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Autore: Lantheros    22/01/2014    3 recensioni
Ho detto molte volte che non avrei scritto un sequel a "L'Ultimo Volo". Beh... eccolo qui.
Terza parte di una saga che iniziai molto tempo fa, che parla di tematiche difficili come la disabilità e l'andare oltre le apparenze. Inutile ribadire come sia necessario aver letto i due predecessori (li trovate proprio qui su EFP e sul mio account).
A questo punto non troverete più semplici slice of life o approfondimenti del rapporto tra i due pegasi. Qui i Campioni potranno mettere in gioco se stessi per vedere di che pasta sono effettivamente fatti. Per vedere cos'hanno imparato.
Per giungere lassù nel cielo, oltre le nubi più basse.
Dove soltanto i cirri osano volare. Imperturbabili.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rainbow Dash, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Equestria, tredici anni dopo; al termine di una tiepida primavera.

 

    Le zampe calpestarono il soffice manto bianco sotto gli zoccoli.

Rainbow avanzò con lentezza fino al limitare della nuvola, con lo spettacolare paesaggio di Equestria di fronte a sé.

 

Il sole brillava alto nel cielo. Il vento era fresco e gentile.

Le colline erano in fiore, dipingendo il mondo con i colori delle più disparate varietà di melo.

Vigeva il silenzio, fatta eccezione per l’ormai noto sibilare dell’aria nelle orecchie.

 

La puledra ruotò il volto, beandosi dell’orizzonte nella sua perfezione.

Chiuse gli occhi. Inspirò a pieni polmoni.

Sorrise, assaporando ogni singola emozione che i sensi le stavano trasmettendo.

 

Riaprì le palpebre.

 

Al collo le oscillava un ciondolo in cui erano stati inseriti tre monili.

Una piuma blu.

Una piuma grigia.

Un piccolo pegaso di metallo, il cui occhio cristallino era però scuro ed opaco.

 

    Una presenza si palesò accanto a lei.

Era una giovanissima puledra dal manto grigio e con una folta criniera dai riflessi ramati.

Il pegaso si stava muovendo con circospezione fino al bordo della nuvola, quasi a gattoni, come se avesse paura di cadere.

Si sporse e poi tornò immediatamente indietro.

Osservò Dash, tramite rossi occhi identici ai suoi.

Parlò, con voce trillante e vivace, anche se leggermente timorosa.

“Uh… È… è un po’ altino…”.

Rainbow si sporse a sua volta e, con fare un po’ strafottente, le rispose: “Mhh… sì, sarà… qualche migliaio di metri al massimo…”.

“Cosa??”, berciò preoccupata.

“Non vorrai mica dirmi… che un pegaso ha paura di volare?”.

“Ehm… n-no”, mentì, sporgendosi una seconda volta e fingendosi meno spaventata.

Il pony blu si intenerì e la passò una zampa sulla groppa.

“Siamo tutti agitati, il giorno del primo volo. È normale”.

“…anche tu hai avuto paura, la prima volta?”.

“Mhf. Ovvio che no!”, ribatté con vanto.

“O… ok…”.

Una terza voce si intromise alle spalle del duo: “Non stare ad ascoltarla. Dice un mare di fesserie…”.

Si voltarono.

Scootaloo, ormai perfettamente cresciuta, le raggiunse camminando sul manto nebuloso.

“Ti spiego io come si fa…”, aggiunse la puledra arancione.

Dash, tuttavia, allungò uno zoccolo verso di lei, fermandola.

“Ehy!”, protestò Scootaloo. “La smetti di essere sempre al centro dell’attenzione??”.

L’amica sorrise e mise in mostra i ciondoli che aveva al collo.

L’altra capì immediatamente e le rispose con un grande sorriso.

“Questa è un’occasione speciale”, concluse Rainbow.

 

    Il trio si collocò con la punta degli zoccoli in prossimità del vuoto.

Scoot e Dash esternavano caparbietà e sicurezza, mentre Iris era decisamente più agitata.

“Non ti preoccupare”, la tranquillizzò il pony dai crini arcobaleno. “Sono sicura che non avrai il benché minimo problema. Ce l’hai nel sangue…”.

“Se… se lo dici tu…”.

“PRONTE??”, tuonò improvvisamente Dash.

“PRONTE!”, fece eco Scootaloo.

“…pronte…”, pigolò Iris.

 

Scootaloo spalancò le proprie ali.

 

Iris fece altrettanto, mostrando la sua notevole apertura alare.

 

Rainbow Dash fu l’ultima ad aprirle.

Un paio di ali enormi.

Lunghe.

Affusolate.

Bellissime.

Le piume erano color blu acceso e le punte sfumavano nelle tonalità della cenere.

 

Il pegaso puntò il viso dritto nel vuoto, percependo il vento d’alta quota attraversarle le piume.


Con questo regalo… tu mi hai concesso l’opportunità… di essere per sempre con te. E non solo.


Dash si gettò nell’aria.

Scootaloo la seguì a ruota.

Con un’ultima esitazione… anche Iris si convinse a saltare.

 

Il trio saettò verso il suolo lontano, acquisendo sempre più velocità.

La giovane puledra grigia provò una paura immensa. Tutto, attorno a lei, tremava e sibilava. Le ali erano leggermente ripiegate lungo i fianchi e non sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare. Di fronte a lei, le amiche si comportavano esattamente allo stesso modo, precipitando sempre più veloci.

 

Dash gonfiò le ali, in una manovra che avrebbe spezzato piume ed ossa a qualunque pegaso.

Ma non con QUELLE ali.

Il pegaso celeste guadagnò immediatamente portanza e le due amiche la videro schizzare verso il cielo azzurro.


Io sarò le tue ali, Dashie. Per sempre. Non so cosa ci sarà dopo ma… credimi. Io ti sosterrò… più di quanto tu creda…


Scootaloo cercò di fare altrettanto ma dovette accontentarsi di una cabrata lenta e calcolata.

Iris si ritrovò improvvisamente sola. Il cuore le batteva all’impazzata.

Cosa doveva fare?

Cercò di riportare alla memoria le lezioni di volò ma l’agitazione era troppo grande e le impediva di ragionare con chiarezza.

Il panico si fece strada dentro di lei.

“DAAASH!!”, urlò. “DASH!! SCOOT!!”. Nessuno, tuttavia, le rispose o venne in suo soccorso.

Quindi, senza nessun’altra opzione residua, la puledrina fece l’unica cosa possibile.

 

Spalancò le ali.

 

Sulle prime, ebbe una strana sensazione e faticò a stabilire il controllo.

Ma poi…

Secondo dopo secondo… Istante dopo istante… L’istinto le suggerì cosa fare.

Iris si meravigliò di se stessa.

L’aria prese naturalmente a fluire tra le piume e il corpo della giovane iniziò a rispondere con naturalezza agli stimoli che il mondo attorno a lei le inviava.

Non ci poteva credere.

 

Stava volando!

 

Ruotò le ali. Prese un vuoto d’aria e precipitò per qualche metro, che recuperò in pochi istanti.

Tanta paura.

Tante emozioni.

E tanta gioia.

 

Sopra di lei, non molto lontano, Rainbow la osservava con il cuore che batteva forte.

Riconobbe subito lo stile. Ne intuì immediatamente le potenzialità.


Lei… volerà per me. E… e sarà il pegaso più maestoso che mai apparirà in tutto il Creato…


E così fu.

Seppur ancora impacciata e inesperta, Iris prese immediatamente a muoversi nel vento, a leggerlo, a capirlo, ad essere come lui.

Scoot si affiancò accanto al pony blu ed esultò: “AH! HAI VISTO?? HAI VISTO COME VOLA??”.

“Sì”, rispose commossa. “Sì, ho visto…”.

 

    E quel momento, splendido ed unico, la rimandò immancabilmente ad un passato lontano.

Ma che mai era riuscita a dimenticare.

Per un istante… le tornò in mente l’ultimo volo di Icarus.

La notte in cui si librò con lui nel cielo stellato, percependo dentro di sé tutta la gioia dell’amico.

Si ricordò cosa avesse fatto. Cosa le avesse lasciato dentro.

Le tornarono in mente i suoi cirri.

La sua boccaccia maleducata.

La sua testardaggine.

La sua antipatia.

Il giorno in cui le fece dono dei ciondoli con le piume…

 

Scosse il capo.

Cercò di allontanare quei pensieri.

Ma non vi riuscì.

Le emozioni fecero ritorno, forti e ingestibili.

Dash deglutì.

Non era il momento di distrarsi. Iris avrebbe realmente potuto avere bisogno di lei. Notò tuttavia il pegaso arancione avvicinarsi premurosamente all’amica.

Avrebbe dovuto fare altrettanto. Ma il dolore… era troppo forte.

Senza farlo apposta… il suo sguardo finì in direzione della casa nel cielo, in cui l’amico aveva passato quasi tutta la propria vita, segregato in un mondo di cristallo.

L’abitazione non c’era più.

 

Sotto di lei, Scootaloo e il pegaso dai crini ramati si erano appena scambiate un paio di commenti eccitati.

Le due si resero presto conto di come Rainbow stesse guadagnando sempre più quota e non ne capirono il motivo.

 

    Dash iniziò a sbattere forsennatamente le ali, in una risalita verticale verso le sommità del cielo.

I mille ricordi del compagno le ronzavano confusi nella testa.

Il giorno del loro primo incontro.

Quando lo condusse a Ponyville dalle amiche.

Il cambio di look nella boutique di Rarity.

Il litigio.

 

Superò i primi strati di nuvole.

Percepì un leggero dolore ai muscoli della schiena.

Riprese a sbattere le grandi ali dalle tonalità sfumate.

Doveva… e POTEVA salire ancora più in alto.


Mio padre è sempre stato affascinato dal volo… dall’aria… dalla possibilità di sconfiggere i limiti imposti dalla gravità. Lui è pegaso… ma ho capito che avrebbe sempre desiderato un mondo dove tutti avessero avuto la possibilità di volare, in un modo o nell’altro.


Il giorno in cui andò a trovarlo all’Emerald Lake e lo rivide dopo mesi di lontananza.

La fuga a Steamdale.

Il tramonto dal grattacielo.

L’operazione dall’esito incerto.

Il fallimento.

 

L’aria divenne fredda e l’ossigeno iniziò a diminuire.

Rainbow continuò a sbattere le ali sempre più forte, contrastando la gravità che la reclamava invece al suolo.

Di fronte a lei: l’azzurro.

Ma, da qualche parte… ne era sicura. Dovevano essere lì.


Lui… lui era sempre stato affascinato dai cirri. Ogni tanto, lo sapevo, spiccava il volo… e si spingeva fin dove l’atmosfera diveniva rarefatta… fin dove il freddo non ti raggelava il fiato sul muso… dove tutte le nuvole scomparivano. Tutte… tranne i cirri.


La nascita della piccola Iris.

Il suo dilemma interiore.

Il rifiuto.

La riappacificazione.

L’arcobaleno sopra l’industria.

La rinuncia al suo unico mezzo di trasporto.

Il pomeriggio nella neve.

I regali.

Il malessere.

 

Alcuni piccoli batuffoli fumosi iniziarono ad intravedersi in lontananza.

Il fiato si trasformò in condensa. La fatica iniziò a farsi pesantemente sentire.

Ma non le importava.


Un luogo che non riuscì mai a raggiungere veramente, confine per tutti i pegasi. Riuscì soltanto a sfiorarlo… e a prendere un po’ di quell’effimera massa condensata. Per il suo sogno. Per lui. Per coloro che non potevano volare. E per… per me…


Rainbow strizzò le palpebre e strinse i denti.

Convogliò tutte le proprie energie nelle ali.

Continuò a muoverle. E muoverle. Incessantemente.

Ignorò il dolore. Ignorò il freddo. Ignorò la sensazione di soffocamento ai polmoni.

 

Alla fine, con un ultimo battito liberatorio, riaprì le palpebre.

 

Per un istante, conservando la spinta verso l’alto per pochi secondi, rimase a fluttuare in un mondo dipinto dell’azzurro più intenso e profondo che mai avesse visto.

Attorno a lei…

I cirri si muovevano gentili, lenti e imperturbati.

Piccole macchie bianche simili a cotone.

La gravità la richiamò a sé.

Prima di riprendere la discesa, tuttavia, con un leggero strato di brina sul muso e piccole lacrime ghiacciate sul volto, Dash riuscì ad allungare una zampa.

 

Per un singolo, insignificante istante... fu in grado di toccare un cirro.

Lo percepì a stento, delicato e tenue com’era.

 

Il volto del pegaso manifestò chiari segni di dolore.


“Mi manchi da morire… Icarus…”.


Chiuse gli occhi.

Il corpo ruotò a mezz’aria ed iniziò a precipitare di schiena.

 

    Rainbow non fece nulla.

Si limitò a scendere verso terra, sempre più rapidamente.

Il fragore del vento si fece presto assordante. Il vento si tramutò in lame ghiacciate che le saettavano attorno al corpo.

Riaprì le palpebre.

Vide il verde delle distese, a migliaia di metri di stanza.

Il dolore, dentro di lei, fu devastante.

Protese le zampe e ricominciò a sbattere le ali.

Andò veloce. Sempre più veloce, sospinta da una forza assolutamente impareggiabile: le ali dei veri Campioni di Equestria.

 

Ed avvenne.

Il Sonic Rainboom più potente e spettacolare mai comparso in tutta Equestria. Così imponente da far tremare le piante a terra, a chilometri e chilometri di distanza.

Una enorme sfera dai mille colori si spanse in ogni direzione, rapida come un fulmine.

 

    Scootaloo ed Iris vennero spazzate nel vuoto, roteando più volte su se stesse.

Il pegaso arancione ristabilì il controllo e volò immediatamente in soccorso dell’amica, aiutandola a riprendere quota.

Videro quindi il corpo blu di Rainbow Dash, in lontananza, cadere verso le colline, a peso morto. La puledra era in avvitamento, leggermente rallentata dalle lunghe ali penzolanti.

Senza pensarci due volte e spaventate dall’impatto che ne sarebbe seguito, si apprestarono a raggiungerla.

 

Scootaloo fu la prima ad arrivare. Planò lungo un prato e si mise immediatamente alla ricerca della compagna.

Le sarebbe bastato individuare una macchia blu ma l’erba era alta e non facilitava il compito.

La vide di lì a poco, mentre si risollevava da terra.

Galoppò immediatamente nella sua direzione.

 

“DAAASH!!”, urlò.

Il pony blu si girò.

Scootaloo giunse trottando verso di lei, col volto vagamente preoccupato.

“DASH! STAI BENE??”, continuò ad urlare, finché non le fu praticamente addosso, obbligandola a gettarsi di schiena sull’erba.

“DASH!!”, ripeté.

“Sto bene, sto bene!!”, si apprestò ad informarla.

“D-davvero??”.

“Ti dico di sì…”.

Scoot tirò un sospiro di sollievo, puntò gli occhi al cielo e si ritrasse: “Oh… grazie a Celestia…”.

Rainbow si grattò il capo e constatò come il suo corpo fosse un po’ sporco d’erba e di terriccio.

“Che… uh… cos’è successo?”.

L’altra riprese fiato e le spiego: “Come cos’è successo?? C’è stato quel… quel… e tu sei franata lungo il prato!”.

“Cavolo…”.

“Non ti sei fatta nulla? Una lussazione? Un…”.

“No, no. Sto bene…”.

“Da lontano… sembrava dormissi… Dovevi aver perso i sensi”.

Il volto della puledra dalla chioma arcobaleno divenne serio: “…sì… sì, io… penso di essere svenuta…”.

“Beh ma… alla fine stai bene, vero?”, chiese con insicurezza Scootaloo, prendendo quindi a scrutare cielo e dintorni.

La mente di  Dash tornò al sogno. Anzi, a tutti i sogni che aveva avuto di recente.

“…s-sai, Scoot?”, balbettò timidamente, sorridendole appena.

“…cosa?”.

“…ho… ho rifatto il sogno…”.

L’altra sembrò un po’ a disagio: “Ti riferisci a…”.

“Sì… a…”.

 

In quel preciso momento, il pegaso grigio giunse dietro di loro, con il fiato cortissimo.

La preoccupazione si leggeva chiaramente nel suo volto.

 

Quando Dash vide il pony dalla folta chioma, percepì un profondo calore nel petto. Tutto parve svanire. Tranne una minuscola sensazione di sofferenza che continuò a pungerle un angolino del petto.

 

La puledra sorrise con tutta la dolcezza che spontaneamente le venne fuori dall’animo.

 

Osservò la coppia che aveva d’innanzi.

 

Sentì il calore del sole.

 

Percepì la brezza tra i crini.

 

Il lieve fragore del vento tra le orecchie.

 

E capì.

 

Capì che quello era tutto ciò che mai avrebbe potuto desiderare.


Si rialzò da terra, mettendosi sulle quattro zampe.

Prima di ripartire, disse loro un’ultima cosa: “…non ha alcuna importanza, ora. Non importa più, ormai”.

Rainbow Dash diede le spalle ai due.

Osservò il cielo.

Chiuse gli occhi.

 

“Il nostro sogno… il vero sogno… comincia adesso”.


…e il vento soffiò più forte di prima.

 

*** ***** ***

 

    Non molto lontana dai tre, una puledra dal manto viola era appostata all’ombra di un grosso salice dai rami fluenti.

L’arbusto si stagliava proprio al centro di un enorme prato di calendule gialle.

Dietro di lei, un curioso pony barbuto, con una strana scintilla negli occhi, tratteneva tra le zampe la propria criniera. Il Sonic Rainboom aveva appena attraversato la zona, lambendo con violenza i fiori e il grosso albero verde.

Velvet dovette rannicchiarsi su se stessa e proteggere il grosso libro che reggeva in grembo.

    Quando il fenomeno cessò, rivelando un cielo completamente sgombro di nuvole, tornò ad osservare preoccupata la volta celeste.

Dopo pochi minuti… si tranquillizzò.

I tre pegasi avevano ripreso a volare: tre macchiette colorate; una grigia, una azzurra ed una arancione.

L’unicorno sorrise.

L’arcobaleno circolare era ancora all’orizzonte e vi sarebbe rimasto per molto, moltissimo tempo; generato da una forza ed un sentimento che nessuno avrebbe potuto anche solo immaginare.

Riaprì il grosso tomo, un imponente libro con copertina in pelle rigida, su cui era stato incastonato un simbolo in ferro battuto: il mezzo busto di due pegasi di profilo, che si davano reciprocamente le spalle.

Fece scorrere le pagine, fittamente scritte, finché non raggiunse la parte terminale del documento, ancora da completare.

Il corno in fronte si illuminò. Piuma e inchiostro emersero da una borsa lì accanto.

La puledra dagli occhi viola si fece pensierosa, quindi sembrò trovare l’ispirazione e riprese a scrivere, comodamente coricata tra le radici.

 

Questa è dunque la storia che ho voluto narrarvi.

Non la ritengo un motivo di vanto, per i protagonisti coinvolti.

Non ha una finalità precisa… se non quella di render noto, a chi volesse saperne di più, chi sono stati i Campioni di Equestria.

 

La punta si intinse nel contenitore scuro.

 

Io ho avuto l’enorme fortuna di conoscerli.

Di parlarci.

Di toccarli.

Di capirli.

Ed è stata una delle avventure più belle e ricche che potessero capitarmi in vita.

 

Velvet tornò con lo sguardo sul paesaggio primaverile: un’esplosione di colori che, fino ad una decina di anni fa, mai avrebbe potuto rimirare.

 

Ci ho impiegato quasi tredici anni a completare questo libro. Ho raccolto le testimonianze di tutti, in modo meticoloso ed esaustivo. Ho potuto così narrarvi la loro storia secondo tutti i punti di vista possibili.

E la cosa stupenda…

 

Sorrise.

 

È stato verificare come ognuno abbia detto la propria, con versioni leggermente differenti.

Ma tutti… ripeto, TUTTI sono rimasti immancabilmente segnati dal passaggio dei due Campioni.

Di uno… in particolare.

 

Un pegaso che, finché avrò vita, mai dimenticherò.

E dubito che chi lo ha conosciuto potrà mai riuscirci, nel bene e nel male.

 

Fece una pausa.

Raccolse le idee.

 

Uno dei suoi più grandi timori… era di essere dimenticato. Che nessuno sapesse di lui.

Ma la verità assoluta… è che ha lasciato il segno.

 

La Principessa Celestia ha fatto intarsiare una vetrata dai mille colori, che potete rimirare in qualsiasi istante, recandovi nella sala regale di Canterlot.

Mostra i due Campioni di Equestria, intenti a volare nel cielo.

 

Le rispettive nomine si sono diffuse in ogni direzione, fino oltre le montagne a nord.

La loro storia è giunta ad occhi ed orecchie di pony a migliaia di chilometri di distanza.

Icarus e Dash, volenti o nolenti, sono entrati nella leggenda.

 

Un alito di vento la costrinse a pizzicare i fogli e spostarsi i crini dalla fronte.

 

E non mi dilungherò oltre, poiché ciò che doveva essere detto, è stato detto.

Se tuttavia vi è rimasta un po’ di curiosità, per ciò che è accaduto successivamente… allora sappiate che alcune cose sono mutate. Altre sono rimaste le stesse. Perché certe cose, ormai è risaputo, non cambieranno mai.

 

La famiglia di Icarus si è risollevata completamente dai debiti e si è potuta permettere una graziosa casetta nella città di Ponyville. Entrambi i genitori lavorano ed Iris, a quanto ne so, possiede un roseo futuro presso l’accademia di volo.

 

La Cirrus di Icarus e i relativi progetti hanno spopolato in mezzo Regno. Di tutto si può dire sul nostro caro dottor Panpipe, tranne che sia un pessimo pony di affari.

Se, alzando lo sguardo al cielo, vi dovesse capitare di scorgere strani batuffoli sospinti dai pegasi… beh. Sappiate che sì, sono loro. L’Emerald Lake è diventato il primo centro specializzato a poter accogliere malati in particolari stati di salute, nonché le emergenze sia da cielo che da terra.

 

Ah… il dottor Panpipe?

Non so esattamente che fine abbia fatto. Ho sentito dire che qualcuno, nell’ospedale, è riuscito a trafugare alcuni documenti e a venderli ad un’agenzia di gossip. Il dottore pare si sia ridotto sul lastrico per mettere a tacere le voci. Non lavora più all’Emerald Lake. Con ogni probabilità, si sarà ritirato in una delle sue sontuose ville in montagna.

 

Se vi interessa sapere di Brutus, so che il suo nuovo locale ha avuto un discreto successo. Lo stallone, tuttavia, continua ad inguaiarsi puntualmente con nuove fiamme… che altrettanto puntualmente se ne scappano la mattina dopo, lasciandolo col portafoglio vuoto e il cuore in frantumi.

 

Ate si sta curando autonomamente, grazie ai soldi concessi dalla famiglia di Icarus. Il pegaso grigio ha espressamente lasciato una richiesta affinché il matto venisse trattato con tutto riguardo.

Io, detto tra noi, penso che se ne stia un po’ approfittando. Ma non ci vedo nulla di male, dopo una vita passata in un ospedale.

 

Il piccolo Nicodemo si è spento qualche anno fa.

È stato il mio fedele compagno per anni e mi ha tenuto compagnia nei momenti più bui della mia vita.

Può un topolino significare così tanto per qualcuno?

Io vi assicuro di sì.

 

L’unicorno sospirò.

 

Per quanto riguarda me…

Beh, non c’è molto da dire. Il mio obiettivo più grande era concludere degnamente questo libro.

Non so se ci sono riuscita. Penso di poter dire ancora qualcosa… ma non so bene cosa…

 

Velvet arricciò il naso.

Che brutta frase da scrivere per il finale di un libro…

Il corno divenne ancor più luminoso e l’ultima riga scomparve magicamente.

Continuò ad osservare con incertezza le ultime pagine.

Si picchiettò il mento. Sotto di esso era presente la collana che gli aveva regalato Icarus. La pietra, tuttavia, sembrava si fosse bruciata dall’interno, esattamente come il piccolo rubino del pegaso di metallo che indossava Rainbow.

Quello era stato l’ultimo regalo di Icarus per le amiche... più grande di quanto mai si sarebbero potute immaginare.

 

Dopo lunghi minuti di totale assenza d’ispirazione, Velvet richiuse il tomo, sbuffando sconsolata.

“Niente”, ammise. “Ora non mi viene niente”.

Si girò verso il pony alle sue spalle.

“Tu hai suggerimenti?”.

Ate alzò le zampe all’altezza delle spalle e inarcò le sopracciglia.

“No, eh?”, borbottò la puledra viola. “Vabbè… vorrà dire che aspetterò il momento propizio”.

 

Ripose libro e strumenti nella borsa e si alzò da terra: “Oh issa!”.

Si sgranchì le zampe.

Allacciò la cintura della tracolla.

“Dai”, lo esortò. “Che ne dici di tornare? Che poi, se cala la sera e fa buio, ci perdiamo!”.

 

Ate rispose con un ghigno divertito e, con voce arrogante e un’intonazione vagamente familiare, dichiarò: “Ridicolo!”.

Velvet rise sotto i baffi.

Si allontanarono dal salice, muovendosi tra le calendule e dando le spalle ai pegasi, con il vento primaverile ad accarezzare i crini.

 

    Poi… Velvet si fermò.

Una strana sensazione… qualcosa… le consigliò di rimanere.

Si girò lentamente.

Vide il trio lontano volteggiare libero nel cielo, divertendosi come non mai.

Corrugò leggermente la fronte.

Chiuse gli occhi.

Fece vibrare le orecchie.

Ate si fermò a sua volta, senza interferire.

L’unicorno, come se non avesse un solo istante da perdere, estrasse con rapidità il libro e la piuma. Lo aprì e lo tenne sollevato d’innanzi a sé, tramite la levitazione. Andò verso l’ultima pagina.

La punta, intrisa di inchiostro, si portò a pochi millimetri dalla carta.

 

Velvet scrutò Dash, Scootaloo ed Iris, con i suoi profondi occhi viola.

 

La piuma si mosse.

 

E con queste ultime parole…

Io vi dico… che non dovete essere tristi.

Non c’è nulla di cui dispiacersi.

 

Lui ci ha fatto un dono bellissimo.

A me. Alla sua compagna. A tutti.

Ha seguito la propria strada. L’ha percorsa. Si è inciampato. Ha sbagliato. Ha rimediato.

 

Ha cercato a tutti i costi una risposta e, alla fine, io ne sono sicura…

…è finito col trovarla.

 

Riportò l’attenzione sui pegasi.

Ora poteva vederli chiaramente, frutto di quel dono bellissimo.

 

Ma certe cose, quando impari a vedere col cuore, non le dimentichi.

Quando la luce si spegne definitivamente, allora non ti rimane che ascoltare.

 

E dove altri avrebbero solamente notato tre pegasi solcare l’infinito del cielo…

Lei sarebbe andata oltre.

Chiunque ci sarebbe in realtà riuscito.

Bastava soltanto fermarsi.

Chiudere gli occhi.

E lasciare che il cuore facesse il resto.

 

Perché i miracoli non muoiono mai.

E lui lo è stato a tutti gli effetti.

Ovunque passasse lui, tutti venivano ustionati dalla sua luce.

 

Una luce che, anche se lontana dalla fonte, continuerà a brillare ancora per molti anni a venire.

 

Non si esce di scena, quando si entra nella leggenda.

 

Io lo so.

Lo sento.


Tutto ciò che lui è stato

Tutto ciò che ha fatto

Per sempre rimarrà attorno a noi.

 

Mai sarà distrutto.

 

Mai sarà dimenticato.


Ogni volta che alzeremo il volto al cielo.

Noi lo sentiremo.


Per il resto delle nostre vite.

 

Per sempre sospinto


nel vento.


La piuma incantata pressò leggermente la carta, delineando il punto finale della frase conclusiva.

Velvet ne osservò soddisfatta il risultato.

Chiuse il libro. Lo fece levitare di fonte a sé, con il sole accecante sullo sfondo.

Spalancò la copertina.

 

Lesse la prima frase.



Era l’ultimo giro della gara nei cieli…

   
 
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