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Autore: HurricaneOfHope    23/01/2014    0 recensioni
"La mia vita, il mio mondo, sono diversi dai tuoi. Tu vivi la Realtà e dormi il Sogno. Io vivo il Sogno e dormo la Realtà."
Una storia che ha come filo conduttore il sogno, dove tutto è possibile. Perché troppa monotonia fa male. Perché staccare ogni tanto dal mondo canonico che conosciamo, spaziare con la fantasia, è qualcosa di magnifico.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella stanza buia a Versailles mi ha sconvolto non poco, ma anche rimuginandoci su durante le sei ore di scuola non sono arrivato a nessuna conclusione. Ovviamente quell'attimo in cui non vedevo più i colori qui nella Realtà è collegato a Versailles, ma non riesco proprio a capire a cosa sia dovuto, e di cose strane ne ho viste nel Sogno. A fine giornata, comunque, non ci penso neanche più.
Dopo una cena sostanziosa e una doccia calda mi ritrovo in camera a fissare un cuore blu pulsante, con tanto di vene e arterie, posato sul comodino. Non voglio neanche pensare a come dovrò ottenere quel cuore, così mi copro in fretta col piumone e spengo la luce. Dalle persiane riescono a passare dei raggi di luna che illuminano la polvere sospesa a mezz'aria.
Un fastidio alla gamba. Mi muovo nel tentativo di farlo sparire con scarsi risultati, così apro gli occhi e mi trovo a fissare quelli di Anacleto che se ne sta tranquillamente appollaiato sul mio arto inferiore.
- Ti togli? - gli chiedo in modo brusco, e lui vola via non prima di avermi beccato il ginocchio. Ahia.
Scendendo le scale mi ritorna il mente il cuore palpitante del mio comodino e penso che sia il caso di fare una colazione più abbondante del solito, visto che posso solo immaginare cosa mi aspetta.
Non so come faccia a sentirlo dal secondo piano, ma ogni volta che il caffè sale o l'acqua del tè bolle, Anacleto entra svolazzando in cucina.
- Ho preparato il tè, lo vuoi? - chiedo, e per tutta risposta lui sbatte le ali facendo cadere la zuccheriera.
- E che cavolo! E' tipo la settima volta che la fai cadere, gufo! - urlo - Vuoi che ti costringa di nuovo a pulire il trespolo da solo? -
Lui prende con il becco la teiera e, lanciandomi uno sguardo di sfida, vola via dalla finestra. Se si aspetta che gli vada dietro rimarrà deluso, ho cose più importanti da fare che stargli dietro tutto il giorno.
Dopo diciassette biscotti al cioccolato e una tazza di caffè sono pronto ad uscire. Il cielo è davvero bello stamattina: è pieno di stelle cadenti, speriamo che siano di buon auspicio.
Mi inoltro tra le spighe e mentre cammino vedo il mio gufo volare in cerchio sopra la casa. In poco tempo arrivo alla porta d'ebano, mentre la apro sussurro – Ti prego, fa' che non debba uccidere nessuno. -
Non ho neanche il tempo di capire dove mi trovo, che un tizio mi sbatte contro. Sembra un ragazzo normale, se non fosse che è completamente grigio. Capelli, vestiti, pelle e occhi: tutto grigio. Mentre si scusa sommessamente e riprende la sua strada mi accorgo di una specie di bagliore sul suo petto, ma non ho nemmeno il tempo di capire cosa sia che viene inghiottito dalla nebbia, che sembra regnare incontrastata.
Dalle sagome scure che riesco ad intravedere devo trovarmi in una grande città, i palazzi sono molto alti e le strade larghe sono affollate di gente; nessuno sembra accorgersi della mia pelle rosa e dei vestiti colorati che indosso.
Mi incammino sul marciapiede percorrendo una via piena di bar e negozi con in testa il pensiero fisso del cuore, non mi era mai capitato di dover uccidere per ottenere l'oggetto. I muri degli edifici sono dello stesso grigio che caratterizza la gente di qui e, a proposito delle persone, hanno tutti una luce pulsante sul petto, chi rossa chi blu, ma c'è troppa calca e troppa foschia per capire di cosa si tratti.
Dopo un po' sbuco in una piazza lontana dalle vie affollate. E' un posto molto bello con una grande aiuola nel centro piena di fiori colorati, ci sono molte panchine e qualche fontana che zampilla. C'è un bar che dà sulla piazza il cui nome è “Solo cioccolata al latte”, incuriosito dal nome mi avvicino e prendo posto in uno dei tavoli all'aperto. Mi metto ad osservare con ansia le persone che passano, cercando di trovare qualcuno a cui poter rubare il cuore. Mio dio, il cuore. Ma che razza di compito è ammazzare una persona per rubare un organo? E poi hanno tutti un'espressione così triste; nessuno ride o parla a voce troppo alta.
Io sono immerso nei miei pensieri, e nessuno viene a chiedermi niente. In pochi minuti mi viene servita una tazza fumante di cioccolata, non credo ci sia molta scelta nel menù.
- Buon appetito! - esclama allegramente il barista che mi ha servito. E' sul punto di andarsene, fa giusto un passo, e subito si volta di nuovo verso di me, prende una delle sedie e mi si piazza di fronte.
- Ehi amico! Tu non sei di queste parti, eh? Non ricordo di aver mai visto una persona dalla pelle rosa girare qui intorno – esclama e dopo una breve pausa riprende – Comunque sia: benvenuto, benvenuto! Questa è Una Città Davvero Strana e io sono Solo Un Barista! –
Mi chiedo perché stia urlando.
- Oh, grazie. Molto piacere, io sono il Sognatore - rispondo.
Ride, la risata molto forte – Non darti troppe arie, amico! Qui al massimo sei Solo Un Sognatore, alla gente di questa città non piace darsi troppa importanza, vedi di ricordarlo. Ti spiego come funziona qui: qui molti sono innamorati e tutti sono corrisposti ma nessuno sa di esserlo. - mi spiega lui.
- Cioè... nessuno sa che il proprio amore è corrisposto? Devo dire che è un quadro un po' deprimente. Adesso capisco il perché della loro tristezza... Ehi, un momento! Perché tu non hai quella luce sul petto? - chiedo.
- Davvero riesci a vedere anche tu i cuori? - mi chiede stupito – Bizzarro! Be' le luci che vedi sono i cuori delle persone, quelli che lo hanno blu non si sono ancora innamorati, mentre quelli con il cuore rosso sono caduti preda dell'amore. Più il colore è vivido, più intenso è il sentimento. -
- Oh, capisco. E quindi solo noi due siamo in grado di vederli? -
- Certo! Altrimenti credi che girerebbero tutti con quei musi lunghi? - esclama con la voce un po' troppo alta.
- Non mi hai ancora detto come mai non riesco a vedere il tuo, di cuore – insisto.
- Per il semplice fatto che io non faccio più parte di Una Città Davvero Strana! Ho smesso parecchio tempo fa... ma ora è tempo che ti saluti, amico mio! Ho tanti solo clienti da servire, goditi la cioccolata! - e dopo una sonora pacca sulla spalla rientra nel bar.
La tazza si è raffreddata, ma il cioccolato è comunque ottimo.
Nonostante la nebbia si sia completamente diradata il cielo rimane di un grigio plumbeo. Adesso riesco a vedere meglio, e guardando la gente che cammina mi accorgo che ci sono molti più cuori rossi rispetto a quelli blu.
I cuori rossi sono davvero belli: hanno sfumature che vanno dal rosso all'arancione e dall'ocra al giallo, sono pieni di vita che sembrano quasi esplodere. Mi chiedo se sia l'aspetto normale che hanno i cuori degli innamorati. Quelli blu, invece, sono identici a quello del mio comodino, funzionano forti e regolari ma niente di più, non trasmettono nulla. Io ho bisogno di cuore così e sapere che colui che devo uccidere non è innamorato non mi fa stare meglio.
Mentre cammino in una delle strade principali della Città noto che i negozi recano insegne tipo “Solo vestiti” oppure “Solo Un Parrucchiere”; sento una ragazza salutare una vecchia signora dicendo “Ciao Solo La Nonna”.
Poi all'improvviso mi fermo sul ciglio del marciapiede. Un giovane ragazzo, qualche metro davanti a me, sta fissando intensamente una ragazza sul lato opposto della strada. Il cuore di lui è di un rosso acceso e il battito sembra molto accelerato, quello di lei, invece, è blu.
All'inizio gli occhi del ragazzo brillano mentre la guarda, ma con il passare dei secondi sul suo volto si dipinge un'espressione di enorme dolore. Il suo cuore rallenta e il bagliore dorato che emana si affievolisce fino a sparire, e dopo essersi contratto per l'ultima volta diventa nero. Il suo viso è rigato dalle lacrime.
Rimango a fissarlo sconvolto dalla scena finché lui non riprende a camminare. Decido di seguirlo, ho una voglia irrefrenabile di parlargli. C'è molta gente e stargli dietro non è cosa facile, molte volte lo perdo d'occhio ma fortunatamente il suo cuore nero si distingue facilmente tra gli altri.
Ad un certo punto svolta in una strada laterale decisamente meno affollata, che porta fuori dal centro cittadino. Ora sono parecchio distante dal ragazzo e penso che sia meglio non corrergli dietro, non so quale potrebbe essere la sua reazione, così accelero appena il passo per accorciare la distanza che ci separa.
Ecco, potrei scegliere lui, non sembra in gran forma. Attacco bottone, lo distraggo un po' e poi cerco di ucciderlo. Vedo un asta di metallo in un angolo, la raccolgo in fretta, e cerco di renderla meno visibile che posso. Potrei farlo in qualunque momento, ma non riesco a trovare il coraggio per assalirlo.
Lo seguo per almeno venti minuti mentre lui si allontana sempre più dai grandi palazzi, percorrendo strade sterrate che man mano vengono affiancate da prati verdi e sparuti gruppi di cascine diroccate. Ad un certo punto lascio cadere la sbarra di metallo, non ci combinerò nulla.
Ormai i palazzi sono lontani e questi prati sembrano sconfinati. Rimango affascinato dal colore dell'erba: è così verde e lucente che contrasta con il cielo grigio; sugli steli ci sono tante piccole gocce d'acqua, come se avesse appena piovuto.
Il ragazzo dal cuore nero, che pian piano sto raggiungendo, attraversa un incrocio per poi proseguire dritto. Dalla strada sulla destra si sta avvicinando un'altra figura: è una donna sui cinquant'anni vestita da contadina. I suoi occhi sono gonfi di lacrime e anche lei ha il cuore nero e immobile nel petto. All'incrocio prende la nostra stessa strada e ci segue poco lontana.
Ci stiamo avvicinando alla fine della sentiero di campagna quando mi accorgo dell'ammasso di persone che si trova davanti a noi.
Lo sterrato finisce in uno spiazzo circondato dall'erba con al centro una piccola bottega in legno, sull'insegna in alto leggo “Bottega dei cuori” e rimango perplesso dal fatto che non ci sia il “solo”. Non riesco a vedere molto altro a causa della folla che forma una fila per niente ordinata. Il ragazzo si mette in coda, così lo imito fermandomi di fianco a lui mentre la donna, che si è messa dietro di noi, comincia a singhiozzare.
Si sentono molti mormorii e sussurri, il suono dei pianti riempie l'aria. C'è davvero tanta gente e nessuno dei cuori dei presenti batte.
Dopo svariati minuti di attesa, in cui avremo fatto sì e no tre metri, mi decido a parlare con il ragazzo.
- Ciao... ti ho visto prima per strada, mentre fissavi quella ragazza – sussurro – cos'è successo? -
- Non ho voglia di parlarne, lasciami in pace. - ha un tono assente, gli occhi fissi davanti a sè. -
Faccio cenno di aver capito, ma dopo pochi secondi parlo di nuovo.
- Mi puoi dire solo cosa ci fanno qui tutte queste persone? - chiedo in fretta.
- Abbiamo tutti bisogno del cambio, dovresti saperlo. Ora taci, per favore. - sul finire della frase la sua voce si rompe. Forse è meglio stare zitti.
L'attesa sembra interminabile, ma alla fine giungo davanti alla Bottega, che non sembra essere molto curata. Alcune delle travi di legno sono marcite e non riesco a vedere l'interno a causa della sporcizia della vetrina. Ci sono dei buchi sulla porta mezza scardinata e varie assi sono fuori posto. Ho l'impressione che toccandone una possa crollare l'intero edificio.
All'esterno buona parte dello spazio davanti alla vetrina è occupato da un semplice tavolo, sopra al quale sono posati molti cuori blu che emanano un alone di luce azzurra.
Eccoli finalmente! Non devo uccidere nessuno! Sono così sollevato che emetto un suono simile ad una risata, il che attira su di me molte occhiatacce.
Al di là del tavolo c'è un ragazzo dai vestiti consunti, solo il suo cappello sembra in buono stato. Il ragazzo che avevo intenzione di uccidere dà in mano a quello dietro al tavolo delle monete luccicanti, forse d'oro, e lui in cambio prende uno dei cuori del tavolo e glielo porge. Preso il cuore, si dirige verso un fitto gruppo di alberi non troppo distante, da cui esce poco dopo: ha in mano il cuore nero mentre quello che ha nel petto è blu. Sembra anche un po' meno triste adesso.
Fanno tutti così, pagano il ragazzo al tavolo, vanno in mezzo agli alberi, se ne escono con il cuore nuovo e ritornano da dove sono venuti. Sono confuso. Qua la gente cambia il cuore? Non ho neanche il tempo di pensarci che arriva il mio turno. Mi rendo conto di non avere monete da dargli. Preso dallo sconforto inizio a frugarmi nelle tasche nel tentativo di trovare qualcos'altro per pagare il cuore, ma quando metto la mano nella tasca destra dei pantaloni sento qualcosa di freddo, svuoto la tasca e mi ritrovo in mano una decina di monete d'oro.
Con un enorme sorriso le porgo al ragazzo, ma lui non le accetta.
- Mi dispiace Solo Uno Straniero, ma non mi è permesso vendere cuori a chi non fa parte di Una Città Davvero Strana. - mi dice lui a voce bassa.
Il sorriso se ne va veloce com'è venuto – Ma ho davvero bisogno di un cuore! Io sono il S... Solo Un Sognatore, e non posso tornare a casa senza averne preso uno. Per favore, prendi le monete! - sussurro.
Mi guarda con compassione spostando lo sguardo dal mio viso al mio petto, poi tira un lungo sospiro.
- Prova a parlare con Solo Un Padre, è lui che fabbrica i cuori che vendo. Lo trovi sul retro della Bottega - bisbiglia.
Lo ringrazio e mi faccio largo tra la folla per raggiungere lo spiazzo dietro alla struttura malandata. Il prato che si estende sul retro è privo di alberi e non riesco a vederne la fine. Il paesaggio presenta come unici due colori il verde brillante dell'erba e il grigio cupo del cielo.
Spingo la porta sul retro ed entro nella Bottega.
La stanza in cui mi trovo non è molto grande ed è stipata di oggetti, contribuendo a rendere il luogo più soffocante. Le persiane delle finestre sono tutte chiuse, e la poca luce che c'è proviene dai raggi che riescono a farsi spazio tra le tende e da un'abat jour su di un tavolo. Dappertutto ci sono segni di bruciature, e guardando meglio molti degli oggetti sparsi per la stanza sono rotti o addirittura in pezzi. La bottega è un caos unico, gli oggetti sono tutti messi in disordine, ci sono attrezzi che pendono dal soffitto e almeno tre dita di polvere su ogni mobile. I tavoli e le credenze sono pieni di strumenti e attrezzature dalle forme strane che non ho mai visto.
Nell'unico angolo più o meno ordinato e senza polvere vedo seduto un vecchio che traffica chino su di uno dei tavoli. Come sente la porta sbattere, si alza in fretta e posiziona un paravento in legno in modo da non farmi vedere cosa ci sia sul tavolo, ma non è stato sufficientemente veloce poiché sono riuscito a scorgere svariate luci blu sul piano da lavoro.
Mi viene in contro con fare pacato; non riesco a vedere il suo cuore. Forse anche lui non fa più parte della Città.
- E' stato mio figlio a dirti di entrare? - esordisce.
- Sì e... ehm – non so se andare dritto al punto e chiedergli del cuore, ma prima che possa dire altro il vecchio parla ancora.
- Di solito non lascia passare mai nessuno. Oh be', già che sei qui accomodati. - dice, facendo un vago gesto con la mano.
Già, accomodarsi. Come se ci fosse una sedia senza nulla sopra. Libera due sedie e me ne porge una, ci sediamo.
A guardarlo meglio forse non è così vecchio come sembra, ma i capelli bianchi, le folte sopracciglia e la lunga barba non contribuiscono a dargli un aspetto giovane.
Mi sta fissando, forse per capire che cosa ci faccio nella sua Bottega. Sto cercando freneticamente un argomento di cui parlare per non chiedergli subito un cuore, quando arriva l'illuminazione.
- Ho una domanda: come mai la vostra invece di chiamarsi “Solo Bottega dei cuori” si chiama “Bottega dei cuori” e basta? Tutti i negozi che ho visto nella città hanno “solo” davanti al proprio nome. -
- Oh be', perché la Bottega è una delle poche cose reputate importanti dai cittadini – fa una pausa - Sei straniero. Hai capito il perché la gente attribuisce tanta importanza alla mia attività? - chiede, con un topo più serio rispetto a prima.
- Credo di averlo intuito, lei costruisce e vende i cuori. Ma se mi spiegasse come funziona tutto quanto le sarei molto grato – rispondo interessato.
- Proprio così straniero, io fabbrico i cuori, ma non posso dirti come li realizzo. Le persone qui si innamorano, e il cuore che hanno si riempie e quasi trabocca. Di cosa? - chiede vendendo il mio sguardo interrogativo – Non lo so. L'Amore è una cosa strana, meglio non farsi troppe domande a riguardo. Dopo tanto tempo che il cuore è diventato rosso, l'amore che la gente prova e che crede non corrisposto, logora il cuore che si svuota e diventa nero. Così vengono da me e io gli fornisco un'altra possibilità, ma inevitabilmente il loro cuore tornerà nero, e avanti così per tutta la loro vita. -
Anche se avevo in parte capito, sentirlo spiegato è tutta un'altra cosa. Una vita così dev'essere terribile, a che scopo innamorarsi più e più volte per finire sempre peggio?
- Tutto questo è molto triste. - sospiro, senza sapere bene cosa dire.
- Lo è, giovane straniero. -
Guardo di nuovo il suo petto, forse non è una buona idea chiedergli perché non riesco a vedere il suo cuore. Lo fisso mentre si allaccia la scarpa. Ma in fondo che ho da perdere?
- Riesco a vedere i cuori delle persone. - confesso rompendo il silenzio.
- Ah sì? - ha un'espressione di finta sorpresa.
- Sì – proseguo – e mi stavo chiedendo per quale motivo non riesco a vedere il suo. -
Mi guarda dritto negli occhi per un po' prima di parlare - Una volta facevo parte degli abitanti Città, e non ne potevo più della situazione in cui ci trovavamo. Ero un giovanotto, sai, e mi adoperai molto per cercare di cambiare le cose, così un giorno riuscii ad ottenere la tecnica e il permesso per fabbricare cuori, ma in cambio dovetti cedere il mio. - si ferma e io aspetto che continui ,ma lui non apre più bocca, il racconto deve essere già finito. Speravo che mi raccontasse le cose in modo più dettagliato, ma non importa, è arrivato il momento di chiedergli ciò per cui sono venuto.
- Sono Solo Un Sognatore, so di non essere uno degli abitanti della Città e che non me ne spetta uno, ma il motivo della mia visita è che mi serve... un cuore. - verso la fine della frase la mia voce si smorza.
- Ancora... - bisbiglia.
Si alza di scatto e il suo respiro accelera. Si mette a frugare freneticamente sul tavolo dietro il paravento e ne riemerge con un fagotto che mi mette subito tra le braccia. Pulsa.
- Questo è ciò che vuoi, ora ti prego di andartene. - ha la fronte imperlata di sudore.
Cerco di dire qualcosa ma lui mi spinge fuori dalla porta e me la sbatte in faccia. Non ho idea del perché della sua reazione. Se non voleva darmi il cuore bastava rifiutare la mia richiesta, invece è diventato ansioso, quasi spaventato.
La porta è in mezzo al prato dietro la Bottega. L'erba si piega sotto il vento che soffia e tante piccole onde attraversano il prato.
Svolgo il cuore e lo appoggio delicatamente sul comodino, sbatto le palpebre ed eccolo sparito.
Esco dalla camera diretto al bagno per una rilassante vasca di acqua calda. Subito la mia attenzione viene richiamata da una piccola vetrina che non ricordo di aver mai visto sul pianerottolo. E' completamente fatta di vetro, priva di serratura. In uno dei tre ripiani è poggiato il cuore. Provo a romperla, ma non ho modo di prenderlo, la vetrina sembra infrangibile.
Finito il bagno mi metto sotto le coperte e spengo la luce. Che cosa diavolo ci fa quel cuore ancora in casa?

  
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