Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Damson    06/06/2008    3 recensioni
Una piccola satira sui luoghi comuni dei romanzi dell'800.
Genere: Comico, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kagura, Kohaku, Rin, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Uno dei maggiori vanti delle terre di Lord Tallant era rappresentato da un bellissimo bosco di alberi caduchi che nella stagione di caccia diveniva una delle mete più ambite di tutti i cacciatori della zona.
In piena primavera, con gli alberi in fiore, era uno spettacolo alquanto invidiabile e Kagura traeva un gran piacere nel passare dalla strada principale che si diramava al suo interno. Così, come ogni volta che ritornavano da Londra, Sesshomaru guidò il calesse tra gli alberi; stavano ormai percorrendo l’ultimo tratto quando udirono lo sparo.
“Avete sentito?” esclamò Kagura voltando la testa verso il rumore “era uno sparo!”
“Eh, si…non si è mai visto che qualcuno vada a sparare nei boschi”
“Non è stagione di caccia”
“Allora? Ognuno sarà libero di far quel che vuole”
“Forza, girate il calesse ed andiamo a vedere”
“Andare a vedere? Come se fossero affari nostri…”
“Si che lo sono! Questo bosco è vostro e qualcuno si è preso una libertà che non doveva”
Dato che Sesshomaru non dava il minimo segno di voler fermare il cavallo, Kagura saltò pericolosamente giù dal calesse in movimento e, armata di parasole, si diresse nella direzione opposta.
Lord Tallant si voltò a guardarla, poi alzò le spalle e continuò per la sua strada: per arrivare a casa c’erano meno di dieci minuti, se ci teneva tanto poteva tornarsene da sola.
Stava giusto pensando di essersi meritato un bel bicchiere di brandy quando sentì Kagura cacciare un urlo.
Si voltò giusto in tempo per vedere la moglie correre fuori dal sentiero e scomparire dietro un albero.
Molto contrariato, sollevò un sopracciglio.
Poi, con calma, scese dal calesse e si addentrò nel bosco.
Trovò Kagura china a terra, su qualcosa che si lamentava ed, avvicinandosi, poté notare che era un cane, o meglio: un piccolo bastardino.
Aveva sempre selezionato sotto la definizione cane i suoi magnifici alani dal pelo fulvo: quella cosa non poteva certo essere un alano, non aveva il pelo fulvo (era di un indistinto grigio limaccioso) e sul magnifico evitò qualsiasi tipo di commento, anche perché, malgrado non si fosse avvicinato, poteva sentire che quell’esserino puzzava come un pitale.
“Non lo toccate, potrebbe attaccarvi i vermi”
“Non potrei farlo neanche volendo, piange se mi avvicino. Guardate quella ferita: pensate che chiunque abbia sparato possa avercela avuta con questo bastardino?”
Sesshomaru fu costretto a chinarsi accanto a Kagura.
“in effetti avete ragione: qualcuno gli ha sparato”
“come si fa ad essere tanto crudeli? Sparare ad un cagnolino! Per quale motivo poi…”
A Sesshomaru passò in mente più di un motivo, tutti molto validi a suo avviso, ma non gli parve il caso di dirli alla moglie.
Invece, con sorpresa di Kagura (ed anche di se stesso) prese l’animale tra le mani per controllargli la ferita. L’unico a non sorprendersi fu il bastardino che si lasciò analizzare tranquillo, guaendo ogni tanto, ma senza mostrare alcun timore nei confronti di Sesshomaru, ma arrivando addirittura a leccargli una mano per ringraziarlo.
“Non è grave, è stato preso di striscio. Guarirà in breve tempo”
“Guardate che carino: sta scodinzolando”
“Il che è eccezionale, per un cane”
“Vuol dire che gli piacete”
“Spiacente: sono già sposato. E questo affare ha certamente le pulci”
Kagura si alzò in piedi e si lisciò la gonna.
“Potete farmi la bontà di porgermelo?” disse mettendosi il parasole sottobraccio, in modo da avere le mani libere.
Sesshomaru guardò Kagura, poi il sudicio cagnetto ai suoi piedi “Lo volete prendere con noi?”
“Si intende”
“E’ sporco”
“Lo laveremo”
“Io non laverò proprio nulla”
“Ciò non toglie che non sia un difetto al quale si può porre rimedio. E poi voi avete una gran quantità di cani”
“Sono cani da caccia, sono di razza. Questo è brutto”
“E’ solo un bastardino, è sporco e malnutrito. Vedrete che quando ce ne saremo presi cura starà meglio”
Sesshomaru abbassò di nuovo lo sguardo verso il cane, che lo stava guardando con qualcosa di molto simile all’adorazione negli occhi.
“E’ brutto. Secondo me non è nemmeno un cane”
“Ah, no? E che cosa sarebbe?”
“Una nutria”
“E come ci sarebbe arrivata sin qui una nutria, se mi è lecito saperlo?”
“Avrà risalito il Tamigi”
“Suvvia, basta. Non pretenderete mica che lo lasci qui? Quella ferita va curata, pensate a come soffrirebbe se si infettasse”
Sesshomaru prese il cane per la collottola, stava per metterlo nelle mani di Kagura quando esitò “E’ davvero molto sporco”
“Non ha importanza”
Sesshomaru le depose il cane tra le braccia e non riuscì a trattenere un sorriso mentre lei lo accarezzava e gli parlava con dolcezza. Rendendosi conto di cosa stava facendo scosse la testa: c’è ben poco di cui essere felici pensò sconsolato, mentre si avviava a fianco di Kagura verso il calesse.
“Guardate che aria intelligente ha!”
Sesshomaru guardò il cane e fece forza su se stesso per reprimere un brivido di disgusto.
“Non mi pare”
“Spesso i bastardini sono tra i cani più intelligenti”
“infatti, avete ragione: i bastardi. Questo non lo è, quello che state accarezzando con tanto amore è uno schifosissimo topo gigante”
“Vi fa questa impressione perché è ferito e denutrito”
“Si è vero, quando si sarà riempito la pancia sarà meravigliosamente bello”
“La volete smettere di prenderci in giro?”
“Prenderci?”
“A me ed al cane”
“Mi dovete scusare mia signora ma è più forte di me. E’ vero, ho promesso davanti a Dio di condividere con voi tutta la mia vita, ma se me ne date licenza preferirei che l’amore per questa sottospecie di pipistrello senza ali fosse solo affar vostro”
Lei lo colpì col parasole: a quanto pareva era quella la punizione che toccava a chi non portava rispetto al cagnolino.
Giunti a casa Sesshomaru aiutò Kagura a scendere dal calesse e chiamò i domestici perché portassero in casa gli acquisti. Kagura intanto affidava allo staffiere il compito di lavare il suo nuovo protetto.
Quella sera Sesshomaru se ne stava comodamente seduto in biblioteca quando il maggiordomo interruppe le sue letture per annunciare l’entrata di un nuovo ospite ed il bastardino fece il suo ingresso lavato e nutrito. Alla vista di Sesshomaru gli andò incontro scodinzolando con palese affetto ed abbaiando come un forsennato.
“Ti sembra un linguaggio consono?” lo ammonì Sesshomaru e subito il cagnetto smise di abbaiare.
“Vedi? Questa è la prova che non sei un cane: non hai un buon istinto. Fosse per me ti annegherei in una botte” per tutta risposta il suo nuovo ammiratore si alzò sulle zampe posteriori e posò le anteriori sulle ginocchia del suo padrone.
“Allora ammettete che è un cane!” esclamò Kagura entrando nella stanza “Non trovate strano che i cani vi amino?”
“Lo trovo deplorevole” rispose lui “Giù, Bonnie! Questi pantaloni non sono fatti perché tu ci poggi le tue zampe!”
“Bonnie?” chiese Kagura divertita.
“Dovrà pur averlo un nome, altrimenti c’è il rischio che tu continui a chiamarlo piccolo o cucciolo, cosa che riterrei alquanto intollerabile e mi costringerebbe a chiamarlo cane o coso. Siccome è piccolo e bruttino l’ ho chiamato come il suo equivalente umano*”
Bonnie nel frattempo aveva ispezionato la biblioteca, annusandola ben bene ed era tornato scodinzolando da Sesshomaru “Hai trovato tutto di tuo gusto?”
Per tutta risposta Bonnie gli si accucciò davanti, sbadigliò soddisfatto, posò la testa su un suo piede e si addormentò.

Nel momento in cui Sesshomaru e Kagura facevano la conoscenza di Bonnie, la loro protetta aveva avuto l’eccentrica idea di andarsene in giro con il calesse da sola. Poiché non era esperta, giustamente, in quanto non si sta parlando di una attività femminile, riuscì, senza rendersene veramente conto, a combinare qualche guaio ed a rompere il timone.
Il cavallo, libero dalle redini, se ne trotterellò a casa tutto felice, lasciando Rin in mezzo alla campagna in compagnia di un calesse rotto.
La bella stagione si stava avvicinando, ma non era ancora giunta e la luce dei lampioni si sostituiva sempre molto presto quella rossa del tramonto.
A questo punto della storia il lettore sa meglio di me cosa sta per accadere: i guai alle povere fanciulle sole, infatti, non capitano mai per caso, ma con un preciso scopo.
Per pura coincidenza del destino l’incidente era avvenuto nelle terre dello squire*, e, fortuna ancora maggiore, a pochissima distanza dall’entrata della sua tenuta per la caccia.
La piccola Rin si trovava ad un crocicchio, entrambe le strade l’avrebbero portata a casa: una attraversando i territori del suddetto squire, l’altra puntando dritta dritta su Northanger.
La strada per Northanger costeggiava un bosco che alla luce del giorno era semplicemente incantevole, quello stesso bosco in cui poco fa abbiamo seguito Sesshomaru e Kagura, ma , per quanto potesse essere incantevole, era pur sempre un bosco e, con il sole che calava, non era uno dei luoghi più invitanti del circondario.
D’altro canto le avevano insegnato che non era buona educazione passeggiare nei terreni altrui senza invito né permesso.
Mentre se ne stava ferma, indecisa sul da farsi, distinse un uomo venire verso di lei dalla strada per Northanger.
Rin non aveva mai visto prima Naraku, anzi non sapeva neanche ci fosse un nuovo inquilino a Northanger e credeva la canonica disabitata.
Naraku scendeva lungo il bosco: fucile a tracolla, mani nelle tasche e lo sguardo perso di chi cammina senza meta pensando ad altro.
Tale figura, nel crepuscolo, produsse in successione due emozioni in Rin: credette di riconoscere qualcuno, e ne fu felice (in tal caso sarebbe stata aiutata). Ma si dovette ricredere perché la seconda emozione fu la consapevolezza che l’uomo con cui aveva appena incrociato lo sguardo era uno sconosciuto.
La miscela fu letale per la povera Rin: uno sconosciuto, all’imbrunire, in una strada deserta che costeggiava un raccapricciante bosco dai rumori sinistri.
Prima ancora che Naraku potesse fare o dire alcunchè, lei era partita a corsa verso la casa dello squire.

All’incirca nello stesso istante in cui Rin decideva che valeva la pena farsi quattro passi a piedi, Kohaku, primo figlio maschio dello squire, discuteva amabilmente con un suo amico, ospite nella tenuta per la stagione della caccia, ed insieme passavano il tempo nell’attesa della cena. “Bene, per domani mi hai promesso una battuta di caccia. Ma per stasera, mio caro Kohaku, cosa mi proponi?”
Kohaku sorrise con fare tranquillo “a te la scelta”
“Per il Cielo, sei un padrone di casa molto noioso” scherzò l’altro “ad Oxford avevi la scusa dello studio per restartene chiuso in collegio, ma qui non vedo proprio come farai a convincermi a non andare a Londra stasera”
“Se andiamo faremo tardi, e bisogna alzarsi presto per la caccia, James”
“Tardi? Non essere ridicolo! Una puntatina a wist, giusto per perdere qualche spicciolo, e poi torniamo indietro”
“Primo: i saloni di carte sono chiusi, apriranno due settimane. Secondo: per arrivare a Londra, partendo da qui, c’è più di un’ora di viaggio”
James scosse la testa, rassegnato.
“Non tediarti troppo amico mio” disse Kohaku “non appena inizierà l’estate, se vorrai, sarai di nuovo mio ospite, e potrai goderti tutto il Bel Mondo che ti aggrada, fino all’indigestione”
James stava esprimendo tutta la sua gratitudine quando entrò il maggiordomo informando il padrone che una fanciulla richiedeva il suo aiuto perché aveva il calesse rotto.
“Si, certo” disse Kohaku, con un vago gesto di congedo “prestatele pure il mio cocchiere e la mia carrozza, perché possa essere riaccompagnata a casa”
“Starai scherzando!?” lo interruppe l’amico “Ditemi, come è? Bella?”
Il maggiordomo, con molta modestia di giudizio, disse che era molto graziosa.
“Allora fatela accomodare!” ordinò James, come se fosse lui il padrone di casa “Sono già le cinque. Cenerà con noi e stasera la riaccompagneremo a casa”
Kohaku alzò le spalle “fa come vuole lui” disse al maggiordomo
“Sei senza speranza! Carpe diem! Impara a cogliere le occasioni della vita!” “Tu non le cogli… tu te ne approfitti. E non far finta di sapere il latino” “Beh…in fondo sei stato tu a dirmi che avrei potuto scegliere cosa fare stasera”
“E tu hai deciso di fare la corte a una ragazza che non hai mai visto”
Entrambi risero e Rin entrò proprio in quel momento. Kohaku aveva un aspetto fiero ed un portamento riservato, per quanto, seppur più grande di Rin, fosse ancora un ragazzo. Era una persona tanto seria che gli amici tendevano a dargli del lugubre, alle volte. Eppure, quando rideva, si addolciva l’austerità del suo aspetto. Rin ebbe dunque il privilegio, posando su di lui gli occhi per la prima volta, di vederlo nel suo aspetto migliore e non le attraversò la mente il pensiero che lei stessa era tremendamente graziosa: i capelli scuri che contrastavano con la splendida carnagione e le guance leggermente arrossate per la camminata.
Si fermò sulla soglia e posò lo sguardo su i suoi due ospiti. Passò sull’amico di Kohaku, che si stava aggiustando la cravatta, per poi fermasi su di lui.
“Signorina, ci hanno informati del suo sfortunato incidente” disse James, dirigendosi verso di lei “è stanca? Ha camminato molto? Vuole sedersi?”
“Oh, no grazie. La ringrazio. Mi sento bene. È lei il padrone di casa?”
James arrossì leggermente “No, veramente è lui”
Kuhaku chinò la testa in segno di saluto e le sorrise. Rin fu colta da un misto di sorpresa e delusione nel notare che il suo sguardo era spento, che non era come lo aveva visto pochi attimi prima.
“Voi siete?” chiese James
“Oh, perdonatemi!” si scusò Rin, mortificata per non aver avuto l’accortezza di presentasi, porgendogli la mano “Rin Tallant” “James Woods, per servirla”
“Siete la protetta dei coniugi Tallant? Allora sono più che felice di conoscervi: so che mia sorella e la signora Tallant sono molto amiche” intervenne Kohaku.
“Siete il fratello di Sango? Sapevo che eravate in collegio, quando siete tornato?”
“da soli tre giorni”
“Giusto prima che arrivaste voi” intervenne James, a cui non piaceva la piega personale che stava prendendo il discorso e non ci teneva a rimanere escluso “discutevamo del modo in cui passare la serata. Gradireste farci compagnia per la cena?”

Sesshomaru, seduto in poltrona, cercava di leggere, ignorando la bestiola che si era addormentata sui suoi piedi. Non ci riusciva: ogni due o tre righe infatti sentiva l’impulso di abbassare lo sguardo, il motivo di tale bisogno però non riusciva proprio a spiegarselo.
Sua moglie andava e veniva, intenta in qualche faccenda a cui lui non aveva assolutamente voglia di interessarsi e fu proprio in uno di quei momenti in cui lei era nella stanza che entrò lo stalliere, senza né bussare né farsi annunciare, gridando come un forsennato.
“Signore! Signore!”
“Mi auguro che tu abbia una spiegazione valida per questo comportamento indecente” disse Sesshomaru con un tono di voce apparentemente tranquillo.
“Il calesse! Non c’era! Il cavallo è tornato da solo!”
“Siccome ho la fortuna di saper parlare con un linguaggio consono al luogo in cui mi trovo non posso capire le tue grida da bifolco. Quindi le cose sono due: o te ne vai prima che mi irriti, o parli in un inglese corretto. Scegli pure tu”
“Sesshomaru, lasciatelo stare. Non vedete che è sconvolto?” intervenne Kagura “Su, parla pure Tom”
“oggi la signorina è uscita in calesse”
“Sola?!” si allarmò lei
“Beh…si” bofonchiò lo stalliere.
“Cosa?! E voi avete lasciato che uscisse da sola col calesse?!” gridò lei.
“Kagura, lasciatelo stare. Non vedete che è sconvolto?” le disse Sesshomaru, ma lei non lo ascoltò neppure.
“Ma signora…che ci potevamo fare…lei ha preso…è uscita…mica che la potevamo trattenere con la forza”
“Era vostro dovere!”
“Vi sembra un motivo per cui scaldarsi tanto?” chiese Sesshomaru senza alzare gli occhi dal libro.
“è pericoloso!”
“Voi lo fate”
“è piccola: ha sedici anni! Non ha abbastanza esperienza. Se non controlla il cavallo? Se il calesse resta impantanato?”
“Se i Tory perdono le elezioni?”
Kagura fece finta di non aver sentito “è pieno di gente cattiva ed una ragazzina non dovrebbe girare da sola. Se fa un brutto incontro?”
“Già…per esempio potrebbe incontrare una pantegana”
alzò il piede dove Bonnie aveva poggiato la testa, svegliando di colpo la povera bestiola che scosse il capo assonnata “Non posso muovermi se tu stai li” per tutta risposta il cane cercò di leccargli il piede e lui gli posò la suola sul muso, spingendolo via con delicatezza “fatti più là”
“Insomma” continuò lo stalliere senza essere interpellato, Kagura infatti era troppo impegnata a guardare male il marito “adesso è tornato solo il cavallo”
Fu una frase infelice poiché mandò Kagura nel panico più completo, cosa che invece non accadde a Sesshomaru che continuò a tener concentrato tutto il suo impegno nel sedare gli entusiasmi di Bonnie che tentava in tutti i modi di arrampicarsi sulle sue ginocchia.
Solo con una buona dose di ricatti e minacce Kagura riuscì a far alzare il marito dalla poltrona ed a spedirlo a cercare Rin.
“Ma che volete che le sia successo” disse stizzito, togliendo la giacca ed il cappello dalle mani del maggiordomo “Poi non capisco perché devo andarci io. Perché non ci andate voi?”
Mentre i due coniugi si scambiavano dimostrazioni di affetto con amorevoli battute, Bonnie precedette Sesshomaru lungo il corridoio, scese le scale, uscì nel cortile e si accucciò sul sedile del calesse con l’aria di uno che è sempre vissuto tra l’aristocrazia.
Inutile dirvi che Sesshomaru non fu affatto felice di trovarselo di nuovo intorno.
“No!” disse in tono imperioso.
Il cagnolino, ubbidiente, scese dal calesse, abbassò le orecchie e si appiattì sul selciato.
“Lasciati dire che ho una reputazione da mantenere. Non hai idea di cosa sarebbero capaci di dirmi dietro se me ne andassi in giro che un cane brutto come te”
Bonnie uggiolò.
“Non piangere, non ho intenzione di andarmene per sempre”
Scaricato il cane sulla soglia di casa Sesshomaru poté partire alla ricerca della dispersa, ma non era ancora uscito dal viale della tenuta che si accorse che Bonnie lo stava seguendo in una corsa disperata.
Sesshomaru si lasciò sfuggire un’imprecazione e fermò il calesse.
Il cane, ansante e con la lingua penzoloni, lo raggiunse. Sesshomaru si fece minaccioso, scese a terra ed incrociò le braccia, col frustino in mano “Ebbene?”
Il cagnolino si appiattì di nuovo per terra, scodinzolando.
“Immagino non esiteresti a seguirmi fino in Scozia”
Bonnie continuò a scodinzolare.
“Forza, sali. Vedrò se la mia reputazione è tale da non venire intaccata dalla tua presenza”
Malgrado fosse senza fiato il cagnetto saltò subito sul calesse.
“Ma sappi che questo si chiama ricatto”

***

*Bonnie = Sesshomaru si riferisce a Napoleone. Mi è stato recentemente fatto notare che gli inglesi avevano sì dato come soprannome derisorio a Napoleone la contrazione spregiativa del suo cognome, ma che questa non era Bonnie ma Boney. Malgrado l’evidenza del mio torto (nonché della mia ignoranza) ho preferito non cambiare il nome al cane di Sesshomaru: oramai era Bonnie.
*squire = grande latifondista


***

Nota dell’autrice:
Per prima cosa mi scuso per il notevole ritardo, il fatto è che alle volte soffro di fannullaggine acuta.
Volevo fare un piccolo appunto sulla mia volontà di inserire l’elemento gotico: la mia intenzione è di trattare il povero genere come fa l’autrice in Northanger Abbey. Nella parole della Austen “abbazie in rovina, castelli, dove sinistri scricchiolii annunciano inimmaginabili orrori, torvi misteri irrazionali e persecutori di eroine che appaiono come creature senza macchia, di perfetta bontà, grande tenerezza e sentimento, e non un briciolo di intelligenza"

Ne approfitto anche per dichiarare che non solo i personaggi usati sono quelli della Takahashi, ma che saranno presenti nomi di cose o persone, come la stessa Northanger, tratti dai libri di Jane Austen.

infine ringrazio di cuore coloro che hanno commentato: Blackvirgo, Rosencrantz, KaDe e Laurie

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Damson