palpatina e infine… bacio appassionato con toccatine varie. Se qualcuno vuole tirarsi indietro, non vuole fare una cosa che gli è stata chiesta, dovrà togliersi un indumento e non indossarlo fino alla fine del gioco. Mi dispiace tanto per le ragazze che hanno indossato un vestito, perché dovrete rimanere in intimo.” E mi lancia un’occhiata.
Questo è un ninfomane. E’ malato!
Purtroppo non possiamo più tirarci indietro. Non posso più tirarmi indietro.
In che guaio mi sono cacciata.
Aiuto.
 



 
Spazio Autrice.

Scusate, avevo intenzione di pubblicare prima. Purtroppo, sono sorti dei problemi che mi hanno impedito di scrivere.
Questo è il quarto capitolo. Spero vi piaccia. 
In relatà il capitolo doveva finire diversamente, poi però mi sono allungata, e mi sono ritrovata a dividerlo in due.
Posso dirvi che nel prossimo ci sarà il botto. Interpretatelo come volete.. lascio alla vostra immaginazione.
Ringrazio ancora tutte quelle persone che stanno seguendo la storia, che l'hanno messa tra le preferite e chi, invece, nelle ricordate. 
Grazie anche alle persone che leggono 'silenziosamente'.
Per me è molto importante.
Volevo chiedervi di passare a leggere il prologo dell'altra mia storia. Se vi fa piacere e se ne avete voglia. 
Sotto vi lascio la foto dei protagonisti, e dei vestiti delle due amiche.
Al prossimo capitolo!



Sharon: 



Il suo abbigliamento alla festa:



Vestiti di Ludovica:




Christian:


 
  
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