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Autore: M4RT1    20/01/2014    4 recensioni
Finnick PoV | Finnick/Annie | 65th and 70th Hunger Games
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Finnick Odair ha giocato tre volte: alla sua Edizione, a quella di Annie, a quella della Memoria.
Questa storia parla delle prime due.
Del quattordicenne che vinse i sessantacinquesimi Hunger Games e del giovane Mentore che salvò Annie.
Di come si conobbero, di come divennero amici. Di come arrivarono a sposarsi.
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Dal capitolo XI:
Aveva sempre sperato – anche creduto, in fondo – che gli Hunger Games in realtà fossero una gran bufala, che i Tributi venissero feriti e, con la scusa di rimuovere i cadaveri, guariti da Capitol City e impiegati come Senzavoce, magari, ma vivi. In quel momento capì che si sbagliava. La ragazza era morta.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finnick Odair ha giocato tre volte

Chapter VI - We have to kill

 
 
Capitol City, 65th Hunger Games
"E ho un ultimo consiglio, ragazzi: non sottovalutate le tecniche di sopravvivenza. Date tanta importanza alle armi, ma non pensate che quasi la metà di voi morirà per cause naturali: infezioni, freddo, sete, fame."

L’elenco interminabile delle cause di morte dei Tributi durò più di quanto l’attenzione di Finnick fosse disposta a tollerare. Ben presto, il ragazzo si trovò a osservare l’enorme sala d’addestramento, quella in cui sarebbe stato preparato per morire in modi più spettacolari che rantolando in cerca d’acqua. C’erano più pedane di quante ne avrebbe provate in tre giorni e più discipline di quelle che gli sarebbero servite, ma essendo all’oscuro dell’Arena, non avrebbe proprio saputo quale escludere.

"Detto questo, potete andare" concluse finalmente il coach, congedando i ragazzi. In pochi secondi i Tributi si sparpagliarono, diretti alle varie postazioni. Finnick ciondolò un po’ per la stanza, ripensando al consiglio che Mags gli aveva dato quella mattina, a colazione.

"Non devi allenarti in quello in cui sei già bravo" aveva detto "Altrimenti non imparerai nulla, e gli altri conosceranno già le tue abilità. Impara qualcosa di nuovo."

Così, rimuginando su quali fossero le sue abilità, saltò con decisione la postazione delle tecniche di rianimazione – comunque vuota, perché nessuno avrebbe desiderato tenere in vita un nemico – e quella di lancio: sapeva maneggiare i tridenti da quando era piccolo e non credeva che la lancia fosse poi così diversa. Decise di partire dalle tecniche per accendere un fuoco e si avvicinò a una delle postazioni più a destra, già occupata da una ragazzina imbranata.

Finnick la osservò per un po’ mentre tentava con scarsi risultati di appiccare un piccolo incendio, poi le si avvicinò e prese a provare accanto a lei: al terzo tentativo, una fimmella dalle dimensioni di quelle di un fiammifero illuminò per un secondo la scena, sparendo dopo un secondo nel fumo grigio. Imprecando, il ragazzo fece per riprovare, ma fu interrotto da una voce sconosciuta.

"Io proverei la postazione fuga, se fossi in te" gli sussurrò melliflua, ridacchiando. Finnick si voltò di scatto, in tempo per vedere la ragazza del Due maneggiare con abilità una lancia lunga almeno un metro e mezzo: la roteava da una mano all’altra come se non avesse fatto altro per tutta la vita, senza nemmeno guardarla. I suoi occhi grigi erano puntati su Finnick, che la fissava, suo malgrado, con un pizzico di ammirazione. "Sì, so maneggiare una lancia alta quanto te" lo provocò lei. "Credo che farai meglio a buttarti nelle mine prima del Bagno di Sangue" continuò, centrando un manichino pochi metri dietro il ragazzo.
Nella corsa folle verso la testa del pupazzo, la lancia squarciò la divisa di Finnick all'altezza del fianco destro.

"Farai meglio a smetterla" borbottò lui, gli occhi socchiusi e le guance sgradevolmente calde.

"Oppure? Lo dici agli Strateghi?" lo canzonò lei, voltandosi e allontanandosi a grandi falcate.

Finnick cercò di unire i due lembi di stoffa, ma senza risultati. Sospirò, in imbarazzo, desiderando di scomparire, ma tutto ciò che gli riuscì fu abbassare la testa e piazzarsi alla postazione di Mimetizzazione, dove Maia stava provando a tingersi la faccia di verde scuro. Si osservava incuriosita nello specchio, dando un’occhiata alle foglie di cui stava imitando il colore.

"Va tutto bene?" domandò a Finnick, passandosi un dito sotto il naso.

"Sì, certo" rispose lui in fretta, cercando di darsi un contegno. Non aveva intenzione di diventare il bimbetto della situazione e non voleva chiedere aiuto a una come Maia, che sembrava più vecchia di lui di almeno dieci anni e altrettanto pià saggia.

"Cosa voleva la ragazza del Due?" lo spiazzò però lei, voltandosi. Il suo viso era cosparso di macchie di varie tonalità di verde, ma non assomigliava nemmeno vagamente a una foglia.

"Lei voleva solo-" provò Finnick, ma non riuscì a continuare e le sue dita si chiusero meccanicamente sullo strappo all’altezza del fianco.

"Non darle ascolto" ribatté lei. "Gliela farai vedere nell’Arena."

 
"Credi dovrei stipulare delle alleanze, Mags?"

Quel termine, “alleanza”, attirò l’attenzione di Finnick fin da subito. Erano tutti in salotto, seduti sui divani; in quel momento il ragazzo era impegnato a mangiare dei cubetti di zucchero che aveva trovato in un vassoio, accanto al the, e non credeva che qualcosa avrebbe potuto staccarlo da quella roba. A quanto pareva, però, si era sbagliato.

"Dovremmo, Mags?" ripeté. La donna lo guardò, una strana espressione dipinta in volto, poi gli passò una mano tra i capelli, arruffandoglieli.

"Dovreste, ma solo se pensate che vi sarà utile. E solo con le persone giuste" rispose, sottraendo la ciotola di zollette dalla portata di Finnick. "Smettila di mangiare questa roba, ragazzo. Vai in sovreccitazione per il troppo zucchero" lo riprese.

Finnick non aveva idea di cosa significasse la parola “sovreccitazione”, ma sapeva di volere altre zollette. Si sporse, rovesciando una caraffa di succo d’arancia e un piatto di biscotti, arraffò qualche cubetto bianco tra le dita e tornò a sedersi con finta noncuranza, ignorando lo sguardo esasperato della Mentore.

"Avete individuato qualcuno che potrebbe esservi utile?" stava domandando la donna.

"Io sì" rispose subito Maia. "Credo di aver quasi fatto amicizia con il Tributo maschio del Distretto Uno, ma vorrei allearmi anche con la ragazza del Due."

Finnick sobbalzò, ferito nell’orgoglio.

"La ragazza del Due?" esclamò, l’espressione a metà tra l’offeso e il disprezzante. "Quella che oggi voleva-" si interruppe, in imbarazzo, ma era troppo tardi.

"Voleva cosa?" domandò Mags, incuriosita. Aveva rimesso in piedi la caraffa, ma il succo aveva ormai invaso la tovaglia e gocciolava giù per il tavolo, appiccicoso e arancione. Alle sue spalle, Maia aveva l'aria soddisfatta: il sospetto che non volesse affatto allearsi con quella del Due toccò per un attimo la mente di Finnick.

"Non voleva nulla" negò il ragazzo, alzandosi. Si allontanò rapidamente dal tavolo, diretto alla sua stanza. Prima di uscire, gettò un'ultima occhiata a Mags: lo guardava allontanarsi, in silenzio.

 
Nei tre giorni di addestramento, Finnick non riuscì a imparare nemmeno la metà delle cose che credeva gli sarebbero potute tornare utili nell'Arena, eppure fu con una certa fiducia che varcò per l'ultima volta le porte del Centro d'Addestramento, lì dove gli Strateghi l'avrebbero valutato in una sessione individuale.
Una volta entrato, tuttavia, tutta la sua baldanza sembrò affievolirsi: la stanza gli sembrava gigantesca, essendo vuota, e gli occhi degli Strateghi erano quelli di un branco di lupi che fissano una preda.

"Prego, signor Odair"  lo esortò il capo, Octavian Murge, un uomo di mezza età quasi calvo.

Finnick annuì, avvicinandosi alla postazione dei tridenti. Erano simili a quelli da pesca, ma più pesanti e maneggevoli. Pensò che avrebbe fatto una buona impressione se lo avesse scagliato lontano, così cercò il manichino più distante e prese la rincorsa; il tridente disegnò esattamente l’arco che voleva che seguisse e, con un sibilo sinistro, si conficcò nella plastica bianca. Il manichino, appesantito sul davanti, si inclinò fino a toccare terra, in un clangore di metallo e gomma.

Il Tributo sorrise, quasi compiaciuto, poi corse a cercare una rete con cui creare una delle sue trappole , quelle modificate in modo da catturare esseri umani e non pesci. Aveva quasi finito l’ultimo nodo quando il suo tempo terminò. Finnick si voltò verso gli Strateghi, indeciso, ma venne congedato con un cenno del capo.

 
"Allora, ragazzi, com’è andata?"

La domanda giunse tanto veloce quanto prevedibile: Finnick e Maia erano appena rientrati quando Mags era corsa loro in contro, sospingendoli verso un divanetto dove già sedeva Gea.

"Credo bene" borbottò Maia, tirando su le gambe e cingendosi le ginocchia. Indossava un paio di pantaloni grigi e una camicetta chiara che metteva in risalto la sua vita snella. Sembrava preoccupata, ma non quanto nei giorni precedenti.

"E tu, Finnick?" chiese Mags, avvicinandosi al ragazzo. Anche lui si era cambiato – indossava dei semplici jeans e un pullover rosso cupo, ma a differenza della ragazza non sembrava avere alcuna voglia di parlare. Non che temesse di ricevere un giudizio negativo, ma per la prima volta sentiva il nodo allo stomaco tipico della paura, di quella vera.

"Bene" borbottò comunque, per evitare di scatenare una serie di domande sulla sua salute e sul suo stato d’animo.

"Sono contenta" cinguettò Gea. Quel giorno indossava un vestitino giallo limone con vari rigonfiamenti in posti poco probabili e una parrucca verde pistacchio senza lucine; le sue ciglia si erano magicamente allungate e le mani erano ricoperte di tatuaggi blu elettrico. "Preferite cenare subito, oppure aspettate i voti?" domandò poi, come se quest’ultima fosse una questione molto più importante della sorte dei due Tributi.

"Voti" rispose Maia, sicura.

"Voti" borbottò Finnick, facendole da eco. La ragazza gli sorrise di sbieco.

"E voti sia" accettò anche Mags, sistemandosi su di una poltrona. Nonostante i suoi settant’anni, era molto più attiva dei ragazzi e, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che camminare.

Il collegamento col Centro d’Addestramento cominciò presto, sorprendendo Maia e Finnick nel bel mezzo di una conversazione sulla pesca. Non erano esattamente amici, ma tre giorni di allenamento insieme avevano creato un certo legame tra i due. Il viso di Caesar Flickerman comparve subito dopo l’inno e il sigillo di Panem, salutando i telespettatori e lanciandosi nel solito, breve discorso sull’importanza di quei giorni per lo spettacolo che ne sarebbe seguito.

"E ora, diamo un’occhiata a questi Tributi" disse poi, mentre la sua immagine si dissolveva, sostituita da quella di una ragazza snella e slanciata del Distretto Uno. "Millicent Frickless" la presentò Cesar, prima di leggere il punteggio: "Dieci!" esclamò.

Finnick ebbe un fremito.

"Crish Roger, Distretto Uno" sussurrò il presentatore. L’immagine della ragazza fu sostituita da quella di un diciottenne robusto. "Dieci!"

Anche Maia si lasciò sfuggire un verso di sconforto: i Favoriti dei primi due Distretti ricevevano sempre punteggi alti, ma due Dieci di seguito erano sicuramente notevoli.

I Tributi del Distretto seguente, il Due, erano entrambi magri ma forti, con lo sguardo vispo e l’aria di superiorità di chi è nato per combattere. I loro punteggi – nove la ragazza, dieci il ragazzo – lasciarono di sasso anche Cesar, che si perse in lodi sull’incredibile preparazione dei Tributi di quell’anno.

"E ora passiamo al Distretto Tre" commentò, terminando una lunga tirata sull’importanza della buona preparazione fisica. "Fanny Gross, tredici anni."

L’immagine di una ragazzina mingherlina e spaurita riempì lo schermo.

"Sette."

L'affermazione dell'uomo si perse in una serie di sospiri di sollievo. D’improvviso, Finnick sentì molto caldo. Il Tributo maschio – quindici anni e un sorriso malvagio sul volto – ebbe lo stesso punteggio.

"Distretto Quattro" esordì Cesar, quando anche l’immagine di Tommy Ryan si fu dissolta. "Maia Johnson, diciassette anni."

Finnick sentì il corpo della ragazza irrigidirsi accanto al suo. La sua immagine, pesantemente ritoccata, comparve sullo schermo seguita dal voto: nove.

"Brava!" esclamò Gea, esaltata. La ragazza si aprì in un gran sorriso di soddisfazione e tranquillità. Nemmeno per un istante Finnick si domandò come avesse potuto prendere un punteggio così alto, lei che di pesca e di caccia non ne sapeva nulla. Tutto quello che sentì - e se ne sorprese non poco - fu un enorme sollievo, misto alla consapevolezza che lui non sarebbe stato altrettanto fortunato.

"Finnick Odair, quattordici anni" continuò Cesar. Nella foto, Finnick non dimostrava più di dodici anni e aveva il viso spaventato e molto poco minaccioso per un Tributo Favorito del Quattro. "Otto."

 
***

 
Il divano è scomodo esattamente come cinque anni fa, con tutti questi cuscini morbidi che ti danno la sensazione di affogare e le coperte di lana che pizzicano ogni centimetro di pelle scoperta. Lo schermo del televisore, però, è ancora più grande di come lo ricordavo e la cosa mi incuriosisce. Perché cambiare il desktop e non comprare un divano migliore?

Siamo seduti tutti qui – io, Annie, Michael e Mags, in quest’ordine – e la mano di Annie mi cinge il fianco. Ho il cuore il gola e non so se sia per l’attesa del punteggio o per qualcosa di più intimo. E non voglio saperlo, perché domani a quest’ora lei non sarà più accanto a me.

"Distretto Quattro" sta annunciando Cesar, la solita voce accattivante. La foto di Annie, una Annie bella e innocente, riempie lo schermo, subito seguita da un punteggio.

"Sette" legge Mags, avvicinandosi un po’ per vederci meglio. La vecchiaia si fa sentire anche per lei, ormai.

"Non è un punteggio alto" mormora Annie. La sua testa si poggia sul mio braccio, i capelli mi solleticano il collo. Il mio cuore batte più veloce, dandomi la sensazione di aver corso per miglia.

Non è nemmeno basso, vorrei dirle. Stai tranquilla, farò tutto quello che posso per farti vincere. Ma riesco solo a mormorare un: "Va tutto bene, in questo modo non verranno a darti la caccia."

Mi sento uno schifo, sia come Mentore che come amico. Michael, accanto a noi, sorride per il suo meritato otto. Lui potrebbe davvero farcela, con le sue conoscenze nel campo dei medicinali e delle erbe commestibili, e se fossi un bravo Mentore dovrei puntare tutto su di lui, ma sappiamo tutti che non lo farò mai, che non lascerò che accada. Che Annie non torni a casa.

"Tu sai che non vincerò, vero?" mi domanda dopo un po', sottovoce.

"Invece sì" rispondo, ostinato. Siamo entrambi in corridoio, diretti alle nostre stanze. Lei mi cammina accanto, adattando il suo passo al mio, come sempre.

"Non ucciderò, Finn" mi dice. "L’ho promesso, manterrò questa promessa."

A diciannove anni, nessuno dovrebbe istigare qualcuno a diventare un assassino. A diciassette, diciotto anni, nessuno dovrebbe uccidere. A dodici anni non si dovrebbe avere paura di morire.

Penso a tutto questo mentre Mags ci invita ad andare a cena, mentre ci alziamo e ci sediamo su quelle comode sedie che saranno casa mia per tutta la vita.
Penso a Mags, che è vecchia e morirà e mi lascerà solo a badare ai Tributi. Penso ai funerali e ai Tributi morti e a quanti altri moriranno se non faremo niente.

"Tutto bene, Finnick?" mi risveglia la donna dopo un po'. Ho lo sguardo fisso su di un bicchiere a caso e la forchetta a mezz’aria.

"Sì, scusa" rispondo. Mi affretto a inghiottire il boccone di carne in salsa verde e bevo tutta l’acqua del bicchiere.

"Allora, manca poco alle interviste" sta dicendo Gea. "Come pensate di comportarvi?"

Annie e Michael si guardano – è ovvio che non ci hanno pensato – poi entrambi si voltano verso Mags. Lei sospira e annuisce, come sempre quando si arriva a questo punto, si alza e cammina fino a raggiungere me.

"Io credo che dovrete mettere in mostra una qualità, una delle vostre" dice, mettendomi le mani sulle spalle. "Ad esempio, Annie, tu potresti apparire ingenua, innocente. In questo modo allontaneresti i Favoriti da te."

"Ma noi siamo Favoriti" interrompe Michael, alzandosi. "Non dovremmo allearci con loro?" domanda, confuso. Ha ragione, ovviamente: il Distretto Quattro è da sempre uno dei più forti, anche se raramente i suoi Tributi battono quelli del Due.

"Non credo sarebbe una buona idea" dico, invece. Il pensiero che Annie si allei con quei ragazzi mi da il voltastomaco.

"E quale sarebbe una buona idea?" ribatte Michael. "Lasciarci morire? Allearci con quelli dei Distretti più poveri? Se c’è una sola cosa buona che abbiamo, è quella di provenire da un Distretto Favorito. Io dico che dovremo porre la cosa a nostro vantaggio."

Mags mi stringe forte le spalle e il suo messaggio è chiaro, ma davvero non riesco a credere che il figlio del farmacista si stia trasformando in una bestia.

"E dopo che farai?" rispondo, alzando la voce. "Li ucciderai nel sonno? Oppure ti farai ammazzare?"

Conosco la risposta che mi darà, è la stessa che mi danno ogni anno i Tributi. La stessa che avrei dato io, forse, se mi fossi trovato nel mezzo di una discussione del genere. Ma non riesco a non sperare che quest'anno sarà diverso, che nessuno sceglierà di sua volontò di gettarsi in quel tunnel di schifo e odio che sono i Giochi. Eppure, Micheal ancora una volta si comporta come non vorrei che facesse.

"Siamo agli Hunger Games" sentenzia, secco. "Bisogna uccidere."


 
N.d.A.: Grazie a tutti per continuare a seguirmi ^^
Che dire? Siete in tanti a seguire e inserire questa storia tra le preferite, vi ringrazio davvero :)
Magari potreste dirmi cosa ne pensate, eh? ù.ù

 
  
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