Fanfic su attori > Orlando Bloom
Segui la storia  |       
Autore: Lumik Lovefood    28/01/2014    2 recensioni
Mi chiamo Tibby Lanyon, ho ventisei anni e lavoro in un ufficio di Grafica Pubblicitaria. Sono del Vermont ma vivo a New York, in un appartamento tutto mio, preso dopo molti sacrifici. Amo il tiramisù ma odio gli spinaci. La mia giornata tipica è molto monotona: casa-lavoro-casa. Odio le feste e i glitter su ogni cosa esistente in questo mondo. Non sono bionda, non solo alta e non sono una modella.
Altro? Mmh... Ah, sì!
E mi sono incasinata la vita col mio nuovo vicino di casa, Orlando Bloom.
Volete sapere come?
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Come As You Are


- La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! -





Ciao, mi chiamo Flynn, ho tre anni e mi piace la torta al cioccolaco.”


Ok, ora, immaginatevi di essere in ritardo per il lavoro, con una consegna imminente da fare, il braccio carico di fogli e notebook, preziosissimo per voi. Immaginatevi un bambino di a mala pena tre anni che per poco non investite con la vostra furia, ed il gioco è fatto.
Stavo uscendo dal mio appartamento, conscia che il mio capo mi avrebbe ammazzato se avessi consegnato in ritardo il mio lavoro e, non appena imbuco il corridoio del palazzo che porta all'ascensore, mi ritrovo una vocina stridula ed infantile che si presenta in quella bizzarra maniera. Guardo in basso, verso i miei piedi, facendomi largo tra borse e borsette, e noto un bambino dalla faccia felice e simpatica, con addosso un cappellino scuro ed un cappotto giallo, che lo fa sembrare un limone.
Lo guardo incuriosita, ma lui non sembra minimamente minato dalla mia presenza, anzi, allarga ancor di più il sorriso, scoprendo dei piccoli dentini bianchi ed irregolari.
Improvvisamente, mi viene in mente mia nipote, Vivienne, la figlia di mio fratello. Quanto mi manca...
Mi abbasso per raggiungere la sua altezza e, mandando a farsi friggere il lavoro, mi presento a mia volta, utilizzando lo stesso ed identico modo del bambino “Ciao, mi chiamo Tibby, ho ventisei anni e mi piace il tiramisù.”
Flynn, non appena sente il mio modo di presentarmi, gonfia le guance euforico e gli occhi gli si illuminano, sicuro di aver trovato una compagna di giochi, ma non oggi, piccoletto!
Avvicinandomi di più al suo viso, gli chiedo “Dov'è la tua mamma?”
Lui scuote la testa “Mamma non c'è. Papà.” e si guarda le spalle. Io alzo gli occhi al di sopra di esse, sentendo dei rumori di passi frettolosi avvicinarsi sempre più, provenire dalla tromba delle scale.
Ne esce un uomo che correva velocemente verso di noi, col fiatone ed una borsa che ondeggiava pericolosamente sulla sua spalla. Appena fu vicino, si piegò in avanti, poggiando le mani sopra le ginocchia, sfinito per la corsa. Io e Flynn lo guardammo stupiti, più io che lui a dir la verità.
“Flynn... La prossima volta che vuoi scappare, prendi almeno l'ascensore.” mormorò l'uomo senza fiato, o comunque con quel poco che gli era rimasto, e non alzando lo sguardo da terra.
Il bambino fu felice di vedere il padre ed mi indicò “Lei è Tibby e le piace il tiramisù.” e fece un enorme sorriso.
L'uomo alzò gli occhi su di me, concentrandosi a vedere i miei pantaloni rossi scozzesi e la T-shirt bianca sotto il chiodo di pelle.
Gli sorrisi ed allungai una mano verso di lui “Piacere, padre di Flynn. Tibby.”
Solo dopo notai che aveva un viso familiare, come se l'avessi visto molte volte, anche se in quel momento non ricordavo dove...
L'uomo me la strinse “Piacere, Orlando.”
E capii chi fosse, ma cercai di non darlo a vedere e di risultare naturale “Sai, credo di averti visto da qualche parte.” scherzai ed azzardai un sorriso, subito corrisposto da uno dei suoi, forse felice che non gli fossi saltata addosso o per il semplice motivo di non aver gridato, pianto, o di essere svenuta alla sua sola presenza, cosa che capitava all'ottanta per cento delle sue fan, forse anche al novantanove.
Da premettere: io non sono una sua fan sfegatata, ma sarei una scema a non riconoscerlo!
Cielo, lui era Orlando Bloom! Perfino mia madre, non molto propensa a televisioni e quant'altro, sapeva chi era, e non solo perché era appassionata della saga de “I Pirati dei Caraibi”. Nei gossip e quant'altro, lo descrivono come un sex symbol di fama mondiale, con schiere di donne pronte a tutto per conquistare il suo cuore, ma ora, mi sembra solamente un padre che rincorreva quella peste di suo figlio, vestito di soli jeans e felpa.
L'attore mi ridestò dai miei pensieri “Tu abiti qui?”
Sorrisi “Sì, sono appena uscita dal mio appartamento, il sette.”

Davvero?” sembrava stupito “Io mi sono appena trasferito a quello di fronte. E' l'ottavo.”
Sul serio?” sgranai gli occhi, per poi abbassarli verso Flynn “Siamo dirimpettai.” e gli regalai un sorriso.
Dirimpeppi, sì!” esclamò entusiasta il piccolo. Risi di gusto e gli posai una mano sulla testolina, coperta ancora al cappello.
Orlando riprese la parola “Spero che non ti abbia disturbato...”
“No, tutt'altro! Si è presentato in maniera impeccabile.” esclamai, gettando uno sguardo complice a Flynn, che gonfiò le guance felice.
Presi in mano il mio cellulare e, non appena vidi l'orario che segnava, strabuzzai gli occhi e iniziai a camminare verso le scale “Scusate, devo scappare. Il lavoro chiama.” e mi indicai le spalle con un pollice “Non è molto convincente come benvenuto, ma devo proprio andare...” mentre lo dicevo, mi guardavo costantemente le spalle per vedere dove mettevo i piedi “Arrivederci e buona fortuna col trasloco. Ciao Flynn.” e, dopo un breve cenno di saluto con la mano, scappai inghiottita dalle scale.



Flynn sventolava felice una manina paffuta verso le spalle della vicina, mentre io gli presi l'altra e lo condussi davanti la porta del nostro nuovo appartamento. Feci un sospiro profondo prima di inserire la chiave nella toppa e girarla, prima di aprire la porta alla mia nuova vita.
La spalancai ed una luce investì sia me che Flynn, trovandomi poi il salone come primo ambiente casalingo. La sala era molto luminosa, grazie all'enorme vetrina da cui entrava tutto il Sole possibile ed i divani neri di pelle guizzavano a contrasto con i mobili e le pareti candide. Presi in braccio mio figlio ed arrivai alla cucina, guardandomi attorno, stupito del lavoro che avevano fatto i traslocatori e la design d'interni che avevo ingaggiato per arredarmi la casa. La professionista era riuscita a fondere perfettamente lo stile moderno e l'utilità di una casa con dentro un bambino di tre anni: la cucina era ampia e luminosa, con apparecchi elettronici di ultima generazione ed un frigo grosso come un armadio, il tutto su mobili bianchi e neri; il tavolo era lungo e di plastica trasparente, con sei sedie in coordinato.
“Andiamo a vedere la tua cameretta?” Flynn si agitò tra le mie braccia per farsi mettere a terra, ed l'accontentai subito, vedendolo poi precipitarsi alla sua stanza, anche se non sapeva di preciso dove fosse.
Dopo che gliela indicai, Flynn aprì faticosamente la porta della camera e rimase impalato per lo stupore: era meravigliosa ai suoi occhi.
Lo raggiunsi e gli sorrisi dolcemente “Ti piace lo spazio, vero?”
Il bambino si buttò sul suo letto, ma non un letto qualunque, un letto-razzo, dato che aveva quelle fattezze. Le pareti erano dipinte di un blu scuro a cui erano state spruzzate piccole gocce bianche che assomigliavano a tante stelle luminose. Mi avvicinai alla finestra e chiusi le tapparelle, per creare del buio e per far vedere altro a mio figlio: i puntini erano stati creati con della pittura fosforescente e s'illuminavano al buio, facendo sembrare l'intera stanza un cielo stellato. Quando le riaprì, mi ritrovai aggrappato alle gambe Flynn, che per la felicità non riusciva a spiccicare una parola completa.
Gli posai dolcemente una mano sulla testa “Deduco che ti piace.” riuscì a mormorare dopo averlo fissato a lungo, col sorriso sulle labbra.



Sono riuscita ad arrivare in ufficio senza troppo margine di ritardo, e mi sono anche ritrovata una tazza fumante di the al limone, portatami dal mio vicino di scrivania. Sono stata proprio brava!
“Hai una relazione da scrivere.” mi dice Ithan, sorridendomi da sopra i libri che avevo sulla scrivania.
Ed eccolo il mio vicino di scrivania, Ithan Cattlermore, trentatré anni compiuti, un curriculum che invidio ed una testa schizzata che la mia, al confronto, impallidisce, talmente schizzata da chiedermi una volta a mese un appuntamento, da me sempre rifiutato: non mi piace mischiale la vita privata col lavoro, e non piace nemmeno lui!
“Ma non dirmi...” scherzai, sbuffando e raccogliendomi i capelli castani in una coda “Hooper ancora si vede?”
Hooper è il capo dell'ufficio, un omone grande e grosso, per non dire grasso, che prima delle dieci non si presenta a lavoro. Da dire che, io attacco alle otto e mezza del mattino!
Il ragazzo scosse la testa bionda e piena di gel “Il capo ancora si fa vedere... In compenso, Stevenson ha già iniziato a fare il capetto, dando ordini a destra e manca.”
Stevenson è, per così dire, il vicecapo auto eletto dell'ufficio. Penso che non abbia mai avuto a che fare con posizioni di potere ed, infatti, appena ne ha per le mani un po', ne abusa anche per le cose più stupide, come...

Laynon, portami un caffè, decaffeinato, senza schiuma, amaro e nero!”
Che avevo detto? La sua voce e il suo ordine, si fecero sentire per tutto il piano, rimbalzandomi nel ccervello.
Sbuffai: era la tipica giornata d'ufficio.


Fortunatamente, il tempo era passato senza troppi intoppi a lavoro, ed ero tornata a casa prima del solito, stranamente nemmeno la metropolitana aveva fatto tardi. Capitassero più spesso giornate fortunate!
Davanti la porta di casa, iniziai a trafficare nella borsa per trovare le chiavi e mi guardai le spalle, vedendo la porta dell'appartamento otto. Guardai l'ora sul cellulare. Era presto, troppo presto per i miei canoni.
Entrai in casa e posai tutta la roba che avevo sul divano e mi ci buttai sopra manco fossi una morta.
Non so per quanto tempo me ne sono stata seduta senza muovere un muscolo, forse minuti, ore, ma la lancetta dell'orologio non si era mossa d'un millimetro, anzi, avevo la netta sensazione che fosse tornata anche indietro!
Guardai la mia porta d'ingresso e decidetti che era proprio ora di alzarmi dal divano.



Stavo mettendo apposto alcuni scatoloni rimasti ancora colmi di roba, mentre Flynn era concentrato a scegliere se giocare con le automobiline oppure con i colori, quando sentiamo entrambi suonare alla porta.
Mio figlio si precipitò subito su di essa, cercando in tutti i modi di mettere un occhio sullo spioncino, non riuscendoci. Gli fu subito affianco ed aprii la porta, ritrovandomi in faccia un pacco di carta trasparente, da cui poi vi uscì la testa della vicina.
“Ciao.” sorrise lei “Ehm... Ecco... Benvenuti nel palazzo!” esclamò, sempre sorridendomi “Spero di non disturbare...”
“No, anzi...” mi scansai e le feci segno di entrare. Flynn le si attaccò subito alle gambe, salutandola ripetutamente con dei “Ciao.”.
Lei gli sorrise e gli posò una mano sulla testa “Ecco, mi sono ricordata che qualcuno, questa mattina, mi ha detto che gli piacciono le torte al cioccolato, e così...” abbassò il pacchetto che aveva tra le mani e lo fece guardare al bambino, che glielo tolse immediatamente tra di esse, mostrandolo poi fiero a me.

E' una torta al cioccolaco!” e corse in cucina, cercando di metterlo sopra al tavolo.
Lo guardai, sorridendo, per poi voltarmi verso la ragazza “Grazie, davvero, non dovevi.”

Figurati! Sono uscita prima da lavoro e così...” arrossì violentemente da dietro le lentiggini, conscia che i miei occhi la stavano guardando curiosi, e si grattò la testa, imbarazzata. Alzò lo sguardo su un punto imprecisato e credo che abbia visto i scatoloni che stavo svuotando, perché disse poi “Oh, ma vedo che stai completando il trasloco... Sarà meglio che vada...” e si stava muovendo verso la porta, ma io le presi delicatamente un polso.
“Resta e mangia un pezzo di torta con noi.” e lasciai la presa su di essa.
Lei mi guardò sorpresa e stava per rispondere, se non fosse arrivato Flynn, con delle briciole intorno alla bocca, che si aggrappò violentemente alle gambe di Tibby e le gridò che era una torta
buonissimissima, per usare un suo termine. Lei gli sorrise e lanciò uno sguardo verso di me, per poi annuire “Va bene.” si piegò sulle ginocchia e si rivolse a mio figlio “Davvero, è buonissimissima la torta?”
Lui gonfiò le guance e le prese una mano, costringendola a seguirlo in cucina.
Appena entrò, si guardò intorno meravigliata e, dopo essersi seduta su una sedia, si rivolse a me “Hai sistemato davvero bene qui... La mia casa è identica, ma al confronto fa pietà!”
Risi di gusto “Magari fosse farina del mio sacco! Mi sono fatto aiutare da dei professionisti...” andai verso dei cassetti di una credenza e presi un coltello e iniziai a tagliare il suo dolce a fette, così da far smettere Flynn, che staccava i suoi bocconi dalla torta stessa con le mani, rovinando la forma perfetta “Non potevo occuparmi tutto solo del trasloco, di mio figlio, del lavoro e della separazione con Miranda...” mi bloccai di scatto. Sapevo che Flynn mi stava osservando stralunato, mica è così stupido, sa come si chiama la madre.
Anche Tibby si accorse che l'atmosfera era cambiata, ma mi stupì con la sua prontezza d'azione “Flynn, perché non ci facciamo dare il coltello da papà e tagliamo insieme la torta?”
Lo sguardo di mio figlio cambiò improvvisamente e tornò ad essere felice e spensierato, come sempre. Per quanto ero rimasto imbambolato, non mi accorsi nemmeno che la vicina mi aveva tolto il coltello di mano e si era avvicinata alla sedia di Flynn, per aiutarlo a tagliare dalla torta tre fette perfette.
Tibby alzò lo sguardo su di me e mi sorrise, io riuscì solo a mimarle un “Grazie.” con le labbra.

La torta era squisita, anche se era giovane ci sapeva fare coi fornelli. A dir la verità, non nutro grandi aspettative culinarie da donne al di sotto dei cinquant'anni, esempi lampanti sono mia sorella Sam ed anche la mia ex moglie, Miranda: farle avvicinare ai fornelli era come firmare la propria condanna a morte!
Un altro appunto da farle era che ci sapeva fare coi bambini: Flynn si stava addormentando tra le sue braccia, mentre lei camminava lentamente sotto e sopra per il salone, cullandolo dolcemente e sussurrandogli qualcosa nelle orecchie. In un batter d'occhio è crollato, e lei non fece altro che posarlo sopra al divano e mettergli una coperta sopra il corpo, e lo lasciò lì, non prima di avergli accarezzato un po' la testa.
Io ho osservato tutta la scena, appoggiato allo stipite della porta della cucina, come ipnotizzato dalla sua figura.
“Come fai?” le chiesi in un sussurro.
Lei parve stupita della domanda e si avvicinò a me, mettendosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio e sorridendomi “Anche io ho a che fare con una peste...”
“Hai un figlio?”
Ma che razza di domanda mi è uscita?
Hai del tatto, Bloom, davvero! Se non ti prende a sberle, è una santa!
Lei indugia un attimo nel rispondermi, forse perché stupita della domanda o per valutare i miei movimenti, il mio viso, forse per studiarmi. Improvvisamente, però, un pensiero s'impadronisce della mia testa: spero con tutto me stesso che dica di no.
“No, ho una nipote.”
Dai cazzo!
Mi verrebbe voglia di saltare, ma me ne sto buono al posto mio “Ah?” ringrazio il cielo per essere attore, perché so fingere un tono sorpreso davvero convincente “E quanti anni ha?” le dico, sorridendole.
I suoi occhi s'illuminano, forse le piace parlare della nipote “Non ci crederai, ma ha tre anni come Flynn. Si chiama Vivienne, è la figlia di mio fratello.”.
“Ecco perché ci sai fare coi bambini.” le dico, indicandola scherzosamente con un dito.
Lei ride di gusto e si avvicina al tavolo della cucina, prendendo i piatti dove abbiamo mangiato la torta e posandoli nel lavabo, per poi girarsi verso di me, che nel frattempo avevo seguito i suoi passi, ed appoggiare le mani sul mobile “No. Mia nipote ha più o meno lo stesso problema di Flynn: ha un genitore solo. Il problema, che a Vivienne non è una cosa temporanea...”.
Divento triste “Mi dispiace. Non sapevo che tuo fratello è vedovo.”
Lei scoppia in una risata “No, ma che hai capito?” sta ancora ridendo ed io sono sconcertato “Allora, hai presente tutte le possibili variabili di una famiglia allargata e cose così?” - annuisco, ancora confuso - “Beh, rimuovi tutto, perché la mia famiglia ti stupirà!” e mi sorride furba, invitandomi a sedermi intorno al tavolo.

No, aspetta, ripeti un attimo, tuo fratello ha ricorso ad una gravidanza assistita?” praticamente lo grido, incapace di capire per bene cosa diavolo avessero in testa la famiglia di Tibby. No che sia strano voler diventare padre, anzi tanto di cappello, ma di volerlo al tal punto di bruciare le tappe e ricorrere ad una sconosciuta? Non era meglio, e meno dispendioso, trovarsi una donna?
Lei mi sorride e fa spallucce “Già. Mio fratello ha sempre avuto il desiderio di avere un figlio, fin dal liceo. Quando poi ci siamo trasferiti a New York dal Vermont e lui si è trovato un buon lavoro, non ha perso tempo. Questo suo atteggiamento ricorda molto mia madre, in effetti...” e diventa pensierosa all'improvviso.

Com'è tua madre?” ho quasi paura a chiederglielo e forse lei lo nota, dato che sbotta ancora in una risata di gusto.
“Mia mamma...” già come inizia, non si preannuncia nulla di buono o normale “... Era una ragazza madre. Non per caso, ma per scelta. Voleva diventare madre subito e... Ha chiesto a due suoi amici di accontentarla.”
Sono sconvolto “Quindi tu... Saresti il risultato di una... Scappatella?” non so che altro termine usare, ma i suoi occhi fiammeggiano.
“Non sono il risultato di una
scappatella, come la definisci tu.” sembra arrabbiata, ho la sensazione di averla offesa, e non poco “Mia madre ha cresciuto egregiamente me e mio fratello: ci ha dato una casa, ci ha permesso un'istruzione, e non è mai stata da meno rispetto ad altri genitori e la ritengo una donna coraggiosa: ha cresciuto me e mio fratello da sola!”
Rimango pietrificato dalla forza d'animo e dal rispetto che ha per sua madre, oltre all'affetto che prova per lei. Forse, molte altre persone l'hanno giudicata in passato ed ha sofferto per questo, ed io mi sono comportato alla stessa maniera: l'ho giudicata come un risultato di una “botta e via”, come se fosse un errore, ma mi sono sbagliato ed ora che rifletto sulle sue parole, anche io penso che sua madre sia stata una donna coraggiosa ed anche indipendente. Poche donne avrebbero fatto quello che lei si è prefissata fin da piccola.
“Scusami, non volevo offenderti...” le mormoro, abbassando gli occhi.
Lei mi sorride e mi stringe una sua mano intorno alla mia, posata sul tavolo, per toglierla subito “Non preoccuparti! E' mia madre che è una mezza specie di...” e pare rifletterci sopra per trovare un aggettivo adatto.
“Hippy?” le suggerisco io.
Lei scoppia a ridere “Beh, io avrei usato “stramba”, ma hippy è meglio. Sicuramente, sei stato più gentile di me.” e fa ride anche me.
Alza i suoi occhi olivastri verso l'orologio sulla parete, e si alza dal posto “Sarà meglio che vada. Ho già disturbato abbastanza ed ho del lavoro da fare.”
L'accompagno alla porta, aprendogliela per poi appoggiarmi allo stipite di essa, osservandola.
Lei mi sorride e mi sventola una manina “Beh, vicino, ci vediamo allora.”
Ricambio il sorriso ed il saluto “Mi raccomando, attenta per strada, vicina.” e scoppia in una risata.
Lei si avvicina alla porta del suo appartamento, la apre e si volta a guardarmi “Buonanotte.” mormora, abbassando poi gli occhi per terra.
“Buonanotte.” e chiudo la porta di casa, dopo aver visto lei che faceva altrettanto.



Il mattino seguente, mi sveglio presto e molto attiva, ho tutto il tempo di prepararmi con calma e sorseggiarmi beatamente il mio beneamato the al limone, osservando il tempo fuori dalla finestra. E' nuvoloso ma, non so perché, mi sembra di vedere il Sole ovunque io mi giri. Guardo l'ora. Sono le otto precise e spaccate, ed è tempo di uscire per andare a lavoro. Ho, come sempre, una consegna da fare, un bozzetto di una campagna pubblicitaria per una nota marca di dentifrici, e spero che Hooper l'accetti per poter fare il layout definitivo. Mi metto il cappotto ed esco di casa, chiudendo a chiave la porta. All'improvviso, sento una voce acuta.
“Tibby!”
Mi volto ed è il piccolo Flynn che mi sta dando il buongiorno, aggrappandosi alla mie gambe e guardandomi con gli occhi illuminati di felicità.
Io gli sorrido e gli poso una mano sulla testolina, coperta da un cappellino “Buongiorno Flynn. Dove te ne vai in giro alla buon'ora?”
“Stiamo andando all'asilo.”
Alzo lo sguardo e mi ritrovo gli occhi di Orlando, che mi sorridono. Lo ricambio immediatamente “Buongiorno.”
“Buongiorno.” è cordiale e posato, e mi osserva da capo a piedi.
Io volgo lo sguardo verso Flynn “Non sei contento di andare all'asilo? Sei un ometto oramai...”

No, mi fa schifo.” . Caspita, lapidario il bambino.
Getto uno sguardo ad Orlando, che alza gli occhi al cielo, esasperato “E' da questa mattina che fa i capricci. Nemmeno la madre è riuscita a farlo ragionare.”
Mi piego sulla ginocchia per abbassarmi verso di lui “Eh no, non diventerai mai grande se non vai all'asilo.”
“Ma io voglio stare con papà.” mi dice, piagnucolando.
“Tuo padre deve lavorare, non starebbe con te comunque.” cerco di farlo ragionare. So che sono discorsi piuttosto difficili per una bambino di soli tre anni, ma è un tipetto sveglio e so che, con un po' di persuasione e forse qualche promessa, riuscirò a convincerlo, con Vivienne ci riesco sempre! Flynn incrocia le braccia al petto, come per non volerne sapere nulla di nulla.
“Flynn, quando esci dall'asilo?”
"Alle tre.” mi risponde Orlando “Un mio assistente lo andrà a prendere e lo porterà a Brodway, dove sto finendo di provare “Romeo e Juliet”...”
“Ah sì, ho visto la locandina.” gli dico, per poi rivolgermi di nuovo al bambino “Allora, facciamo così: se tu vai all'asilo, verrò io a prenderti e passeremo un pomeriggio insieme al Tompkins Square. Che ne dici? Però non devi fare i capricci e tuo padre deve essere favorevole.”.
Flynn pare convinto, e getta uno sguardo supplichevole al padre “Ti prego. Ti prego. Ti prego.” gli ripete come se fosse una filastrocca.
Lui lo guarda, a disagio “Non so Flynn, Tibby lavora e non vorrei che la disturbassi...” e mi lancia un'occhiata.
“Non gliel'ho avrei mai proposto, se così fosse...” e gli sorrido, per poi avvicinandomi di più a lui “Senti, so che sono la tua vicina e mi hai conosciuto solo ieri, anch'io sarei titubante a lasciare mio figlio nella mani di un estraneo... Quindi, se non vuoi, fa nulla, davvero.”
Orlando sgrana gli occhi, sorpreso “Ma cosa dici? Lo hai trattato meglio tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei collaboratori che lo conoscono da quando è nato” esclama, sinceramente “Loro lo fanno per dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a te, no che a loro!”
Spalanco gli occhi, stupita.
Sul serio, pensa questo di me? Mi ha quasi commossa, davvero!

"Quindi... E' un sì?” gli chiedo, furba.
Lui sospira, forse perché si è reso conto di aver detto più di quanto doveva e dice “Sì.”
Flynn lancia un grido ed abbraccia le gambe del padre, felice, anche io mi sono concessa una risata.
“Hai un pezzetto di carta?” mi chiede, cercando di sovrastare il giubileo del figlio. Io traffico un po' con la borsa e vi traggo fuori una penna ed un foglio.
Lui vi scribacchia qualcosa e me lo porge “Questo è l'indirizzo dell'asilo ed il mio numero di cellulare. Per qualsiasi evenienza, chiamami.”
Glielo prendo dalle mani e gli sorriso “Agli ordini.”







Ben ritrovati!
Vi porto molto velocemente questo nuovo aggiornamento. Partiamo con la storia vera e propria, ora!
Questo è il faditico incontro tra la protagonista, nonché mio PG, e l'attore. Tutto è iniziato grazie a Flynn, questo bellissimo bambino di tre anni. 
Premetto una cosa: dei miei cugini, io sono la più piccola (ho ventuno anni, quindi fate voi... .___.) e sono ancora tutti scapoli o comunque non in fase di maternità, in ragion per cui, non so di preciso come parlano o il grado di conoscenza linguistica che hanno i bambini a quest'età, per cui ho cercato sì di far capire cosa dice, ma comunque di non farlo sembrare Dante! Spero di aver fatto un buon lavoro, in proposito.
Come avrete sicuramente notato, ci sono delle lettere colorate all'inizio di alcuni paragrafi. Io non amo che vengano usati molti colori nelle fanfiction, io stessa se li uso è solo per il titolo, ma ho adoperato questo modo per far capire al lettore chi parla, e non per non farlo "scimunire", come direbbe mia madre, alla ricerca di sapere chi parla dei protagonisti. Il rosso è per Tibby ed il blu per Orlando. :)
Altra cosa: io non conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Samantha Bloom, i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione e spero di non offerderli in alcun modo!

Ora, passo ai ringraziamenti!
Ringrazio le persone che hanno letto il capitolo precedente, in particolare usamimisaki e Lauretta_03, che hanno inserito la storia tra le preferite, quest'ultima ha anche recensito il capitolo precedente; e ringrazio anche LeGilr_ e jess chan, che hanno invece inserito la storie tra le seguite. Spero di avere una vostra, ed anche da altri, perché no, opinione a proposito del capitolo e della storia! :)
Con questo vi saluto e ci sentiamo alla prossima!
Un bacione dalla vostra Lu 


EDIT: Avete visto la puntata di sabato di "C'é Posta per Te"? Io sono riuscita avederla alla fine... Che invidia per quella ragazza! >.< Orlando è stato gentilissimo, oltre che bellissimo, come sempre... Dopo questa puntata, non vedrò più "C'é Posta per Te", anche perché, non l'ho mai visto in vita mia come programma! xD




Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Orlando Bloom / Vai alla pagina dell'autore: Lumik Lovefood