Fanfic su artisti musicali > Miley Cyrus
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Autore: _Giuls17_    10/01/2014    1 recensioni
Mi chiamo Miley, ho diciott'anni e sto vivendo una vita non mia. Sono stata adottata, non so chi siano i miei veri genitori, non so chi sia la mia vera famiglia, e non so quali siano le mie veri origini. Ma so cantare. E da qui è iniziata la mia ricerca....seppur con qualche imprevisto... Beh, cosa state aspettando? Se vorrete sapere come và a finire la mia carambolata avventura con la vita....non vi resta che leggere!
Dal capitolo 3: Erano passati quattro giorni dal nostro saluto.

Quattro giorni che non vedevo il suo sorriso..o i suoi occhi..

Quattro giorni che non sentivo la sua voce cantare o le sue mani muoversi su quel piano.
Quattro giorni in cui avevo provato a dimenticarlo.

Quattro giorni in cui non c’ero riuscita.
Da capitolo 9:Strinsi forte la mano sui suoi capelli e lui sui miei fianchi.
Era il bacio perfetto.
Era il momento perfetto.
Con la persona perfetta.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 61: Origine.
 
-Nick alzati!-
Lo scossi ancora di più, ma senza alcun effetto. Stava dormendo così profondamente che neanche una cannonata lo avrebbe svegliato.
E proprio in quel momento mi venne un’idea, quasi geniale.
Corsi all’angolo opposto della stanza e presi il saxofono, strumento alquanto particolare e mai testato, ma utile per svegliare un ragazzo.
Senza preoccuparmi di fare troppo rumore mi posizionai vicino al suo orecchio e iniziai a suonare, o per meglio dire, emettere qualche rumore.
Dopo neanche un secondo Nick era caduto dal letto.
-Ti prego, basta.-
-Oh finalmente.- dissi cercando di essere sarcastica.
-Ricordarmi di insegnarti a usarlo, per la prossima volta.-
-Ahaha, sei davvero simpatico tesoro ma adesso dobbiamo andare.-
-Dove?- chiese aprendo finalmente gli occhi.
-A casa tua, là c’è mio padre.-
 
Nonostante il magazzino non fosse così lontano da casa di Nick, arrivammo in meno di dieci minuti, dato che non appena ebbi finito di pronunciare quella frase si era già sistemato.
-Siamo a casa.- urlò Nick aprendo la porta con le chiavi.
Ma nessuno ci venne ad accogliere.
Rimasi un minuto ferma, indecisa e insicura.
Voglio davvero conoscere la verità?
In quell’attimo di silenzio percepii il mio cuore battere forte, così forte da farmi quasi sentire male.
Forse è meglio non sapere.
Senza rendermene conto feci un passo indietro, pronta a scappare, a tornare in Italia dai miei genitori e pronta a dimenticare tutta quella storia sulle miei origini, ma una mano gentile me lo impedì.
Nick mi stava trattenendo e in silenzio, mi stava chiedendo di restare, di affrontare quell’uomo, di affrontare mio padre.
-Sono qua con te, Mils.-
Annuii e senza farmi pregare oltre, andai avanti.
Entrammo in salone e rimasi bloccata sul posto, osservando in silenzio l’uomo che mi stava di fronte.
Papà.
 
L’uomo che mi stava osservando con meraviglia e felicità poteva avere massimo cinquant’anni, ma effettivamente ne dimostrava molti di meno, dalla manica s’intravedeva un tatuaggio sul braccio, portava i capelli lunghi legati con un codino e il pizzetto.
L’uomo il cui nome ancora non conoscevo, era forte. Tutto il suo essere emanava sicurezza, ma anche una gran tristezza.
Senza rendermene conto trovai i suoi occhi molto simili ai miei e anche i suoi lineamenti, io era la copia esatta di quell’uomo.
-Ciao.- dissi avvicinandomi piano.
-Ciao Miley, io sono Billy Ray… Sono tuo padre.-
-Già…- le parole mi morirono in gola, la curiosità che mi aveva animato in estate era stata sepolta dentro di me, da qualche parte nel profondo.
-Vieni cara.-
La mamma di Nick mi fece accomodare sulla poltrona, a pochi passi da mio padre, -Vado a prendere del thè.- disse lasciando la stanza.
-Come mi hai trovato?-
Senza rendermene conto ero riuscita a porre la domanda più importante della mia vita, all’uomo che mi aveva creata.
-E’ stato il destino… Io ero in aereoporto, stavo per partire ma senza rendermene conto ero ancora al bar, a guardare un intervista.- indicò i ragazzi alle mie spalle, -Sapevo chi fossero, tutti qua in America li conosco e ad un certo punto sei entrata tu… E ti ho riconosciuto… Miley.-
-Mi hai trovato per caso?- chiesi con un groppo in gola.
-Sì, effettivamente è stato così, ma appena ti ho visto sono venuto a cercarti, io volevo vederti, l’ho sempre desiderato.-
-E perché non l’hai mai fatto?-
Asciugai distrattamente una lacrima solitaria, che stonava col mio tono di voce, non ero triste, ero arrabbiata.
-Non ho potuto farlo, vedi io e tua madre non potevamo vederti perché avevamo chiesto un’adozione chiusa con i tuoi genitori, e beh non ci era permesso sbucare all’improvviso nella tua vita.-
Abbassò lo sguardo, pentito per quel ricordo tanto doloroso.
-Allora perché mi avete lasciato andare? Perché mi avete fatto adottare?-
-Non potevamo darti niente Miley, io ero un cantautore squattrinato e tua madre non lavorava e nonostante tutto abbiamo avuto te, ma nel momento esatto in cui ti abbiamo visto ci siamo resi conto che noi non eravamo abbastanza, che la nostra vita non sarebbe mai stata giusta per te.
Così abbiamo scelto di farti adottare, di darti la migliore delle possibilità e guardati.-  allungò dolcemente una mano verso di me, per sfiorarmi i capelli, -Sei una bellissima donna, forte e determinata, Destiny.-
-Come mi hai chiamata?- il cuore perse un battito e dovetti aggrapparmi ai braccioli della poltrona per non crollare.
-Destiny… Il tuo vero nome è Destiny Hope.-
-Perché allora sono Miley?-
-Lo hanno scelto i tuoi genitori adottivi per nascondere le tracce del tuo passato, per tenere lontano noi.-
Gli occhi di Billy erano pieni di dolore e di rimpianto, per la vita che non aveva potuto darmi.
-Però tu sapevi chi ero.-
-Sì, lo sapevo. L’unica cosa che i tuoi mi hanno concesso sono state delle foto, foto tue che ti ritraevano mentre crescevi.-
-Dov’è la mamma?- chiesi a bruciapelo.
Nick mi strinse la spalla di rimando, come se sapesse.
-Tua madre è venuta a mancare qualche anno fa…-
-Ma… Come?-
Cercai di dire di più, cercai di essere forte, ma la verità è che provavo un grande dolore per una persona che neanche conoscevo.
-Il cancro me l’ha portata via e io non ho potuto fare niente.-
-Come si chiamava?-
Era stato Joe a parlare e da un lato gliene fui grato, poiché la mia bocca era rimasta chiusa.
-Tish.- rispose semplicemente.
-Tish.- sussurrai di rimando.
-Miley lo so che non sono un padre per te, non potrei mai avanzare dei diritti o qualsiasi altra cosa, ma voglio che tu sappia che per me sarei sempre la mia bambina e che aspetterò. Aspetterò per conoscerti, per essere parte della tua vita.
Non voglio imporre la mia presenza, voglio essere tuo padre alle tue condizioni.-
Un sorriso sincero si fece strada sulla mia bocca.
L’uomo che stava davanti a me non era stato mio padre per ben diciotto anni, ma all’improvviso tutti quegli anni non erano mai esisti.
L’uomo, Billy Ray, era mio padre.
A tutti gli effetti.
   
 
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