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Autore: Marne    22/01/2014    3 recensioni
Quattordici (+1) momenti di vita delle coppie del Vecchio Continente, tradizionali e non.
Momenti felici, tristi, momenti di risate e di pianti.
...
01. Fuga {Ross/Emily} x
02. Morte {Clarisse/Nassar} x
03. Colti sul fatto {Jordan/Jerome} x
04. Paperella di gomma {Stephen/Christabel} x
05. Malinteso {Fay/Jordan} x
06. Il cavaliere in una scintillante armatura {Julian/Megan} x
07. Fredda notte invernale {Fabian/Anna} x
08. Dormi con un occhio aperto {Axel/Eloise} x
09. Incubo {Comandante Lasaire/Erin} x
10. Non è quello che sembra! {Jordan/Jerome} x
11. Affetto {Bryce/Sophia} x
12. Perversione {Damian/Rafael} x
13. Deja Vu {Gil/Lara} x
14. Minaccia {Axel/Belladore} x
+1 Scuoti il bacino! {Bryce/Morton/Haddams} x
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Black Friars

Fandom: Black Friars.
Pairing/Personaggi
: Axel Vandemberg/Belladore.
Rating
: Giallo.
Chapters
: 14/14+1.

Genere: Dark, Suspance.
Words:  1187
Canon or Fanon?: Fanon, però… beh, che Axel abbia gli incubi su Belladore temo sia certo, no? È fanon la cosa della cicatrice che, per essere normale, sarebbe dovuta accadere nel primo periodo dopo lo scontro con la vampira e non intorno ai mesi dopo L’Ordine della Croce.

Note
: Siamo arrivati all’ultimo capitolo ufficiale. Wow. All’inizio non credevo che ce l’avrei fatta, in tutta sincerità, eppure eccomi qui! *^* Ed è bellissimo *^* Il prossimo capitolo sarà una cosa un po’… particolare, ecco. Non vi dico niente, perché è una sorpresa e deve restare tale fino alla fine v.v

Per quanto riguarda questo capitolo in particolare, devo ammettere di non essere tanto avvezza ai generi dark/horror o simili, quindi non sono particolarmente convinta di ciò che ho scritto, ecco. Perdonatemi, se non vi piacerà! Ma, dopotutto, scrivere una commedia su Axel e Belladore, incentrata sulla minaccia, mi sembrava un pochino azzardato, non credete anche voi?

 

 

Minaccia.

Axel&Belladore

 

 

Era buio.

La luce sembrava essere stata risucchiata nell’unico punto vicino all’orizzonte dietro il quale era scomparso il sole, pochi minuti prima. La brughiera attraverso cui stava cavalcando sembrava infinita, con il buio, inoltre, non riusciva neppure più a scorgere il sentiero e doveva affidarsi ai sensi del cavallo.

Aveva attraversato quella scorciatoia, attraverso i terreni della famiglia di Ross, almeno un centinaio di volte, ma non gli era mai sembrato di perdere così tanto tempo, per raggiungere Aldenor.

Sembrava che la terra si fosse dilatata sotto i suoi piedi, mentre correva verso il palazzo Reale per raggiungere Eloise ed il resto della sua famiglia. Sembrava che fosse stato aggiunto un altro regno a separarlo da casa. Eppure, sentiva come familiare ciò che lo circondava, quasi non avesse fatto altro che correre in tondo, da quando la visuale era sparita.

Non c’era la luna ad illuminare il suo cammino, solo poche, pochissime stelle sparse in modo vago, in cui non riusciva a riconoscere neppure una costellazione.

C’era qualcosa, però.

Guardando il cielo, Axel si aspettava di trovare la stella polare, sua guida nei viaggi notturni, ma i suoi occhi incrociavano sempre due stelle vicine, così brillanti da sembrare enormi lumini il cui unico scopo fosse fissarlo. Due fari in una trapunta oscura che, piuttosto che tranquillizzarlo, sembravano volergli ricordare quanto fosse solo, in quell’istante, e quanto tutti gli affetti fossero lontani.

Non emettevano luce, come delle vere stelle, piuttosto sembravano rendere l’atmosfera intorno a loro sempre più scura.

Buio, sempre più buio. Possibile che la notte inghiottisse davvero ogni cosa su cui cadeva? Possibile che avesse distrutto anche il terreno sotto gli zoccoli del cavallo?

Cavallo? Axel non era a cavallo, stava camminando a piedi.

Oppure no?

Non riusciva a ricordare.

Non importava come, lui doveva raggiungere casa, perché la sua famiglia, la sua adorata moglie, lo stava aspettando. Tutti attendevano solo il suo arrivo, non avrebbe potuto deluderli. Non l’avrebbe fatto.

Perché lo stavano aspettando, no?

No, forse no. Forse nessuno sapeva del suo arrivo. Forse nessuno lo stava aspettando, credendolo in città.

Un tuono inaspettato, di cui lui non riuscì ad identificare neppure l’origine, lo fece bloccare sul posto e, all’improvviso, lui dimenticò dove stava correndo con tanta fretta.

Dimenticò tutto. Dimenticò dove si trovava, cosa voleva fare e perché stesse indossando solo degli abiti da notte.

Perché stava indossando abiti da notte?

Poggiando le proprie mani sul viso, si rese conto di non ricordare neppure quale fosse il suo nome. come fosse la sua faccia, di che colore fossero i suoi occhi o i suoi capelli.

Era pallido? Era abbronzato?

Chi era, lui?

Era tutto così buio, tutto così uniforme e, allo stesso tempo, confuso. Non vedeva nulla e, allo stesso tempo, temeva di vedere tutto.

Il mondo era davvero così buio o qualcuno aveva portato via la luce?

Voleva urlare, voleva chiedere aiuto, ma non ricordava di aver mai imparato a parlare o quale lingua conoscesse.

Un senso di opprimente angoscia gli attanagliò il petto, facendolo precipitare in ginocchio, con il cuore che sembrava voler uscire dalla sua gabbia toracica.

Aveva paura, ma non sapeva neppure cosa lo spaventasse a tal punto. Era come un brivido freddo causato da uno spiffero inesistente, come la pelle d’oca improvvisa che arrivava in momenti di assoluta tranquillità ed era capace di far nascere inquietudine anche negli animi più pacati.

« Sei spaventato, Axel? »

Una voce melodiosa, bella come il canto di un fringuello, pose fine al silenzio asfissiante che era piombato su di lui, facendogli rialzare il capo alla ricerca di qualcuno, di qualcosa, che potesse dirgli qualcosa - qualunque cosa - ed allontanare la sensazione di essere solo in un mondo di oscurità.

« Hai paura, mio giovane principe? »

La voce non arrivava da nessun luogo in particolare, o, almeno, non uno che lui potesse individuare. Sembrava uscire direttamente dal terreno su cui lui era inginocchiato e saturare ogni particella d’aria che stava respirando, fino a riempirgli i polmoni, fino a saziare una fame che lui non credeva e non voleva assolutamente avere.

Gli venne la nausea e non riuscì a capire perché.

Voleva rispondere, voleva chiedere spiegazioni o aiuto. Voleva che la proprietaria della voce lo salvasse da quel buio che sembrava volerlo inghiottire.

No, lo aveva già inghiottito. Non poteva neppure vedere o ricordare se stesso. Però poteva essere salvato, lo sapeva. Sentiva di essere già stato tirato fuori dai guai, un’altra volta.

« Vuoi scappare, Axel? »

Sì! Sì, lui voleva andare via da quel luogo orribile. Lui voleva chiudere gli occhi - li aveva già chiusi? - e, nel riaprirli, ritrovare tutto il mondo che sentiva di aver perso.

Perché esisteva altro oltre il buio, nel mondo reale, no?

In quell’istante, si rese conto di non riuscire ad immaginare nulla di diverso dall’oscurità, nonostante sapesse per certo di aver visto e di aver sognato dei visi, dei colori, vite diverse…

« Tu non puoi scappare da me, lo sai. »

No! No, lui sarebbe scappato, ce l’avrebbe fatta! Non si sarebbe arreso all’evidenza, non si sarebbe piegato al volere di quelle stelle - quelle stelle dannate che lo avevano inghiottito nel loro buio maledetto! - e non avrebbe lasciato andare la presa su se stesso!

Ma non l’aveva già fatto, dimenticando il suo nome?

« Credevi di avermi distrutta, ma io tornerò. Io torno sempre. »

Lui non sapeva a chi appartenesse la voce. Non sapeva dove guardare, nella speranza di trovare la fonte di quel terribile e bellissimo suono. Non sapeva nulla, non ricordava nulla, ma l’orrore che lo colpì, come un pugno all’altezza dello stomaco, ebbe il potere di farlo piombare a bocconi, sconvolto da conati improvvisi.

« Tornerò e tu sarai mio. Non sono mai stata davvero distrutta. »

Voleva piangere, ma non sapeva più come farlo. Voleva buttarsi a terra e sbattere i pugni al suolo fino a farli sanguinare, ma non credeva di avere, o di aver mai avuto, delle mani da stringere o un terreno su ci poggiarsi.

Era solo oscurità, nient’altro. Oscurità perenne, oscurità senza fine capace di inghiottire qualsiasi cosa. Ed anche lui era stato inghiottito, con una maestria tale da far si che non se ne accorgesse.

Non era mai uscito dal buio, nonostante se ne fosse convinto. Quello si era solo messo da parte, in attesa che lui abbassasse la guardia, per poi sferrare l’ultimo, poderoso attacco.

 

Quando riaprì gli occhi e sentì il corpo di sua moglie, al suo fianco, per un attimo pensò fosse stato solo un terribile, terribile incubo.

Abbassando gli occhi, però, vide che la cicatrice alla mano - un ricordo del periodo più nero della sua esistenza - sembrava essersi nuovamente riaperta ed un rivolo di sangue era arrivato a macchiare la candida camicia da notte che Eloise indossava.

Forse se l’era riaperta da solo, dormendo, senza neppure essersene reso conto.

Forse la sua era solo suggestione.

Ma, quando si girò su un fianco, per stringere nuovamente la giovane donna a sé, non riuscì a chiudere occhio per paura di rivedere tutto.

Quella non era stata una minaccia, ma una vera e propria promessa.

   
 
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