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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    20/01/2014    2 recensioni
Quando tutto sembra andare per il meglio, si sa, le difficoltà arrivano, prima o poi.
Io, Lena Taylor, lo so bene. Ho perso i miei genitori e mio fratello e ho scoperto che colui che credevo mio zio era in realtà mio padre. Adesso vivo a New York, ho un ragazzo che mi ama e vado al college. Ma qui nella Grande Mela i problemi sono sempre dietro l'angolo, pronti a venir fuori per sconvolgere le nostre vite e far crollare le nostre certezze...
Seguito di "Little pieces of my life".
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Don Flack, Mac Taylor, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
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Always and forever

CAPITOLO 25
 
POV Lena
 
Io e Cal siamo segregati nella camera di Louis da due giorni, ormai. Sono passati più di venti giorni dal rapimento. Voglio tornare a casa da mio padre e Jo. Da Flack. E dai miei amici. Non ce la faccio più.
Guardo Cal mentre osserva il paesaggio fuori dalla finestra. Il suo volto non tradisce alcuna emozione.
«Cal?» lo chiamo. Sono seduta sul letto con la schiena appoggiata alla parete. Lui si volta.
«Credi che Louis lo sapesse già che Matt stava mentendo?» chiedo. Non so perché, ma ho avuto l’impressione che sapesse già tutto e stesse solamente cercando un pretesto per ucciderlo.
Fa spallucce. «Forse.»
Il silenzio torna sulla stanza.
Ad un tratto un pensiero mi attraversa la mente.
Il college. È cominciato da giorni, ormai. Come farò a recuperare tutto? Dovrò impegnarmi tantissimo, soprattutto perché è l’ultimo anno.
Sempre che riescano a liberarci.
Sempre che io sopravviva.
Mi alzo dal letto e mi avvicino alla porta. Tendo l’orecchio.
Nulla.
Il nulla più totale.
Siamo soli. Forse Louis è uscito.
Cal mi osserva. Sento il suo sguardo su di me.
«Cosa fai?» mi chiede.
Io mi volto. «Non c’è nessuno in casa.» dico.
Mi osserva con aria interrogativa.
«Potremmo provare a scappare.» propongo.
Lui scuote la testa. «Ci ucciderà. Ti ha già sparato una volta, non esiterà a farlo una seconda.» spiega.
Annuisco. Ha ragione. Non voglio che faccia del male a Cal per colpa mia, perciò, abbandono l’idea. Se dovessero ucciderci sarebbe tutta colpa mia. Io ho chiamato Cal. Io l’ho messo in pericolo. Devo tentare di proteggerlo, ora. So che è una cosa stupida da dire, ma devo prendermi le mie responsabilità: io l’ho cacciato in questo pasticcio, io dovrò farlo uscire illeso. O non me lo perdonerò mai.
Torno a sdraiarmi sul letto. Appoggio la testa al cuscino e osservo il soffitto. È un giorno intero che Louis non ci porta né cibo né acqua e non ci fa visita.
La sete comincia a farsi sentire.
Potrei dormire, ma non sarebbe giusto nei confronti di Cal, così continuo a guardarmi intorno.
Ad un tratto lui si volta verso di me. «È qui.» annuncia.
 
La porta della stanza si spalanca. Louis entra con passo deciso.
«Buongiorno, signori. Come state, oggi?» domanda. Tiene in mano una pistola. Mi alzo dal letto e Cal si avvicina.
«Non ci lamentiamo.» ironizza Cal.
«Lo immaginavo. Dunque, ho tolto quel cadavere dal salotto.» annuncia come se a noi dovesse importare «E volevo farvi sapere che tra qualche ora arriverà Carlos Diaz e tu, Lightman» dice indicando mio zio «dovrai spiegare perché Matt è morto.» conclude.
«È morto perché tu gli hai sparato.» spiega Cal.
Louis sorride divertito. «Dovrai dirgli che aveva rubato lui quella droga.»
«Perché?» chiede mio zio «Puoi anche farlo da solo.»
La situazione sta peggiorando. Cosa costa a Cal dire che aveva rubato Matt quella droga? Fino a venti minuti fa non sarebbe scappato per non farsi uccidere e adesso sfida Louis?
«Tu non hai capito. Non era una richiesta. Era un ordine.» insiste Louis.
«No, tu non hai capito. Io non lavoro per te.»
Louis annuisce. È arrabbiato. Stringe la pistola e fa qualche passo avanti.
«Se non collabori potrebbe succedere l’irreparabile.» lo avvisa.
«Va’ all’inferno.» sbotta Cal. Mi volto verso di lui e gli rivolgo uno sguardo interrogativo e al contempo preoccupato.
«Come?» la rabbia nella voce di Louis è evidente.
«Ho detto: va’ all’inferno.» ripete mio zio. Così manderà tutto all’aria. Ci farà uccidere, ma tutti i torti non li ha. Noi non lavoriamo per lui, perché dovremmo aiutarlo?
Louis annuisce. «D’accordo. Io ti avevo avvertito.» conclude Louis. Mi prende per un braccio e mi tira a sé. Sobbalzo al suo tocco.
Cal avanza. «Lasciala!» esclama.
Louis scuote il capo, divertito. «No.»
«Se non la lasci subito…» comincia mio zio.
«Cosa fai? Mi uccidi? Come?» scoppia in una fragorosa risata e mi cinge i fianchi ancora più forte. «Sai, fino ad adesso non avevo mai preso in considerazione l’opzione di farle del male. Però…»
«Lasciala, schifoso codardo. Prenditela con me. O hai paura di vedertela con qualcuno più vecchio?» lo provoca.
Louis ride e scuote la testa. «No, credimi. Non ho paura.»
Il mio petto è premuto contro il suo. Lo osservo. È lucido.
Sta parlando sul serio? Non mi ha mai fatto del male. Cos’è cambiato?
«Lasciala, Louis.» ripete Cal.
«No. Troppo tardi. Ti avevo avvertito. Adesso a pagarne le conseguenza sarà lei.» indietreggia e usciamo dalla stanza.
«NO!» sento gridare dall’interno. Cal sta battendo i pugni contro la porta, vorrebbe impedire che mi porti via, ma non può.
Louis chiude a chiave senza mai lasciarmi. Non posso muovermi e se lo facessi, mi ucciderebbe.
Mi trascina in un’altra stanza tenendomi per un braccio. La sua stretta mi fa male, ma non ho il coraggio di parlare, sono paralizzata dalla paura.
Probabilmente è la camera dei suoi genitori. Al centro della stanza spicca un letto matrimoniale intatto.
Mi getta a terra e poi mi punta contro la pistola. Lo osservo senza parlare.
«Non ti ho mai fatto del male, ma se tuo zio non si deciderà a collaborare, preparati a patire le pene dell’inferno.» dice ed esce.
Diceva sul serio. Non stava mentendo, gliel’ho letto in faccia.
Ho paura di cosa potrebbe farci.
Ho paura come non mai.
Mi alzo lentamente e con gli occhi lucidi raggiungo il letto. Mi sdraio e mi raggomitolo.
Papà, dove sei? Fa’ presto, ho paura.
 
POV Mac
 
Sono nel mio ufficio da tre ore, ormai. Nonostante tutti gli indizi e le piste non siamo ancora riusciti a trovare Lena e Cal. Dannazione!
Sferro un pugno alla scrivania e un portamatite si rovescia.
Adesso che sappiamo dove si trova la casa dei genitori di Louis, dobbiamo solo aspettare rinforzi e poi potremmo fare irruzione.
Dov’è finito Flack? Non dobbiamo perdere tempo.
Ad un tratto sento bussare. Sollevo lo sguardo.
Una donna è ferma sulla porta.
«Avanti.» dico.
Lei entra. Ha il tesserino visitatori e sorride debolmente. Ha l’aria stanca.
Mi alzo dalla sedia e la raggiungo. «Posso aiutarla?» chiedo. La manderò da qualcuno che possa occuparsi di lei. Adesso non ho tempo.
«Salve, detective.» sorrido «Sono Gillian Foster, una collega di Cal Lightman.»
Rimango spiazzato. Gillian Foster? Non avevo pensato di dover avvertite qualcuno della scomparsa di Cal.
«Salve. Cosa posso fare per lei?»
«Ho chiamato Cal più volte, ma non mi risponde. È successo qualcosa?» chiede.
Come posso dirle che è stato rapito?
Inspiro.
«Si sieda, dottoressa.» dico e la guido verso il divanetto.
Lei si siede e io mi metto di fronte a lei.
«Detective?» mi incalza.
«Dottoressa…» comincio «Cal stava partecipando ad una nostra indagine.»
«Il rapimento di sua nipote, lo so.»
Annuisco. «Lui l’aveva trovata, ma…»
«Ma…?»
«Ma è scomparso insieme a lei. È stato rapito anche lui.» concludo. Inutile girarci intorno.
Delle lacrime silenziose le scendono lungo le sue guance.
«Oh, mio Dio.» sussurra.
«Mi dispiace, dottoressa.» dico.
Scuote il capo. «Sono ancora vivi?»
«Abbiamo motivo di credere di sì.»
Annuisce. «Mi dispiace per sua figlia, detective.»
«Mac.»
Annuisce. Vedo dolore nei suoi occhi. «Ti porto qualcosa di caldo?» chiedo.
Scuote la testa.
«Non posso perderlo.» dice.
Non so perché, ma ho l’impressione che provi qualcosa per lui.
«È il mio migliore amico.»
«Lo so.» ribatto.
«Posso aiutarvi in qualche modo?»
«Ehm… Stiamo per andare a casa del rapitore, crediamo che si nasconda lì.»
«State aspettando un mandato?»
Annuisco ancora. Non possiamo fare irruzione in casa di un sospettato senza mandato. Anche perché non siamo certi sia lui il colpevole. Non al centro per cento. E ci vuole la certezza assoluta.
Annuisce e ricomincia a singhiozzare.
 
POV Lena
 
Silenzio.
Da due ore sono chiusa in questa stanza. Sola. Totalmente sola.
Il silenzio è diventato assordante.
Sento un continuo ronzio nelle orecchie, è così fastidioso.
Ad un tratto la porta si apre. È Louis.
Mi sorride e la chiude a chiave alle sue spalle. Mi alzo dal letto.
Cosa vuole fare?
«Ciao, Lena.» deglutisco a fatica. «Spero ti piaccia la tua nuova collocazione.»
Lo osservo. Non parlo.
«Bene.» conclude. Poi ricomincia «Tuo zio si ostina a non volermi aiutare.»
Abbasso lo sguardo. Odio pensarlo, ma ci sta mettendo entrambi i guai seri.
«Quindi» si avvicina, mi solleva il mio volto con due dita e mi osserva «dovrò fargliela pagare.»
Sento il suo respiro sul mio viso. Distolgo lo sguardo dai suoi occhi.
Sorride.
Non ha una pistola, questa volta. Sa che non posso ribellarmi. È molto più grande e forte di me, un’arma non è necessaria.
Mi sfiora la guancia con il dorso della mano. Le lacrime mi appannano la vista. La nausea mi invade.
«Sai, una volta avevo una ragazza» mi dice «poi, dopo la morte dei miei, ci siamo lasciati. Mi è dispiaciuto. Era molto carina, come te.» conclude. La sua mano scende fino alla camicetta. La sbottona lentamente.
Non riesco neanche a parlare.
Quando arriva all’ultimo bottone, me la sfila. Ho paura che se dovessi reagire mi ucciderebbe.
«Sei davvero molto carina.» ripete. Poi, senza preavviso, mi afferra per i polsi e mi getta sul letto. Tento di indietreggiare, ma lui mi afferra per le braccia e mi tira a sé.
«Ti prego, Louis.» lo imploro.
Lui sorride. «Avanti, tesoro. Non avrai paura di me?»
Piango silenziosamente mentre mi sfila i pantaloni. La mia biancheria è diventata, ormai, il mio unico indumento.
Mi tiene ferma per i polsi e mi sfiora il collo con le labbra. Cerco di divincolarmi ma è inutile. Continuo a piangere.
Poi mi bacia. Un bacio delicato. Sulle labbra.
Proprio mentre sta per sfilarsi i pantaloni, il campanello suona.
Si volta verso la porta, scende dal letto e osservandomi parla.
«Rivestiti.» esce sbattendo la porta a chiudendo a chiave.
Rimango bloccata sul letto. Non riesco a muovermi.
Dopo qualche minuto mi impongo di rivestirmi. Raccolgo i miei abiti sul pavimento. Mi rivesto continuando a piangere.
Perché sta succedendo tutto questo? Perché a noi?
Chiedo solo un po’ di pietà. Nulla di più.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Ecco a voi, come promesso, il 25esimo capitolo!
È abbastanza intenso, perché parla di temi delicati. Spero di non averli trattati con troppo leggerezza e se fosse così, chiede scusa, non è mia intenzione.
Fatemi sapere cosa ne pensate! :D
Izzy, xX__Eli_Sev__Xx
   
 
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