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Autore: FlyingBird_3    11/01/2014    4 recensioni
Emilia Romagna, Agosto del 1944
Il generale Badoglio ha firmato l'armistizio con gli Alleati, lasciando però i soldati italiani senza un ordine preciso su come comportarsi con l’esercito tedesco.
Maria De Felice è una ragazza di 23 anni, italiana, nata in una famiglia di alta borghesia. Ha potuto studiare con insegnanti privati, ed il suo sogno è quello di seguire il padre nei suoi viaggi attraverso l'Europa.
Friedrich Schuster, ufficiale delle SS a 30 anni, onorato di molte medaglie al valore per le sue imprese di guerra, guida le truppe tedesche all'occupazione dell'Italia settentrionale.
Le loro storie si intrecceranno, sullo sfondo della seconda guerra mondiale, cambiando radicalmente le loro vite...
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Dopoguerra
Capitoli:
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È successo ancora: chi mi amava mi ha lasciata. Non avrei mai pensato che dopo tutti questi anni potessi provare di nuovo il dolore che ho provato per la perdita della mia famiglia; invece mi sento male, così colpevole di essere viva, stavolta al suo di posto.
È come se avessero portato via un pezzo di me; quel pezzo che mi faceva sentire in pace con la vita, il pezzo che riusciva a farmi sentire felice.
Ora non ci sono più dolci illusioni o speranze: se n’è andato per davvero, ho visto il suo cadavere uscire dalla casa.
Col senno di poi avrei voluto dirgli tante cose… quanto mi abbia cambiata, quanto in realtà lui fosse importante per me.
È una settimana che sono stesa a letto; non ho voglia di vedere né parlare con nessuno. Mi sono chiusa a chiave, uscendo solo per andare in bagno.
Federico e Francesco mi hanno lasciato del cibo fuori dalla porta, ma non ho fame e non intendo mangiare niente.
Oggi pomeriggio invece, sembra che Francesco non voglia lasciarmi in pace.
“Maria apri questa cazzo di porta, è una settimana che sei chiusa lì dentro. Io voglio vedere mia sorella e Federico sua madre”
Con voce debole e neutra, gli rispondo.
“Lasciami ancora un po’ da sola. Non mi va di parlare”
“È da giorni che dici così. Avanti, ho una cosa per te.”
“Non importa. Me la darai domani”
Lo sento che si sta spazientendo, ma non m’interessa.
“Me l’ha data lui. Dai che magari stai meglio”
Sospiro, mentre di controvoglia mi alzo ad aprire; la luce che arriva all’improvviso dal corridoio mi fa male agli occhi.
“Dio mio, come ti sei ridotta… vatti a lavare prima.”
Mi spinge verso il bagno, e con la coda dell’occhio lo vedo ritornare indietro a sistemare camera mia.
Dopo mezz’ora esco, trovandolo sorprendentemente in corridoio assieme a Federico, che mi aspettano;
di nuovo sento le lacrime bagnarmi il viso, e loro si avvicinano per rassicurarmi.
“Basta piangere, Maria. Avanti, andiamo in camera. Lui… mi aveva dato qualcosa per voi prima di andarsene”
Rientro in camera, e per fortuna noto che ha avuto l’accortezza di non lasciare aperti i balconi: è tutto buio, a parte la luce della lampada sul comodino.
Riconosco ai piedi del letto lo scatolone che era ai piedi di Francesco, l’ultima volta che ho visto Friedrich.
Prima di guardare cosa ci ha lasciato però, ho una domanda che continua a tormentarmi.
“Cosa ti ha detto quella mattina?”
Francesco lo sa che sto parlando con lui; rimane tra la camera ed il corridoio, mentre io gli do le spalle.
“Mi ha semplicemente detto che dovevo tenerti lontana perché aveva ricevuto delle minacce di morte. Immaginava che avresti trovato un modo per uscire, e non era più sicuro che andassi da lui, specialmente di notte”
“Perché non mi avete detto niente? Perché nascondermi questa cosa… lui come faceva a sapere che avrebbero davvero tentato di…”
Non riesco ancora a dire quella parola, così mi blocco, lasciando la frase in sospeso.
“Penso si fosse fatto degli amici qui intorno. Quando è venuto a portarmi quelle cose mi ha detto che probabilmente sarebbe successo qualcosa quella notte. Gli avevano proposto di dormire da un’altra parte, ma non ha voluto. Alla fine devo ammettere che ha avuto coraggio”
Prendo una grande boccata d’aria, chiudendo gli occhi.
“Lasciami sola” rispondo, semplicemente. Sento i suoi passi che scendono le scale, così mi siedo per terra e con mani tremanti apro lo scatolone.
La prima cosa che noto è il disco della canzone che abbiamo ballato la notte prima che lui partisse per il processo.
Poi un grande raccoglitore attira la mia attenzione.
“Quello l’ha fatto per me”
Una vocina alle mie spalle distoglie la mia attenzione, costringendomi a girarmi: siamo solo noi due ora, nella stanza.
“Vieni qua vicino a me. Posso guardarlo?” chiedo a Federico, con voce assente.
Lui fa segno di si e lo prende in mano, aprendolo.
Nella prima pagina ci sono poche righe e riconosco la sua calligrafia.
 
Non hai avuto la possibilità di conoscermi veramente, e non escludo che sia stato un bene per te. Ma so quanto tua madre ci tenga, ed essendo nostro figlio, credo che tu debba sapere la verità su di me. Così ho deciso di farti questo piccolo riassunto. Spero tu non mi odierai per come mi sono comportato, ma capirai le scelte che ho dovuto compiere e le aspirazioni che mi hanno portato a farle.
 
Nella prima pagina c’è una foto di lui in bianco e nero in una piscina: si nota che è molto giovane. Vicino ha scritto della sua infanzia a Berlino; decido di saltare, lasciando Federico leggerlo per i fatti suoi.
Sfoglio le pagine, e lo vedo crescere: ora è un soldato delle SS, e guarda l’obbiettivo con sguardo fiero e orgoglioso, nella sua divisa nera.
Ha trovato tutte le foto delle sue imprese, compresa quella della marcia sul mio paese: un vuoto allo stomaco mi prende mentre lo vedo in formazione con il suo esercito per le strade della città, ma cerco di ignorarlo, andando avanti.
L’album si ferma al processo di settembre; dopo ci sono solo alcune foto sparse.
Le prendo in mano e le osservo: sono quelle che abbiamo fatto un pomeriggio di quest’estate, a casa sua.
Si era fatto prestare la macchina fotografica da chissà chi, e fece una foto a me e Federico mentre preparavamo la merenda sul suo tavolo; poi Federico ce ne fece una.
Io sto sorridendo verso la macchina fotografica, mentre sistemo i piatti sul tavolo; Friedrich è seduto di fianco a me che mi guarda, ridendo per una battuta che avevo appena fatto.
Sospiro, prendendo in mano l’ultima: siamo noi tre. Io stringo la mano di Friedrich mentre lui è in piedi dietro di me; Federico è davanti a noi, che simula una posa buffa dei personaggi dei fumetti che tanto gli piacciono.
“Tienilo con cura Fede. Tuo padre è stato più uomo di molti altri che incontrerai nella tua vita”
Torno a guardare dentro lo scatolone, e ci trovo la polo bianca che indossavo ogni volta dopo che avevamo fatto l’amore a casa sua; ed infine trovo delle stecche di cioccolata tedesca.
Sento le lacrime salire di nuovo, ma mi trattengo solo perché c’è Federico.
Do un’ultima occhiata allo scatolone, nella speranza di trovarci qualcos’altro: togliendo la cioccolata vedo qualcosa di scintillante sul fondo; lo prendo in mano, scoprendone un anello.
È completamente d’oro, con un’incisione all’interno: Die Ehre des Reiches, l’onore del Reich; lo metto sull’anulare sinistro, ma è davvero troppo grande per me.
Me lo giro e rigiro nel dito, e all’improvviso ho un flash back: è lo stesso che portava quando eravamo a Genova. Quello che io avevo scambiato per una fede. Ma allora non era mai stata una fede…
Mi alzo da terra e mi avvicino al portagioie: prendo una collana e ci sfilo il pendaglio, infilandoci l’anello di Friedrich. La metto al collo, decidendo di non toglierla mai più.
Con la coda dell’occhio vedo Federico andarsene: forse vorrà stare un po’ da solo.
Torno indietro e rimetto le cose dentro lo scatolone, quando sento una presenza dietro di me.
“Me l’ha data quando sono andato a parlargli di te. Mi ha chiesto di dartela se gli fosse successo qualcosa.”
Federico mi porge una busta, dalla carta un po’ ingiallita; passo lo sguardo da lui alla busta, poi decido di prenderla.
“Grazie tesoro. Puoi lasciarmi da sola un attimo? Vorrei leggerla in silenzio”
Fa un cenno col capo, e prima di andarsene mi abbraccia forte, dicendo che gli manco.
Col cuore in gola apro la busta, cosciente che sto per leggere le ultime parole del mio unico amore.
 

Liebe Maria,
se stai leggendo questa lettera probabilmente mi è accaduto qualcosa.
È notte fonda ora, mentre ti scrivo: dicono che di notte le emozioni escano meglio, così ci provo.
Mi conosci ormai, non sono di molte parole affettuose; il mio lavoro e in seguito tutto quello che è successo, non mi hanno aiutato a migliorare questo aspetto.
Molte volte avrei voluto dirti quanto io ti apprezzo in realtà: quando mi prepari da mangiare, quando ti ostini a voler lavare anche i miei vestiti, a sistemarmi la casa, ma soprattutto quando parliamo, e facciamo l’amore.
Sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho lasciata: hai imparato a prenderti cura di te stessa e degli altri, diventando madre e moglie.
Non ti ho mai detto quante volte ho immaginato di alzarmi e vederti stesa affianco a me nel letto; quante volte ho immaginato di pranzare e cenare come marito e moglie. Invece i nostri incontri sono sempre stati clandestini, perché non c’era spazio per me nella tua vita. Ma nonostante questo l’hai voluta mettere a repentaglio per continuare a vedermi.
Quando sono uscito di prigione mi sono chiesto se fosse giusto venirti a cercare, abitare vicino a te… non ho mai trovato una risposta. Eppure c’è sempre stato qualcosa che mi lega a te, qualcosa che non ti so spiegare; qualcosa che mi da il dovere di proteggerti e farti sentire al sicuro.
Mi dispiace se non sono riuscito ad essere il padre che speravi per Federico. Non sono mai riuscito ad esserlo, né con lui, né con gli altri.
Sono scappato, ho ucciso, ho deciso per la vita di altre persone. Posso pentirmi di tante cose, ma di due non mi pentirò mai: di essere stato un soldato del Reich, e di te.
Ho davvero fatto di tutto per farti felice, e spero di esserci riuscito.
Tu hai salvato la mia vita, e non solo in senso fisico: mi hai amato nonostante quello che è successo. Mi hai fatto ricredere su molte cose, mi hai fatto capire che sono ancora in grado di amare, in un periodo in cui avevo perso me stesso e la fiducia negli altri.
Me l’hai ripetuto più volte perché io lo sapessi, ma in verità l’ho sempre saputo, l’ho sempre letto nei tuoi occhi, nei tuoi gesti.
Sono io che non l’ho detto abbastanza. Così voglio imprimerlo nella carta in modo che, quando ti verrà un dubbio in futuro, potrai leggerlo, per scacciarlo.
TI AMO MARIA.
Il tuo amore riempirà sempre il mio cuore, soprattutto ora che non sono più accanto a te.
Sii felice, perché questa è l’unica cosa che mi renderà felice a mia volta.
Dein,                                                                                                                                  Friedrich
 

Richiudo la lettera, appoggiandola vicino al mio cuore; sono talmente sconvolta che non riesco neanche a piangere.
Le mani mi tremano, mentre penso che uomo straordinario ho avuto la fortuna di amare, ma soprattutto di essere amata.
Stringo l’anello che porto al collo, pensando a quanto tempo è stato tra le sue dita.
“Come stai?”
La voce di mio fratello è così dolce da essere irriconoscibile; mi giro e lo vedo appoggiato allo stipite della porta.
Alzo le spalle come risposta, non sapendo bene cosa dire.
Lui si avvicina e si siede vicino a me, abbracciandomi.
“Chi è stato ad ucciderlo?” chiedo.
“Pensano dei comunisti. Hanno lanciato delle molotov nella casa, non ha avuto neanche il tempo di accorgersene”
Chiudo gli occhi immaginandomelo solo, divorato dal fumo. In questo momento vorrei essere morta anch’io con lui.
“Perché Francesco? Perché fare una cosa del genere ancora, dopo tutto quello che la gente ha subito durante la guerra…”
Mi scosta dei capelli dal viso, guardandomi con una tenerezza mai vista nei suoi occhi: probabilmente devo fargli pena o qualcosa del genere.
“Lui è stato un nazista, e da quello che ho capito, uno di quelli noti. Non ti nascondo che a me non tocca quello che è successo: dopo quello che hanno fatto, non mi fa né caldo né freddo sentire che uno di loro è morto. Però ti guardo ora, e vedo che c’era davvero qualcosa nei suoi confronti, e ti giuro non capisco come hai fatto ad amare uno del genere. E sentendo quello che mi ha detto la mattina che eravamo in cucina… beh mi da parecchio fastidio ammetterlo, ma si vedeva che anche lui ci teneva a te.
Comunque rispondendo alla tua domanda… penso abbiano solo voluto fargliela pagare, per quello che hanno fatto gli altri tedeschi o lui stesso durante la guerra”
Rifletto su quello che mio fratello ha appena detto, e scopro che è proprio questo che non riesco ad accettare. Ha voluto rischiare di morire perché lui non ha mai voluto cambiare idea, il suo orgoglio non è mai stato trafitto dopo quello che gli è successo. Me l’aveva detto: lui era un nazista, e lo sarebbe rimasto per sempre.
Ha voluto affrontare il suo ultimo nemico a testa alta, senza alcun timore e senza l’aiuto di nessuno. Anche se questa cosa non mi rasserena, alla fine è morto come probabilmente avrebbe voluto, e cioè portando con sé tutto il suo orgoglio e la sua fierezza: non si è fatto scalfire dalla paura nemmeno nell’ultima sfida della sua vita.
Sospiro di dolore ancora, stringendo l’anello che ho appeso al collo.
“Ora basta parlare di questo. Ho preso una decisione Maria. Ce ne torniamo a casa, tutti e tre. Torniamo in Emilia”
  
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