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Autore: mirandas    20/01/2014    1 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Canto X
 
Dante
 
Il mio maestro mi aveva portato in un vicolo buio della città e, se non fosse stato per le fiamme dell’Inferno, sarebbe sembrato anche intimo (Dante, devi smetterla di pensare a queste cose!). Non avevo ancora proferito parola da quando ci eravamo addentrati all’interno delle mura e per tutto il tempo mi ero limitato a seguirlo come un bravo cagnolino.
Ma il mio rarissimo silenzio durò per poco. Avevo notato delle tombe, aperte. “Oh, grandissimo, eccellentissimo, illustrissimo, altissimo, purissimo e levissimo maestro mio adorato…”
Purtroppo la mia guida aveva già capito le mie intenzioni. “Va bene, dillo.” Mi interruppe con un sospiro rassegnato.
“Posso vedere le anime dentro le tombe? Tanto i coperchi sono aperti e non ci sono diavoli a sorvegliarli. Posso? Daiiiiiiiiii. Ti preeeeeeeeego! Posso? Posso?! Posso?!?!?!” dissi, strattonandogli la manica della veste dopo ogni parola.
Il mio maestro strattonò via la veste con espressione scocciata, poi mi afferrò la mano con forza, prendendomi subito dopo l’altra con la mano ancora libera. “Dante, smettila di rompere le palle! Tanto le tombe verranno chiuse solo nel giorno del giudizio quando le anime del…” ma poi vide i miei occhi da cucciolo di aquilotto abbandonato e si fermò di colpo. Sospirò rassegnato. “Va bene, vuoi andare a vedere le tombe? E andiamo a vedere le tombe…ti costava tanto chiedermelo subito?”
“Mia carissima guida, se non ti dico subito ciò che desidero è soltanto perché temo che tu ti arrabbi con me. E poi lo sai che io ci rimango male perché ti voglio tanto bene e non ti voglio fare infuriare…” aggiunsi con una vocina il più tenera possibile.
Virgilio mi osservò in silenzio per un istante, come se avesse trovato un significato nascosto nelle mie parole. Alla fine si limitò ad accompagnarmi fino alle tombe senza emetter verbo.
“Ah-ah! Sapevo di aver riconosciuto l’accento! Si sente lontano un girone che sei fiorentino. Di’ un po’, non la vorresti una coca-cola con la cannuccia corta? Niente di personale eh, figurati, però quelli mi stanno sulle scatole a prescindere, soprattutto voi guelfi.” Questa voce mi spaventò così tanto che mi avvinghiai di nuovo alla mia guida, abbandonando ogni ritegno.
“Ma che fai, Dante?! Hai rotto le palle fino adesso che volevi vedere le anime e ora hai paura? Bah. Capiscilo, il povero Farinata” esclamò Virgilio, poi aggiunse, dandomi un colpetto con il gomito “Non vedi che ha il suo alzabandiera mattutino?” 
Calò un silenzio imbarazzante, durante il quale il mio maestro si rese conto di ciò che aveva appena detto e il suo viso assunse una gamma di colori che andava dal rosa maialino al vinaccia e Farinata non era in condizioni migliori. Quest’ultimo cercò comunque di togliersi d’imbarazzo, coprendosi dalla cintola in giù col coperchio della bara. Cosa che – oltre a risultare del tutto inutile – fece anche un casino infernale.
Io avevo già distolto lo sguardo da un pezzo per fissarlo nei suoi occhi. Farinata, nonostante l’ingombro provocato dal coperchio, si ergeva fiero col petto e la fronte, mostrando il suo disprezzo per l’Inferno e la sua virile compostezza. Ero quasi tentato di rinunciare all’impresa ma le mani forti della mia guida mi spinsero verso quell’anima, quasi facendomi cadere a terra. Girai la testa per guardarlo con una smorfia di insicurezza. Dovevo proprio andarci da solo?
Virgilio mi rivolse un ghigno divertito: “Che c’è? Stavi morendo dalla voglia di andarci…scusa il gioco di parole. Se vuoi parlarci ci andrai da solo questa volta, ok? O questo o se proprio non vuoi lo ignoriamo e continuiamo il nostro percorso. Però ti avverto che non ci si fa bella figura.  Quindi vai pure, e vedi di non dir cazzate.”
“Ehi Maestro, come mai sei così malizioso? Cos’hai mangiato a colazione, eh?”
Mi morsi la lingua. Era la mia guida, il mio illustre poeta, dovevo essere rispettoso nei suoi confronti. “Perdonami.” Mi scusai umilmente, abbassando gli occhi. Virgilio mi guardò divertito. Sembrava essersi almeno temporaneamente ripreso dallo stress delle ultime ore. “Fa nulla.” Sorrise con lo sguardo di chi la sa lunga. “Avanti, vai.” Incrociò le braccia e rimase a fissarmi a distanza mentre mi voltavo verso lo sborone.
Avevo capito che nelle parole del mio maestro si nascondeva una sfida. Desiderava vedere fino a che punto sarei stato disposto a spingermi pur di parlare con  le altre anime. Voleva testare il mio coraggio, la mia tempra morale! Ed io non l’avrei certo deluso. Mi sarei dimostrato il compagno di viaggio perfetto! Così mi incamminai con aria decisa e, quando stavo per raggiungere finalmente Farinata, mi sovvenne che forse, ma proprio forse eh, non ero mica sicuro…anzi, ora che ci pensavo meglio, sicuramente il mio maestro non aveva voglia di accompagnarmi.
Cercai di nascondere la mia delusione quando giunsi ai piedi della tomba di Farinata. Questo mi guardò con un’aria di superbia difficile da non notare e mi domandò: “Chi furono i tuoi antenati? Erano fighi come i miei? Non penso proprio, ma dimmelo lo stesso.”
Io, che non vedevo l’ora di dimostrargli che anche i miei antenati erano stati fighi, gli rivelai vita, morte e miracoli di tutti i parenti, prozie e cugini di secondo grado compresi tutto. Al termine del racconto, lui sollevò le sopracciglia in su, leggermente impressionato ma attento a non darlo troppo a vedere. “I tuoi antenati furono fieri avversari miei e dei miei avi, però alla fine ho vinto io e li ho scacciati per due volte, tiè.”
La serietà che era stata presente fino a quel momento si era completamente volatilizzata dopo queste parole. Cominciammo così a discorrere come bambini di cinque anni. “Ma i miei alla fine sono tornati tutte e due le volte invece i tuoi no! Ha!”
“Gnè gnè gnè.”
Gli risposi con una linguaccia.
Lui con una smorfia.
“Autopompa fiorentina!”
“Zitto tu! Torta di ceci!”
“Nasone!”
“Cosa avresti da dire sul mio naso? Sei solo invidioso perché ce l’ ho più grosso!” Farinata arrossì. Sentii una risata soffocata alle mie spalle.
Ad interrompere la nostra “disputa” intervenne un’anima, inginocchiata nel sepolcro di fianco a quello di Farinata, si riusciva ad intravederne solo il mento. L’anima guardò intorno a me, come cercando avidamente qualcuno, che però non era presente, poi mi parlò piangendo: “Dante, ragazzo, se vai attraverso l’Inferno per i tuoi meriti intellettuali, dov’è mio figlio? E perché non è con te? Se non ricordo male eravate, come si suol dire, culo e camicia, insomma amici molto intimi.”
Oh Dio, era il papà di Guido! Ma perché tutti credevano che fossimo una coppia?! Cercando di ridarmi un contegno, risposi imbarazzato: “Salve Signor Cavalcanti-babbo. Ecco, vede, non mi trovo qui per mia volontà e nemmeno da solo.” Mi interruppi per indicargli Virgilio, che mi guardava con aria divertita e mi salutò con la mano, riuscendo ad imbarazzarmi ancora di più. “Vede quel tizio lì seduto con la toga? Lui è la mia guida e mi condurrà da Beatrice, a cui forse Guido rifiutò di essere condotto. Beh, poi questa cosa ha anche significati reconditi, potremmo intendere che lui ha rifiutato la teologia. Sbaglio o era Epicureo?”
Improvvisamente si levò in piedi e gridò: “Come sarebbe a dire “era”?! Vuoi dire che lui non è più in vita? E che l’hai tradito con un romano?”
Prima che potessi rispondere adeguatamente sentii Virgilio che urlava di rimando: “Mantovano, prego!”
Ma il padre, vedendo che indugiavo a rispondere, ricadde a peso morto nel suo sepolcro e non si mosse più. Farinata non mutò espressione e riprese la disputa da dove eravamo stati interrotti, però con voce più calma. “Se i miei antenati non sono riusciti a tornare in patria, ciò mi preoccupa più del mio soggiorno all’Inferno.” Pausa ad effetto. Riprese a parlare con il sorrisetto di superiorità tipico del bambino che si è appena vendicato crudelmente di un torto subito dal compagno. “Ma anche tu subirai presto lo stesso destino, Dante, molto presto. Però guarda, se mi levi questo dubbio che ho da un po’ di tempo ti lascio andare; dimmi: perché i fiorentini sono così stronzi con i miei famigliari?”
Ed eccoci di nuovo punto e a capo. “Guarda che la colpa è vostra! Se non aveste fatto quella strage a Montaperti, forse non avremmo dovuto prendere decisioni così drastiche.”
Lui scosse il capo, testardo più di un mulo. “Non sono stato solo io a combattere! Non è giusto! Non l’avrei mai fatto senza un buon motivo con gli altri e poi sono stato l’unico coglione a rimanere indietro per difendere Firenze quando tutti volevano distruggerla!”
Visto che ormai sapevo che la conversazione non sarebbe mai giunta ad una conclusione, decisi di fare buon viso a cattivo gioco, ricordandomi che le anime potevano predire il futuro, così tentai di arruffianarmelo un po’: “Spero vivamente che la tua stirpe possa avere pace.” Lo pregai, ma scorsi il dubbio nel suo sguardo, quindi mi arresi a rivelargli il mio desiderio. “So che tu puoi vedere il futuro ma che per guardare al presente segui regole diverse.” Cominciai, tenendomi sul vago.
E lui, con l’orgoglio per quella sua dote che aveva preso per un attimo il posto del rancore nei miei confronti, mi rispose: “A dir la verità, è un po’ come se fossimo presbiti. Riusciamo a vedere solo le cose lontane nel tempo e per avere notizie del presente dobbiamo chiedere alle anime appena arrivate. Quindi puoi immaginare che quando arriverà il giorno del giudizio non potremmo più predire niente perché il mondo finirà.”
Soddisfatta la mia curiosità, ma spinto dal rimorso per non aver spiegato bene la sorte del figlio a Cavalcante, il padre di Guido, gli dissi: “Ascoltami bene, ora dirai a Cavalcante che prima non intendevo dire che suo figlio era morto. È solo che, a forza di parlar per metafore ed allegorie mi capita di confondermi quando si tratta di colloquiare normalmente! Guido è ancora vivo e vegeto, di questo può stare sicuro e digli anche che non l’ho tradito perché noi siamo sempre stati solo amici, d’accordo?” Insistetti su quel “solo amici”. Non so perché, ma mi avrebbe dato fastidio se Virgilio avesse pensato ad una mia precedente relazione con Guido. Perché i genitori devono trarre conclusioni così in fretta!? “Prima non ho risposto subito solo perché mi ha preso di sorpresa con le sue accuse! Tutto qui.” Conclusi.
“Dante!!! Ti muovi!?” L’urlo di Virgilio mi mise fretta.
“Dai, Farinata, dimmi velocemente chi c’è qui con te.” Lo pregai. “Presto, prima che Virgilio mi lasci qui!”
Farinata, spinto da malignità, mi disse, il più lentamente possibile. “Qua con me ci sono Federico II, te lo ricordi chi è? Federico II di Svevia, quello lì…l’ imperatore…che non è Federico I, ma il secondo, viene dopo in ordine cronologico. E poi c’è il Cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Non so se hai capito bene il cognome, ti faccio lo spelling: U B A L D I N I. E…”
Non fece a tempo a continuare perché Virgilio mi afferrò per il braccio e mi trascinò via. “Grazie per la chiacchierata Farinata, ma abbiamo molto da fare. Tornatene pure a dormire nel tuo letto di pietra. E la prossima volta vedi di non mostrare la tua felicità con ogni componente del tuo corpo quando qualcuno ti viene a fare una visita.” Disse il mio maestro, lanciando un’occhiata al coperchio di pietra che ancora copriva le parti intime di Farinata.
L’anima gli lanciò un’occhiataccia ma si sdraiò ubbidientemente nel suo sepolcro.
Soddisfatto, Virgilio lasciò andare il mio braccio e mi condusse per un’altra via.
Ma le parole di Farinata continuarono a turbarmi per un bel po’ di tempo, tant’è che il mio mastro si bloccò di colpo, facendomi sbattere il naso contro la sua schiena. Indietreggiai, massaggiandomi l’appendice dolorante, notando solo allora lo sguardo preoccupato della mia guida. “Dante, mi sembrava che avessimo già avuto questo discorso. Che cosa ti turba? Sai che a me puoi dirlo.”
Colto alla sprovvista dalle gentili parole del mio maestro, gli rivelai della piccola profezia che mi aveva fatto Farinata, sul fatto che presto anche io non sarei mai più tornato a Firenze.
Virgilio mi osservò in silenzio fino al termine del racconto, poi disse: “Adesso ascoltami bene, Dante. Purtroppo le profezie dei morti sono sempre vere ma, ciò non vuol dire che questo non ti porterà beneficio. Magari scoprirai di non tenere più a Firenze come una volta e troverai un altro luogo che ti piacerà, dove potrai stare con persone di tuo gradimento, magari a cui tieni. Non sempre i cambiamenti avvengono in peggio; anche tra le nubi oscure delle inimicizie, delle lotte intestine e degli scontri tra fratelli potrebbe esserci uno spiraglio di luce. Firenze non ti caccerà per sempre, e poi potrebbe anche essere un’ occasione per viaggiare un po’. Hai mai pensato, che so io, alla Lunigiana? I Malaspina sono abbastanza simpatici. Ma ora fai attenzione a ciò che sto per dirti” Alzò l’indice. “Quando Beatrice ti prenderà in custodia, saprai da lei che cosa ti riserva il destino.”
Detto questo calò un religioso silenzio in mezzo a noi. Il discorso del mio maestro mi aveva commosso, fino a quando non aveva nominato Beatrice. Perché doveva esserci sempre di mezzo la biondona luminosa a 4000 watt? Perché mi dava fastidio pensare di dovermene andare con lei e di abbandonare Virgilio? Non era forse quello che avevo sempre desiderato, poter stare con lei, che era la nona della lista di fiorentine gnocche che avevo stilato con Guido? In fondo, non sapevo già dall’inizio che il mio maestro non poteva guidarmi in Paradiso? Accantonai il pensiero prima che mi conducesse in luoghi della mia mente che non desideravo ancora esplorare.
Il mio maestro nel frattempo si era mosso verso sinistra senza di me ed io mi affrettai a seguirlo. Lasciammo il muro della città e ci dirigemmo verso la parte centrale del cerchio, fino ad arrivare in una valle che mandava un odore di bruciato talmente forte da prendermi alla gola.
Mi tappai il naso con due dita, disgustato dall’odore. “Maestro, ma che cos’è questo odore?”
Virgilio mi rispose con un sorriso lugubre. “Spero ti piacciano ben cotti.”

Disegno fatto dalla mia collega I. (bellissimo :D)
http://it.tinypic.com/r/14xpi01/5
Questo invece è un disegno fatto da LovelyAndy   e mi ha fatto veramente scompisciare dalle risate perchè io mi immaginavo la scena esattamente così xD
https://m.facebook.com/448336835267444/photos/a.449867365114391.1073741836.448336835267444/470701609697633/?type=1&source=46
 
  
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