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Autore: Shery    29/01/2014    2 recensioni
"Il palmare mi cadde dalle mani, gli occhi erano fuori dalle orbite e la bocca era arrivata sul fondo del mare, posso garantirlo. La lingua era rasposa e la gola secca; il mio corpo paralizzato. Uno spavento può tante cose, e quello con il quale bruscamente mi imbattei, mi fu segnato addosso come una cicatrice sulla faccia."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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 Queen Of The Sea  - ° Il riverbero °



Come in un torpore mi sentivo in gabbia in una bolla dalla quale tutto potevo vedere ma niente ero in grado di gestire. Come guardare un film, voler cambiare le cose e non potendo farlo, attendere che nel finale le cose si aggiustassero come desideriamo. A volte non succede e per fortuna o per sfortuna, questa non era una di quelle.
Il respiro l’avevo perduto e la bombola dell’ossigeno segnava lo zero, senza dubbio perché prima di perder fiato l’avevo sentita esalare l’ultimo getto e poi niente più.
Probabilmente dovevo essere svenuto dallo spavento e dovevo esser rimasto a troneggiare sul fondo per un po’ prima che qualcuno arrivasse in aiuto. Qualcuno. Lui non mancava mai di venire in mio soccorso. Dio Narciso ( Daniel ) avrebbe dovuto collezionare un’altra fantastica impresa, e quale occasione migliore di questa gli si poteva presentare?! Certo, avrebbe dovuto salvare il disgraziato. Avrei voluto morire solo per rendere nulla una delle sue imprese.
Mi schiaffeggiò in preda all’agitazione, liberandomi il petto dalla tuta e tentò una respirazione bocca a bocca con massaggio cardiaco cosa che, lasciatemelo dire, non sapeva fare troppo bene.
Aprii gli occhi sorpreso di riuscire finalmente a fare ciò che per innumerevoli istanti avevo comandato al mio corpo di fare e che puntualmente, questi, non rispondeva ai comandi e ancora intontito con la pressione nelle orecchie boccheggiavo e cercavo di tenere le palpebre sollevate. Non  che la visione fosse uno spettacolo, certo, ma non ebbi tempo di pensarlo che “il gigante buono” subito mi diede degli scossoni urlando ch’ero rinvenuto. Un’altra botta di quelle e sarei svenuto di nuovo.

« Waru…. Sta respirando! Waru, di’ qualcosa….!»

Lo so, lo so a che state pensando. A due cose. 1: Ma come cazzo ti chiami?! 2: sei giapponese?! No. non sono giapponese, ma buona parte della mia vita l'ho passata lì. I viaggi di mio padre ci portavano spesso nei luoghi più disparati di questo mondo.
Tossii, e finalmente ricominciai a respirare. Tossii ancora e risposi alla richiesta di Daniel. « Baci da schifo. Ma comunque, apprezzo l’outing. » Mi guardò con quell'aria di sufficienza che non mancava mai sul suo volto. poteva guardare la morte in faccia e avere sempre quell'espressione sicura di se nonostante le mutande piene di merda. Con un piede mi diede uno spintone che mi catapultò in acqua.

«Danieeell! Stava annegando! Va a prenderlo!» Rebecca era la più premurosa di tutti, nonostante il caratteraccio. « Non muore.» Cercò, allora, comprensione lanciando uno sguardo a Vincent, speranzosa. « Vinni, vallo a prendere.» « Smettila. non mi chiamo Vinni.» « Stava annegando. Vinni, vallo a prendere!» «Ho detto: smettila.» « Vinni, vallo a prendere sennò rompe.» interferì, Daniel, pavoneggiandosi come al solito. « Alla quarta catapulto la zattera.»

«Hei, Vin! Vieni a prendermi così, ce la sbrighiamo.» lo chiamai, non perché avessi sul serio bisogno d'aiuto, ma qualcuno doveva pur mettere fine alle loro chance.
« Scendo solo perché mi hai chiamato per nome.»
Venne a prendermi, come detto e, possente, con un braccio mi trascinò con se ma lo fermai tamburellando le dita contro la sua schiena cavernosa. « Vin, vai a prendere quella boa.» Si voltò, corrucciato come sempre. Era fatto così: robusto, alto, corrucciato e la capigliatura nera sempre indietro. «Dove vai? » « Scendo giù. Ho lasciato la roba.» « Vado io, tu vai a prendere la boa. » «Tranquillo ... » risposi, frenandolo ancora. « ... ce la faccio. E poi mi serve qualcuno  che abbia ancora tanta aria nei polmoni da arrivare fino all'altra boa. Tra l'altro a te toccherebbe cercare. Io so già dove andare a guardare. Non ci metterò niente a fare sali scendi. » Lo convinsi, credo. Mi guardò, con quel grugno, si voltò e se nè andò.
Dovevo rivederla. Sapevo che non l'avrei trovata, ma ci dovevo provare. Non potevo avere visto sul serio quello che m'era sembrato di vedere. doveva essere un'allucinazione, sì. Dev'essermi mancata l'aria. eppure... mi era sembrata vera. potrei addirittura descrivere com'era fatta, mi dissi. Ma il cervello dell'uomo può giocare scherzi che nemmeno possiamo immaginare.

Ridiscesi trattenendo il respiro e nuotai dritto a destinazione. Non ci misi che qualche minuto a ritrovare il relitto, e un minuto a raggiungere la trave che avevo scavalcato incrociando quegli occhi.
Con la torcia che mi ero fatto lanciare in mare da Rebecca puntai il fondo alla ricerca del palmare. Non che ci tenessi troppo a quel coso, ma dovevo pur tornare con qualcosa in mano.
Rivedere quel posto riaffiorava i ricordi annebbiati dal torpore e dalla perdita dei sensi. Sarei ipocrita se dicessi che stare lì con le pinne che sfioravano la sabbia fine non mi riempiva l’anima di terrore al ricordo, e il corpo tremava come una foglia in autunno che minaccia di staccarsi dal ramo, ma al contempo ero eccitato e speravo caldamente di incrociare quello sguardo gelido ancora una volta benché la luce puntata in basso tremasse sotto la mia mano sempre di più.
Quegli occhi. Quei grossi occhi a palla, lucidi e pupille dilatate come gatti in agguato. Lucidi, so di averlo già detto ma… erano davvero lucidi, lucidi e tondeggianti (ho già detto anche questo, lo so.) Non so definire ancora oggi quale fosse il loro colore. Le narici erano grandi quanto le mie, forse poco meno… e la sua testa, una taglia di meno di quella che porto io sul collo. Chiomata. Era chiomata. Un pesce con la chioma. Un pesce. Uno squalo uscito dal parrucchiere? Un delfino con la permanente? E la sua bocca era violacea come quella di un cadavere nel suo ultimo riposo.
La vidi solo per un attimo quella sorta di creatura marina, ma l’immagine mi fu limpida.  Dopodiché persi il fiato e boccheggiai quand’ella volteggiò di sopra e sotto davanti a me e poi scappò dopo l’attimo che sembrò un centenario per entrambi.

Rividi il palmare proprio dove ricordavo di averlo perso e mi chinai. Non riuscivo davvero a trattenerlo nella mano. Ci misi qualche secondo prima di riuscire a stringere le dita. L’adrenalina rischiava di togliermi il fiato e schiacciarmi i polmoni dalla pressione del mare, ma potevo farcela. Dovevo ricordare, quantomeno. Mi guardai attorno e molluschi e pesci sembravano tranquilli. – tranquilli, esatto! Ecco perché erano tranquilli…! ciò spiegherebbe la loro indifferenza nell’avermi visto accanto a loro. Lei spiegherebbe ogni stranezza ma… è lei la stranezza… - confesso, non ero più sicuro di ciò che vidi.
Qualche passo più in là del palmare vi trovai la fotocamera e altre fesserie che avevo attaccate vicino. Mi chinai, un poco più sicuro e la mia mano aperta pronta a raccogliere la roba mi ricordò le sue. – Le sue pinne erano mani… come posso credere a quello che penso?! – mi schiaffeggiai il capo e afferrai la fotocamera con fermezza.
- Che assurdità: da quando in qua credo alle favole?! – Mi venne da sorridere ma cercavo solo di tranquillizzare me stesso e l’anima in tumulto.
Le dita affusolate erano lunghe, molto lunghe, e nella giuntura tra un dito e un altro… si vedevano palmate, quelle mani. - E mi ricordo quell’urto… me lo ricordo… come se qualcosa avesse colpito l’acqua con così tanta violenza da farmi balzare distante. Come può un essere umano farmi balzare con la forza delle pinne? -
Quando sollevai il capo, fui felice di guardare attorno solo pescetti dai molteplici colori. Cosa che in Grecia non avevo mai visto ma è anche vero che mai avevo visitato quelle acque. Non c’è limite alla sorpresa, decisamente.
Incominciavo davvero a rischiare un collasso così diedi un’ultima occhiata al posto, arrabbiato con me stesso per non essere riuscito a muovermi di un passo, e risalii.
Nel riemergere, probabilmente reduce dallo spavento ( e di questo ne sono convinto ancora oggi ) , credetti di incrociare ancora quello sguardo, una sola volta, quel bagliore fluorescente nel blu profondo, ma quando mi voltai un’istante ancora per confermare, lì dove m’era sembrato di averlo veduto, vi era solo tanto tanto troppo infinito buio.

Riaffiorai in superficie e cacciai l’aria riempiendomi i polmoni di ossigeno, beneamato ossigeno.
Vincent nuotava a due palmi da me e nel vedermi risalire si era fatto più in là come io, nel vederlo sotto di me, mi ero fatto più a destra. Con una mano mi fratturò una spalla, quasi.
« Stavo cominciando a pensare di dover scendere a recuperare la tua carcassa.» e con una mano avvinghiata al collo mi trascinò sullo scafo. « Vin, la delicatezza delle manine di cenerentola é nelle tue mani, giuro.» Allungò un sorriso e mi strappò la macchina dalle mani.
Ero un pessimo attore ma avevo dalla mia il fatto di essere una persona piuttosto silenziosa e a dar man forte a quei silenzi e all'espressione un po’ spaesata, fu lo svenimento che in realtà non mi aveva scosso niente affatto.
La mia testa non faceva che tornare a quel momento e i miei occhi guardavano oltre quello che di fatto si può vedere. Davanti agli occhi la scena si replicava come in un disco rotto che ripete sempre lo stesso pezzo. – Quella “persona” pallida e disumana… aveva una coda.-

Nei giorni a seguire le lezioni mi mangiarono settimane e sebbene fossi abbastanza bravo nelle materie generali, in quelle due settimane non potei fare più schifo di quanto feci.

Una domenica di quello stesso mese dissi a Vin che ci tenevo che sapesse una cosa che tormentava la mia mente. Era ovvio che mai avrei parlato di ciò che cominciai a credere di avere visto nella nebbia di quel malore; così ci incontrammo alla riva del mare.
«Quindi domani mi tolgono i punti. Porca puttana, le gambe mi fanno “giacomo-giacomo” a pensarci…»
« non morirai. »
«Ovvio che no, Vin….» Avrei atteso, avrei voluto, ma lui interruppe le mie stronzate. Non era un tipo ansioso, e neanche stava a domandarti di continuo cos'avesse da dirgli la gente, ma sapeva quando era il momento di essere seri e quando ci si poteva crogiolare nello scherzo.
« Che vuoi da me, Waru?» Solcava le onde con i ciottoli che trovava al suo fianco e almeno quattro salti sull’acqua riusciva sempre a farli fare mentre io, non avevo idea di come sfruttasse l’asse e l’andazzo del vento di modo che saltasse quella maledetta pietra. Sapeva essere sempre un passo avanti, lui, per questo lo scelsi nonostante Daniel fosse il mio compagno d’infanzia.
Sorrisi alla domanda e rigirai nelle mani quel ciottolo opaco dal colore mangiato dalla salsedine e granuloso. « Ti è capitato mai di vedere qualcosa di inspiegabile?» « Certo. 1997. Avevo rubato la moto di mio padre e non avevo visto una curva. Io e la moto volammo a chilometri ma inspiegabilmente non mi feci chissà che male e la moto che mi cadde addosso, mi sfiorò soltanto. Avevo dodic’anni e il cervello di una gallina.» « non che tu sia cambiato molto, Vin…!» Non conoscevo questo pezzo della sua vita. A dirla tutta… non conoscevo molto della sua vita. Mi partì una risata che non s’arrestò che dopo un colpo di Vinni sulla mia schiena.
« Non ridere. Quel giorno è cambiata la mia vita. » Benché parlasse seriamente, anche lui rideva sotto i baffi e mitigava quegli sbuffi di risata sorseggiando una pinta che gli avevo già trovato nelle mani quando arrivato, lo vidi seduto sullo scoglio.
« Che ti è successo in quel sopralluogo?» Mi ammutolì. Sapevo che fosse perspicace e sapevo che avrebbe capito a quale momento della mia vita io mi riferissi, ma sentirmelo domandare palesemente da lui, non me lo sarei mai aspettato. « Ho creduto di avere visto qualcosa che non c’é… » Vincent non rispose. Attese in silenzio di sapere se avessi altro da dire oppure se la mia risposta alla sua domanda poteva definirsi conclusa lì.
Si levò e spolverò i calzoni diretto al cestino. In quanto a me, la mia risposta aveva un seguito, ma che non potei mai più confessare. Un ciottolo ancora sprofondò dopo un tonfo nel mare scuro di quel giorno, mentr’io riprendevo il discorso e il riverbero dell’acqua che stavo guardando m’incatenò al suolo con gli occhi di fuori , terrificato.





NDA: Ciao, Minna!
So di avere aspettato troppo e di avere fatto attendere i pochi lettori di questa benedetta fanfiction decisamente troppo e non ho scusanti, chiedo venia. Ma quando l’ispirazione cala e altri problemi si accavallano a questo, abbandoni il campo per un po’. Ma sono tornata e spero di avere fatto meglio di quel che vi aspettavate. ( non credo ahah ) Grazie se nonostante il tempo, mi seguite ancora, e grazie ai nuovi che si affacceranno a questa strampalata lettura!
Hachi, spero di avere messo tutte le maiuscole questa volta! XD
D’ora in avanti almeno due capitoli al mese cercherò di pubblicarli, promesso! :)
Baci Baci e alla prossima! <3
   
 
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