Questo è un capitolo della mia prima ff “Hp e il Principe Mezzosangue”.
Visto l’argomento ne approfitto
per scusarmi con tutti quelli che la leggevano ma per “problemi tecnici” ho
dovuto smettere di pubblicarla, scusate ancora, anche se un po’ in ritardo ^__^
Spero che vi piaccia!
Un bacione
Cho
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Passarono
il resto della settimana tra il San Mungo e Grimmauld Place, ma ancora non
erano
potuti passare dalla Tana. Per Harry fu molto doloroso ritornare
nella casa di
Sirius. Certo, ormai ne aveva parlato
con Hermione, si era sfogato ed era
passato quasi un anno dalla sua morte… ma la ferita era ancora
aperta. Harry si
sentiva oppresso, stanco, e nei giorni che passarono a Grimmauld Place camminava
nei corridoi osservando silenziosamente tutti gli oggetti rimasti, che Sirius
non era riuscito a strappare a Kreacher…
entrava in tutte le stanze della casa,
ignorando completamente il caos che si creava tutte le volte che
qualcuno
dell’Ordine arrivava. Viveva come in una campana di vetro,
isolato dal mondo,
abbandonato da tutti… nessuno infatti lo aveva degnato di uno
sguardo, di una
parola, da quando era arrivato. Nessuno aveva pensato di stargli
vicino o di
portarlo da un’altra parte, per non farlo soffrire… l’unica a
stargli vicino era
Hermione,
che sembrava capire come si sentisse. Ron era troppo timido per
stargli vicino, e Hermione disse che non lo avrebbe esortato a farlo.
Aveva
raccontato di essere troppo arrabbiata con lui, e di averci litigato
di nuovo,
questa volta più violentemente. Aveva detto anche che Ron si era
scusato e che…
bè, che forse provava qualcosa per lei, ma Hermione non aveva voluto
saperne ed
era scappata via più furiosa che mai.
Ma Harry ascoltava solo in parte questi discorsi. Gli altri membri
dell’Ordine
sembravano sempre troppo timorosi per azzardarsi a rivolgergli la
parola, anche
solo per chiedere se aveva fame: così oltre a starsene zitto,
cercando di
scacciare il pensiero fisso di Sirius,
non mangiava e si isolava quasi sempre
dagli altri. Quando abbandonavano la casa per andare al San Mungo, si sentiva un
po’ meglio e spuntava anche qualche parola con Tonks
e Ron, ma non appena
rientravano nella casa del suo padrino, ritornava muto come una tomba
e si
lasciava trascinare dalle sue fasi apatiche.
Un
giorno stava camminando per il corridoio del terzo piano, immerso come al
solito nel suo silenzio. Si era appena rifiutato di scendere a
cena con gli
altri, e aveva deciso di farsi una delle sue solite camminate
per i corridoi.
Stava
per raggiungere le scale che portavano al quarto ed ultimo piano, quando
si accorse che dietro una grossa pianta decrepita, c’era nascosta una
porta.
Scostò
da un lato la pianta, da cui vennero fuori una decina di Doxy
che nessuno
aveva ancora scacciato, e la aprì.
Scavalcò
lentamente il vaso ed entrò: era una camera da letto, molto più grande
delle altre stanze della casa. I suoi passi rimbombavano
mentre si avvicinava al
grande letto, situato al centro della stanza.
Sfiorò
le coperte, da cui si sollevò della polvere, e ci si sedette. Dagli
spifferi dell’unica finestra proveniva il rumore del vento forte, e i
muri
scricchiolavano.
La
camera era sgombra, fatta eccezione per un armadio di legno scuro ed un
comodino uguale; alle pareti c’era un quadro solo, che però era
nascosto
nell’ombra. Harry stette ancora un po’ seduto
sul letto, poi si alzò per vederlo
meglio e appena fu abbastanza vicino si fermò. Non fu l’unico a
farlo però:
anche il suo cuore per un attimo smise di battere. C’era una
foto in quel
quadro, una foto vecchissima. Era… era
suo padre da ragazzino. Stava strusciando
un pugno sul capo di un giovanissimo Lupin con
gli occhiali di traverso; alla
loro destra c’era Codaliscia che
rideva e alla sinistra c’era Sirius che
abbracciava divertito Lily. Fosse stato solo per questo probabilmente
Harry si
sarebbe girato e sarebbe tornato di sotto con un groppo in gola,
ma c’era
qualcosa scritto in basso alla foto…
‘Per te, Harry, sperando che il letto sia abbastanza comodo…
ti voglio bene,
Sirius’
Harry
era immobile, come morto. I suoi occhi scorrevano e scorrevano
la frase
scritta da Sirius, incapaci di
staccarsi da lì. Sembrava che il suo cuore fosse
troppo stanco per ripartire, e le sue gambe non avevano certo
intenzione di
muoversi.
Cosa… cosa significava? Voleva dire che quella stanza era…
adesso anche il
cervello era fermo. Harry sentiva solamente un forte prurito alla
gola e a gli
occhi, e una forte stretta allo stomaco.
Improvvisamente
la finestra si spalancò a causa del forte vento, e Harry e tutte
le sue parti del corpo ripresero vita. Si girò e notò che un enorme
foglio di
pergamena spuntava da sotto il letto polveroso, smosso
dall’improvvisa folata di
vento.
Arrancò
verso di esso lottando con il vento gelido e la neve
che entravano nella
stanza, e lo raccolse. Sopra di esso
c’erano delle parole scritte in rosso:
‘Benvenuto a casa, figlio mio’.
Harry
sentì una lacrima scivolare sulle sue guance arrossate per il freddo, e
prima che si rendesse conto di quello che faceva, strappò la
pergamena e la
gettò fuori dalla finestra. Osservò i foglietti volare in mezzo
alla neve,
finché gli occhi non gli bruciarono talmente tanto che dovette
chiuderli e
girarsi verso l’interno della camera. Della sua camera.
Quella
era la camera che Sirius aveva preparato per lui. Lui
sarebbe dovuto
andare a vivere con il suo padrino, quella sarebbe stata la loro
casa.
Si
sentì talmente oppresso, talmente pesante e stanco, che le sue ginocchia
cedettero e si ritrovò inginocchiato per terra a fissare il
pavimento.
I suoi
occhi si riempirono di lacrime prima che potesse
fermarle, e senza
volerlo si ritrovò a piangere come non aveva mai fatto. Cercò
inutilmente di
smettere, di ricacciare indietro quelle lacrime maledette, ma dopo
due tentativi
falliti, capì che non avrebbe potuto farci niente; così si portò
le mani sulla
testa e la appoggiò per terra, pensando che per una volta
sarebbe stato meglio
scendere a cena con gli altri.
Un po’ triste vero?
Mi sembrava una cosa carina, se vi è piaciuto lasciate un commentino!