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Autore: Beatrix    25/01/2014    3 recensioni
[Dal capitolo 2]
- Noi esistiamo anche per questo.
Gli occhi chiari e arrossati di Maxime, incontrarono quelli tristi di James.
- Non privarci di questa cosa, Shepard… Tu ci hai dato ciò che nessuno poteva darci: la speranza. Lasciaci ricambiare anche solo per un momento ciò che tu ogni giorno fai per noi, te ne prego… Dacci solo questa piccola possibilità - aggiunse, mentre lei nascondeva il viso nuovamente tra le ginocchia e stringeva forte la sua mano, in un gesto di assenso, sconfitta da tutto e tutti.

Il mio primo ingresso nella sezione di Mass Effect, che seguo ormai da un annetto: principalmente è una missing moments, con le dovute eccezioni. Ambientata esclusivamente in Mass Effect 3, tratta come tema principale la romance con Thane, sullo sfondo generale della guerra intergalattica e la preparazione ad essa... Ma in un modo un po' diverso. Personaggi principali: James, Steve e Shepard.
Hope you like it. ;)
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: siamo arrivati all’ultimo capitolo e… Confesso che mi dispiace, in un certo senso, ma provo anche una grande soddisfazione per aver portato a termine questo piccolo progetto. Scrivere di Shepard e di James e di Steve, non credevo mi riuscisse, assorbita come sono da Garrus e Thane, ma si è rivelata un’esperienza motivante, ma soprattutto diversa. Una bella sfida.
Prima di lasciarvi alla lettura, preciso un paio di cose: ho leggermente modificato il “saluto” tra loro due, perché… Sì, mi piace tutto sommato come la Bioware l’ha pensato, ma c’era una frase che mi stonava in quelle battute e ho sentito la necessità di romanzare un po’. Insomma, mi sono permessa questo lusso. Spero non rappresenti un problema.
Buona lettura, ci rileggiamo al fondo. ;)
ps. Le immagini che ho inserito in questo capitolo, non appartengono a me, ma ai rispettivi autori.




 
Capitolo 10 – Never Will I Surrender?
 
 
Il suo cuore mancò un battito, quando il Mako venne scaraventato dal raggio addosso a lei. Sentì quel mezzo fendere l’aria, nonostante il frastuono terribile attorno a lei: d’istinto , si fece scivolare a terra, sfruttando lo slancio della corsa a suo vantaggio.
Quando riaprì gli occhi, si voltò immediatamente dietro di sé, focalizzando lo sguardo sulle figure di James e Garrus, ferme sul posto, atterrite. Un nuovo mezzo era stato scagliato e si era piantato di muso nel terreno, a pochi passi da loro.
 
- Via! – gridò con tutta sé stessa, mente entrambi si gettavano a lato e il mezzo esplodeva scagliando pezzi in ogni direzione. Riprese a correre, saltando letteralmente il secondo Mako in tutta la sua lunghezza: erano vivi, per fortuna, anche se parte delle loro corazze stava andando a fuoco ed entrambi erano ridotti ad una maschera di sangue.
 
- Garrus! – fece segno di seguirla, mentre lei prendeva per un braccio un James stordito per l’esplosione e se lo tirava a sé. Prese copertura dietro ad altri mezzi appena giunti sul posto, atta a comunicare il ritiro della propria squadra.
Sarebbe andata avanti da sola.
 
Quando James vide la Normandy, le relegò uno sguardo interrogativo, incapace di darsi una spiegazione. Si sentì trascinare dal Turian, mente il suo braccio destro veniva percosso da dolori lancinanti, ma la sua attenzione era completamente rivolta a lei.
 
- Posso ancora combattere! Dammi un dannato fucile! – provò a protestare, mentre Shepard comunicava con Joker via auricolare l’ordine di portarli subito via da quell’inferno.
- Dovete andarvene – rispose asciutta e risoluta, spostando lo sguardo impercettibilmente verso Garrus e sperando che almeno lui avesse compreso la situazione. Lo vide muovere le mandibole debolmente, interpretandolo come un sì, anche se la sua espressione denotava ben altri intenti.
 
Dall’altra parte James non voleva saperne.
- Lola, dannazione! – berciò, lottando contro la presa di Garrus che lo teneva saldo – quegli occhi azzurro ghiaccio fissi in quelli del Comandante - e contro il dolore che si era irradiato, ora, in qualsiasi parte del suo corpo.
Non poteva lasciarla lì, da sola. Si era ripromesso di starle accanto, qualsiasi cosa sarebbe successa, ma nel suo progetto non aveva considerato una decisione del genere.
E la trovava profondamente ingiusta.
 
Un nuovo fragore del raggio che impattava contro qualcosa, la raggelò, costringendola a voltarsi per controllare la situazione. Era terribilmente pericoloso far sostare la Normandy in quel disastro, era un bersaglio fin troppo facile.
Ma le immagini intorno a sé furono quasi meno dolorose dello sguardo che James le mostrava in quel momento: arrabbiato, disperato e ferito, desideroso di avere una spiegazione che comunque non avrebbe accettato.
 
 
 
Strinse la mascella, respirando a fondo per buttare già quel nodo alla gola che le era salito bruscamente compiendo qualche passo all’ombra del portellone.
 
- Ho bisogno di credere che qualcuno esca vivo da tutto questo – replicò in un attimo di calma apparente, usando il tono più convincente di cui disponesse. Ed era vero: quella discesa in campo era risultata alla stregua di un suicidio. Non che si aspettasse diversamente, ma davanti alla possibilità di salvarli non poteva tirarsi indietro.
 
Quell’affermazione lo inchiodò al pavimento, perché erano le uniche parole che non voleva assolutamente sentire. Shepard gli aveva appena detto addio, a suo modo. Era pronta a morire realmente, e quel pensiero gli arrivò dritto al cuore come una pugnalata.
Le sue paure, finora tenute a bada dal non ritrovarsi fisicamente sul quel campo di battaglia, ruppero gli argini della sua coscienza come un fiume in piena rompe una diga.
Come poter controbattere ad un’affermazione del genere? Come farle cambiare idea?
Non conosceva la risposta a quelle domande. Fece per dire qualcosa, ma il suo sguardo – come quello di Shepard e Garrus – fu catturato dall’allinearsi del Razziatore innanzi a loro.
 
- Andate!
- No! Garrus, mollami! – urlò cercando di incedere e di liberarsi da quella forza che lo tratteneva, ma le sue gambe cedettero, facendolo accasciare sul lato destro dell’hangar navette.
Alzò nuovamente lo sguardo verso il suo Comandante, trovando i suoi occhi contrariati ma colmi, allo stesso tempo, di una velata tristezza.
- Diamine, togliti quello sguardo di dosso! – inveì contro di lei, cercando di fare un altro passo, ma il suo incedere fu arrestato dalla Normandy che si apprestava a decollare.
- James…
- Promettimelo! Prometti di non morire, Maxime!
- Te lo prometto – gli rispose in un sussurro che James non poté udire a causa del rumore dei motori, ma non si perse quel sorriso impregnato di dolcezza, ma anche di compassione. E in quel momento capì di aver commesso l’errore più grande della sua vita, nel pronunciare le parole di poco prima, sprecando forze e tempo che avrebbero trovato un migliore impiego se fossero stati utilizzati per recuperare le forze necessarie, atte a liberarlo da quella presa.
 
L’idea, tuttavia, che non tutto fosse ancora perduto, venne cancellata dalle ultime parole che lui poté udire dalle labbra della donna che amava più di sé stesso.
 
- Garrus, portalo via! E’ un ordine!
Il Turian la guardò per un lungo istante, prima di chinare il capo e deglutire, facendo poi cenno di sì con la testa. Osservare Garrus che si piegava in tal modo ad un suo ordine, senza una parola, senza provare a fermarla, le comunicò quanto dolore gli stesse infliggendo, quanto orribile e crudele fosse quell’ordine.
Si era piegato alla sua volontà. Aveva visto l’epilogo, aveva ceduto il passo in segno di rispetto.
 
Si morse il labbro, chiedendogli scusa dal profondo del suo cuore e ringraziandolo con un’espressione colma di gratitudine per la comprensione che lui, e solo lui, aveva saputo regalarle da quando si era trovata persa come una bambina in un bosco, di notte, da quando Cerberus l’aveva ributtata in quell’incubo.
Garrus la conosceva bene, c’era sempre stato: c’era quando Wrex le aveva puntato l’arma alla fronte, quando Saren esalò l’ultimo respiro, quando lei era morta, quando poi l’aveva ritrovato, quando avevano fatto saltare la base dei Collettori, quando Mordin fece la cosa giusta, quando Bakara riconquistò Tuchanka, quando Thane era entrato nella sua vita e quando ne era uscito.
Quando aveva consumato la sua vendetta.
 
Avrebbe voluto lasciarli in un'altra maniera, ma li preferiva sapere vivi e contrariati, piuttosto che felici ma morti. Sorrise flebilmente a quel pensiero.
 
- Shepard! Dannazione, levati! – ruggì sovrastando il frastuono dei motori e tentando di spingere via il Turian, ma Garrus lo prese di peso, lasciando che il portellone si chiudesse senza ostacolo alcuno.
La sua disperazione svanì per l’istante necessario a liberarsi dalla morsa, lasciando spazio ad uno sguardo colmo di ira e risentimento: ci mise tutta la sua buona volontà e la sua forza d’animo, per guadagnare l’equilibrio necessario a farlo arrivare alla parete del portellone, la quale venne colpita da entrambi i suoi pugni.
 
- Joker, apri il portellone! – ordinò azionando l’auricolare nel suo orecchio destro. Ma non ottenne nessuna risposta dall’altra parte.
- JOKER, DANNAZIONE, APRI QUESTO CAZZO DI PORTELLONE! –
- Non può – gli sussurrò appena Garrus, la voce spezzata e la mano che raggiungeva la sua spalla e la stringeva debolmente. James si voltò furibondo, colpendola con forza per scrollarsela di dosso in un gesto risoluto.
- Non mi toccare! – ringhiò - JOKER!
- Ma perché non capisci! – lo aggredì, l’espressione dolorosamente disperata, di  chi aveva compreso un gesto estremo e colmo di amore e rispetto, benché difficile da accettare.
- Io mi rifiuto di capire! E’ tanto difficile da comprende per voialtri?!
 
Le lacrime gli annebbiavano lo sguardo ed inesorabilmente scesero lungo il suoi lineamenti chiusi in un sentimento che ormai andava oltre la disperazione. Tornò a dimenarsi contro la parete metallica con più forza. Garrus a quell’affermazione si lasciò semplicemente cadere in ginocchio, sconfitto.
 
- Non potete farmi questo! – proruppe in un grido strozzato – IDA! IDA, ASCOLTAMI, APRI IL PORTELLONE, TI SCONGIURO! Almeno te… Non voltarmi le spalle, ti prego…
Un fruscio appena udibile e le successive parole colme di pena, decretarono la resa di James, che si accasciò a terra piangendo le lacrime più amare e disperate della sua vita.
 
- Non posso.
 
 
 
 


- Perché ho la sensazione che qualsiasi scelta, mi renderebbe complice di tutto ciò che ho sempre combattuto?
Questa era stata la considerazione di Shepard, quando quel ragazzino evanescente terminò la lunga e complicata spiegazione ai suoi dubbi.
 
Si era voltata, osservando quelle colonne di colori diversi con espressione sconcertata: si era morsa la guancia, si era data anche dei pizzicotti per essere sicura di non stare sognando il solito incubo. Ma i casi erano due: o non riusciva assolutamente a svegliarsi, oppure tutto ciò era la pura e semplice realtà.
 
Una realtà piuttosto assurda” pensò, guardandosi attorno per l’ennesima volta. E per quanto fosse una con i piedi per terra, desiderava con tutta sé stessa l’eventualità dell’incubo, perché l’immagine di Anderson era così crudele da farla smettere di respirare. A quel pensiero, portò la mano sulla ferita che sanguinava copiosamente: osservò il sangue rosso scuro scorrere alla base delle dita, fin poi sul bordo esterno del palmo.
Quello era vero. L’odore metallico anche.
 
Chiuse gli occhi, riaprendoli in quelli del Catalizzatore.
- Puoi sempre non scegliere.
- Questo mai. E sarebbe comunque una scelta – replicò seduta stante, rifiutando categoricamente anche di considerare una cosa del genere. Arrivare fin lì e arrendersi? Non scherziamo. Le sue responsabilità continuavano ad essere tali e più vive che mai, sedersi e abbandonarsi al destino era come mancare di rispetto a chiunque, addirittura al suo acerrimo nemico.
 
- Devo riflettere – aggiunse, voltandogli le spalle e riportando lo sguardo su ciò che aveva innanzi a sé. Tra le tre opzioni, la Sintesi le sembrava quella più assurda. Quel verde tenue che di norma veniva associato alla speranza, comunicava quanto quella scelta fosse la via più semplice per creare – in un modo o nell’altro – ciò che finora avevano combattuto.
 
Sintesi, significava riunire sotto la stessa categoria, Organici e Sintetici, creando una nuova specie unica. Si guardò le mani sporche di sangue per un istante, sentendosi pienamente un ibrido: dopotutto lei non era un Sintetico, ma non era più un semplice Organico da tempo.
Sorrise mestamente a quell’evidenza, cosa che aveva sempre saputo, compreso ma non accettato. Ma aveva accettato il peso della sua nuova vita, il suo scopo. Tuttavia non si sentiva bene in quei nuovi panni fiammanti, perché non si sentiva più lei: certo, il suo aspetto era ben diverso e ingannava chiunque, forse anche il suo equipaggio, ma non sé stessa.
 
E, allora, come poteva pretendere che quella fosse la scelta da fare? Azzerare le diversità in favore di una forma complementare? A prescindere se fosse o meno la cosa giusta, si soffermò sul perché. Le immagini di IDA e Legion le affiorarono in un battito di ciglia: era chiaro come convivendo assieme, entrambi avessero sviluppato caratteristiche Organiche fuori dal rigido schema di una mente Sintetica, in particolare IDA. E non era mai stato un problema da parte sua, non aveva mai neanche storto il naso come altri avevano fatto, all’idea che un Sintetico arrivasse a considerare la controparte Organica come una cosa naturale.
 
Perché quindi distruggere quella diversità sostanziale, se vi era la reale possibilità – a quel punto – che tutto potesse convivere? Perché obbligare un Sintetico a diventare un mezzo Organico e viceversa?
No, non era quella la scelta giusta, seppur le parole del Catalizzatore fossero state chiare: sotto un certo aspetto, avrebbe potuto salvare capre e cavoli.
 
Tutto troppo, dannatamente, semplice”.
 
Passò lo sguardo su quella colonna azzurro scuro, dalla quale – specularmente a quella rossa – si ramificavano delle tubazioni. Alla vista di quella struttura non poté nuovamente non considerare una realtà distorta, ma cercò di mantenere la calma e la concentrazione.
 
Controllo: il concetto, qui, era più difficile. In prima battuta aveva scartato senza riflettere quell’ipotesi: controllare i Razziatori e piegarli alla propria volontà?
Aveva rifiutato categoricamente per un semplice motivo: la teoria dell’Uomo Misterioso, teoria che aveva combattuto dall’istante nel quale aveva capito le intenzioni di quel pazzo scatenato, che riponeva nei Razziatori il futuro dell’intero Universo. Perché per lei, Razziatori ed Universo erano due termini che non potevano coesistere in un ipotetico futuro.
 
Ma ora? Ora che era finalmente lì, in condizioni diverse, con molti meno dubbi rispetto a prima su certe cose, e molti altri di origine etica, era davvero un’opzione da scartare? Quel ragazzino le aveva garantito il pieno controllo, esprimendo quel concetto con quell’alone di sadismo con il quale l’avversario consegna la coppa al diretto concorrente.
In cuor suo sentiva di non potersi fidare, però. Tutta la Galassia aveva trovato il coraggio di mettersi nelle sue mani, e se non avesse funzionato? E se fosse stata la mossa per dare scacco matto al Re?
Ma, invece, se avesse funzionato? Controllarli direttamente e contribuendo una volta per tutte a modificare i segni del loro passaggio, acquisendoli come difesa primaria verso qualsiasi altra eventuale minaccia per la Galassia.
 
Diventare l’Araldo.

Tutto ciò suonava come un enorme premio per la salvaguardia collettiva futura, in cambio della sua stessa vita. E allora perché quel rifiuto le saliva per la gola sotto la forma di magone ed inadeguatezza?
 
Perché io dovrei riuscirci, quando tu conoscevi meglio di me i Razziatori? Li avevi studiati per tutta una vita, avevi subito il loro indottrinamento… Cos’è, una forma di sottomissione per il fatto che non ce l’hanno fatta a distruggere il mio cervello?” commentò mentalmente, come se si stesse rivolgendo al suo ex capo e provando, successivamente, una forte pena per lui.
Ci aveva provato in tutti modi a capire quell’interesse, ma non vedeva prodigio in quelle… Bestie. Vedeva solo distruzione, dolore e morte. Senza possibilità di scelta.
 
E se fosse accaduto lo stesso a lei? Ovvero quello di cominciare a crede che la mietitura fosse una cosa necessaria ed inopinabile? In quel momento non lo credeva possibile, ma se fosse realmente accaduto? Per qualsiasi intento o risultato, non avrebbe retto quell’enorme peso, non avrebbe retto nell’avere tutte quelle vite sulla coscienza per un bene comune. Poco importava se sarebbe diventata un’entità impalpabile, perché se la sua coscienza fosse rimasta viva, si sarebbe ben presto trovata innanzi a quel dilemma etico. E se non fosse rimasta viva, allora era inutile anche solo considerarla.
 
D’altra parte, rimaneva solamente una scelta: quella di mettere fine a tutto, la Distruzione. Il suo cuore la spingeva ostinatamente verso quella destinazione ed era stata la prima che avrebbe preso, se il Catalizzatore non le avesse concesso la riflessione di quei brevi istanti.
 
Ma qual era il prezzo da pagare? Lo sterminio di tutte le vite Sintetiche? Il buttare all’aria una fetta di quel lavoro duramente portato a compimento, in favore della preservazione della vita Organica più pura? Ebbe tempo di lasciarsi andare in un ghigno sarcastico: il ragazzino non mancò di sottolineare come la sua vita non sarebbe stata preservata. Gli impianti avrebbero smesso di funzionare e lei sarebbe morta comunque. Non si trattava di protesi, si trattava di una ricostruzione da zero. Quei dannati impianti erano la base di tutto il suo funzionamento vitale, della sua nuova esistenza. Ma non era la morte che la spaventava, bensì quella considerazione evidenziata prima, durante il suo spiegare le nuove variabili.
 
La Sintesi è la soluzione”.
Lui era la coscienza dei Razziatori. Le aveva risposto che lei stessa aveva introdotto nuove variabili, alla quale si sarebbero comunque piegati.
Perché aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa sotto, che si stessero prendendo gioco di lei, lasciandole in mano la decisione per il futuro? Mettendo la loro essenza nelle sue mani?
 
Perché la distruzione della tecnologia moderna e dei Sintetici faceva così male, ma quell’opzione era stata la prima che aveva considerato come giusta?
Tutto d’un tratto trovò veritiera l’affermazione del ragazzino: prima o poi il conflitto tra Organici e Sintetici nasce. E inevitabilmente scoppia una guerra. Ma per quale motivo doveva essere così, sempre e comunque?
 
Tuttavia, quella tubazione rossa rappresentava un reset, la fine del conflitto basilare in favore di una strada futura ben delineata, con responsabilità nette, dalle quali non si sarebbe potuto scappare. Qui si trattava seriamente di sacrificare delle vite per gettare nuove basi e la possibilità di non ripetere gli stessi, identici errori commessi e ricommessi.
 
Ma poteva prendersi il rischio di porre fiducia nelle future generazioni?
O negli stessi Razziatori, per contro?
 
L’immagine di Legion che si accasciava a terra le tornò alla mente, assieme al suo rivolgersi in prima persona: in quel momento desiderava ardentemente avere quella possibilità, quella di sacrificare la propria vita per il bene comune. Ma solo la sua.
 
Sacrificio… La parola chiave, in ogni scelta, era il sacrificio. Scegliendo la Sintesi, avrebbe sacrificato la libertà di Essere di qualsiasi forma di vita. Scegliendo la Distruzione, avrebbe sacrificato un’intera forma di vita, in favore di un’altra. Rabbrividì, nel momento in cui realizzò che il Controllo fosse sotto una certa ottica la scelta meno dannosa per l’intero Universo.
 
Ma non voglio!
Si accasciò in ginocchio, stringendo la mascella con forza, tanto da farsi male e provando una rabbia irrefrenabile: non le interessava controllare quei mostri e rischiare di non aver risolto nulla, se – guarda caso – altre variabili si fossero affermate. Dare ragione realmente all’Uomo Misterioso ed arrendersi al fatto che avesse visto giusto? Arrendersi all’evidenza che il concepimento dei Razziatori fosse realmente la soluzione?
 
I Razziatori non sono la soluzione. Per lo meno non la mia!” continuava a ripetersi, mentre quell’entità rimarcava il fatto che il tempo scorreva inesorabile.
 
Fu colta dal panico, perché sapeva che più tempo passava, più la quarta scelta si avvicinava. Sentì la gola ardere, il sapore del sangue in bocca. La sua fine era vicina, lo sentiva chiaramente, ma doveva fare qualcosa.
 
Che cosa diamine devo fare?! Scegliere se diventare un Razziatore? Scegliere di fare una mezza mietitura o di riscrivere il DNA? Non sono un Dio, dannazione! Devo fare la cosa giusta, ma fatico a credere che tra queste opzioni ce ne sia una!” pensò con la disperazione più totale, serbando per sé quelle considerazioni, mentre le lacrime cominciavano a fluire lungo le sue guance.
 
Le tornarono in mente gli scambi di opinioni con quelle forme aliene, in particolare l’ultimo avuto su Rannoch, il quale le aveva ripetuto – come era già successo su Virmire, con la Sovereign – che loro non potevano capire. Che quell’indiscriminazione attuata da quegli ibridi, fosse necessaria per riportare in equilibrio un sistema che inesorabilmente tendeva verso il caos.
Non potevano capire. Perché, ai suoi sensi, quell’affermazione era inconcepibile.  
 
Thane… Che cosa devo fare? Qual è la scelta giusta?
Si morse un labbro, serrando gli occhi. Thane non aveva tutte le risposte, ma aveva la capacità di portare le altre persone a ragionare con la sua calma e la sua obiettività. Non le avrebbe di certo detto cosa fare, ma le avrebbe sicuramente dato una mano.
 
Pensò a come dovesse essere in quei minuti la situazione sulla Terra e nell’Intera Galassia soggiogata ai Razziatori. Pensò a Palaven, alla speranza di Rannoch e Tuchanka, alle ferite di Thessia e a tutti i caduti dall’inizio dei tempi in quella guerra.
Pensò ad Ashley, poi a Mordin, al suo Drell e di nuovo a Legion, ai loro sacrifici per il bene comune, al loro essere eroi: quanto li invidiava. La sua tolleranza era arrivata al limite, perché si era sempre presa le sue responsabilità, ma ora si trattava di una faccenda troppo, troppo grossa.
 
Qual è la scelta giusta?!” urlò disperatamente la sua coscienza, con la speranza di ricevere una risposta netta, forte, inopinabile.
- La tua.
 
Alzò lo sguardo, trovandosi Thane davanti ai suoi occhi, avvolto quasi in un ombra. E in quel momento capì che doveva scegliere ora, o non avrebbe più avuto né tempo, né occasione.
- La mia? – chiese, con voce tremula e stanca, non riuscendo a capire il significato di quella risposta.
La sua mano andò ad appoggiarsi sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente mentre sorrideva e la guardava dolcemente con quei suoi occhi neri, capaci di ipnotizzare.
- Non devi chiederti quale sia la scelta giusta, Siha. Non c’è mai una scelta giusta – aggiunse, irrigidendo le labbra per un istante, mentre si avvicinava a lei e le prendeva entrambe le mani.
- Perché devo essere io il Giudice? – esalò, sentendosi il petto pesante, come se fosse schiacciato da un macigno invisibile.
- Perché ti sei guadagnata il diritto di scegliere – rispose immediatamente, dopo la sua domanda, appoggiando la fronte contro la sua – Sei arrivata fin qui, non fermarti ora. Non ti ha fermata la morte, non ti fermerà una scelta, su questo ne sono pienamente sicuro.
- Tu cosa sceglieresti, se fossi al mio posto?
Si sentì estremamente stupida nel porgerli quella domanda, ed infinitamente debole, quasi insignificante. Thane si allontanò leggermente, riprendendo il contatto con i suoi occhi e guardandola con tutto l’amore che gli fosse possibile.
- La coerenza – rispose, semplicemente, svanendo come aveva fatto nel quartier generale e lasciandola con le mani a mezz’aria, ma donandole la giusta strada per ottenere quella risposta tanto agognata.
 
 
 

Un rantolo si susseguiva, debole, nel silenzio più totale. Una lieve luce illuminava quello spazio ristretto in cui lei era più che incastrata, mentre il torace si alzava e si abbassava a scatti sotto il peso delle macerie. Il suo sguardo era fisso sul raggio luminoso di un probabile led che era rimasto intatto dopo l’esplosione, seppure inclinato quasi di sessanta gradi.
 
Poteva apprezzare solamente una piccola porzione di ciò che la circondava, uno spiraglio grigio chiaro nel buio più totale. Ignorava in quale settore della Cittadella dovesse trovarsi, perché nulla le ricordava il luogo di poco prima: non vi era niente di familiare, sembrava un basamento e non quella stanza specchiata sullo Spazio.
 
Riuscì appena a tossire, per poi sentire un rivolo caldo scendergli giù dal mento: era ancora viva, purtroppo. Strinse gli occhi per sopportare quell’eco di dolore che arrivò tutto assieme, mentre ogni fibra del suo corpo urlava in contrapposizione alla sua incapacità di muoversi ed emettere anche solo un grugnito.
Riuscì solo a piangere lacrime amare, per quell’agonia che il destino le aveva regalato: un altro dono macabro, un’altra tacca da aggiungere al muro del dolore che negli ultimi due anni non era riuscita a distruggere, benché l’avesse voluto con tutta sé stessa.
 
Perché non finiva tutto questo? Perché non riusciva a morire?
Il suo compito era giunto al termine, la sua scelta l’aveva fatta e chiedeva soltanto di riposare in pace: era completamente spezzata nel profondo, era esausta, stanca di lottare, di trovare soluzioni, di sopportare. Si sentì come una spugna logora immersa nel grasso, lasciata poi asciugare al sole: era incapace di assorbire nuovi avvenimenti, nuove eventualità, nuove difficoltà.
 
Era stanca di vivere.
Un nuovo colpo di tosse generò una fitta al torace, tale da strapparle un urlo soffocato e annebbiarle la vista, abbracciando le sue estremità in un gelo profondo.
Trovò la forza di sorridere, però, quando davanti ai suoi occhi appannati si fece largo un tunnel dalla luce bianchissima, quasi abbagliante.
 
 
- Ho seguito il cuore… E mi sento profondamente egoista – aveva sussurrato, quando le braccia di Thane le cinsero le spalle e il suo corpo aderì al suo. Aveva appoggiato la fronte alla sua spalla, mentre lui l’abbracciava stretta e le baciava la fronte. Rispose in segno di diniego con il capo.
- Non riesco a togliermi dalla testa il fatto che io abbia sbagliato.
- I Razziatori non esistono più, Siha – esordì lui, guardandola negli occhi con fermezza – Hai fatto sì che nessuno in futuro sarà costretto a vivere il destino di questo ciclo e dei cicli precedenti . Nessuna civiltà affronterà più una mietitura. E hai fatto sì che nessuno debba più sopportare un peso del genere. Trova la forza in questo.
 
Maxime sorrise mestamente, osservando il vuoto attorno a sé per poi volgere lo sguardo nuovamente nel suo, uno sguardo disperato.
- Come posso affrontare Jeff? – chiese, con gli occhi colmi di lacrime – Ho ucciso IDA. Ho ucciso tutti i Geth. Come posso affrontare il giudizio degli altri?
Affondò le dita nella sua giacca nera, all’altezza dell’avambraccio. Lui la guardava con un’espressione afflitta, incapace di consolarla e conscio di aver difficoltà anche solo ad immaginare come si stesse sentendo in quel preciso istante.
 
- Posso arrendermi, una buona volta? Mi è concesso?! – aveva aggiunto, l’amarezza nella gola e le sue braccia atte a stringerla ancora più forte di prima.
- Tutto questo non è reale, lo sai?
- Fammelo credere. Voglio smettere di lottare, sono stanca di questa lenta agonia – proseguì disperata, sentendo la sua mano scostarle i capelli dalla fronte con una gentilezza e un amore estremi.
- Hai fatto una promessa, Siha.
- Ho fatto un errore.
 
 
Dapprima un rumore, poi alcune voci indistinte.
Socchiuse gli occhi, cercando di immagazzinare più aria e producendo un altro rantolo. La sua espressione si contrasse ancor di più di quanto fosse possibile, mentre desiderava con tutta sé stessa che gli impianti esaurissero la loro funzione e che il medigel della sua armatura terminasse.
 
Thane la osservava affranto, mentre lei gli prese la mano e mosse qualche passo in quell’alone bianco. C’era una sorta di pace e tranquillità in quel nulla, così vuoto, così sterile di colori e di suoni da risultare meraviglioso e inquietante allo stesso tempo.
 
Trasse un lungo sospiro, voltandosi nuovamente verso di lui. I suoi occhi erano tristi, così come apparivano in quel sogno, dopo che l’aveva fatta desistere nell’intento di seguire Mordin. Si era innamorata della sua personalità e del suo fascino, ma la chiave di tutto erano quelle due pozze nere liquide che sapevano lenire ogni sua ferita.
 
- Basta – rimarcò la sua scelta, mentre le sfumature delle sue iridi si facevano più scure, di un viola quasi cupo.
- Ne sei sicura?
Avrebbe voluto dirle che tutti i quanti ne sarebbero usciti straziati da quella perdita, in particolare Steve, Garrus e… James. Ma lei lo sapeva bene, ne era conscia. Avrebbe commesso un altro gesto egoista.
Le venne in mente per l’appunto lo sguardo disperato di James, la sua richiesta di tornare viva, lo sgomento quando il portellone venne sigillato su suo preciso ordine e quelle parole di promessa. Prima di avventurarsi in quell’ultimo passo aveva considerato quel pensiero, non poteva negarlo. Aveva considerato la possibilità che un giorno avrebbe potuto anche funzionare.
 
Si era illusa per un attimo, per un breve periodo di calma che anticipava la tempesta, che come incipit aveva visto un lungo discorso carico di determinazione da parte sua, attingendo a piene mani nell’orgoglio e nelle emozioni più intense racchiuse nei loro cuori.
James l’aveva lasciata con parole precise, senza chiedere nulla per lui, ma con un sorriso forte e una pacca sulla spalla, come soleva sempre fare. Aveva evitato altre domande, aveva capito che non fosse assolutamente il caso e lei gli fu estremamente grata per quel lusso che le aveva concesso.
 
Era un brav’uomo, James. Aveva un cuore grande, un ottimo senso dell’umorismo e una faccia tosta che, alla fin fine, aveva sempre apprezzato.
Era forte dei suoi limiti, lui, benché si fosse più volte spinto oltre. Ma era pur sempre un Uomo, un Uomo giovane e pieno di dubbi, così come di speranze.
In quel momento si sentì tremendamente colpevole, immaginando cosa ne sarebbe stato. Quei suoi occhi color nocciola, disperati – un’espressione che non aveva mai visto dipinta sul suo volto – le stringevano il cuore in una morsa tale, da farle veramente male.
 
- Ma non posso, James. Perdonami – sussurrò con un sorriso amaro, le lacrime che solcavano il viso e s’infrangevano sull’armatura frantumata.
 

 
Uno scossone incrinò parzialmente quel mondo perfetto, facendola voltare in direzione delle voci – ora concitate - e della sensazione di peso che diminuiva. Sentì chiaramente un corpo caldo che le toccava la mano, per poi stringerla con vigore.
 
Ciò nonostante, i suoi occhi socchiusi in direzione del led luminoso inquadravano quel bianco candido, abbracciando la calma. Era giunto il momento di effettuare la sua ultima scelta.
 
 
 

“E’… Stremante e ridicolo allo stesso tempo, complicato e paradossale. Vorrei avere la forza di dirti tante cose, vorrei dirti quanto tu sia dolce, quanto tu sia meraviglioso, quanto adori il tuo modo di essere, quanto fortunata sarà la donna che un giorno sposerai, perché te lo giuro… Uscirai vivo da tutto questo. E’ una promessa reciproca, la nostra. La verità è che ti voglio un bene infinito, James, la verità è che potrei innamorarmi seriamente di te, la verità è che sei importante per me. Ma, la verità è anche che ora come ora, non ci riesco. Se provo a mettermi nei tuoi panni, provo una vergogna profonda verso me stessa… Non sapevo. Non potevo neanche immaginarlo. Non merito tutto questo amore da parte tua. Come tu non meriti tutto questo… Sono una persona crudele. Sono uno zombie che cammina. Sono una persona morta… Morta due volte”.
 
Strinse gli occhi, premendo la fronte contro la sua guancia, alla fine di quel lunghissimo e silenzioso abbraccio in cui lui l’aveva stretta, facendole da scudo da qualsiasi fonte di dolore, pregando di essere abbastanza, sforzandosi di darle tutto l’amore, l’affetto, la comprensione possibile.
Perché per lui, lei era tutto. Era il suo risveglio la mattina, era il sospiro prima di addormentarsi la notte. Era ciò che gli aveva donato un’altra possibilità, un’altra chance, quando la sua vita stava andando a rotoli, quando la sua mente era stata sconvolta da avvenimenti che non era riuscito a sopportare, malgrado quella maschera di leggerezza e sicurezza sempre calata sui suoi occhi.
 
Lei era lei.
 
I factotum presero a trillare, sancendo lo scadere del tempo. Si doveva tornare in prima linea, dovevano andare. Era l’ora. Era il momento.
 
- Lola… - sussurrò, beandosi di quel contatto e sfiorando con le labbra i suoi capelli corvini.
Socchiuse gli occhi, focalizzando il Quartier Generale in lontananza, i soldati alleati raggrupparsi in formazione. Vide Garrus guardare in sua direzione e soffermarsi su di loro.
Si guardarono per qualche istante, marmorizzati in quel quadro, nel silenzio spezzato dalle esplosioni e da qualche urlo in lontananza, dai colpi dei mezzi corazzati, dai veicoli che atterravano in zona franca.
 
Sorrise, Garrus. Non fu apprezzabile, ma James lo immaginò. E immaginò giusto.
 
- Dimmi.
- Combatterò con te, combatterò per te. Andrò fino in fondo e lo sai che quando inizio una cosa, la porto a termine.
- Lo so.
- Bene. Fammi una promessa, non ti chiedo altro. Credici. Credi al fatto di non essere sola, non farti logorare da ciò, più di quanto tu non lo sia – prese una pausa, accarezzandole la testa - Io sarò con te fino alla fine. Questo è il mio ruolo e intendo mantenerlo. Ed ora andiamo – parlò piano, ma con fermezza, mentre lei lo stringeva in un nuovo abbraccio, incapace di trovare le parole adatte per concedergli una risposta che avesse lo stesso peso delle sue parole, che gli trasmettessero lo stesso raggio di luce in quella notte cupa e gelida che si portava nel cuore.
 
- Agli ordini… James.
 
Quella flebile, forse inaspettata, speranza che ci fosse un domani. Anche per lei.
Anche per loro.

 
 
 
Si ritrovò seduta in riva al mare, sulla risacca, vestita con la divisa classica dell’Alleanza e gli stivali immersi nell’acqua. Thane era in piedi, accanto a lei, la sua mano tesa e le labbra incurvate in un sorriso colmo di tenerezza. Un ultimo sguardo carico di determinazione, e poi di serenità, per poi accettare il suo aiuto e alzarsi in piedi – una spolverata distratta alla sabbia che impregnava i suoi abiti.
 
La salsedine le riempì i polmoni, mentre un vento caldo le scompigliava i capelli e il silenzio regnava incontrastato.
 
- Grazie – fu la sua ultima parola, prima di immergersi con lui nell’infinito. 




 
Meanwhile, in Beatrix’s Headquarters…

Eccoci. Dunque, vorrei usare questo spazio per spiegare alcune cose, che di sicuro rimarcherò nelle eventuali risposte, ma avrei piacere di condividere la mia esperienza sul finale di Mass Effect inserito in questa storia. Non parlo delle scelte – sono spiegate già nella storia – ma del carico emotivo generale.

Questo capitolo è stato, credo, quello più straziante da scrivere per mille mila motivi. Ed è stato anche il più “pesante”, ma non in senso negativo, ma nel senso che è stato scritto tutto in una notte, mi ha letteralmente ritrascino all’epoca del salvataggio della romance con Thane, ed ha consolidato il destino di questa determinata Maxime Shepard.
E’ sempre doloroso far morire il proprio personaggio, ancora quando non ti ha solo accompagnato in una storia, ma anche nel videogioco. Bioware ci lascia con un cliffhanger alla fine dell’epilogo “rosso”, un sostanziale finale aperto, benché ci siano trilioni di opinioni in merito alla salvezza di Shepard, almeno in questa scelta.

Mi piace leggere di autori che, nonostante la situazione difficile, fanno vivere la propria Shepard? Ovvio che sì.
Poteva sopravvivere Maxime?
No. E penso di aver spiegato adeguatamente questo aspetto lungo tutta la storia. James non è bastato a darle la forza di vivere.

So che è triste, terribilmente triste, ma non l’ho trovato verosimile. La mia Maxime, in un romance con un epilogo del genere, benché si tratti del Comandante Shepard, Marina dell’Alleanza, non può che partire con l’intento di mettere la parola fine a questa storia. E lei è parte integrante della storia.

Spezzata dal dolore per la perdita dell’unico uomo che ha saputo trapassarla, ammaliarla e in un certo senso annientarla, mi sono sempre collegata al fatto che non volesse ritornare in vita, che se un essere era morto, morto doveva rimanere. Ha compreso infine il perché Cerberus l’ha ricostruita, ma non l’ha mai accettato, né condiviso. Però si è fatta forza concentrandosi sull’effetto di quel prodigio della scienza, benché si sentisse sempre di più un Razziatore più che un’umana: regolare i conti e vincerli.
Ecco i due motivi per cui la mia Maxime in Romance con Thane, muore al termine del finale della distruzione. Sentendosi una persona oltretutto egoista, nei confronti di James – conscia di causargli una ferita non indifferente – ma desiderosa di scegliere per una buona volta il suo destino. Non ha scelto solo Thane, ha anteposto i suoi desideri a quelli degli altri, per una buona volta.

Confesso che amo i finali tragici. E mi distruggono, ma mi son sempre chiesta perché, nonostante la tristezza che mi possono mettere, sia sempre portata a sceglierli nelle mie storie. xD Mi devo far vedere da uno bravo, mi sa. xD

Che dirvi, quindi, se non grazie? Grazie per esservi imbarcati in questa storia delirante e di avermi tenuto compagnia, dato consigli, dato idee e supporto. Esco soddisfatta da questa mia prima esperienza qua dentro e sono felice, oltretutto, di aver stretto nuovi rapporti con alcune di voi, che diversamente non avrei avuto modo di stringere, non fossi venuta qui.

E grazie anche a Mass Effect e alla Bioware, per avermi regalato un mondo meraviglioso in cui perdermi. <3

Grazie a chi ha recensito fino alla fine, a chi lo sto facendo in questi giorni, a chi lo farà. Grazie a chi ha anche solo letto questa storia, e a chi mi concederà il lusso di ricordarla. ;)

Ma non vi saluto ancora. La storia è sì ufficialmente finita, ma ho in mente di inserire qualche capitolo bonus. ^^ Uno è di sicuro il dopo missione dell’Avvento, qui giusto accennato. Mi sono accorta di non aver potuto inserire un flashback di Maxime e Thane, prima del triste epilogo. Insomma, vedrò cosa tirare fuori dal cilindro, vedrò se trattare anche il dopo, da parte di James e Steve – anche perché, non sono sicura che Steve fosse sulla Normandy. Mi sa che è rimasto sulla Terra, non ho informazioni a riguardo al momento. Mi documenterò.

Quindi… Alla prossima? :D Tenete d’occhio la pagina nei prossimi tempi, di sicuro un paio di capitoli a stampo oneshot li pubblicherò ancora. E poi si vedrà… Ho già qualche idea.


Love you long time,
Beatrix
   
 
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