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Autore: shanna_b    03/06/2008    4 recensioni
La vita a volte prende pieghe non prevedibili... e se Jared, durante un concerto, si rompesse una gamba? Cosa succederebbe al suo ego, alla sua vita e alle sue vicende lavorative e personali?
In questa storia è contenuto anche il sequel della mia ff precedente "Shannonite acuta", in cui compaiono i personaggi di Shannon e Stella.
Soliti avvertimenti: non conosco i 30STM e questi "Leto" sono come me li immagino io (e qualche mia amica...), non scrivo a scopo di lucro e mi sono inventata TUTTO MA TUTTO MA TUTTO MA TUTTO...
La dedico a Tannaca e Folleria che mi fanno da Beta-Readers, amiche e psicologhe...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SOME SWEET VIOLENT URGE

 

Lavorare nel centro di una città vecchia poteva avere i suoi lati positivi: negozi sempre aperti, movimento di gente a tutte le ore, turisti e… quell’idea di immergersi nell’atmosfera della storia con la esse maiuscola. Camminare tra i palazzi antichi mentre il sole li colpiva regalando sfumature cangianti ed evanescenti, pensare che su quelle stesse strade potevano essere passate migliaia di persone, con le loro esistenze effimere, come quelle di tutti, ed immaginarsi il sottosuolo, pieno di reperti che potevano avere avuto mille significati per chi li aveva creati ed ora erano polvere. E vicoli semi deserti, bui, e sui quali si potevano aprire porte misteriose che nessuno aveva mai visto aperte e che portavano chissà dove.

Stella, in un leggero completo estivo gonna-maglietta, avanzava lungo il vicolo che la conduceva alla porta del suo ufficio, pensando alla notte appena trascorsa, nella quale aveva dormito sì e no mezzora, affranta.

Pensava a come poteva essersi sentito Shannon trovando il telefono staccato e a come poteva indorargli la pillola del loro addio, visto che non avrebbe potuto tenere il telefono spento per sempre. Doveva dirglielo, in un modo o nell’altro, ma non aveva idea di come l’uomo l’avrebbe presa: per questo preferiva non averlo davanti. Ne era terrorizzata: Shannon era un tipo passionale e le sue reazioni talvolta erano imprevedibili, per lei, che in fondo l’aveva visto solo quattro volte e quindi non ne conosceva tutte le sfumature caratteriali.

Pensava al fatto che forse era già in aereo, diretto ad Amsterdam, e che forse stava rimuginando sul concerto del giorno dopo al PinkPop Festival, piuttosto che a lei.

Pensava che sarebbe tornata alla sua vita di sempre, stiro-lavo-passolaspirapolvere-facciolaspesa-vadoinufficio, e le brevi parentesi in cui incontrava Shan sarebbero rimaste solo un bel ricordo e non un progetto segreto da costruire volta per volta.

A come si sentiva lei e si sarebbe sentita in futuro, evitava invece di pensare: ci avrebbe riflettuto in un altro momento, sperando di non finire nuovamente nella clinica sui colli, dal suo dottore preferito.

Arrivata davanti alla porta a vetri del suo ufficio, cominciò a frugare dentro la borsetta, alla ricerca della chiave, e non si accorse che una porta, dalla parte opposta del vicolo, si era aperta, silenziosamente, e ne era uscito qualcuno.

Se ne accorse soltanto quando la persona le si avvicinò e le disse, facendola sobbalzare: “Ciao, Stella.”

Era Shannon.

Stella si girò, senza parole, con un senso di colpa che le premeva sul petto come un macigno, ed il suo primo pensiero fu di scappare a gambe levate lungo il vicolo, non fosse che Shannon la prese per un braccio e, bruscamente, le ordinò: “Vieni con me.”

La donna tentò di resistere, ma l’uomo cominciò a tirarla verso la porta aperta, lontana pochi passi. “Entra, svelta.” La spinse dentro e poi cominciò a trascinarla lungo un corridoio semibuio e sporco e su per una scala che le parve pericolante, alla fine della quale Stella si rese conto di essere entrata, dalla porta di servizio, nel desolato e misero Hotel Monaco, un obbrobrio di hotel a ore che si trovava in pieno centro città, noto ritrovo di papponi e prostitute.

Shannon continuò a condurla a forza per altri due piani,  serrandole il polso, incurante delle proteste di Stella e tra le risate di qualche ambiguo personaggio che scendeva per le scale, convinto di trovarsi davanti ad un litigio tra amanti clandestini, finché arrivò ad una porta scrostata che aprì con la chiave e, con l’ennesima spinta, la cacciò dentro, chiudendosi l’uscio alle spalle.

Per un momento a Stella parve di rivivere la scena dell’anno prima all’hotel di Milano, non fosse per il fatto che non aveva gli odiosi faldoni, la camera era particolarmente piccola e lugubre, e, soprattutto, il viso di Shannon era particolarmente incazzato, come non l’aveva mai visto.

Si guardarono negli occhi per un po’, finché Stella non trovò coraggio, fiato e parole per dire: “Che ci fai qui?”

“Che coraggio hai di chiedermelo? Sei tu ad essere in torto, se non sbaglio.”

La voce di Shannon era fredda come ghiaccio e Stella indietreggiò, spaventata, un brivido lungo la schiena, mentre l’uomo continuava, gli occhi fissi nei suoi: “Sei tu che hai mentito, con la storia della scuola chiusa, non io. Io ti aspettavo a braccia aperte: Jared ha messo l’Heineken Jammin Festival solo per te, avevo inserito in scaletta la tua canzone preferita, ‘Valhalla’, apposta per te, per farti una sorpresa, e avevo in mente un pomeriggio e una serata speciale. Per noi.”

Stella fece un altro passo indietro e finì con le gambe appoggiate contro il letto.

“Non è come pensi. Io…”

Shannon avanzò e le si mise davanti, a meno di un metro, gli occhi lampeggianti di rabbia.

“Falsa. Se non ti andava di venire, bastava che dicessi di no e me ne dicessi la reale ragione, ma mentire con me non dovevi.”

“Non capisci…”

“Zitta. Non te ne frega niente di noi, vero?”

“Senti, Shan, non è così, ascolta…” Stella alzò le mani nel tentativo di calmarlo e parlarci, ma Shannon non aspettò che continuasse, le si avvicinò di più, le prese di mano la borsetta e gliela gettò per terra, le diede una spinta buttandola sul letto e poi le si mise sopra, bloccandone i movimenti, stringendole i polsi e tenendole le braccia sollevate oltre la testa.

Poi cominciò a gridarle in faccia: “Non te ne importa nulla di come potrebbe essere tra di noi. Che intendi fare? Niente, vero? Mentire con me e mentire con tuo marito, eh? Solo quello sei capace di fare, invece di cercare una soluzione…”

“Lasciami…”

Stella tentò di alzarsi ma Shannon la ributtò giù.

Allora la donna tentò di divincolarsi e di scivolargli da sotto, alzò le gambe, perdendo le ballerine, puntò i piedi sul copriletto e cercò di fare forza per spostarsi, ma il risultato fu che la gonna le si sollevò oltre il ginocchio e si ritrovò Shannon tra le gambe, i loro corpi a contatto, il peso dell’uomo che la schiacciava, nel bel mezzo del letto. Cominciò a respirare a fatica, il viso di Shannon a pochi centimetri dal suo.

“Puttana! Non pensi a come mi sento, io? Lontano e separato da te, che per amor tuo non tocco un’altra donna da tempo, mentre tu… tu che cazzo ci fai ancora tra le braccia di tuo marito? Perché te lo scopi?”

“No, non è così. Io…”

L’uomo improvvisamente si rese conto che Stella era sotto di lui, indifesa, gli occhi spaventati, il petto ansimante, la bocca socchiusa, il volto arrossato. La fissò un attimo in viso e poi, con la bocca, si impossessò delle sue labbra, con un misto tra passione e rancore.

Aveva sperato in un’intera notte d’amore con lei, aveva immaginato le snelle gambe di Stella avvolte attorno al proprio corpo, il suo respiro profumato, la morbidezza della sua pelle e l’aroma del suo sudore. Invece l’ultima notte l’aveva passata a pensare ad un piano con Emma, ad organizzare il suo rapimento, ad individuare e prenotare una stanza in quello schifoso albergo.

Ed ora…

Ora voleva, egoisticamente, quello che non aveva avuto la notte prima: sentirla sotto di sé, sentire il calore della sua carne, il  sapore ineguagliabile della sua bocca, e, unendo i loro corpi e i loro spiriti, trovare la sua emozione perduta, visto che Stella era solo sua, e di nessun altro.

Si staccò da lei e si alzò leggermente per abbassarsi i pantaloni e poi tentò, senza riuscirci, di toglierle la maglietta attillata, per toccarle il seno.

Stella capì le intenzioni dell’uomo e cercò nuovamente di spingerlo via, senza esito, convinta che il sesso selvaggio non fosse la soluzione ai loro problemi.

 “No, Shan, no. Così, no… Ti prego…”

Ma l’uomo le sollevò la gonna fino alla vita e il perizoma di Stella non fu un grosso ostacolo per Shannon che lo spostò e la prese. Ma Stella non era pronta per accoglierlo dentro di sè.

“No… Smettila… per favore…”

La ragazza tentò si spostarsi nuovamente, combattuta tra il cedere ed il resistere, ma l’uomo non le dava possibilità di scegliere, le teneva ancora le braccia sollevate oltre la testa e premeva contro il suo corpo, senza pietà.

“No. Bugiarda.”

Stella cominciò a gridare: “Mi fai male, smettila…”

Ma le sue grida vennero soffocate dalla bocca infuocata e famelica di Shannon, che non ascoltò le sue inefficaci suppliche e si fermò soltanto quando Stella si arrese e lui fu soddisfatto.

 

 

 

 

Per Giugina2004: c’è un motivo… a volte non è così semplice scegliere… vedrai…

   
 
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