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Autore: Miss Fayriteil    12/01/2014    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Segreti e notizie
 

 
Naturalmente il colloquio di Ali era andato bene. Tre giorni dopo Jeremy Hayes le telefonò per dirle che il posto era suo e che l’aspettava in ufficio il lunedì di due settimane dopo. Una volta riattaccato con lui non riuscì a resistere e cacciò un urlo di trionfo. Era stato assolutamente involontario e ridacchiò quando Dana corse in soggiorno con aria preoccupata. «Che è successo?» le chiese.
  «Tesoro, ho avuto il posto!» esclamò Ali abbracciandola. «Ha appena telefonato Hayes!»
  «Ali è una notizia fantastica!» replicò Dana stringendola e alzandola da terra. «Sono davvero orgogliosa di te! Quando lo dirai a Tina?»
  «Oh già...» mormorò Ali mentre il sorriso le spariva lentamente dalla faccia. «È vero, Tina, mi ero dimenticata di lei. Come faccio a dirglielo? Sarà un momento terribile».
  «La cosa peggiore che può fare quale sarà? Licenziarti? No, quindi... vedrai andrà bene!» osservò Dana. Ali le sorrise e le diede un bacio sulla guancia.
  «Grazie, tesoro» le disse. «Prepariamo la cena? Vorrei provare a fare qualcosa di più complicato».
  «Davvero?» fece Dana felicemente sorpresa. «Bistecche? Te la senti? Ci proviamo?»
  «Bistecche?» ripetè Ali pensierosa. «Sì proviamoci, perchè no?». Ali aveva scoperto che cucinare le piaceva moltissimo. Sapeva che non avrebbe mai potuto farlo come lavoro, Dana aveva un qualcosa che a lei mancava, ma lo trovava un ottimo modo per rilassarsi. Mentre prendeva la padella e ci versava dentro un po’ di olio, naturalmente sotto lo sguardo vigile del capo-chef, lo disse.
  «Mi piace cucinare, sai?» osservò. Dana sorrise.
  «Davvero?» le chiese. Ali annuì e aggiunse: «Sì... insomma... mi rilassa. È una cosa che si fa con le mani, non con la mente e non sono abituata. Non so come la vedi tu, perchè è il tuo lavoro e la tua vocazione, però secondo me questa è una cosa bellissima». Dana si strinse nelle spalle.
  «La cucina ha effetti diversi su ognuno di noi. Per te è rilassante, per me è stato quello che mi ha tenuto in piedi quando non c’era nient’altro a farlo e la mia vita faceva schifo».
  «Cosa?» le chiese Ali bloccandosi di colpo. «Di che stai parlando?»
  «No... non voglio parlarne» replicò Dana scuotendo la testa. Era come se un’ombra fosse scesa dietro ai suoi occhi. «Dimentica che te l’abbia detto».
  «Come? No no, stai scherzando? Non puoi dirmi una cosa del genere e poi lasciarmi con il dubbio!» esclamò Ali. Non sapeva neanche perchè si stesse arrabbiando con lei. Dana le si avvicinò guardando il fornello con aria preoccupata. Ali non si accorse di niente, era troppo concentrata sul viso di sua moglie. Quest’ultima scosse la testa e disse: «Fidati, questo non è il momento di parlarne».
 «E perchè no?» le chiese Ali incrociando le braccia e fissandola accigliata.
 «Perchè l’olio nella padella sta bruciando» rispose lei lanciandosi a spegnere il fuoco. Ali si voltò di scatto imbarazzata. «Ah» mormorò. 
  «Quando cucini devi sempre tenere d’occhio quello che stai facendo. Hai a che fare con il fuoco, non è una cosa da prendere alla leggera, capito?»
  «D’accordo» fece Ali abbassando lo sguardo. «Mi dispiace». Dana sorrise e la abbracciò.
  «Va tutto bene» le disse. «Ricomincia da capo. Senti non voglio parlarne perchè... non è una bella storia e non voglio farti preoccupare o renderti infelice per una cosa che ormai è passata».
  «Non è passata» osservò Ali. «O almeno non del tutto. Lo sguardo che avevi prima non è quello di una persona che ha dimenticato. Cosa ti è successo?»
  «Ali, io...» cominciò Dana, ma lo sguardo di sua moglie la fece desistere. Alla fine sospirò e aggiunse: «Va bene. Te lo dirò. Ma non è una cosa di cui parlo volentieri». Ali sorrise.
  «Grazie. Ti ascolto davvero, lo sai. Dimmi tutto quello che ti succede» disse. Dana esitò, prese un respiro profondo e si preparò a parlare, ma in quel momento Erica scoppiò a piangere.
  Loro due si guardarono, poi Dana sospirò. «Vado a prenderla» disse.
  «Ma Dana! Mi lasci qui...» esclamò Ali, ma prima che potesse terminare la frase l’altra era già di ritorno con Erica, che aveva smesso di piangere, in braccio. «Allora mi racconti?» aggiunse.
  «Non voglio davanti alla bambina» improvvisò Dana, e ignorò Ali quando lei obbiettò che era troppo piccola per capire o ricordarsi. «Magari ne parliamo stasera. Tu vai avanti a cucinare. L’olio è abbastanza caldo, quindi prendi le bistecche e appoggiale, appoggiale mi raccomando, nella padella. Non lasciarle cadere perchè altrimenti ti schizzi di olio. E ti bruci».
  «Va bene, va bene!» replicò Ali facendo esattamente quello che Dana le aveva detto. «E adesso?»
  «Adesso controlli quando da una parte sono cotte, te lo dirò io, poi le giri e fai la stessa cosa. Okay? Adesso vado a rimettere giù Erica ma non dare in escandescenze, torno subito». In effetti, neanche due minuti dopo era di nuovo accanto a lei, pronta per aiutarla.
  «Adesso mi racconti?» ripetè Ali con un filo di impazienza. Dana esitò e spostò il peso da un piede all’altro. Prese un respiro profondo, poi un altro, mosse di nuovo i piedi e alla fine rispose: «Sai non credo sia il caso» Ali alzò gli occhi al cielo. «Potrei distrarti e adesso devi restare concentrata».
  «Farai così ogni volta che ti chiederò di parlarmene?» le disse l’altra. «Troverai sempre una scusa per evitare l’argomento? Non sono d’accordo, sappilo».
  «No, te ne parlerò stasera a letto, promesso» replicò Dana. Ali scosse la testa.
  «Poi mi convincerai a fare sesso, durante non ne parleremo e alla fine io me ne sarò dimenticata». Lo sguardo della moglie le disse che il suo piano era esattamente quello. «Sei tremenda Dana» continuò. Scosse di nuovo la testa, poi fece un mezzo sorriso e la baciò. «Comunque prima o poi ti convincerò a parlare, stanne certa. Non finisce certo così!»
  «Va bene» replicò Dana a bassa voce, dandole un altro bacio. Dopo restò lì in piedi accanto a lei dandole tutte le istruzioni necessarie e poco più tardi le bistecche erano cotte e pronte per essere messe nei piatti. Come la prima volta Dana fece un assaggio preventivo con aria molto professionale e alla fine sentenziò che erano perfette. «Avevi un talento nascosto, Ali» disse.
  Sedettero entrambe a tavola e cominciarono a mangiare. Dopo circa dieci minuti di silenzio Ali decise di romperlo, dicendo: «Adesso sei pronta a parlarne?». Dana sospirò, ma poi annuì.
  «E va bene» disse, senza alzare gli occhi dal piatto. «Ma devi ascoltarmi fino in fondo, senza interrompermi, perchè non riuscirei a ripeterlo. Va bene?»
  «Certo» annuì Ali. Le prese una mano e aggiunse: «Spara. Io ti ascolto».
  «Allora... è successo quando avevo circa diciotto anni. Mi ero appena diplomata e avevo inviato varie domande in college che conoscevo e che avevano anche corsi di tipo alberghiero. Sai per imparare a cucinare, diventare cameriere eccetera. Ma la cosa che mi è successa non c’entra con il college. Cioè sì, ma solo per l’ambientazione. Comunque. In quel periodo stavo con una ragazza, Carol, ma ci siamo dovute lasciare al momento di cominciare il college. L’abbiamo deciso insieme, io rimanevo nello stato di Washington, lei andava in Maryland, era semplice buon senso. Un po’ mi era dispiaciuto lasciarla, ma credevo che avesse capito e l’avesse accettato. Non mi aspettavo certo tutto quello che è successo. Per esempio una mattina, avevo iniziato da circa tre settimane, sono uscita dall’edificio dei dormitori. Carol era lì, fuori dalla porta». Ali spalancò gli occhi, ma non disse niente. Dana continuò: «Non la vedevo da mesi, perciò sono stata abbastanza stupita di vederla. Ma quello che mi ha sorpreso di più è stata la sua espressione: era tutt’altro che amichevole. Aveva lo sguardo del ragno che è riuscito finalmente ad attrarre una mosca nella sua ragnatela. “Eccoti qui” mi ha detto.
  “Carol!” ho esclamato. Non volevo evitarla o qualcosa del genere, ma era tardi. “Scusa” le ho detto, “devo andare in classe”. Lei però mi è arrivata davanti, bloccandomi il passaggio.
  “Non credo proprio” ha detto. Io ho sospirato.                                                                                                                     
  “Carol che succede?” le ho chiesto stancamente. “Che cosa ci fai qui?”»
  Ali non aveva ancora detto una parola. Avevano finito di mangiare da qualche minuto, ma intanto non si erano ancora mosse dal tavolo. Ali ascoltava la moglie, come ipnotizzata. Dana però non parve essersene accorta. Era tornata nel passato e i suoi occhi erano persi nei ricordi. Ali le allungò una mano e lei la strinse con aria assente. «Lei mi ha guardata per un po’, ha sorriso e mi ha risposto: “Ti ho raggiunta. Così non siamo più costrette a lasciarci. Ho lasciato l’università per stare con te. Non sei contenta?”. La verità è che io non me l’aspettavo. Avevo rimesso in piedi la mia vita e l’arrivo improvviso di Carol avrebbe potuto incasinare tutto quanto. Quindi no. Non posso dire che fossi felice di vederla. Ma cosa puoi dire a una che ha lasciato gli studi per stare con te? Quindi le ho risposto: “Certo, tesoro. Sono contenta”.
  E in effetti per un po’ le cose hanno ripreso ad andare bene. Carol si era trovata un lavoro e un appartamento vicino al campus e avevamo ripreso la nostra storia in pratica da dove l’avevamo lasciata. Verso metà semestre ho lasciato l’alloggio nel college per andare a vivere con lei. Credevo davvero che fosse quella giusta. Poi è successo qualcosa. Non so bene cosa, ma ad un certo punto le cose non andavano più bene. Carol era diventata strana. Era irritabile, a volte cattiva, mi aggrediva per il minimo problema. Ma non come quando qualcuno è nervoso. Era pericolosa, quando era nei suoi momenti più bui mi faceva anche del male. Non avevo capito cosa avesse e non sapevo che lasciarla era la cosa peggiore che potessi fare. Ma è stata l’unica cosa sensata che mi è venuta in mente. Non potevo più stare con lei, meno che mai viverci.
  Allora l’ho fatto. Ho preso le mie cose e me ne sono andata. Lei ha urlato per tutto il tempo, lanciandomi oggetti anche dalla finestra mentre uscivo di casa. È stato tremendo, ma credevo di essermente liberata. Mi sbagliavo». Dana si fermò e riprese fiato. Si appoggiò allo schienale della sedia, sempre guardando nel vuoto. Ali continuava a stringerle la mano e non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso. Non riusciva a credere che Dana avesse passato quelle cose e avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non osò. Sentiva che sua moglie non aveva ancora finito. Infatti poco dopo Dana riprese a parlare.   «Ho iniziato a vederla fuori dal mio vecchio alloggio, dove ero tornata. Non mi parlava, ma mi seguiva ovunque. Trovavo messaggi minacciosi su dei Post-it attaccati alla porta. Non sto a raccontarti cosa c’era scritto sopra, ma stai sicura che trovarli lì quando tornavo a casa era un’esperienza difficile da sopportare. A volte me la trovavo davanti a lezione, o in mensa. Naturalmente non diceva niente, si limitava a fissarmi. Ero veramente terrorizzata, avevo gli incubi per colpa sua. Probabilmente aveva qualche disturbo mentale, non so di che tipo, comunque era una squilibrata.
  Un paio di volte ho provato a parlarci, ma lei nemmeno mi ascoltava. Mi telefonava, ma quando io rispondevo riattaccava. Sono stati mesi infernali e ci ho messo tantissimo a rendermi conto di essere vittima di stalking. Il secondo semestre del primo anno era quasi finito, quando ho deciso di fare l’unica cosa intelligente e chiamare la polizia. Non so perchè ho aspettato così tanto... forse non volevo rendermi conto che quello che mi stava succedendo era una cosa seria. Alla fine è andato tutto bene, la polizia l’ha arrestata e io non ho più sentito parlare di lei. Ma la paura non mi è passata per un bel po’». Sospirò e concluse: «E questo è tutto».
  Si alzò dal tavolo così all’improvviso che Ali rimase spiazzata. Dopo un attimo la seguì: Dana era seduta sul divano con le braccia incrociate. Aveva ancora lo sguardo spento, ma finalmente sorrise quando vide avvicinarsi la moglie. Lei non disse niente, ma le si sedette accanto e la abbracciò stretta. Non aveva parlato, ma Dana lo capì comunque e pianse. Pianse a lungo, liberamente, Ali la sentiva sussultare tra le sue braccia.
  «Grazie» disse alla fine. Si asciugò gli occhi e le diede un bacio. «Grazie per avermi ascoltata. Erano anni che non ne parlavo e mi ha fatto bene tirare fuori tutto».
  «Non devi ringraziarmi» rispose Ali. «Lo sai che farei di tutto per te». Si alzò e aiutò Dana a fare altrettanto. Sorrise e cercò di alleggerire la tensione.
  «Se ti può far sentire meglio» disse, «domani dico a Tina che me ne vado». Dana scoppiò in una risata tremula che aumentò di volume quando Ali la imitò. Poco dopo si calmarono per paura di svegliare Erica e decisero di sistemare la cucina. In quel momento Dana ritornò all’improvviso sull’argomento.
  «È stato qui che la cucina mi ha aiutata» osservò. «Dopo che hanno portato via Carol io ero traumatizzata e niente mi ha fatto passare lo shock tranne cucinare. Mi sono chiusa nella cucina di casa dei miei, quando sono tornata a casa per l’estate e ho sfogato il dolore sui muffin, sulla pizza, sulle torte... I miei non hanno mai saputo cosa mi fosse successo. Gli ho detto solo che con Carol era finita male, ma nient’altro. E non ho ancora cambiato idea». Ali annuì e non disse niente.
  Quando ebbero finito di sistemare guardarono un po’ di televisione abbracciate e poco dopo andarono a letto. Quasi non parlarono più, entrambe sentivano che quella sera l’unica cosa di cui avevano bisogno era il silenzio e la presenza l’una dell’altra. Rimasero a lungo semplicemente sdraiate sotto le coperte, Dana si era rannicchiata contro Ali che la stringeva in maniera protettiva. Alla fine caddero in un sonno profondo.
 
 
Il mattino dopo era venerdì, perciò Ali aveva deciso di parlare con Tina quel giorno, perchè non sarebbe riuscita ad aspettare un altro week-end. Mentre si recava in ufficio aveva in mente il racconto di Dana e si rese conto che quello che doveva fare lei non era nemmeno lontanamente così terribile. Avrebbe detto a Tina che aveva trovato un altro lavoro nient’altro. Aveva deciso solo quello, per il resto avrebbe improvvisato. Non aveva idea di come avrebbe reagito il suo capo e preferiva non pensarci. Era arrivata presto in ufficio, talmente presto che Tina non c’era ancora. Quando arrivò si fermò sulla soglia, stupita nel vedere Ali seduta alla sua scrivania.
  «Aliana! Che ci fai qui così presto?» esclamò. Ali sospirò e non rispose subito. Poi si alzò e fece il giro della scrivania per trovarsi di fronte a Tina. Prese un respiro profondo e si preparò a darle la notizia.
  «Tina, me ne vado, ho trovato un altro lavoro» disse tutto d’un fiato, prima di cambiare idea. Vide l’espressione del suo capo cambiare come al rallentatore. Da confusa divenne attonita, poi furiosa e il colore del suo viso passò dal normale roseo a un rosso pericoloso.
  «CHE COSA?!» sbraitò. «Tu fai COSA?!». Ali la lasciò urlare per un po’, poi quando lei si interruppe per riprendere fiato, le disse il resto.
  «Ho fatto un colloquio con Jeremy Hayes della Hayes&Cox lunedì. Ieri mi ha telefonato per dirmi che ho avuto il posto. Comincio lunedì, non di questa settimana, ma della prossima. Non te ne ho voluto parlare finchè non fossi stata sicura di essere stata assunta. Mi dispiace Tina. Quel posto è più vicino sia a casa mia che al ristorante di mia moglie e c’è un asilo vicino, perciò ho deciso di accettare. Questa settimana verrò normalmente, ma sarà l’ultima».
  Detto questo fece di nuovo il giro del tavolo e tornò a sedersi al suo posto. Tina la guardò per un po’ con gli occhi sbarrati, all’apparenza troppo sconvolta per parlare. Alla fine le voltò le spalle e tornò a passo di marcia nel suo ufficio. Sbattè la porta e calò il silenzio. Ali appoggiò la fronte sul tavolo e ce la sbattè sopra un paio di volte. Era andata peggio di quanto si sarebbe aspettata, ma almeno gliel’aveva detto. Non avrebbe potuto dirglielo il week-end prima di andarsene. In quel modo entrambe avevano una settimana intera per metabolizzare la cosa. Sarebbe stata una lunga giornata. Accese il computer e cominciò a controllare i fogli elettronici con le liste delle ultime serate organizzate dall’azienda. Fece le solite cose, fece una somma di tutte le spese e dei guadagni, guardò che le persone sulla lista nel computer corrispondessero a quelle che si era segnate lei sul suo taccuino, ma aveva una sensazione stranissima. Ogni tanto le veniva in mente all’improvviso che quella era praticamente la sua ultima settimana in quel posto e sentiva un tuffo al cuore. Era felice, ma si rendeva conto benissimo che la sua vita stava per cambiare radicalmente. Aveva passato gli ultimi otto anni in quel posto, odiando quasi ogni minuto e adesso era finita. Ancora pochi giorni e probabilmente non avrebbe più visto quell’edificio, nè Tina per il resto della sua vita. Era un pensiero strano. Quasi in automatico si alzò dalla sua scrivania e andò a bussare all’ufficio di Tina. Dopo che ebbe sentito il suo secco: «Avanti», aprì piano la porta. La donna era in piedi accanto alla finestra e le dava le spalle.
  «Tina...» esordì timidamente Ali, «posso fare qualcosa per te?»
  «No Aliana, per oggi hai fatto anche abbastanza» replicò l’altra voltandosi a guardarla. Aveva gli occhi lucidi. Possibile? «Perchè hai deciso di andartene? Sono forse un capo così terribile?»
  «Tina, io...» cominciò Ali, ma poi si interruppe. Cosa poteva dirle? Sì, sei un capo terribile e ti ho odiata per otto anni? No, non era il caso. Non disse altro, ma Tina sembrò capire. La sua espressione ferita fu per Ali uno dei momenti peggiori della giornata. Uscì dal suo ufficio a testa bassa. Tina non faceva apposta a essere così, faceva parte del suo carattere. Sperava che sarebbe riuscita a trovare una nuova assistente e che soprattutto sarebbe riuscita a trattarla meglio. Prese il telefono e chiamò Faith, aveva bisogno di sfogarsi con la sua migliore amica. Lei rispose al secondo squillo.
  «Pronto?» disse.
  «Ciao Fay» esordì Ali. L’altra avvertì nella sua voce che qualcosa non andava. In quel momento anche lei stava lavorando e appena sentì quel saluto si raddrizzò sulla sedia.
  «Ali ciao! Come stai, che succede?» le chiese. Ali sospirò.
  «Oggi ho detto a Tina che fra due lunedì me ne vado perchè inizio il lavoro nuovo. L’ha presa peggio di quanto mi aspettassi, ci è rimasta male davvero. Non credevo reagisse così. Mi ha chiesto perchè me ne vado e se sia davvero un capo così terribile». Faith soffocò una risata.
  «E tu che le hai detto? Non di sì spero...» commentò. Ali sospirò di nuovo.
  «No» rispose. «Non le ho detto niente, ma lei ha capito. Mi sono sentita una persona orribile».
  «Beh, non dovresti» osservò Faith con molto buonsenso. «Tu l’hai sopportata per otto anni, anche se lei non era stronza intenzionalmente, era comunque stronza. Fai bene ad andartene. Ma Dana che dice? È d’accordo con il fatto che cambi capo?»
 «Se è d’accordo?» replicò l’altra. «Lei per prima mi ha detto che dovevo andarmene! Era quasi più felice di me quando le ho parlato del colloquio! Direi che è d’accordo».
  Poco dopo salutò Faith e riattaccò. Era tantissimo che non la vedeva e decise che nei prossimi giorni sarebbe andata di sicuro a trovarla. Oppure li avrebbe invitati a cena, lei, Daniel e Michael, per passare una serata tra amici. Riprese a lavorare nell’attesa della pausa pranzo. Mancava poco finalmente, quella mattina le era sembrata eterna. Quando Tina le diede il permesso di andare lei corse in caffetteria prese un sandwich e andò all’asilo a trovare Erica. Anche se poteva sembrare patetico trovava rilassante parlare con lei in quei momenti. All’ingresso salutò Karen e andò a vedere sua figlia. Per fortuna era sveglia, perciò la prese in braccio e si sedette a uno dei tavolini. Le sembrava più bella ogni giorno che passava e per un attimo ripensò alla prima volta che l’aveva vista in ospedale. Le sembrava incredibile che ora fosse lì, tra le sue braccia e che stesse crescendo in quel modo.
  Rimase in quella posizione per tutto il resto della pausa pranzo e alla fine la rimise nel box e la salutò con un bacio sulla fronte. «Vai a casa con la mamma oggi, ci vediamo stasera, tesoro». Uscì dall’asilo e tornò al lavoro. Tina non le parlava più, anche in quel momento le lasciò un pacco di fogli da riordinare senza una parola. Ad Ali quel comportamento sembrava un po’ eccessivo, in fondo non aveva fatto niente di così terribile, ma per quanto la ascoltava Tina, lei avrebbe potuto non parlare affatto. Quando effe finito quel lavoro guardo l’orologio e vide che erano quasi le sei, poco dopo infatti ebbe il permesso di tornare a casa.
 
 
Quando arrivò Dana si stava preparando a uscire, era in ritardo come sempre, e aveva messo Erica nel suo lettino che si era addormentata non appena erano entrate in casa. Le due donne si salutarono con un bacio e subito Dana le chiese com’era andata la sua giornata. Ali le raccontò di quando aveva detto a Tina che se ne andava e di come lei aveva risposto.
  «Pensa questo» osservò Dana, mentre si allacciava la giacca, «adesso c’è il week-end e poi hai solo altri cinque giorni da passare lì. Ce la puoi fare».
  «Lo so questo» disse Ali. «È che non credevo che avrei potuto dispiacermi per lei. Però è così».
  «Mi dispiace per lei, ma ti ha comunque reso il lavoro un inferno per otto anni. Forse adesso se n’è resa conto e tratterà meglio la prossima assistente».
  «Me l’ha detto anche Fay. Le ho telefonato prima» disse. «Ah sai? Ho pensato che una sera dovremmo invitarli a cena. Lei, Daniel e Michael, è un sacco che non li vediamo. Che ne dici?»
  «Sì è una bellissima idea» fece Dana. Poi guardò l’orologio e trasalì. «Amore è tardissimo, devo andare. Ci vediamo stasera okay? Buona serata! Ti amo!» la baciò e uscì di corsa di casa.
  «Ti amo anch’io!» riuscì a urlarle Ali prima di vederla sparire lungo il vialetto. Era raro che la vedesse camminare, era sempre di corsa. Rientrò in casa e cercò in frigorifero qualcosa da riscaldare per cena. Ormai Dana non le doveva più lasciare la cena pronta e le permetteva di entrare in cucina da sola. Questa per lei era stata una grande conquista. Ripensò alla giornata appena trascorsa e ancora una volta si rese conto con sollievo che aveva due giorni di libertà prima di rivedere Tina. Non credeva che avrebbe reagito così; si era aspettata il fastidio del suo capo, magari un po’ di rabbia. Ma non la delusione e quell’aria ferita. Quelle erano state veramente un pugno nello stomaco: aveva appena scoperto che anche Tina Brewer aveva un cuore e lei gliel’aveva professionalmente spezzato. Non riusciva a crederci.  
  Erano stati due giorni molto intensi tra il nuovo lavoro, il racconto di Dana e la reazione di Tina alla notizia. Mentre mangiava riflettè su tutto questo e alla fine sedette a guardare la tv. Per una sera era felice di essere sola, per poter pensare un po’ a se stessa. Naturalmente subito dopo Erica si mise a piangere e lei alzò per un attimo gli occhi al cielo, ma poi andò a prenderla preoccupata per quello che potesse avere. Per fortuna aveva solo fame e lei le diede da mangiare, pensando che in fondo quella bambina era la cosa più bella che le fosse capitata in quei due giorni. Si rimise sul divano con sua figlia in braccio e non passò molto tempo che entrambe si addormentarono. Ali non sentì niente quando più tardi Dana rientrò e le trovò sul divano. Non la avvertì sorridere, nè la sentì che si preparava e che si sdraiava insieme a lei dopo aver rimesso Erica nella sua culla. Non aveva avuto il coraggio di svegliare sua moglie e preferì mettersi lì a dormire con lei, abbracciandola alla vita.

 
 
 
NdA: Avete notato? Stavolta ho aggiornato più in fretta! Questa alla fine potrebbe essere l’ultima immagine di serenità per un certo tempo, vi avverto. Ringrazio tutti come sempre e have fun!
 
 
  
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