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Autore: Lilu_wolf    19/01/2014    2 recensioni
Mi chiamo Hope. E questa è la mia storia, di come ho ucciso, e sono stata uccisa
Una fenice non muore
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nel mio quatriere c'è stato un blck out e non sono riuscita ad aggiornare. Ringrazio i recensori, ricordate che non pubblico se non si raggiungono o superano le 4 recensioni. Mi date una gioia immensa. Vi voglio bene


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-Hope! Sveglia! – era un giorno qualunque, un giorno come tanti. Era iniziato proprio così: la cantilena di Dawn nelle orecchie, e i gridolini di felicità di Mirth e Joy. Joy era il loro fratellino di sei anni, mentre Mirth la loro sorellina di due.  Le gemelle si vestirono in fretta, fecero colazione, ed uscirono rapidamente di casa. Un vento gelido raschiava il piccolo villaggio. Quell’inverno si prospettava più rigido del solito, già la stradina che le conduceva alla piazza principale, e quindi alla scuola, s’andava ghiacciando, e bisognava fare attenzione a non correre troppo, perché si rischiava di mettere un piede in fallo e scivolare. Le gemelle arrivarono a scuola un momento prima che la campana della chiesetta suonasse i consueti otto rintocchi, per annunciare agli studenti di entrare nelle classi. Le lezioni iniziarono con l’italiano, poi matematica, e disegno artistico. All’intervallo corsero all’ingresso, dove le aspettavano i membri del loro gruppo –Ehi, ragazzi!- salutò allegramente Dawn, ricambiata a sua volta. Hope la seguì subito dopo, facendo un sorriso ed un lieve cenno di saluto. Quel giorno sembrava astratta –Hope?Hope. sveglia!- esclamò Gioia, schioccandole le dita sotto gli occhi –Ehi, vacci piano! Cosa hai detto?- rispose a sua volta la bambina –Dicevo, che domani  è sabato! Potremmo andare al colle quattroventi per raccogliere le castagne- riprese Emilia –si, mi pare un’ottima idea, noi siamo libere- rispose Dawn –Così Hope potrà provare il suo aereo- la voce proveniva da dietro il gruppo –Cedric !- esclamò Hope, abbracciando il suo amico –Allora anche tu verrai?- domandò lui, speranzoso –Così anche io provo il mio aquilone nuovo- aggiunse –Mh ok!- esclamò la ragazzina sorridendo. Dawn ridacchiò sotto i baffi. Parlarono fino a quando non suonò la campanella, e dovettero tornare in classe. Le ore si trascinarono lente, ed alle quattro precise, la fiumana di studenti stravolti varcò la soglia della scuola, per non tornare mai più.. almeno fino al lunedì successivo. Dawn uscì correndo, con un sorriso sulle labbra –Aria!! Hope, è finita!- esclamò gioiosa. La gemella, che di solito si lanciava in manifestazioni di gioia a quella notizia, si limitò ad annuire, pensierosa –Cos’hai?- domandò la sorellina, inclinando la testa –Nulla, sono stanca- risposa Hope, trascinandosi dietro la cartella –Andiamo a casa- .A casa fecero merenda, e Hope sembrò ritrovare un po’ di buon umore, così propose a Dawn di fare una gita al ruscelletto che scorreva nel bosco, senza allontanarsi troppo –Ho la sensazione di essermi scordata qualcosa- mormorò Hope, mentre costruiva una barchetta di carta, e la posava delicatamente sull’acqua –Se non ricordi, forse non era importante- Magari era importante per qualcun altro- obbiettò la bambina, soffiando sulla superficie dell’acqua –Guarda, si muove!- esclamò estasiata. Giocarono fino a tardi, poi, quando Dawn finì nel ruscello, a causa di uno degli “scherzetti” di Hope, tornarono a casa. Mentre Dawn si faceva una doccia, Hope lesse un grosso libro antico, sull’anatomia della valle –Hooooopeeeee!- esclamò Dawn dal bagno –Mi porti l’accappatoiooo? – Non posso, è di microfibra, e io sono allergica alla microfibra, inizio a starnutire e si gonfiano le mani- brontolò Hope –Allora prendine un altro!-  sbuffando, Hope afferrò un asciugamano e lo gettò nella doccia –Ecco cosa mi sono dimenticata!!- esclamò allarmata subito dopo –Hope? Hope?- chiamò Dawn, ma Hope era già scesa. L’asciugamano le aveva ricordato che aveva dimenticato il suo lavoro a maglia(ovviamente era un compito per la scuola) da Marta, e doveva assolutamente recuperarlo prima di lunedì! Corse per mezzo Borgo, ma fortunatamente la casa di Marta era abbastanza vicina. Prese uno di quei rari pullman che circolavano per la città (saranno stati cinque in tutto) ed arrivò dalla sua amica. Marta le diede il lavoro a maglia, e si fermò a chiacchierare con lei. parlarono dell’esplorazione al Larcitonia, il bosco dove, si diceva, fossero tornati i lupi, e del giorno seguente, che avrebbero passato a raccogliere noci, castagne, e altri frutti. Si avvicinava la sagra d’autunno, un’altra occasione per stare insieme al villaggio. Chiacchierando si fecero le dieci e mezza. Era già buio, e Hope doveva tornare in tempo per la cena. Salutò Marta, e corse in strada, cercando un pullman, ma non c’era nessuno a quell’ ora. Girò, girò, fino ad arrivare nella piazza della chiesa dei benedettini. Era una chiesa con alcuni monaci, ma isolata dal resto delle case. Lì trovò la sua condanna. Udì un grido strozzato, poi uno sparo. Il cuore le si spezzò in gola, mozzandole il respiro. Non era una bambina priva di cuore, e corse a vedere cosa stava accadendo. Quello che vide la lasciò senza fiato. C’era un uomo, un uomo in una pozza di sangue. Cacciò un gridolino, ma qualcuno, da dietro, le tappò la bocca. Una voce che non aveva mai sentito, mormorò –Hope. Non fare scherzi- nella confusione, la bambina non capì chi era –Adesso- continuò –Prendi la pistola. E spara un colpo- Hope inorridì. Un colpo?! Perché?! E chi era quell’uomo –Hope, non vuoi che la tua mamma si faccia male, vero? E nemmeno Dawn..- la bambina sussultò –Non fate del male a mia sorella, non fate del male a Dawn- trovò la forza di dire –Faremo di peggio, sia a lei che agli altri tuoi familiari. Ora, spara un colpo. O le conseguenze si ritorceranno contro la tua sorellina- Hope non aveva mai tenuto in mano una pistola. Notò che era pesante, e che non sapeva come usarla. Ma poi, sotto indicazione, premette il grilletto, verso il cielo. Uno sparo ruppe la quiete della cittadina, e da allora nulla fu più come prima. L’uomo si dileguò. Hope crollò in ginocchio, accanto all’uomo morto. Starnutì più volte, non riusciva a respirare, e le prudevano le mani. Mollò la pistola, e si resse con le mani al pavimento, per non cadere. Sentì le sirene, e tante voci. Il sangue iniziò a scorrerle tra le mani. Capì cosa doveva fare. Per salvare la sua famiglia, avrebbe sacrificato se stessa.  E quando la polizia girò l’angolo, la trovò inginocchiata davanti ad un cadavere, con le mani zuppe di sangue, e una pistola accanto. Dawn non credette ai suoi occhi –Hope.. cosa hai fatto? Cosa hai fatto?- la sorella alzò gli occhi. erano freddi, gelati. Quella notte, qualcosa si ruppe.
La polizia portò via la bambina, senza sapere cosa fare. Mandò la salma alla scientifica, e dalle analisi fatte alla pistola, non si poté far altro che constatare che le impronte digitali appartenevano alla bambina. Fu fissata la data del processo. Hope si rifiutò di vedere chiunque. Nessuno andò da Hope.
Joe era giovane. Era bello. Aveva un lavoro. Ed era un donnaiolo di prima categoria. Ma quel giorno, quando si fermò per un aperitivo in quel borgo sperduto, aveva voglia di gettarsi nel fiume. Era diretto alla capitale per alcuni problemi di eredità. Lui non voleva l’eredità. Lui rivoleva solo Corinne. Il solo pensare quel nome lo faceva star male, lo distruggeva nell’animo. Così, pensò di cercare un locale e fasi servire qualcosa. Ma quel giorno la sua vita cambiò per sempre. Dopo aver visto i primi due locali chiusi, notò un terzo negozio. Un uomo si affaccendava davanti alla serratura, tentando di chiuderla –Buon uomo!- chiamò Joe, col suo accento straniero ed un candido sorriso. L’uomo lo squadrò –Sa dove posso trovare un buon bicchiere di qualcosa di forte?- continuò il giovane avvocato –Non troverà nulla, qui! Sono tutti al processo-  e si batté una mano in fronte, come a darsi dello stupido per non essere andato anche lui prima –Non ho mai visto un processo che attiri tanta gente- Beh, io non ho mai visto un’imputata dell’età di quella bambina!-  ribatté l’uomo. E scosse la testa incredulo, come se ancora non ci credesse manco lui. Alla parola “ processo” lo spirito da avvocato di successo qual era Joe, si era risvegliato –Penso che andrò a dare un’occhiatina.  È lontano?- Non si preoccupi andiamo insieme- così Joe e l’uomo giunsero ad una casetta che fungeva da tribunale. Per miracolo riuscirono ad accaparrarsi un paio di bei posti,  così Joe vide l’imputata. La stavano interrogando in quel momento . L’avvocato  le stava porgendo alcune domande. Lei, calmissima, fredda, e a testa alta, rispondeva.                                                                                        
–Quanti anni hai, Hope?-                                                                                                                                     
 -Nove e mezzo-                                                                                                                                                  
 -E’ piccola, per la miseria!- sussurrò Joe  
  –Si, ed ha sparato ad un uomo, uccidendolo. Non ha negato, dicono- 
  -Sei stata accusata di un grave crimine, come ti reputi?-                                                                                                 
 -Colpevole- tutta il tribunale sussultò, con i cittadini.                                                                                              
   –Quella è la madre, vede? E quella la gemella- disse l’uomo accanto a Joe, indicando una bambina uguale a quella che stavano interrogando    
    –E il padre?- chiese Joe                                                                                                                                         
  –Morto. Disperso. Faceva il soldato- Joe annuì    
  –Come si chiama la bambina?-                                                                                                                                    
      -Hope. Hope Buttercup-                                                                                                                                           
   Qualcosa, qualcosa era scattato, quando aveva visto quella bambina. Rimase tutto il pomeriggio a guardare il processo, ed alla fine Hope fu condannata colpevole. Restava da capire cosa farne. In carcere non poteva restare. Nessuno voleva la sua tutela. E fu lì, che Joe si alzò –Mi scusi, vostro onore, se è possibile, vorrei ottenere la custodia legale della bambina-  disse a chiare lettere. Tutta la sala lo guardò, sconvolta. E lui da dove usciva?!                                                                                               
      –M-Ma lei chi è? – domandò confuso il giudice –Mi chiamo Joe. Joe Welshire. Sono un avvocato londinese, e vorrei portare lì la bambina- tutti sbiancarono. Hope a Londra?! Il giudice sospese il giudizio, e si consultò prima con la famiglia, poi con il giovane avvocato. Non era mai successo prima, qualcosa del genere. Hope aveva sconvolto tutta la vita del Borgo
Quando aveva detto quella frase, quel signore, Hope aveva per un secondo perduto tutto il suo aplomb. Chi era quel tizio, e cosa voleva da lei?!? lo guardò: era bello, aveva un’aria .. quasi dolce, comica. I capelli erano castano chiari, e disordinatamente corti. Gli occhi di un caldo color nocciola, e un sorriso ammaliante.  I due si squadrarono, con diffidenza, con simpatia. Ma quando Joe aveva pronunciato quella parola, Londra… Andare così lontano dalla sua famiglia.. Senza Dawn.. Dawn. Doveva fare ciò che era meglio per lei, ormai. E forse, Londra non sarebbe stata così male.
La corte aveva deciso. Hope sarebbe andata a Londra. Dawn non riusciva a crederci, aveva il cuore spezzato, trafitto: una parte della sua anima, la sua gemella e migliore amica era un’assassina. Le aveva mentito per tutto quel tempo, e  in più l’aveva totalmente abbandonata. Guardarla durante il processo era stata un’agonia. Quando era stata chiamata per testimoniare aveva cercato lo sguardo di Hope, uno sguardo umano, che le desse calore, speranza.. ma Hope era rimasta impassibile, e i suoi occhi verdi non avevano sfiorato la sorella.  Joe, quell’uomo che se la sarebbe portata lontano, era una persona velata di mistero. Era andato a casa loro, e aveva chiesto tutte le cose della bambina. La madre era impallidita, e gli aveva consegnato due pesanti sacchi neri. Aveva intenzione di buttare tutto. Adesso aveva solo tre figli –La faccia dimenticare. la porti via- aveva sibilato. Dawn era rabbrividita –Perché?- aveva chiesto all’uomo. Perché? Perché me la porta via? Perché lo ha fatto? Perché ha deciso di adottare un’assassina? Perché lei mi ha tradito? Lui l’aveva guardata, un misto di tristezza e malinconia –Speranza- aveva detto soltanto questo. Doveva andare a gestire degli affari in sud Italia, poi sarebbe tornato a prendere la bambina. In capo a tre giorni, Hope sarebbe sparita da Querciantica. E lei non l’avrebbe vista mai più.
Tre giorni dopo, Hope fu fatta uscire dalla cella. Joe le aveva portato uno dei suoi vestiti puliti, ed era andato a prenderla –Vuoi salutare qualcuno?- chiese gentilmente. La bambina scosse la testa –Non ho nessuno- mormorò.  Così la macchina lasciò per sempre il borgo. E Hope lasciò la sua vecchia vita.  
 
   
 
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