Bacio di mezzanotte
Matt
Honeycutt aveva poche certezze nella vita e sapeva che le persone
sulle quali poteva davvero fare affidamento poteva contarle sulle
dita di una mano sola. Era un ragazzo responsabile, forse fin troppo
per la sua età. Ad appena diciannove anni avrebbe dovuto
interessarsi a feste e ragazze, così come la grandissima
maggioranza
dei suoi compagni di corso, ma aveva trascorso l'adolescenza a
preoccuparsi per sua madre e sua sorella e questo gli aveva
inevitabilmente portato via gran parte di quel sacrosanto diritto al
menefreghismo che i ragazzi comuni avevano. Non si lamentava, sapeva
che, nella disgrazia, era stato molto più fortunato con quel
poco
che aveva di molte altre persone lì fuori nel mondo, ma a
volte gli
veniva da pensare che un po' di spensieratezza in più non
gli
avrebbe fatto male, forse l'avrebbe aiutato ad affrontare
l'esperienza del college nel modo migliore, prendendola non solo come
l'opportunità di costruirsi un degno futuro, ma anche come
la
possibilità di tirare un sospiro di sollievo e rilassarsi.
Con sua
madre che aveva trovato finalmente un lavoro stabile e sua sorella
che, trasferitasi da alcuni zii a Boston, aveva trovato la voglia per
terminare gli studi al liceo, ora Matt poteva vivere semplicemente
per se stesso. Aveva un lavoro alla caffetteria interna del campus,
l'NYU gli aveva garantito una borsa di studio completa per il
football e i suoi voti erano abbastanza buoni da riuscire a mantenere
una media adeguata affinchè quella borsa di studio non gli
venisse
revocata, poteva effettivamente
rilassarsi, eppure non era certo di riuscire a farlo, non era certo
neppure di sapere come si facesse di preciso a rilassarsi.
Negli
anni precedenti, Bonnie e Meredith erano state la sua unica valvola
di sfogo. Il rapporto con loro era profondo e sincero, stare in loro
compagnia gli permetteva di distrarsi e, adesso, ne sentiva la
mancanza. Aveva degli amici, certo, ma non era la stessa cosa, con
nessuno di loro poteva parlare liberamente ed era questo ciò
che più
lo aveva stranito del college: il fatto che non fosse ancora riuscito
a trovare nessuno con cui legare subito, che condividesse il suo modo
di vedere le cose e i suoi interessi, i suoi altri
interessi,
quelli che andavano al di là dello sport. Tantomeno era
riuscito a
trovare una ragazza a cui interessarsi sul serio. Matt non era tipo
da storie lampo o da un notte e via, a lui piacevano il romanticismo
e l'attesa, le cose fatte per bene, e questo non potevi pretenderlo
da qualsiasi ragazza ti capitasse a tiro. Forse, si diceva, neppure
avere come migliori amiche di una vita due ragazze come Bonnie e
Meredith era d'aiuto nella sua ricerca dell'anima gemella,
perchè,
inevitabilmente, finivi col fare paragoni. E quindi una era
troppo...eccessiva, l'altra era troppo superficiale, l'altra ancora
era troppo vanesia e così via per una serie interminabile di
difetti
che non riusciva a non notare subito.
Gli piaceva essere presente
per loro e sostenerle, era stato il primo, al momento dei saluti, a
dire che la lontananza non avrebbe rovinato nulla e che avrebbero
continuato a sentirsi e ad essere sempre gli stessi gli uni con gli
altri perchè in quel loro rapporto avrebbero sempre potuto
essere
semplicemente Matt, Bonnie e Meredith, quei tre ragazzini che erano
cresciuti insieme giocando a tirarsi le palle di neve d'inverno, le
foglie secche in autunno, i fuori in primavera e i palloncini pieni
d'acqua d'estate. Quindi attendeva con ansia chiamate e videochat, le
attendeva come le sue personali boccate d'aria fresca. E trovava
conforto nell'ascoltare Meredith e Bonnie, trovava conforto
nell'ascoltare i loro problemi e pensare a quelli piuttosto che ai
suoi che, in sostanza, potevano essere racchiusi in un semplice:
malgrado ciò che aveva dato a bere alle sue migliori amiche,
lui non
si stava integrando per niente al college né viveva la sua
nuova
vita al massimo come diceva di fare.
In parte, si sentiva in colpa
per il fatto di non aver detto nulla e, forse, avrebbe trovato la
forza di parlare se non fosse saltata di nuovo fuori tutta quella
faccenda di Damon che aveva travolto così duramente Bonnie.
Ora come
ora, però, non credeva che le sue stupide insicurezze
fossero
importanti. Quelle poteva risolversele da solo col tempo e qualche
uscita in più magari, al momento doveva occuparsi del dolore
della
sua amica.
“Quindi, stavamo pattinando, e Meredith -che si
presupponeva avesse preso lezioni di pattinaggio- cade a capitombolo
dopo appena mezzo giro...” - stava raccontando. Dall'altro
lato
della webcam, Caroline Forbes faceva di tutto per trattenersi dal
ridere e Meredith si copriva il naso con entrambe le mani.
“Dio,
Matt, è così imbarazzante...” -
mormorò, la diretta
interessata.
“Ma non è finita qui!” -
continuò lui, con un
mezzo sorriso, sordo alle suppliche dell'amica - “Non solo
è
caduta, ma si è rialzata e, per darci dimostrazione del
fatto che si
era trattato di un caso isolato e che lei era davvero una gran
pattinatrice pronta per le Olimpiadi, si è data una nuova
spinta,
ennesimo mezzo giro, resta bloccata con la punta di uno dei pattini
nel ghiaccio e...BAM....viene giù dritta, batte la faccia e
si rompe
la bellezza di due denti!”
“Noooo. Due denti?” - Caroline,
impressionata, si voltò a guardare Meredith che, per tutta
risposta,
mise in mostra la dentatura e battè un'unghia sui due
incisivi in
alto, annuendo.
“Ebbene si. Si ruppero a metà, così il
dentista dovette ricostruirli.” - confermò.
“Ti lascio
immaginare come era stravolta la nostra insegnante.” -
riprese Matt
- “La signora Jones. Noi andavamo alle medie e lei
avrà già avuto
sessant'anni all'epoca. Credo che ne perse altri cinque soltanto a
vedere Meredith che si risiedeva sul ghiaccio e, impassibile, senza
versare neppure una lacrima, guardava le metà mancanti dei
suoi
denti e si diceva che doveva dire ai signori McCollough di cambiare
dentifricio perchè, ovviamente, quello che usavano non
rafforzava i
denti.”
“Non. Ci. Credo.” - Caroline scoppiò
allora
nell'ennesima risata della sera, non riuscendo più a
trattenersi -
“Questa è la cosa più assurda che abbia
mai sentito.” -
commentò.
“Beh, cara capo-cheerleader, questa è Meredith
Sulez
e questo è il suo proverbiale stoicismo.”
“E come sempre ti
ringrazio, Matt, per aver reso alla perfezione la mia persona con uno
dei tuoi fantastici racconti.”
“Sei materiale da racconto,
Mer.”
“Da libro di barzellette, magari.” - intervenne
Caroline, coprendosi subito la bocca con la mano.
Matt rilasciò
una potente risata e Meredith, dopo un attimo di meraviglia, diede
una leggera spinta a una spalla di Caroline e non potè far
altro che
mettersi a ridere anche lei, concludendo in bellezza quel pomeriggio
fatto di storie raccontante ai suoi danni.
Quel clima divertito
raggelò nello stesso istante in cui la porta d'ingresso al
pensionato si aprì e si richiuse con un tremendo tonfo. La
voce di
Bonnie arrivò poco dopo.
“Non ci credo! Meredith! Devi
insegnarmi subito quel calcio rotante in aria che hai imparato a
karate che devo darlo in faccia a chi dico io!” - le urla si
disperdevano per tutto l'edificio, lasciando particolarmente
perplessa soprattutto Caroline.
“Sembra un po' alterata....” -
il commento di Matt venne accolto con un'occhiataccia da parte di
Meredith che, però, non ebbe il tempo di rispondere che
Bonnie si
presentò nel vano della porta aperta che dava sulla cucina.
Era
rossa in volta e i riccioli, sempre a posto, erano del tutto
scombinati. Probabile -pensò Matt- si fosse messa le mani
nei
capelli lei stessa mentre urlava poco prima, così come le
aveva
visto fare ogni volta che si arrabbiava tanto da sfuriare. Era pronta
a rifarlo, si vedeva lontano un miglio, ma la presenza inattesa di
Caroline la trattenne.
“Oh. Caroline.”
“Bonnie.” -
salutò l'altra, cauta - “Ero venuta a portare
delle cose per la
festa e mi sono trattenuta con Mere in video col vostro
amico...”
Solo allora Bonnie, particolarmente distratta dai suoi
stessi pensieri, sembrò accorgersi del viso di Matt e della
sua mano
che sventolava in segno di saluto dall'altra parte dello
schermo.
“Matt! Stavo per chiamarti io.”
“C'avrei
scommesso.” - rispose lui.
“Sicura di star bene?” -
intervenne Meredith.
Bonnie, alle strette, guardò prima l'una,
poi l'altro, infine portò di nuovo gli occhi su Caroline ed
abbozzò
un mezzo sorriso, cominciando a tamburellare col piede sul
pavimento.
“Assolutamente si. Benissimo.”
Pura menzogna. E
quel continuo tamburellare quasi isterico rese palese a tutti che
mentiva e che avrebbe voluto un po' di privacy coi suoi due
più cari
amici per sfogarsi. Caroline non se la prese, la capiva, quindi prese
tra le mani la borsa attaccata alla sedia e si rialzò.
“Dio, è
tardissimo. Devo cenare con mia madre, stasera.” - fece -
“Quindi
direi che è meglio andare. Oltretutto devo finire la nuova
coreografia per le cheerleaders in vista della prossima
partita.” -
si scusò - “Grazie per il pomeriggio Meredith, ci
rivediamo a
scuola. Anche con te, Bonnie, ovvio. Matt è stato bello
conoscerti,
spero verrai a farci visita presto o tardi.”
“Contaci. Ho
mille altri aneddoti imbarazzanti su Meredith da sbandierare ai
quattro venti.” - rispose lui, cercando di stemperare un po'
la
tensione del momento.
Caroline, passando di fianco a Bonnie le
toccò il braccio e le sorrise, quindi si
allontanò verso la porta.
La rossa si decise a parlare solo quando sentirono il rombo del
motore di un auto che prendeva vita e si allontanava.
“Allora?
Ce lo dici che è successo?” - fece Meredith.
Bonnie, finalmente
libera di sfogarsi, sbuffò sonoramente, entrò del
tutto in cucina e
prese a fare su e giù da una parte all'altra.
“Voi non potete
capire. Neanch'io riesco a crederci. Voi non avete idea di
ciò
che....quello lì ha osato dire e fare oggi.”
“Aspetta.
Soggetto della frase? Damon?” - interruppe Matt.
Bonnie
annuì.
“Si. Lui. Sempre lui. Quel dannato! Si è fatto
trovare
fuori le porte della mia scuola di danza, come se ne avesse il pieno
diritto. Onestamente? Neppure ho capito che diavolo ci faceva
lì.”
“Dio, quando la smetterà di essere un tormento? Lo
prenderò presto a sberle, sei avvisata.” - decise
Meredith.
“Fà
pure. Ma aspetta che solo adesso viene il bello, perchè voi
non
avete idea di cosa ho scoperto!”
Bonnie raccontò, confusionaria
come sempre, a grandi linee ciò che aveva scoperto dalla
telefonata
che aveva involontariamente ascoltato tra Damon ed Elena e ci
aggiunse, ovviamente, tutte le sue supposizioni del caso, tutto
ciò
che aveva detto a Damon dopo e che lui non aveva neppure tentato di
ritrattare. Meredith pareva addirittura presa in contropiede dalla
notizia, sembrava confusa. Matt, che sapeva poco e niente di questa
Elena, non sapeva che pensare tranne che avrebbe volentieri anche lui
spaccato la faccia a quel Damon. Come, come si poteva tradire
così
una persona come Bonnie? Specie se innamorata come sapeva che Bonnie
era stata innamorata di quel vigliacco?
“Elena Gilbert.” -
fece Meredith - “Sicura di aver sentito bene? Che si trattava
realmente di lei?”
“Ovvio che sono sicura. Oltretutto io
stessa poi l'ho nominata nell'accusarlo, se si fosse trattata di
un'altra Elena l'avrebbe detto.....credo.”
“E che lo trovo
strano.” - continuò Meredith -
“Insomma...a me era parso che a
lei interessasse Stefan, a dirla tutta.”
Matt sgranò gli
occhi.
“Che? Stefan, il fratello minore? Stefan, il ragazzo
perfetto? Stefan, quello che piace a Bonnie?”
“Si, Matt. Lui.
Non conosco molti altri Stefan. Tu?”
“Beh, Mer, io non conosco
neanche lui, figurati!” - risposi - “Mi chiedevo
solo...cosa te
lo fa pensare? Da quando ne sento parlare non mi pare sia mai venuto
fuori che questo Stefan abbia avuto qualcosa a che fare con questa
Elena. Bonnie?”
Ma la sua amica aveva appena perso tutta la
rabbia sfoderata fino a qualche istante prima che Meredith avanzasse
con quella sua teoria e si era lasciata cadere sulla stessa sedia che
poco prima aveva occupato Caroline, affranta.
“La mia vita è un
disastro.” - sospirò - “Cosa volete che
ne sappia io? Stefan non
ne ha mai parlato. Anche se, se davvero lui interessa ad Elena,
almeno questo spiega perchè lei è stata odiosa
con me fin dal primo
giorno.” - sospirò nuovamente - “Ho
bisogno di un bagno caldo.
Devo rilassarmi.”
“Si.” - concordò Meredith -
“Io ti
preparo qualcosa da mettere nello stomaco, nel frattempo.”
Bonnie
annuì e poi si rivolse a Matt.
“Ci risentiamo domani?” -
chiese.
“Certamente.” - rispose lui - “Tu cerca
di calmarti,
io adesso stacco che tra poco devo uscire per il turno serale alla
caffetteria.”
“Va bene. A domani, Matt.” - Bonnie.
“Ciao,
Matt.” - Meredith.
“A domani, ragazze. Tienila d'occhio anche
per me, Mere.”
“Sempre.”
E dopo quella risposta lanciò
un ultimo sorriso quindi chiuse la videochiamata. Si ritrovò
nella
sua stanza, da solo. Aveva un compagno di stanza, ma praticamente era
più le volte in cui lo beccava nei corridoi che quelle in
cui lo
aveva in stanza. Si chiamava John e amava le ragazze –
così gli si
era presentato il primo giorno. Da allora, la loro conversazione
più
lunga era durata circa tre minuti -durante i quali John gli aveva
spiegato il percorso più breve per la lavanderia- prima che
una
delle tante ragazze del suo coinquilino non venisse a portarselo via
per una festa, un appuntamento, una gita tra amici e Dio solo sa
cos'altro. Matt si era abituato presto alla solitudine, inoltre aveva
comunque il lavoro e lo studio che gli tenevano la mente occupata e
gli riempivano le giornate insieme agli allenamenti di football.
Usò
come distrazione il pensiero del lavoro anche quel giorno, per non
pensare alla sua migliore amica ancora messa alle strette da quel
Damon che non gli era mai piaciuto granchè. Troppo
misterioso,
troppo saccente, troppo vanaglorioso. Sapeva che avrebbe fatto
soffrire Bonnie e così era stato. Ma poi lui aveva mantenuto
almeno
la sua ultima promessa ed era scomparso, Bonnie aveva sofferto, ma
Matt aveva sperato che almeno quel trasferimento servisse a tirarla
di nuovo su e, quando aveva ascoltato il tono che l'amica aveva nel
parlargli di Stefan, aveva creduto davvero che lei avesse ritrovato
la serenità. E ovviamente Damon era tornato in gioco,
addirittura
era il fratello maggiore del nuovo quasi ragazzo di Bonnie. Era
normale che lei si sentisse turbata e frustrata, logico,
perchè la
cosa cominciava ad apparire quasi ridicola, a detta di Matt. Era il
fatto di non riuscire ad aiutarla come avrebbe voluto che lo
infastidiva.
Sì, qualche ora a servire caffè lo avrebbe
aiutato
a distrarsi.
Si cambiò velocemente, afferrò il suo borsone ed
uscì dalla sua stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
La
vide già da qualche metro di distanza, mentre avanzava a
passo
fermo, tenendosi giusto al centro del cortile interno, come stesse
affrontando una passerella. Il naso all'insù, l'espressione
altezzosa, i capelli biondi che ricadevano ad onde sul giacchetto di
pelle scura che indossava. Non appena anche lei si accorse di lui si
fermò ed esibì la stessa espressione di Matt, con
un sopracciglio
alzato e gli occhi pieni soltanto di diffidenza. Matt, però,
fece il
primo passo e le si avvicinò.
“E tu che ci fai qui?”
“Ho
deciso di seguire qualche corso.”
“Ma davvero?” - lo
scetticismo era palese - “Non dovevi diventare una grande
etoille,
Bex?”
“Rebekah, prego. Ti sarei grata se usassi il mio nome
per intero e scandito correttamente, Honeycutt.” - lo riprese
subito - “Ricordati che gli amici di Bonnie McCollough non
sono
anche miei
amici.”
Si
era messo senza neppure rendersene conto nel più grande
impiccio in
sui si potesse mettere. O almeno questo era ciò che gli
suggeriva la
coscienza.
Dannata! Tornava sempre a farsi sentire nei momenti
meno opportuni. E lo spingeva a fare e dire cose che altrimenti non
avrebbe fatto e non avrebbe dovuto fare affatto, a prescindere. Tipo
seguire Bonnie e cercare di parlarle. A che pro? Non aveva intenzione
di tornare con lei, troppo impegnativo e troppo complicato, quella
ragazza era capace di portare le cose ad un tale livello di
profondità che finiva col sentirsi a disagio. Lui, a
disagio: quando
mai si era visto?!
Quindi era colpa di Stefan, come sempre. Se non
gli fosse presa quella strana fissazione con la sua ex probabilmente
di Bonnie gli sarebbe fregato molto poco. Però il fratellino
si era
messo in mezzo, e adesso usciva con Bonnie, parlava soltanto di
Bonnie, e Damon scommetteva che quando lo beccava assorto in silenzio
in chissà quali grandi riflessioni in realtà
stava pensando a
Bonnie. E neppure si azzardava a pensare al modo in cui la pensava
perchè, per quanto santo, Stefan restava comunque un
diciassettenne
maschio. Ovviamente era questo a spingerlo, il pensiero che fino a
qualche tempo prima Bonnie era sua e che adesso suo fratello stesse
cercando di prendersela. Perchè -ancora- la sua intenzione
non era
quella di tornare con Bonnie, ma solo di far sì che Stefan
non
l'avesse. Non Stefan. Per il resto, che la rossa andasse pure con chi
voleva. Aveva altri obiettivi lui, e Bonnie si meritava e aveva tutto
il diritto di trovare qualcuno come lei, che andasse bene. Tutti, ma
non suo fratello.
Quando rientrò in casa era ormai sera. Ad
aspettarlo trovò in un angolo all'ingresso una pila di
scatoloni col
suo nome.
“Tutta roba tua, immagino. Da New York. Metà l'ho
già
portata di sopra.” - Stefan se ne stava appoggiato a braccia
incrociate allo stipite della porta che conduceva nella biblioteca al
primo piano della villa, a qualche metro di distanza.
“Uhm. E a
cosa devo tanta gentilezza?”
“Al fatto che quelle scatole
ostruivano il passaggio fino alle scale. Ho dovuto spostarne alcune
per forza.”
“A queste ci penso io.” - annuì Damon e
Stefan
alzò li occhi al cielo -un “grazie” da
parte sua non l'avrebbe
mai ricevuto nella vita.
“Non avevo intenzione di metterci
mano.” - rispose, quindi fece per andarsene. Tuttavia, tutta
quell'accortezza e quel riguardo da parte sua avevano sempre avuto
uno strano effetto su Damon, lo infastidivano. Sapeva, in fondo, che
Stefan non lo faceva a quello scopo, che semplicemente era nella sua
perfetta natura fare sempre la cosa giusta e prodigarsi per gli altri
-perchè lo conosceva fin troppo bene da sapere con certezza
che,
nonostante la ridicola scusa che gli aveva rifilato, suo fratello
aveva messo a posto quegli scatoloni perchè voleva-, ma
nonostante
questo proprio non riusciva semplicemente ad accettare la cortesia
così, a testa basta, senza vederla come l'ennesima
dimostrazione di
quanto fosse moralmente inferiore al suo fratellino, che lo aiutava
anche se gli aveva dichiarato apertamente guerra.
E allora
attaccò, con l'unica arma che aveva. Perchè,
sebbene Stefan facesse
il superiore e l'indifferente, credeva che stuzzicandolo un giorno
sì
e l'altro pure alla fine avrebbe ceduto.
“Ieri ho visto la tua
amica, la sempre simpatica Caroline.” - buttò
lì, sfilandosi la
giacca di dosso per lasciarla cadere in cima alla pila di scatole -
“Non mi sembrava così felice di rivedermi. Spero
che la mia
presenza alla sua festa non la disturbi troppo...”
“Come se la
cosa ti importasse.” - fece Stefan, di getto, processando
solo dopo
qual era la reale informazione che Damon gli aveva appena passato -
“Perchè, vieni alla nostra festa?” -
chiese, quindi.
Damon
scrollò le spalle.
“Elena ha chiamato nel pomeriggio per
invitarmi e allora...”
“Nel pomeriggio.”
“Già.”
E
Stefan abbassò la testa e curvò la bocca in una
smorfia che tanto
ricordava un accenno di sorriso.
Damon lo fissò a lungo, in
silenzio, con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra atteggiate
nello stesso sorrisino del fratello prima di parlare.
“Lo trovi
divertente?”
“Un po'. Sì.” - fece Stefan, ritrovando
compostezza - “Ma spero che vi divertiate. Caroline non
farà
problemi, vedrai, me ne occuperò io.”-
assicurò - “Ho solo una
domanda: quel giorno tu ed Elena avete intenzione di uscire
direttamente per la festa oppure vi vedrete da prima?”
“Usciremo
prima. Noi due da soli.” - fu la pronta risposta di Damon.
“Bene.
E tornerete prima a casa a cambiarvi oppure andrete dal vostro
appuntamento alla festa?”
“Non ne ho idea. Non so i dettagli,
ancora.” - tutte quelle domande cominciavano a dargli alla
testa e
il tono di Damon, così come l'espressione, inevitabilmente
si era
indurito - “Perchè vuoi saperlo?” -
pretese.
“Perchè mi
serve sapere se avrò casa libera tutta sera prima della
festa oppure
no.” - Stefan scrollò le spalle, con
semplicità, come fosse una
risposta talmente ovvia la sua che Damon avrebbe dovuto arrivarci da
solo. E il punto era quello: lui ci era arrivato al punto in cui suo
fratello era poi effettivamente andato a parare e la cosa non gli
piaceva affatto.
“Ah! Hai invitato i tuoi amichetti qui così
potete travestirvi tutti insieme?” - fece.
“Pensavo più ad
una cena con Bonnie, a dire il vero.” - rispose Stefan -
“Te l'ho
detto, Damon: quello che state facendo adesso tu ed Elena è
un gioco
a cui giocate da soli. Io a quella festa ci vado con Bonnie, e l'ho
detto anche alla stessa Elena proprio nel pomeriggio, poco prima che
parlasse con te. Non mi interessa ciò che fate voi, sono
serio.”
“E
questo grazie a Bonnie? La rossa che ho visto con
te?”
“Esattamente.”
“Non è tanto eccezionale.” -
fece Damon - “Se ti affretti fai ancora in tempo ad invitare
un'altra.”
“E perchè mai dovrei?” - il cellulare di
Stefan
cominciò a suonare in quel momento e lui lo sfilò
dalla tasca dei
pantaloni, dando un'occhiata veloce al display.
“Pensavo
puntassi più in alto, a qualcosa di meglio.”
“Non esiste di
meglio. Fidati, tu non la conosci.” - poi si
allontanò e lo sentì
rispondere alla sua chiamata.
Damon, rimasto solo con se stesso e
le ultime parole di suo fratello, ripensò alla lite che nel
pomeriggio aveva avuto con Bonnie, ripensò a tutto
ciò che lei gli
aveva detto da quando si erano rivisti lì a Fell's Church,
al modo
in cui gli aveva tenuto testa e al modo in cui l'aveva vista
relazionarsi a Stefan, ridere e scherzare con lui. E poi
ripensò di
nuovo a quella ragazzina timida ed impacciata dai capelli di fuoco
che aveva conosciuto sei mesi prima a New York, alla ragazzina che
arrossiva ad ogni suo sguardo, a quella che parlava con un filo
così
sottile di voce che era quasi impossibile per lui sentirla.
Ripensò
a quella ragazzina che aveva distrutto e ridotto in lacrime quando
l'aveva lasciata e poi ancora alla ragazza che qualche ora prima gli
aveva urlato a chiare lettere ciò che pensava di lui. E
capì che
Stefan aveva ragione: forse, una volta, lui conosceva davvero Bonnie,
ma adesso non più. Era diversa, era cambiata, in bene o in
male non
lo sapeva, ma sapeva che era colpa sua.
Ad
Elena interessava Stefan -così aveva detto Meredith. E
quella era
esattamente l'ultima cosa che Bonnie avrebbe voluto sentire quel
giorno.
Non si era mai sentita più frustrata in vita sua, e
neppure più arrabbiata. Arrabbiata con la vita, col mondo e
con la
Gilbert, una ragazza con cui aveva si e no scambiato quattro parole in
croce, ma che si era scoperta essere la rovina della sua
felicità
passata e, se non stava attenta, anche di quella futura.
Quel
trasferimento avrebbe dovuto facilitarle la vita, crearle nuove
opportunità per nuove amicizie, invece, per quanto
effettivamente
avesse conosciuto davvero delle persone nuove, in realtà
queste non
facevano altro che incastrarla sempre più nel momento
più brutto
della sua vita, quello che si era decisa a dimenticare. Forse era un
tantino melodrammatica, forse era davvero esagerata nelle sue
reazioni, ma Bonnie, in fondo, si conosceva abbastanza da riconoscere
in se stessa un animo romantico, di quelli che ti fanno prendere una
cocente delusione d'amore a diciassette anni come un affronto
durissimo da superare. Avrebbe dovuto fregarsene di
meno? Forse sì, forse si sarebbe risparmiata tanti casini e
tanti
pensieri, ma proprio non ci riusciva. Ricordava ancora troppo
vividamente come si era sentita quando Damon.... -bè si,
adesso
poteva dirlo- ...quando Damon l'aveva lasciata per correre dietro ad
Elena e non voleva più trovarsi in una situazione del
genere. Non
l'avrebbe sopportato, non di nuovo. E se Meredith aveva ragione su
Elena e Stefan allora ne stava correndo nuovamente il rischio e non
era accettabile. Non che potesse dirsi di già innamorata di
Stefan
così come era stata innamorata di Damon nel momento in cui
l'aveva
lasciata, lo conosceva troppo poco, ma poteva ammettere di star
cominciando a provare qualcosa, qualcosa che poteva trasformarsi
sì
in quel genere d'amore intenso che desiderava da sempre, che aveva
già creduto di aver trovato per poi essere amaramente
delusa. Non
voleva che succedesse ancora, non voleva essere ferita nuovamente,
quindi si avvicinò allo specchio nella sua camera, si
guardò
risoluta e confermò a se stessa che era giunto il momento di
parlare
apertamente con Stefan, del passato di entrambi e di come affrontare
il presente.
Un ticchettio alla finestra la colse alla sprovvista.
Si guardò intorno, convinta di aver sentito male, ma poco
dopo vide
chiaramente un piccolo sassolino che colpiva il vetro chiuso della
finestra che dava sul giardino sul retro del pensionato, rimbalzava e
ricadeva giù. Si avvicinò, allora, cauta. Per un
attimo le passò
per la mente che potesse trattarsi dell'ennesima bravata di Damon e
stava già lì lì per urlargli di
andarsene e spegnere la luce,
quando scorse la reale figura che le sorrideva dal giardino e allora
si rilassò, sorridendo di rimando, addirittura con un
pizzico
d'imbarazzo visto il ridicolo pigiama che indossava: maniche corte,
pantaloni lunghi, in cotone rosa e ricoperto di stampe a forma di
fragole e lamponi. Non esattamente l'emblema della
sensualità fatta
persona, insomma.
Gli fece cenno di aspettare, infilò sul pigiama
la leggera e morbida vestaglia che le aveva regalato la signora
Flowers qualche anno prima e scese di sotto, attenta a non fare
rumore e a non svegliare né Meredith né Teophilia
vista l'ora tarda
. Si accorse di essere a piedi nudi soltanto quando uscì in
giardino
e sentì l'erba fresca e bagnata sotto la pelle.
“Stefan.” -
salutò, trattenendo a stento l'entusiasmo per la piacevole
sorpresa.
Entusiasmo e preoccupazione, anche, perchè non se
l'aspettava e
temeva che fosse successo qualcosa di spiacevole o che Damon avesse
parlato dopo la sfuriata che gli aveva fatto nel pomeriggio, per puro
dispetto - “Cosa...cosa ci fai qui?”
Lui parve improvvisamente
in imbarazzo. Si portò una mano sulla nuca e scosse i
capelli,
chiaro segno di nervosismo.
“E' tardi. Hai ragione. E'
che...volevo sapere come stavi.”
Che? Ecco, quella Bonnie non
l'aveva prevista. A cosa si riferiva?
“Come sto?”
“Sì,
Caroline mi ha telefonato prima di cena e mi ha detto che ti ha vista
oggi e le eri sembrata un po'...sconvolta. Ma non prendertela con
lei. Non voleva fare l'impicciona. In realtà mi ha chiamato
perchè
credeva che fosse colpa mia e voleva farmi la ramanzina.”
Bonnie
avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma non riuscì a fare
altro se non
abbozzare un sorriso. Improvvisamente l'aria si era fatta
più fredda
e carica di una tensione che non riusciva a spiegarsi e non sapeva se
fosse un bene oppure solo il presagio di qualcosa di brutto.
“Sto
bene.” - rispose, soltanto.
“Sicura?”
“Si. Certo. Tu
non c'entri, davvero.”
“No?”
Bonnie scosse la testa, ma
in realtà la mente le si era affollata di domande e dubbi.
Eppure,
stranamente, guardando in quegli occhi verdi si sentiva coraggiosa
come mai lo era stata prima, si sentiva pronta ad affrontare con
Stefan quel discorso che rimandava da giorni, battendo sul tempo
Damon e qualsiasi cosa avesse in mente di fare. Stefan l'avrebbe
capita, e insieme avrebbero affrontato la cosa. Capì che
quella
tensione che avvertiva non era dettata dalla paura, ma dall'euforia,
era il suo corpo che l'avvertiva che era emotivamente pronta, che ne
aveva la forza. Di certo non poteva immaginare che anche Stefan
stesse facendo più o meno gli stessi pensieri in quello
stesso
momento.
“Stefan devo dirti una cosa...”
“No, aspetta, fa
parlare me per primo.” - la fermò lui -
“Se non lo faccio ora ho
il timore di non riuscire a parlarne più in
seguito.”
Bonnie,
stranita da quella svolta inattesa, annuì.
“E' tutto apposto?”
- chiese, incerta.
Stefan sospirò.
“Non proprio.” - ammise
- “Cioè sì, è tutto apposto
e vorrei che le cose continuassero a
rimanere così, ma oggi ho parlato con mio fratello e...non
so, non
mi è piaciuto. Ci penso da un po', ho paura che possa
venirti a dire
qualcosa che possa allontanarti da me solo perchè sa che con
te sto
bene e vuole rovinarmelo. Lui è fatto così. Mi
odia, credo.”
Ecco,
quello....quello era del tutto inaspettato. Non era lei quella che
aveva paura che Damon potesse raccontargli cose che potevano
allontanare Stefan? E invece veniva fuori che per lui era lo
stesso. E che Damon conosceva un po' troppi segreti per i suoi gusti.
Tuttavia....cosa poteva dirle di un ragazzo tanto gentile e a modo
come Stefan da convincerla a lasciarlo perdere? Le veniva in mente
soltanto una cosa: la teoria di Meredith.
“Vuoi parlarmi
di....Elena, per caso?” - tentò, cauta, ma lo
sguardo sbigottito
che ricevette in risposta fu più che sufficiente a farle
capire che
aveva centrato il punto.
“Tuo fratello non mi ha detto nulla.”
- chiarì subito - “In realtà
è stata Meredith. Lei ha occhio per
le persone, anzi per ogni cosa a dire il vero. E mi ha detto che le
sembrava che Elena fosse interessata a te...”
“Non lo
chiamerei interesse. Io preferisco definirlo un capriccio.”
Bonnie
annuì e serrò le labbra, in attesa,
perchè onestamente non sapeva
come e se continuare il discorso. Stefan, però, le prese le
mani e
riprese a parlare.
“E' una faccenda un po' lunga. Ma il succo è
abbastanza semplice. Conosco Elena fin da quando eravamo ragazzini,
siamo cresciuti insieme, è stata il mio primo amore e,
diventati
abbastanza grandi, decidemmo di metterci insieme. Siamo stati una
coppia
fino a qualche tempo fa. E in tutto quel tempo ho sempre saputo che
anche Damon era interessato a lei. Era bella, spigliata, stava sempre
in casa nostra, era naturale che anche lui, visto il carattere, si
facesse avanti e non me la sono mai presa neppure quando lei ci
faceva un po' la civetta perchè sapevo che in
realtà era innamorata
di me e perchè non sapevo che quelle scenette tra loro due
si
ripetevano anche fuori da casa, quando si incontravano tra loro. Poi
Damon è partito per l'università e tutto
è filato liscio fino a
due mesi fa, quando sono andato da Elena, sono entrato in casa sua e
l'ho trovata con mio fratello, a letto. Non è stato uno
spettacolo
piacevole. E lì ho perso ogni speranza con lui e ho capito
che lei
non mi ha mai amato davvero, che era innamorata solo dell'idea di
averci in due ai suoi piedi.” - le raccontò, e
nella sua
voce Bonnie potè scorgere ancora una leggera nota della
passata
tristezza e del vecchio rancore- “Ora lui è
tornato e non fa che
stuzzicarmi. Ho visto Elena, ho parlato con Elena, uscirò
con Elena,
andrò alla festa con Elena.... Ma non mi tocca e lo sa, non
mi tocca
grazie a te e la cosa lo deve infastidire parecchio perchè
oggi ha
usato un tono che...non lo so...mi ha fatto temere che potesse venire
a dirti chissà cosa e non volevo. Non voglio che ti faccia
pensare
che tra me ed Elena ci sia ancora qualcosa perchè non
è così,
davvero. E' una storia finita. Per quanto possano dire e possano
fare, io sto bene con te.”
C'erano lacrime negli occhi di
Bonnie. Non sapeva spiegare come si sentisse in quel momento
né
poteva tentare di spiegarlo a Stefan, non ancora. Ma provava
così
tanta empatia nei suoi confronti, una connessione così
grande e così
profonda...perchè avevano vissuto, senza saperlo, lo stesso
dolore,
perchè erano stati feriti, senza saperlo, nello stesso
momento e
dalle stesse persone. Eppure eccoli lì, si erano trovati,
per chissà
quale scherzo del destino. E stavano bene. Stefan aveva ragione.
Non
rispose, non sapeva cosa dire o come dirlo. Piuttosto
preferì
lasciarsi trasportare dalle sensazione del momento e lì,
sotto la
luna di una nuova mezzanotte, si spinse sulle punte dei piedi,
portò
le mani sul viso del ragazzo che aveva davanti e poggiò le
labbra
sulle sue, lasciandosi completamente andare quando le braccia di lui
le circondarono la vita. C'era dolcezza in quel bacio, tenerezza e
serenità. Niente irruenza o sfrenata passione, ma una
languida
lentezza e un'intensità tale da riuscire a toccare ogni
recesso
dell'anima. Bonnie si sentiva sicura e tranquilla, protetta come mai
prima di allora.
“Devo dirti anch'io una cosa di me, del mio
passato....” - mormorò, scostandosi dopo attimi
che erano parsi
ore, tenendo però ancora la fronte contro quella di Stefan.
“Non
adesso. Per stasera ne abbiamo avuto fin troppo di passato.”
-
rispose lui.
“Devo farlo. È importante.”
“Nel weekend.
Ci vedremo per la festa e passeremo tutta la sera insieme. Saremo
soli e parleremo di ciò che vorrai.”
“Nel weekend?”
Stefan
annuì, cercando ancora le sue labbra per un bacio leggero e
fugace.
“Però prometti che mi ascolterai fino in fondo e
che mi
capirai, qualsiasi cosa io ti dica?”
“Farò di più. Ti
prometto che, qualsiasi cosa tu mi dica, io ti risponderò
con un
bacio.”
NOTE:
Allora,
allora, allora.... altri due mesi, lo so, sono imperdonabile, sarei
da prendere a bastonate, scusatemiiiiiiii!!!! Ma, stavolta, ho dei
motivi piuttosto validi per spiegare il mio ritardo. u.u
Punto
primo: A Natale ho avuto parenti a casa e dopo Capodanno son stata
via quasi due settimane senza pc, diciamo che l'ho riavuto giusto
oggi xD
Punto secondo: Ho rivisto tipo...enormemente i miei piani
originari per la storia e di conseguenza ho rifatto un pò le
vecchie
trame. Ho inserito nuovi pg, cioè...non pg nuovi, ma pg di
cui non
ho mai scritto, un po' come ho fatto per Caroline, presi dalla serie
TV. E penso che trovandovi improvvisamente Rebekah spuntata fuori dal
nulla tra le strade di New York possiate capire a chi mi riferisco.
Di questo possiamo dare la colpa (xD) o il merito a Klaroline99 con
la quale ho chiacchierato a lungo in chat su fb e che mi ha incitato
a continuare coi vari cambiamenti.
Punto terzo: Ho avuto un po' la
testa occupata per l'arrivo, giusto prima di Natale, di una
fantastica notizia: insieme alla mia migliore amica sto per
pubblicare il mio primo libro scritto a quattro mani!!!! Il titolo
è
Doppelganger (non ha nulla a che vedere coi vampiri, né con
TVD,
chiariamo xD) e racconta la storia di indagine, amore e morte di una
giornalista che si troverà coinvolta negli intrighi delle
tre
famiglie più in vista di Città del Messico. Che
dire....devo molto
al sito per questo traguardo, perchè credo che senza EFP non
mi
sarei mai decisa a scrivere nulla di mio e a permettere ad altri di
leggerlo. E ovviamente devo molto a voi che mi avete sempre spronata,
spesso e volentieri, anche proprio a cimentarmi con qualcosa di
originale!!! Quindi...milioni di Grazie!!!!
Ma tornando al
capitolo.... non è un capitolo al cardiopalma, ma rimane
ricco di
cose. C'è l'introduzione di Rebekah e quindi della nuova
fase della
storia e anche del POV Matt, che apre il racconto anche alle vicende
che succederanno ai pg ancora a New York che, quindi, non
sarà solo
più di ambientazione ai flashback Bamon. Mentre le due scene
successive mostrano, da un lato Damon e tutta la frustrazione che si
porta dietro, e dall'altro Stefan e Bonnie al momento della
confessione di lui, della decisione di lei di rivelargli del suo
passato e del loro primo bacio. A questo punto è logico
quindi
pensare che Stefan scoprirà tutto a breve e, in effetti,
così sarà,
è possibile immaginare quando, ma per il come....diciamo
solo che
Elena non starà così ferma nei prossimi capitoli.
Qualcuno in una
recensione mi ha scritto che, mentre di solito tendevo sempre a
lasciare uno spiraglio per una possibile redenzione di Elena, in
questa storia pare che non ci sia. Beh...forse sarà proprio
così
xD
Per la famosa festa bisogna aspettare i capitoli 10 ed 11,
mentre le cene qui preannunciata tra Damon ed Elena e quella tra
Stefan e Bonnie avverranno nel capitolo 9. Se vi state chiedendo cosa
succederà quindi nel prossimo....beh....Rebekah non arriva
mica da
sola nella ff xD Altri arrivi, ragazze! Ben tre; uno per Alaric, uno
per Caroline e l'altro per Elena. Idee??
Ora vi lascio che ho
scritto un papiro xD Il prossimo capitolo arriverà a breve,
tempo
dieci giorni se non di meno. E stavolta è vero!!! Giuro!!! xD
Qui
sotto vi lascio qualche link, se volete contattarmi o dare
un'occhiata agli spoiler del mio libro.
Mia pagina facebook, son
sempre là: https://www.facebook.com/valeria.cosentino.180
Pagina Facebook dedicata al libro in uscita, con, tra le altre
cose, schede pg e scritti vari, vi aspetto:
https://www.facebook.com/langolo.di.goethe.8890
Alla prossima....Grazie mille a chi ha letto e/o recensito lo
scorso capitolo....BACIONI...IOSNIO90!!!