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Autore: Lelaiah    31/01/2014    0 recensioni
Da diversi anni il genere umano è entrato in contatto con il mondo soprannaturale e la convivenza, nonostante alcuni alti e bassi, sembra essere tranquilla. L'arrivo del branco MacGregor a New York ha creato un grande scompiglio tra gli altri gruppi di licantropi e stuzzicato la curiosità della stampa.
Tutto quello che vuole Evan, figlio dell'Alfa del clan appena arrivato da oltreoceano, è poter vivere la propria vita in pace. Possibilmente evitando la maggior parte dei contatti col padre e ignorando le richieste egoiste della bella ed algida Crystal, sua moglie.
Nella stessa città vive anche Amanda, giovane assistente che condivide l'appartamento con la sorella Frances e il fidanzato di lei, Andrew. La loro vita scorre tranquilla, lontana da qualsiasi coinvolgimento col soprannaturale... almeno fino a quando tutti loro non si ritroveranno nel bel mezzo di un attacco perpetuato da alcuni licantropi di un clan locale.
L'inaspettata trasformazione di Drew porterà questi due mondi ad entrare in collisione. Far collimare stili di vita dissimili sembrerà ancora più difficile quando la città verrà sconvolta da una serie di omicidi, questa volta ai danni della comunità soprannaturale.
Umani e licantropi riusciranno a collaborare? E magari anche ad innamorarsi?
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2 Una sposa fuori dal comune
Salve! So che, teoricamente, avrei dovuto pubblicare domani, ma oggi ho avuto i risultati di due esami e son di ottimo umore! :) Quindi... ecco l'incontro tra Evan e Amanda! Spero vi possa piacere questo primo contatto tra i loro due mondi.
Buona lettura!






Cap. 2 Una sposa fuori dal comune


  Chiuse rapidamente la porta dietro di sé, i capelli completamente scompigliati.
Sbuffando si tolse il foulard e si affrettò verso i camerini a passo deciso. Non riusciva a capacitarsi del perché New York dovesse avere delle giornate così ventose.
“L’urbanizzazione, Amanda. È colpa di tutti i grattacieli presenti in città.”, le disse una vocina dentro di sé. Ecco, quello era uno dei motivi per cui a volte detestava la Grande Mela dal più profondo del cuore.
  Un conto era sentire la brezza leggera accarezzarti il viso, un altro rischiare di essere sollevata per aria come se niente fosse.
Salutò distrattamente le colleghe, affrettandosi a raggiungere lo specchio.
Sbuffò nuovamente, vedendo il disastro che aveva in testa. Detestava apparire in disordine e ci teneva ad essere niente meno che presentabile, soprattutto al lavoro.
Sciolse rapidamente la treccia e passò le dita tra le ciocche scure come la notte. Tentò di pettinarle come meglio poteva e poi le intrecciò nuovamente.
Una vota finita, arrotolò la treccia sulla nuca, in modo da darle la forma di uno chignon. Lasciò libero qualche ciuffo, cosicché le incorniciasse il viso dal profilo gentile.
-Avete visto che vento c’è fuori?- brontolò Vivian, togliendosi il leggero soprabito color panna.
Molte delle ragazze mormorarono un commento, indispettite dalle bizze di madre natura.
Amanda si ritrovò a sorridere: era piacevole discutere di leggerezze come il vento, la rilassava in vista della giornata lavorativa.
Quando fu pronta si avviò lungo le scale per raggiungere il salone principale dove, come ogni giorno, Gabrielle avrebbe comunicato loro numero e divisione degli appuntamenti.
Salutò con un cenno l’amica e poi si accomodò su uno dei puff presenti.
La direttrice vendite attese che tutte le sue collaboratrici fossero comode e poi prese un respiro profondo, elettrizzata per l’annuncio che doveva fare.
-Buongiorno signore.- iniziò. –Come sempre, anche oggi sarà una giornata intensa. Avremo con noi alcuni degli stilisti delle nuove collezioni, quindi mi raccomando: tenete a freno la lingua.- continuò.
Ci furono rapidi cenni del capo e qualche bisbiglio. Lei attese che l’attenzione fosse nuovamente su di sé e poi iniziò a spartire le  cinquanta clienti della giornata.
Stava elencando quelle di Amanda, quando si bloccò. –Ehm… Mandy, oggi avrai un appuntamento speciale. Subito dopo pranzo. Ti ho lasciato il pomeriggio libero, affinché tu possa soddisfare appieno le richieste della sposa.- disse, esitante.
Sapeva che l’amica era una delle persone più pazienti e professionali, lì dentro, ma era la prima volta che si trovavano a che fare con una cliente del genere.
All’improvviso l’allegro chiacchiericcio si arrestò e gli occhi di tutte si puntarono su loro due.
-Mi devo preoccupare?- chiese, tentando di buttarla sul ridere. Perché Gabbie aveva quell’espressione? Sembrava preoccupata, seriamente preoccupata.
-No… cioè, non lo so. È la prima volta, per noi.- ammise la donna, grattandosi la guancia con fare perplesso. –Non vorrei che qualcuno si facesse male.
-Farsi male? Dobbiamo trovare il vestito alla moglie di Hannibal Lecter?- scherzò una delle impiegate più giovani. Julia, quasi sicuramente.
-E’ una lupa.- svelò Gabrielle. “E sono quasi certa che sarà permalosa e piena di sé.”, aggiunse mentalmente.
-Una licantropa?!- sfuggì a qualcuno.
-Mi vuoi affidare… ma sei sicura?- chiese Amanda, agitata. Oddio, avrebbe incontrato da vicino una di quelle creature soprannaturali. Giusto la sera prima aveva desiderato poterlo fare… era forse destino?
O semplicemente pazzia, come avrebbe detto suo padre.
Si sentiva esaltata, ma anche leggermente intimorita. Sapeva che poteva ritrovarsi col collo spezzato in men che non si dica, dato che una lupa in procinto di sposarsi era due volte più pericolosa di una sposa normale.
Non per le sfuriate o le crisi di pianto, a quelle c’era abituata. No, era per la forza.
Gabrielle la guardò attentamente, poi le chiese:-Te la senti?
Lei rialzò la testa e poi sbatté qualche volta le palpebre. –S-sì…- rispose infine.
-Benissimo! Ecco la sua scheda.- gliela allungò, felice che la sua richiesta fosse stata accolta. Se lei avesse rifiutato se ne sarebbe dovuta occupare personalmente.
Mandy scorse rapidamente i dati della cliente per poi bloccarsi, tornare indietro e sgranare gli occhi chiari. –Gabrielle?! Ma sei impazzita?!- esclamò, scattando in piedi. Agitò il pezzo di carta per aria, in attesa di una spiegazione.
-Ormai hai accettato.- non aveva possibilità di scampo.
-Sì, ma…
-Ti darò un bonus per la vendita, promesso.- e si defilò prima che l’amica le potesse mettere le mani al collo. Sapeva che le aveva lasciato una bella gatta da pelare. No, pardon, una bella lupa da pelare.


“Giuro che, prima o poi, lo farò fuori.”, pensò digrignando i denti.
Scartò un’auto inclinando leggermente la moto e poi proseguì lungo il ponte di Verrazzano. L’aria salmastra lo colpì al viso e lui inspirò a fondo, mandando a memoria quell’odore.
Era così diverso dal mare scozzese, a partire dal colore dell’acqua. Per non parlare delle numerose imbarcazioni che solcavano le acque newyorkesi ogni giorno: erano molte di più di quelle che avrebbero mai potuto passare davanti alla fortezza di Dunnottar in un mese.
  Era impossibile non notare le differenze con la sua vecchia casa.
Un improvviso blocco del traffico lo costrinse a riemergere bruscamente dai propri pensieri e frenare.
Si raddrizzò ed osservò la gravità dell’ingorgo. Non sembrava molto esteso, in una decina di minuti avrebbe dovuto disperdersi. In ogni caso non aveva assolutamente fretta di arrivare a destinazione.
Ancora non riusciva a capire come si era fatto incastrare in quell’assurda pagliacciata.
“Ah, no, ecco come: è stato mio padre.”, si ricordò.
Quando Dearan aveva saputo dell’idea geniale di Crystal, l’aveva subito appoggiata. Poi, con un sorriso sadico dipinto sulle labbra, lo aveva costretto a presenziare alla scelta dell’abito. Doveva comportarsi come un perfetto marito, gli aveva detto.
-Ci scommetto la mia pelliccia che ci sarà la stampa.- mormorò a denti stretti. A suo padre non fregava nulla delle promesse di matrimonio, quel che voleva era farsi pubblicità e mostrare agli altri branchi la sua superiorità. Nessuno sembrava avergli detto che la forza di un clan non si misura dalle apparizioni sul grande schermo.
Le dinamiche della vita contemporanea gli avevano dato alla testa, quasi come alla sua cara mogliettina.
  Con la coda dell’occhio notò un taxi alla propria destra. Spostò lentamente gli occhi, cercando di capire cosa avesse attirato la sua attenzione. Poi la vide: una bambina con buffi codini biondi lo stava sbirciando da dietro il vetro del sedile posteriore.
Sollevò un angolo della bocca, tentando un sorriso che potesse dirsi rassicurante. La piccola ridacchiò e si nascose.
Evan sapeva perché lo stava fissando: i bambini avevano un sesto senso molto più sviluppato per quanto riguardava il suo mondo. La loro percezione era tale che potevano individuare un licantropo con molta più facilità rispetto ad un adulto.
Attese qualche istante e poi la beccò a sbirciarlo ancora una volta. Vedendo che il traffico si stava smaltendo, le fece un cenno con la mano e ripartì, sentendola protestare vivamente con la madre.
Il resto del tragitto fu abbastanza veloce, per quanto potesse essere veloce spostarsi in pieno centro a New York. Parcheggiò la moto e poi si avvicinò all’entrata del grande negozio d’abiti da sposa.
Lesse l’insegna con sospetto, per poi guardare con diffidenza gli abiti esposti nelle vetrine. Lui non era tagliato per quelle cose e l’esservi obbligato dalla persona che odiava di più al mondo non lo spronava a mostrare entusiasmo.
“Non può essere peggio delle prime trasformazioni.”, si disse per convincersi.


  Doveva restare calma.
Essere professionale.
E sperare che Crystal Forbes, affermata modella dei tabloids inglesi, fosse meglio di come la dipingevano i giornali. La sua reputazione era molto simile a quella di Naomi Campbell, per quanto riguardava gli scatti nervosi.
  Prese un respiro profondo ed entrò nell’atrio dove, seduta su una delle morbide poltrone, se ne stava la sposa incriminata. Il suo seguito era formato da due ragazze alquanto ciarliere e da un uomo.
-Crystal Forbes?- si avvicinò, gli occhi fissi sulla sposa. Sapeva bene chi fosse, ma lasciò che lei le facesse un cenno d’assenso, muovendo graziosamente la lunga chioma biondo ramata. –Ben arrivata. Posso darti del tu?
-Certamente, non c’è nessun problema.- disse la sua interlocutrice.
Amanda annuì. –D’accordo. Io sono Amanda e oggi sarò la tua assistente. Chi hai portato con te?- chiese, seguendo le frasi di rito. A volte si sentiva un po’ stupida, ma era la prassi.
-Loro sono due mie amiche, Stephanie e Bree.- indicò prima la stangona con una stupenda chioma di ricci rossi e poi l’algida bionda al suo fianco.  
Senza averle mai viste, Mandy riuscì a stabilire quasi con sicurezza la loro appartenenza al mondo dello show business.
-E questo è mio marito, Evan.
Si allungò per stringere la mano all’uomo, ma si bloccò trovandoselo in piedi davanti a sé.
“Oddio, com’è alto!”, pensò, sgranando leggermente gli occhi. –Piacere…- disse, riuscendo a mantenere un certo contegno. Coi tacchi superava di poco il metro e ottanta, ma rimanevano comunque parecchi centimetri di differenza tra lei e lo sposo.
-Piacere mio.- rispose lui, senza nessuna particolare emozione.
La mora lo trovò strano, ma tenne il pensiero per sé.
A dir la verità non sapeva molto della vita di Crystal, a parte che era stata lanciata nel mondo della moda da meno di due anni e aveva scalato la vetta in pochissimo tempo. Aveva spesso sentito di sue partecipazioni a parties e ricevimenti, ma non si era mai soffermata su quelle notizie.
Aveva anche notato che portava la fede al dito, ma se n’era presto dimenticata. Non era una fan del gossip, soprattutto se riguardava terze persone. Non amava il gossip nemmeno quando parlavano bene di lei, figurarsi.
Era una persona abbastanza riservata, da quel punto di vista.
“Peccato che tu sia finita su You Tube.”, si disse. Scacciò quel pensiero infelice e tornò a dedicarsi alla sposa. –Allora, deduco che vogliate rinnovare le promesse, giusto?- s’informò.
-Esattamente.- rispose la modella, lanciando un’occhiata al marito.
-E su quale cifra volete restare?- domandò, passando lo sguardo da lei a lui. Non avrebbe saputo dire chi dei due avrebbe sborsato per l’abito.
-Oh, i soldi non sono un problema.- la bionda liquidò la questione con la mano e poi si alzò. –Vogliamo andare? Avrei diversi modelli da farti vedere.
-Sì, certo. Da questa parte.- li condusse nel salone e poi, dopo aver fatto accomodare gli ospiti, la guidò fino al suo camerino. Una volta entrata le indicò una delle sedie e si mise a sua completa disposizione.
-Allora… voglio un abito che metta in risalto le mie forme e che abbia un aspetto invernale. Le nozze saranno il giorno del compleanno di Evan, il sedici gennaio.- spiegò.
“Uhm… forse allo sposo la cosa non va tanto giù.”, meditò Amanda. Non le era parso che l’uomo fosse molto entusiasta dei piani della compagna. O forse, era semplicemente come quasi tutti gli altri uomini e detestava trovarsi circondato da trine e merletti.
-Quindi vorresti un aspetto da Regina delle Nevi?- chiese, guardando le foto che le erano state allungate. Erano tutti abiti molto belli, con pizzo e piccole piogge di diamanti. I prezzi, inutile a dirlo, erano tra i più alti. –Ok… vado a prendere qualche modello. Intanto puoi prepararti.- le sorrise cortese ed uscì.


  Non sapeva nemmeno chi fossero le due donne sedute accanto a lui.
Ma era sicuro di una cosa: erano umane.
“E se non la smettono di ridacchiare, giuro che le faccio fuori.”, pensò stringendo febbrilmente il bracciolo del divano.
Aveva dovuto sopportare l’assalto della stampa all’ingresso, se ora ci si mettevano anche le due oche giulive avrebbe potuto dare di matto.
E sarebbe stato anche liberatorio, considerato che non aveva una belle reazione rabbiosa da… be’, da parecchio tempo. Tenersi le cose dentro rende le persone frustrate.
Serrò la mascella, facendo scricchiolare i denti.
  Ad un certo punto riconobbe il ritmo dei passi di Crystal ed alzò la testa. Indossava un lungo abito a sirena letteralmente tempestato di diamanti, il corpo avvolto alla perfezione dal morbido tessuto.
Era innegabile che fosse bella, anche un cieco avrebbe potuto dirlo, ma a lui non faceva nessun effetto. Ok, era abbastanza affascinante per soddisfare i doveri coniugali senza problemi, ma nel suo cuore non era mai nata nemmeno la più tenue fiammella per lei.
La sua bellezza era fredda e gli ricordava sempre gli iceberg che si avvistavano al largo delle Orcadi. A lui piacevano le donne dall’animo vivace, sorridenti e per niente calcolatrici.
Poco importava l’aspetto: era certo che, se mai avesse trovato la persona adatta a lui, se ne sarebbe accorto.
Mentre meditava, tentando di ignorare gli urletti eccitati delle due accompagnatrici di Crystal, lo sguardo gli cadde sull’assistente.
  Aveva detto di chiamarsi Amanda. Dall’accento poteva dire con sicurezza che era americana e, a giudicare dal suo aspetto, più giovane di lui. Non che la cosa fosse molto difficile: qualsiasi persona all’interno del negozio, compresa sua moglie, era più giovane di lui.
La ragazza stava sistemando la gonna dell’abito, totalmente concentrata nel proprio lavoro. Si vedeva che le piaceva e, nonostante la novità dell’avere una cliente soprannaturale, si stava comportando in modo molto professionale.
Aveva una bella figura, ben proporzionata e un po’ più alta della media femminile. Indossava con disinvoltura un longuette a vita alta nera ed una camicetta con le maniche a sbuffo, i tacchi le donavano un’innata grazia, sopperendo alla non perfetta forma a clessidra del suo corpo.
-Che te ne pare?- si sentì chiedere. Spostò lentamente gli occhi, incontrando quelli castani di Crystal. Sapeva che voleva una risposta da lui, che partecipasse attivamente.
-Deve piacere a te, non a me.- disse.
Lei appoggiò le mani sui fianchi, segno che si stava già indisponendo. Farla arrabbiare non lo entusiasmava particolarmente perché diventava una furia con le unghie smaltate. Non c’era nulla di divertente nell’avere la schiena ed il petto segnati da lunghi graffi sanguinanti.
Si era ripromesso di non reagire alle sue provocazioni, mai. Se l’avesse fatto avrebbe dato a suo padre un motivo in più per torturarlo.
  Psicologicamente parlando.
Dal punto di vista fisico, be’… il caro vecchio Dearan sapeva di aver perso buona parte della propria forza, dato che non combatteva da più di settant’anni.
-Evan, per piacere. Dammi un parere sincero.- ad orecchie allenate quella avrebbe potuto sembrare una supplica, ma lui sapeva che era un ordine.
Vide gli occhi dell’assistente fissarlo con apprensione. Per cui si sistemò meglio sullo schienale e disse:-Il colore non ti dona particolarmente. Tende troppo all’avorio.
La donna tornò a voltarsi verso lo specchio e considerò con attenzione la sua osservazione.
-Proviamo il prossimo?- chiese timidamente Amanda. Doveva aver percepito la tensione di poco prima.
-Sì.
Raccolse lo strascico e poi seguì Crystal, dopo essersi sistemata un ciuffo di capelli dietro all’orecchio. Notò lo stile abbastanza severo dell’acconciatura mentre le due si allontanavano. La folta chioma scura era intrecciata e fermata sulla nuca, forse nel tentativo di farla apparire ancora più affidabile di quanto già non fosse.
-Secondo me dovrebbe provarne uno più scollato.- sentì commentare Bree. Accantonò per un attimo le proprie elucubrazioni e si voltò a guardarle. –Non pensi anche tu, Evan?
Lo stranì sentirsi dare del tu con così tanta nonchalance, ma ci passò sopra. –Potrebbe anche indossare solamente la lingerie, non mi interessa.- disse, sincero.
A quella vista avrebbe potuto avere una qualche reazione fisiologica, ma non molto altro.
-Sul serio?!- esclamò sconvolta Stephanie.
Lui alzò un sopracciglio. –Sì. Non mi interessa.- ripetè.
-Perché vi siete già sposati?- domandò la prima.
-No, perché semplicemente non mi interessa.- tagliò corto. Il suo tono di voce non ammetteva repliche e sembrarono capirlo anche le due oche giulive.


-Ma ti sembra possibile?- sbottò.
Amanda sollevò gli occhi da quello che stava facendo, stando attenta a non pestare il vestito. –Cosa?- chiese.
-Evan. Potrebbe mostrarsi interessato. Almeno guardarmi!- Crystal agitò le mani per aria. Sapeva che lui era contrario a quella seconda cerimonia, ma lei voleva assolutamente rifare tutto quanto. Voleva avere un abito all’altezza della sua persona, frotte d’invitati ed almeno un paio di interviste che sarebbero finite su Vogue ed Elle.
  E, soprattutto, voleva mostrare al mondo l’uomo con cui era sposata. Si poteva dire quello che si voleva su Evan, soprattutto sulla sua recidività a cadere ai suoi piedi, ma era innegabilmente un pezzo da novanta tra i licantropi.
Alto come un vichingo, aveva un corpo finemente cesellato. Diverse cicatrici dovute ai numerosi scontri che aveva affrontato gli segnavano il busto e la guancia sinistra, aggiungendo qualcosa in più al suo aspetto. Almeno dal punto di vista di una licantropa.
  Aveva un viso dai tratti forti, un po’ spigoloso e con le guance leggermente incavate. Labbra carnose sempre imbronciate ed un paio di occhi dal colore magnetico. Portava sempre un filo di barba, che lei detestava con tutta se stessa.
Era fortunata ad avere tutta quell’abbondanza al servizio del proprio piacere, eh sì.
-Crystal…?
Si riscosse bruscamente dai propri pensieri e si concentrò sulla propria assistente. –Voglio provare quello.- indicò, aspra.
Indossò con attenzione l’abito e attese che le venisse allacciato il corpetto. –Questo è più semplice dell’altro, ma è comunque di grande effetto.- si sentì dire.
Annuì e si diresse nuovamente verso il salone. Al suo arrivo Bree scosse la testa, dicendosi contraria all’abito, mentre Stephanie sembrava apprezzarlo.
La bionda cercò nuovamente il parere del marito.
-Meglio dell’altro. È più semplice e non sembri una palla da discoteca.- commentò Evan.
“Palla da discoteca?”, pensò inorridita. Come poteva anche solo sognarsi di dirle che assomigliava ad uno stupido oggetto multi riflettente?
Strappò la gonna dalle mani della povera Amanda e filò dritta in camerino.
-Aspetta… non puoi toglierlo…- la ragazza tentò di fermarla, ma lei era ben decisa a liberarsi dell’abito il più in fretta possibile. E non era nemmeno quello incriminato. –Crystal! Smettila o finirai per romperlo!
Si bloccò ed osservò la brunetta attraverso lo specchio. La stava fissando con due occhi seri ed era visibilmente irritata. Abbassò lentamente le braccia e la lasciò fare.
-Perché tuo marito non sembra molto entusiasta…?- si decise a domandare. Era molto curiosa, ma sapeva che non poteva ficcare il naso negli affari delle clienti, a meno che non fossero loro le prime a sbilanciarsi.
La modella sbuffò, contrariata. –Perché, se fosse stato per lui, non mi avrebbe mai sposata.- replicò, stringendo le mani a pugno e rilasciandole subito dopo. La sua interlocutrice fece per parlare, ma lei non glielo permise. –Sono cento quarantanove anni che siamo sposati e lui mi odia come il primo giorno.- aggiunse.
“Quindi è un licantropo anche il marito.”, realizzò la giovane. –Mi…- iniziò.
-Non dire che ti dispiace, non me ne faccio niente della tua compassione. Già averlo al mio fianco mi rende l’invidia di molte donne.- la zittì.
Amanda le lanciò un’occhiata senza farsi vedere, letteralmente senza parole. Dov’erano i sentimenti, in tutto questo?!
A quanto aveva capito, il loro era stato un matrimonio per interesse che non aveva fatto la gioia di nessuna delle parti coinvolte. Meglio, la gioia completa, dato che Crystal sembrava abbastanza soddisfatta della facciata del loro rapporto.
“Se questa è la società dei licantropi, proprio non la capisco.”, ammise a se stessa. Era una donna normalmente romantica, come si definiva lei, e avrebbe tanto voluto il suo lieto fine, un giorno.
Ma senza amore, che senso poteva avere il matrimonio? Era solo un inutile pezzo di carta.
Crystal si voltò, sentendo l’abito ancora allentato sulle schiena. -Amanda? Potresti aiutarmi?- domandò, spazientita. Ci si metteva anche lei, ora?
-S-scusami!- si affrettò ad afferrare le due estremità del nastro di raso ed iniziò a chiudere il corpetto. Continuò fino a quando temette che la sposa potesse morire per asfissia. –Non posso stringere più di così.
-Va bene. Usciamo.
La seguì subito dopo aver attaccato alcune mollette alla fascia superiore della gonna, nel caso ci fosse stato bisogno di alcuni aggiustamenti in loco.
Una volta nel salone lanciò un’occhiata al gruppo di accompagnatori e trovò Evan con la stessa espressione di prima. Era apatico, sembrava totalmente assente. Anche se a tratti una smorfia sfigurava i lineamenti del suo viso.
Riportò la propria attenzione sulla cliente, pregando in cuor suo di aver fatto progressi. –Secondo me ti sta molto bene. Mette in evidenza…
-Il mio lato b.- concluse per lei la bionda, dando la schiena allo specchio.
“Esattamente.”, Amanda si trovò d’accordo con lei.
-Evan?
L’uomo venne nuovamente chiamato in causa. Mandy gli lanciò un’occhiata attraverso la superficie riflettente, agitata. Se avesse detto ancora qualcosa di sbagliato il suo appuntamento ne sarebbe uscito compromesso.
Lui si passò una mano tra i capelli. –Hai il seno in bella mostra. Un po’ troppo in bella mostra.- le fece notare.
Sua moglie rimase a fissarlo, indecisa se considerarlo una bocciatura o un modo alternativo per dirle che era una sua proprietà e non poteva mostrarsi agli altri così. Optò per la seconda e, dopo un mormorato ok, tornò in camerino.
Amanda fece per raggiungerla, ma poi si fermò. Si avvicinò al licantropo e lo guardò minacciosa. Poteva non essere d’accordo con l’idea del secondo matrimonio, ma doveva discuterne in separata sede con la sua compagna.
Non poteva mandare all’aria un intero pomeriggio di lavoro, ne andava del suo orgoglio di assistente.
-Sono passate quasi due ore e non abbiamo ancora concluso nulla. Se vuole tornarsene a casa in fretta, veda di assecondarla.- gli disse, puntandogli il dito contro.
Lui la fissò con tanto d’occhi, mostrando per la prima volta un’emozione genuina. Amanda non attese la risposta e scappò letteralmente via.
Sapeva di avere le guance in fiamme e a ragione! Perché aveva detto quelle cose? Voleva forse farsi staccare la testa?


  Sfrecciava a gran velocità, scartando le auto e i taxi come se fossero ostacoli fermi lungo il suo percorso.
La sua preda era esattamente cento metri davanti a lui, su una BMW rossa. Intercettò i suoi occhi attraverso lo specchietto e ghignò, divertito.
  Quanto amava la caccia!
Diede gas e ridusse la distanza di qualche decina di metri. L’auto davanti a lui accelerò e ristabilì le giuste distanze: stavano facendo quel tira e molla da quasi un’ora, ormai.
Sapeva che lo stava facendo per rendere più stuzzicante l’attesa del loro incontro, ma iniziava ad averne abbastanza. Nemmeno gli orsi ponevano così tanta resistenza.
  Fece per accelerare nuovamente, deciso ad affiancarla, quando vide la vettura svoltare improvvisamente e fermarsi sul largo marciapiedi.
Si chiese il perché di quell’improvvisa resa, ma poi decise di approfittarne. Superò una bicicletta, s’infilò tra due auto e per poco non investì due passanti. Ignorò i loro improperi per poi fermarsi bruscamente davanti alla sua preda.
-Graham, smettila di seguirmi. Ti ho già detto di no!- sbottò per l’ennesima volta la giovane.
-Andiamo, piccola, non fare la difficile.- le disse, smontando dalla moto ed avvicinandosi con fare baldanzoso. La sua aura lo avvolgeva completamente, spandendosi tutt’attorno a lui.
Era soffocante. –Non chiamarmi piccola.- ringhiò lei. Le persone lì attorno presero a lanciar loro sguardi perplessi. Alcuni si fermarono, curiosi di vedere come sarebbe finita.
Graham esitò un attimo, ma poi allungò una mano, deciso ad afferrarle il polso e trascinarla in un posto più appartato per…
-Basta!- gridò lei, esasperata, fulminandolo con uno sguardo di fuoco. Ops, forse si era lasciato un po’ troppo andare.
-Scusa… ma se la smettessi di fare la preziosa…- ritentò.
La ragazza, una morettina con ai piedi un paio di stivaletti rossi, lo allontanò. –Non sto facendo la preziosa. Ti sto rifiutando. Le conosci le regole del branco, no?- replicò, spostandosi leggermente verso destra.
Aveva captato un odore insolito, in mezzo a tutti quei profumi nauseabondi e quella puzza di gas di scarico. Il suo pretendente non sembrava essersene reso conto, troppo impegnato a fare la ruota.
-Certo che conosco le regole, per chi mi hai preso?- ribattè lui, aggrottando le sopracciglia. Ma lui non la stava obbligando a far nulla, sapeva quali erano le sue vere intenzioni. –Emily, andiamo…- aggiunse.
-Allora sei stupido e non mi hai minimamente ascoltata!- lo accusò. Decisa ad entrare nel negozio, mosse un passo verso la porta a vetri. Graham sembrò capire solo in quel momento quali erano le sue intenzioni, così come il resto degli spettatori.
Si piegò sulle gambe, pronto a scattare. -Non osare.- la minacciò con un ringhio.
-Se no?- lo sfidò lei, voltandosi a mezzo per guardarlo.
L’uomo non rispose e le saltò addosso. L’impatto fu così violento che i due vennero scaraventati all’indietro, dritto contro la vetrina alle loro spalle. Il vetro s’incrinò e si ruppe in un milione di schegge, che schizzarono ovunque.
Ci furono diverse urla spaventate, ma i due non vi badarono. Emily si rialzò e si scrollò di dosso alcuni frammenti poi, senza attendere un attimo di più, scattò verso l’interno.
  Verso quell’odore.
Graham le fu presto alle calcagna. L’afferrò per la vita e l’atterrò, tentando di bloccarla sotto di sé. Ma lei si ribellò, graffiandolo al viso e tentando in tutti i modi di allontanarlo da sé.
Lo staff del negozio prese a rincorrersi per il grande salone, tentando di far allontanare tutte le persone. Qualcuno chiamò la sicurezza.
-Lasciami… andare!- la giovane lupa gli assestò una ginocchiata poco sotto l’ultima costola. Rotolò su un fianco e si rimise in piedi.
-Brutta stronza! Questa me la paghi!- Graham aveva perso la pazienza.
Trasmutò la propria mano e la ferì di striscio allo stomaco, mandandola a rovinare contro una colonna. Ci fu stridore metallico e poco dopo la sua avversaria si voltò a fronteggiarlo, entrambe le mani trasfigurate.
Si fissarono per qualche istante e poi attaccarono.
Assestarono diversi colpi, schizzando sangue tutt’attorno. Ci furono altre urla e qualcuno intimò loro di fermarsi e mettere le mani bene in vista.
Ignorarono i due agenti e continuarono a lottare, ferocemente avvinghiati in un corpo a corpo dal sapore mortale.
Improvvisamente lui la colpì con un calcio e lei si ritrovò a terra, il labbro sanguinante. L’uomo fece per porre fine al combattimento: aveva il braccio alzato, ma si fermò a metà del gesto.
Sgranò gli occhi ed in essi vi fu il panico.
-Cosa sta succedendo, qui?


  
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