Prologo
- È sicura di
volersi occupare proprio di lui, miss Quinzel? –
Sarà la decima
volta che l’inserviente mi chiede la stessa cosa. Sono sicura
di volermi
occupare di lui, com’è che si chiama? Riguardo la
scheda personale che il mio
predecessore ha lasciato nell’archivio.
Jack Napier,
Joker.
- Sì, non sarà
un problema. – ribatto asciutta, sperando che
quell’uomo capisca che non è
proprio il caso di continuare a scocciarmi con le sue domande.
- È un tipo
molto pericoloso, stia attenta. –
È l’ultima
raccomandazione che mi fa, e so bene qual è il motivo.
È per il mio aspetto.
Essere bassa, minuta, e incredibilmente carina non è il
massimo quando si deve
trattare con i criminali; in effetti, neanche essere bionda e avere due
occhioni azzurri come il cielo li impressiona chissà quanto.
- Lo terrò presente,
mr Daniels. Ora, se non le spiace, vorrei parlare con il mio paziente.
Da sola.
– chiarisco, vedendo che non accenna ad andarsene.
Annuisce,
indicandomi l’ultima cella, una delle più ampie.
- Se ha bisogno,
chiami. – dice, poi mi lascia sola proprio come ho chiesto.
Raggiungo la
vetrata infrangibile della cella, spiando all’interno di
essa. Jack Napier è
sdraiato sul letto, con indosso un broncio che ricorda molto quello dei
bambini
quando vengono contrariati dai genitori.
Busso leggermente
contro la vetrata per attirare la sua attenzione.
- Signor Napier,
sono la sua nuova psicologa, posso entrare? –
Un po’ di
cortesia non fa mai male, specie quando si deve avere a che fare con
personalità così instabili. Perché
sì, dal fascicolo mi sono fatta un’idea
precisa sull’uomo che ho davanti. Jack Napier è
uno psicopatico puro ed è
proprio per questo che ho accettato di averlo in cura come paziente.
Catturare
uno psicopatico puro è praticamente impossibile,
sarà affascinante scandagliare
la sua psiche e capire quali sono i meccanismi che lo fanno scattare.
Proprio mentre
penso a questo, lo vedo voltarsi ed esaminarmi con occhio critico. Si
sofferma
in particolare sulle mie labbra, che devono ricordargli le sue visto il
colore
del rossetto che ho utilizzato per l’occasione. È
stata una scelta consapevole,
lo ammetto, volevo trovare qualcosa che catturasse la sua attenzione,
che lo
incuriosisse almeno la metà di quanto lui incuriosisce me.
- Ma che bella
bambolina, mi piace il colore del tuo rossetto. Sì,
è proprio bello. – approva,
mentre sul viso gli si dipinge un sorriso che più che tale
sembra un ghigno.
Lo prendo come
un assenso a entrare e lasciò scorrere la chiusura di
sicurezza della porta
della cella. Entro e la richiudo alle mie spalle, non perdendo di vista
Napier
neanche per un istante. Sembra apprezzare, non c’è
alcun dubbio che gli piaccia
essere trattato con i guanti. Gode nel comprendere come la sua pazzia
riesca a
inquietare gli altri.
- Allora, signor
Napier, se è d’accordo, possiamo cominciare.
– dico, sedendomi sulla poltrona
accanto alla sua brandina.
Annuisce
distrattamente, come se l’idea di una seduta non lo attiri
poi così tanto.
- Come ti
chiami, bambolina? – mi chiede, fissandomi negli occhi.
La scintilla di
tenebra nel suo sguardo e il modo in cui mi fissa mi fanno correre un
brivido
lungo la schiena. Un brivido che, mi stupisco a notare, non
è di paura.
- Harleen
Quinzel. –
Arriccia il
labbro in una buffa espressione.
Intuisco che
deve essere quella che adotta quando sta pensando a qualcosa. Ben
inteso,
qualcosa di divertente o piacevole, non una strage. Anche se, in
effetti, in un
soggetto come Napier strage e divertimento coincidono quasi sempre.
- Non è male,
con una piccola aggiustatina dovrebbe andare bene. –
considera.
Non chiedo per
cosa “dovrebbe andare bene”, anche
perché non sono certa che la risposta mi
piacerebbe.
- Trovato. –
schiocca le dita con espressione soddisfatta, - Harley Quinn.
–
Harley Quinn.
Harlequin.
Arlecchino.
- Appropriato,
molto appropriato. – commento, con un lieve sorriso sghembo.
- Già, ti
chiamerò così da oggi in poi. –
aggiunge, lanciandomi un’occhiata penetrante.
Sembra quasi che
voglia sfidarmi a controbattere che il mio nome non è
quello. Lascio correre,
non ho alcuna intenzione di discutere con lui. Piuttosto, forse
è il caso di
passare al contrattacco.
- Vorrà dire che
io ti chiamerò Mr J. – ribatto serafica.
Aggrotta la
fronte, rimuginando su quello che gli ho appena detto.
- D’accordo.
Sai, Harley Quinn, mi piaci. –
Dal modo in cui
lo dice sembra che non sia necessariamente una cosa buona. Infatti,
subito
dopo, aggiunge: - Prometto che, quando deciderò che
sarà meglio ucciderti che
chiacchierare con te, lo farò in fretta. –
Ecco fatto, e
tanti saluti all’andare d’amore e
d’accordo.
Spazio autrice:
Salve,
eccomi fare la mia prima incursione in
questo fandom. Confesso di essere incredibilmente affascinata dal
personaggio
di Joker, per questo ho deciso di scrivere la storia in prima persona,
in modo
da cercare di calarmi nei panni di Harley e rendere il tutto il
più credibile
possibile. Che dire, spero che questo breve prologo non faccia poi
così schifo
e che vogliate lasciarmi una recensioncina con la vostra opinione.
Infine,
credo che aggiornerò approssimativamente una volta a
settimana (o il sabato o
la domenica sera) perciò se volete essere certi di non
perdere gli
aggiornamenti guardate in quei giorni. Infine, vi saluto e vi rimando
al
prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt