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Autore: icered jellyfish    13/01/2014    3 recensioni
[ CROSSOVER – Rise of the Guardian/Tangled | JACK FROST X RAPUNZEL ]
Immobile, come se fosse diventato di cera all'improvviso, lasciò che il chiarore di quella prima mattina lo avvolgesse e accarezzasse, delineando i suoi tratti induriti alla vista di quello struggente furto emotivo – una doccia fredda –, abbandonandosi al nulla che stava nutrendo i battiti del suo cuore, facendoglieli percepire come insistenti martellate nel petto pronte a spaccarlo a metà esattamente come la sua anima.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Rapunzel
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Negata al mondo, negato dal mondo







C A P I T O L O   U n i c o

Negata al mondo, negato dal mondo







Macchie oleose ricoprivano muri invisibili dove momenti di piacere erano prima appesi a decorare una vita che si era convinto di condurre come se nulla avrebbe più potuto cambiarla, come se avesse finalmente trovato il suo posto tra i confini della sua esistenza.
Distrattamente, camminò per quella stanza circolare, abbandonata, guardando senza meticolosità le pareti che avevano fatto da casa anche a lui, ed ora, nulla sembrava più avere la brillantezza e la solarità di un tempo – sebbene tutto fosse rimasto indenne e identico a come lo aveva lasciato il giorno prima.
Nulla era rimasto intriso di quell'incredibile magia che era sempre stata in grado di farlo respirare come se non lo avesse fatto mai, di quella fantastica capacità di fargli credere che niente al mondo sarebbe valso più di anche solo un secondo passato in quel luogo così opprimente ma che per lui rappresentava più libertà della stessa aria che gli permetteva di volare da un posto all'altro.
Quella, doveva essere primavera, ma tutto sembrava essersi seccato come se il più violento degli autunni si fosse abbattuto d'un tratto – senza dare possibilità di salvezza alcuna –, rabbuiando ogni cosa, privandola della sua capacità di esprimersi seppur inanimata, e quella lunga – infinita, proprio come era sempre stata – chioma fluente e incantevole era ancora lì, ad aspettare il suo ritorno – perché lui tornava, sempre – ma quelli che una volta erano preziosi fili tessuti con i raggi del Sole, erano come appassiti, e sebbene trattenessero ancora la loro lucentezza, avevano ormai perso l'oro di cui una volta erano fatti – rodiandosi, imbrunendosi irreversibilmente – e per un attimo sperò che non fossero gli stessi capelli che era stato in grado di amare fin dal loro primo incontro ma, per quanto irriconoscibili, non potevano mascherarsi a lui, nemmeno in quella nuova colorazione.
Scemando i suoi passi, arrivò a fermarsi completamente davanti a quel fiume ormai bruno, tagliato dal suo nucleo – volutamente dimenticati a terra – e rimase per diversi minuti ad osservarli con lo sguardo svuotato e al contempo pieno di ogni ricordo ancora intatto nei suoi occhi forzatamente costretti in un'espressione apatica – ma non sarebbe bastato conservarli, poiché in lui sarebbe potuta continuare a vivere ogni memoria di quegli infiniti diciotto anni passati lì dentro, ma ciò che le aveva abitate, alimentate, non c'era più, e adesso si sentiva esattamente come quella stanza; piena di tutto ma svuotata del suo centro, e tutte le reminiscenze di quei giorni passati a stare solamente in silenzio, ora erano diventati rimpianti.
La finestra davanti alla quale stava era come sempre l'unica fonte di illuminazione di quella camera fatta di sbarre invisibile per quella bambina ormai cresciuta alla quale lui non aveva però mai smesso di sentirsi legato, innamorandosene, una volta diventata ragazza, e non potendo far altro che restarle accanto nella sua completa trasparenza – inesistenza, invisibilità – ma lei non c'era più, e quel luogo una volta abitato dalla sua fonte di vita, sembrava ora un'immensa cantina stracolma di oggetti da mettere in scatole da abbandonare tra la polvere degli anni che avrebbero seguito da lì in avanti.
Immobile, come se fosse diventato di cera all'improvviso, lasciò che il chiarore di quella prima mattina lo avvolgesse e accarezzasse, delineando i suoi tratti induriti alla vista di quello struggente furto emotivo – una doccia fredda –, abbandonandosi al nulla che stava nutrendo i battiti del suo cuore, facendoglieli percepire come insistenti martellate nel petto pronte a spaccarlo a metà esattamente come la sua anima.
Nessun rumore osò interrompere il silenzio sovrano in quel posto che gli appariva ormai come un buio cimitero, custode delle sue felicità nascoste e ormai stracciate come un foglio di brutta – e quasi si sentiva tagliare sotto i piedi dai cocci del suo vaso pieno di tutte le strade che lo avevano condotto lì, del suo vaso gelosamente custodito fino a che non gli era inevitabilmente, prevedibilmente scivolato dalle mani.
Era tornato per scrupolo, per cercare e trovare risposte che gli avrebbero fatto solo male e in fondo se lo aspettava che non l’avrebbe ritrovata rinchiusa ancora in quella torre – e, nonostante tutto, non riusciva ad odiare completamente Eugene Fitzherbert per avergliela portata via, perché era stato in grado di regalarle la vita che lui non le avrebbe mai donato, quella che, più probabilmente, invisibile come sempre avrebbe solamente potuto continuato a guardare.
Voltò lo sguardo verso il mobile ai piedi del quale lei depositava sempre tutti i suoi colori, i suoi schizzi e sfoghi artistici – e dove erano rimasti senza che nessuno avesse avuto modo di metter mano per sistemarli, abbandonati come un giocattolo rotto su cui nessuno sarebbe più tornato a dedicarci attenzione, a cui nessuno si sarebbe mai più interessato.
Lentamente, si incamminò verso quel mucchio di creatività trascurato, chinandosi poi sopra una volta arrivato a pochi centimetri di distanza e iniziando a giocherellare distrattamente con i pennelli nel barattolino di terra cotta – la loro punta era ancora dura e incrostata di colori mai lavati via. Con la mano libera prese il blocco di fogli impilati accanto senza ordine apparente e, staccandosi dagli strumenti con l'altra, iniziò a sfogliarli lasciando che un risolo nostalgico si mescolasse con un respiro scappatogli con più forza dalle labbra; riusciva a riconoscere ognuno di quei disegni, perché era presente anche lui mentre li faceva, osservandola disegnare e facendole compagnia senza che lo sapesse, apprezzando ognuna di quelle sue piccole creazioni e apprezzando ancor più il tempo che trascorreva accanto a lei – ammirandola, per la forza che dimostrava davanti all'indifferenza del mondo nei suoi confronti, e avrebbe voluto anche lui essere in grado di assimilare questa sua capacità di vivere nel modo più esplosivo che avesse mai visto, nonostante tutto. Lei negata al mondo, lui negato dal mondo, erano così simili nonostante il contesto opposto che, comunque, riusciva ad accomunarli, e gli mancava tremendamente il suo volto spensierato e le piccole lentiggini che deliziosamente lo adornavano, troppo, così tanto che decise che non l'avrebbe più cercata, non dopo quell'ennesimo disegno passatogli sotto le dita. Rimase a guardarlo con un amaro sorriso sul volto, consapevole che se solo l'avesse rincontrata, probabilmente non lo avrebbe più guardato attraverso come al solito – e non poteva permettersi il lusso di provare una gioia simile, sebbene fosse quella su cui avesse riversato le più forti speranze in tutti i suoi trecento anni. Era finalmente riuscita a trovare qualcuno capace di arricchirla di tutto quel che non avrebbe mai potuto darle e che le era stato negato, e lui l'amava al punto che sarebbe stato capace di accettare e sopportare, soprattutto, quella sconfitta che, però, conteneva in sé una vittoria, e non riuscì a fare a meno di farsi scappare una lacrima accompagnata da un fil di voce di parole troppo ardenti e brucianti per essere trattenute.

«Grazie, per esserti accorta di me».


Si rialzò in piedi, avvicinandosi ancora una volta – un'ultima volta – a quell'unica finestra che gli aveva sempre fatto da entrata, pronto a lanciarsi nuovamente nell'aria che lo avrebbe trasportato il più lontano possibile da lì, per sempre, rivolgendo uno sguardo ancora ai colori incollati sulle setole dei pennelli, allo stesso blu, bianco e nocciola che avevano colorato il loro ultimo disegno, quello che non avrebbe lasciato lì con tutti gli altri ma che avrebbe conservato per sempre nella tasca della sua gelida felpa.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Angst. Angst, angst, angst e ancora angst. Il mio quadernetto dove appunto le idee per le fiction sta esplodendo di Jack x Rapunzel e, questa, era quella che più pulsava tra le pagine, così ho deciso di stenderla e pubblicarla. x°
Come chi mi segue già sa, ho sempre trovato Rapunzel e Jack estremamente compatibili e mi piace da morire pensare ad uno dei punti fondamentali che avvalorano questa mia tesi, ossia che sono soli allo stesso modo ma in contesti differenti, poiché lei è negata al mondo e lui negato dal mondo – e ho voluto difatti citare questa frase anche all'interno del testo, che è anche motivo del titolo stesso.
Mi piacciono, mi piacciono e mi piacciono! Non c'è nulla da fare hahaha, e volevo proprio postarla una Jackunzel ora che c'è un'esplosione di Jelsa – basta, vi prego. t.t
Scemate a parte – figuriamoci se parlo sul serio riguardo le Jelsa, ognuno è libero di scrivere su quel che vuole, ci mancherebbe! I gusti son gusti :)) –, spero possiate aver colto il centro di cui ho parlato ad un certo punto – che è ovviamente un riferimento al centro che viene citato ne Le cinque leggende! Ci tenevo particolarmente ad inserirlo!
Altra cosa; naturalmente Jack potrebbe pensare qualsiasi cosa sulla sparizione di Rapunzel dalla torre – presso la quale, è chiaro, si reca frequentemente da quando lei era solo una bambina – ma ho voluto sottointendere che sapesse di Eugene e li avesse 'seguiti' per un po', il giorno prima, quel tanto che sarebbe bastato per arrivare alla conclusione che la desolazione che ha trovato nel ritornare in quella ormai a lui conosciuta stanza, è dovuta al loro essere finiti assieme – Jack Holmes, insomma. Hahaha.
Oh, per chi non lo avesse capito – ma spero proprio di sì! – il disegno che Jack alla fine si porta con sé, è un disegno in cui lui è rappresentato e, sulla base di questo, possiamo anche considerare questa one–shot un po' collegata all'altra che ho postato poco tempo fa, ossia Lascialo andare – ma non sono necessariamente in relazione, quindi è a libera interpretazione.
Basta, basta ora. Non ho più nulla da dire se non che spero vi sia piaciuta! Tornerò presto sui vostri schermi con il capitolo 3 di Tè alla vaniglia – raccolta che sto scrivendo sui The big four ad Hogwarts – eeee, niente, con qualche altra Jack x Rapunzel anche, si suppone.
Grazie per le letture e gli eventuali commenti! Non potranno che farmi piacere e farmi felice!
Alla prossima,
 

© a u t u m n
   
 
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