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Autore: Miss Fayriteil    31/01/2014    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una grossa lite e...


 
 
Erano passati nove giorni da quando Ali aveva detto al suo capo che se ne sarebbe andata. Quella mattina cominciava il nuovo lavoro, presso la Hayes&Cox. Era molto emozionata e per quel motivo si era svegliata prestissimo. Aveva deciso il look giorni prima, tormentando Dana per avere un consiglio. Quella mattina erano sveglie tutte e due molto presto: l’affinità unica che c’era tra loro due impediva a una di dormire tranquilla se l’altra era in piedi e molto agitata. Si alzò e si infilò le ciabatte poi notò che Ali non era in zona. Sorrise quando la vide in piedi davanti alla finestra, con una tazza di caffè in mano e lo sguardo allucinato. Le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle.
  «Tutto bene?» le chiese a bassa voce. Ali annuì senza parlare e bevendo un sorso di caffè. Appoggiò la testa alla sua spalla e dopo un attimo appoggiò la tazza sul tavolo. Dopo si voltò a guardare la moglie negli occhi e la baciò, appoggiandole una mano sul viso.
  «Andrà bene, vero?» le chiese, come per avere una conferma di qualcosa. Dana la guardò sorridendo e rispose: «Ho un buon presentimento. Il primo giorno è sempre difficile, ma tu sei forte e supererai anche questa. Poi Hayes è una brava persona, no? Sarà anche un bravo capo, penso».
  «Sì forse hai ragione» rispose Ali pensierosa. «Anzi sono sicura che hai ragione. E... tu oggi vai a vedere i locali per il tuo ristorante, no? Potresti portare anche Erica? Sai, devo ancora iscriverla all’asilo, ma penso di riuscire a risolverlo oggi».
  «Certo non c’è problema» osservò Dana. «Anzi, passare un giorno all’aria aperta invece che al chiuso non può che farle bene».
  «Infatti» disse Ali annuendo. Finì di bere il suo caffè e andò a vestirsi. Dopo un attimo Dana la seguì e si sedette sul letto davanti a lei.
  «Sai cos’ho deciso di fare?» disse. Ali le lanciò uno sguardo interrogativo. «Ti accompagno al lavoro. Penso sarebbe una cosa carina e poi io devo andare comunque in quella zona, quindi...»
  «Lo faresti davvero?» esclamò l’altra, avvicinandosi e dandole un bacio leggero sulle labbra. «Grazie tesoro, mi piacerebbe moltissimo». Si infilò la giacca del tailleur e tornò in soggiorno. Si infilò le scarpe e preparò la sua borsa mentre Dana si vestiva e preparava anche Erica. Dieci minuti dopo uscirono tutte e tre, appena prima che Ali iniziasse a lamentarsi per il ritardo. Mentre erano in macchina Dana continuava a parlare di argomenti poco importanti, per cercare di distrarre la moglie. Lei però non era preoccupata. Era nervosa, certo, ma era un nervosismo positivo. Era contenta di iniziare il nuovo lavoro, ma le faceva piacere che Dana facesse così in quel momento.
  Arrivarono in fretta e Ali uscì dalla macchina dopo aver salutato le altre due. Attraversò l’ingresso e una volta in ascensore si preparò psicologicamente al momento. Entrò nell’ufficio e Hayes era in piedi ad aspettarla. Sorrise quando la vide entrare e le andò incontro.
  «Ali Donnell! Che piacere!» esclamò stringendole la mano. Lei non potè evitare di ricambiare il suo sorriso e la stretta di mano.
  «Salve signor Hayes» disse lei alla fine. «Anche per me è un piacere rivederla».
  Lui le indicò la sua scrivania e lei si sedette. Hayes le augurò buon lavoro e tornò nel suo ufficio. Ali sospirò e sorrise. Si sentiva in soddisfatta e in pace: aveva ufficialmente iniziato il nuovo lavoro e finalmente si rendeva conto che non era più nell’ufficio di Tina e soprattutto che non avrebbe dovuto tornarci. I suoi compiti erano gli stessi di prima e questo era positivo perchè non aveva bisogno di istruzioni o di addestramento. Finiva alla stessa ora, ma l’ufficio era più vicino a casa sua perciò sarebbe comunque riuscita a tornare a casa prima. Anche quello era un vantaggio. Aveva un’ora di pausa pranzo e quel giorno aveva deciso che sarebbe andata all’asilo nido di fronte per iscrivere sua figlia. Ma decise che per evitare incomprensioni avrebbe chiesto il permesso al suo capo. Quando lui la chiamò nel suo ufficio per confermare degli appuntamenti lei ne approfittò.
  «Ehm... signor Hayes?» esordì, dandosi mentalmente dell’idiota. Poche frasi iniziate con “ehm” avevano avuto risvolti positivi. Lui tuttavia annuì una volta e la incitò a proseguire. Allora lei prese un respiro profondo e proseguì. «Oggi avrei una commissione da sbrigare, dovrei iscrivere mia figlia all’asilo nido e pensavo di farlo nella pausa pranzo, se lei mi da il permesso di farlo. Le assicuro non ci metterò molto, l’asilo è qui di fronte e a quell’ora non dovrebbe esserci troppa coda». Rimase a guardarlo, in attesa. Lui si strinse nelle spalle e rispose: «D’accordo. Per me non c’è nessun problema, basta che non torni in ritardo».
  «Assolutamente» disse lei. «Grazie signor Hayes». Gli voltò le spalle e uscì dal suo ufficio. Andò avanti a lavorare fino all’inizio della sua pausa pranzo. A quel punto uscì dall’ufficio e si diresse alla caffetteria che aveva già trovato. Era molto simile a quella del vecchio lavoro e anche lì c’era il bancone dei sandwich. Ne comprò un pacchetto e andò all’ingresso dove timbrò e uscì dall’edificio. L’asilo nido era quasi esattamente di fronte, perciò attraversò la strada mangiando il panino ed entrò. Come aveva previsto il banco della segreteria era praticamente deserto, così vi si avvicinò preparandosi a compilare i documenti che sapeva avrebbe dovuto compilare per l’iscrizione. Non era molto grande, in una stanza alla sua sinistra alcuni bambini sui due anni giocavano con dei giocattoli e tra  di loro. Ali sorrise, le piaceva quel posto.
  La donna davanti a lei si spostò e la signora pienotta con gli occhiali sul naso le fece cenno di avvicinarsi da dietro il banco. Ali la raggiunse e la salutò.
  «In cosa posso esserle utile?» le chiese la segretaria con voce cordiale.
  «Vorrei iscrivere mia figlia al vostro asilo se possibile. Mi ero informata e so che non c’è la lista d’attesa, il che è un bene perchè ho davvero bisogno che la prendiate. Lavoro qui di fronte».
  «D’accordo, le do i moduli da riempire» disse. L’altra annuì e lei glieli passò. Ali si mise da parte per compilarli tutti, mentre la segretaria serviva la persona dopo di lei, che doveva solo chiedere un’informazione. Alla fine lei li consegnò e la donna li studiò per qualche istante, in silenzio. Dopodichè annuì e osservò: «Va tutto bene, c’è solo una cosa che non capisco. Perchè all’inizio, quando ha inserito i dati dei genitori ha cancellato due volte la parola “padre”? Ha sbagliato?»
  «No, non ho sbagliato. Dana Rogers è mia moglie. Stiamo aspettando di adottarla insieme».
  «Oh, capisco. Va bene, signora Donnell, è tutto a posto. Sua figlia è iscritta, adesso registro questi e lei può venire già domani. Ha cinque mesi, giusto?»
  «Sì all’incirca. L’abbiamo in affido da un mese e la conosciamo da quando aveva due giorni. Ce ne siamo innamorate subito. Fra qualche mese l’assistente sociale verrà a visitarci e se troverà che Erica con noi sta bene eccetera, la potremo adottare davvero. Io ci spero veramente».
  «Posso immaginarlo» rispose la donna. Le sorrise e Ali ricambiò sinceramente. Era simpatica quella segretaria, era già un passo avanti. La ringraziò e tornò al lavoro, prima che la pausa pranzo fosse finita. Hayes non era ancora tornato, ma non dovette aspettarlo a lungo. Quando entrò la trovò già seduta alla sua scrivania. «Oh Aliana! Sei già qui? Tutto a posto, sei riuscita a iscrivere tua figlia?»
  «Sì signor Hayes non c’è stato nessun problema. Non c’era nessuno quindi ho fatto anche veloce. Posso portarla già domani, quindi sono più tranquilla».
  «Bene, mi fa piacere» rispose Hayes. Le sorrise e tornò nel suo ufficio. Anche lei sorrise tra sè e ricominciò a lavorare. Passò un pomeriggio tranquillo e alle sei in punto ebbe il permesso di andarsene. Con Tina non succedeva mai.
  Tornò a casa in taxi, veramente soddisfatta di com’era andata quella giornata. Aveva già capito che il nuovo lavoro le sarebbe piaciuto più di quello vecchio ed era contenta di essere riuscita a iscrivere Erica all’asilo così velocemente, ma in quel momento non vedeva l’ora di tornare a casa. Scese dal taxi davanti al vialetto di casa sua ed entrò in casa. «Ciao!» urlò a nessuno in particolare.
  «Ciao Ali!» arrivò la voce di Dana dal soggiorno. Quando arrivò nella stanza vide che era in piedi con Erica in braccio. Le si avvicinò e la baciò sulle labbra, mentre le prendeva Erica dalle braccia.
  «Mh, mi siete mancate oggi. Però ho iscritto Erica all’asilo nido e inizio a portarcela già domani».
  «Oh bene» rispose Dana. «Sai cosa pensavo? Non so se si può ma visto che adesso ancora per qualche settimana vado a vedere i locali sarebbe carino porterla portare ancora con me».
  «Boh immagino di sì... domani chiedo, per sicurezza. Allora, com’è andata la tua giornata? Hai trovato qualche posto interessante?»
  «Sì qualcosa sì» disse Dana, pensierosa. «Ma non hai idea dei prezzi che chiedono per l’affitto. Non me l’aspettavo, sul serio. Non sto dicendo che non me lo posso permettere, però insomma...»
  «Certo... beh, sono sicura che troverai il posto perfetto» fece Ali accarezzandole un braccio. Dana fece un sorriso leggero. «Speriamo... va bene, preparo la cena». Ali annuì e si sedette sul divano mentre coccolava un po’ Erica. Intanto però pensava a quello che le aveva detto Dana. L’affitto dei locali era caro, adesso c’era da pagare anche l’asilo e lei con il nuovo lavoro aveva uno stipendio più basso. Non le piaceva pensare in negativo, ma in quel momento era difficile non farlo. Poco dopo Dana le disse che la cena era pronta e lei la raggiunse in cucina. Smise di pensarci, perchè non voleva far vedere alla moglie che era preoccupata. Durante la cena parlarono di tutto e di niente, come sempre e il resto della serata passò normale. L’equilibrio familiare era fantastico in quel periodo.
 
 
Per tre settimane tutto trascorse perfettamente: di lunedì Dana andava a vedere i locali in affitto, portando anche Erica che poteva andare più o meno quando voleva, non era obbligatorio l’asilo e Ali adorava il suo nuovo lavoro. Hayes le aveva detto che poteva anche chiamarlo Jeremy e darle tu, ma lei aveva preferito non farlo. Dava del tu a Tina ed era finita nel peggiore dei modi.  Poi una sera scoppiò una lite furibonda, che sembrò rompere tutti gli equilibri. Come spesso succede, cominciò tutto per caso. Ali era tornata a casa da poco con Erica e in quel momento stava aspettando che tornasse anche Dana. Lei arrivò dopo circa venti minuti. Entrò in casa con la faccia scura e Ali ne rimase sorpresa, perchè era raro che Dana fosse arrabbiata.
  «Ciao» disse stupita. «Tutto okay?»
  «No» rispose l’altra seccata. «Per niente. Ho guardato locali per tutto il giorno, non c’è un solo fottutissimo posto che costi meno di mille dollari al mese. Io non posso crederci. Poi ho visto la retta dell’asilo di Erica, altro bel mucchio di soldi che se ne va, se poi ci aggiungiamo che io potrei non avere più uno stipendio da un giorno all’altro...»
  «Dana, andiamo, sono sicura che la cosa non è così tragica. Senti... non per cambiare argomento, ma... prepariamo la cena? Sai, insieme. O se tu non te la senti, posso pensarci io».
  «Cosa vuoi dire se non me la sento? È il mio lavoro! Ma sai una cosa? Hai ragione, non me la sento e tu non entri in cucina, non stasera. A volte» disse mentre apriva il freezer, «mi sembra di essere una cameriera. Anzi neanche, una schiava, una che deve solo pensare a cucinare. E sai un’altra cosa? Mi sono stufata Ali, veramente. Vuoi cenare? Tieni, ecco la cena» lanciò sul tavolo una confezione di lasagne surgelate. «Sei capace di usare il microonde, no? Buon appetito». Andò in soggiorno, sprofondò nel divano e accese la televisione. Ali si voltò verso di lei, a bocca aperta.
  «Dana, ma che ti prende?» le chiese. «Sei impazzita?». Dana le lanciò un’occhiata gelida, spense la televisione e lanciò il telecomando sul divano.
  «Tu dovresti stare zitta e basta, Ali» sibilò Dana. Sua moglie rabbrividì, non aveva mai sentito quel veleno nella sua voce. «Che ho fatto?» le chiese, sconcertata.
  «Proprio adesso dovevi cambiare lavoro?» esclamò avvicinandosi a lei e afferrandole un braccio. Ma non come faceva normalmente, le fece male. «Proprio adesso che io sono in questa situazione, che potrei perdere il mio in un attimo. Sei solo un’egoista!»
  «Ma sei diventata del tutto cretina?» ribattè Ali, liberandosi con uno strattone. Anche lei si stava arrabbiando adesso. «Guarda che eri tu quella che continuava a dirmi di farlo! Mi dicevi da mesi, no da anni che avrei dovuto cambiare lavoro, quindi tu devi stare zitta! Non è certo colpa mia se questo stipendio è più basso! Se l’asilo è un problema d’accordo, Erica non ci va più e smettiamo di pagarlo! La può tenere mia madre. E comunque non siamo ancora povere, lavoriamo in due, piantala di recitare la parte di quella senza soldi, Dana! Smettila, perchè non è vero!»
  «Sei un’egoista, pensi solo a te stessa!» gridò Dana con le lacrime agli occhi.  «Lo sapevi, sapevi che questo era il mio sogno! Avresti potuto fare un piccolo sacrificio per aiutarmi a realizzarlo, non è anche questo il matrimonio? Non è fare dei sacrifici per la persona che ami?»
  «Dana, ma si può sapere che cazzo stai dicendo? Te ne rendi conto che stai parlando a caso?». Dana le diede uno spintone, forte, che le fece quasi perdere l’equilibrio.
  «Modera il linguaggio, almeno questo, c’è Erica di là!» disse con voce fredda. Ali si riprese e ricambiò lo spintone, anche più forte.
  «Non ti azzardare... non osare mettere in mezzo la bambina! Lei non ha niente a che vedere con questo! Ce la porteranno via, te ne rendi conto?» gridò. Era appena venuto in mente anche a lei, ed era stato quasi come ricevere un pugno nello stomaco. All’improvviso Dana le voltò le spalle e sparì in camera da letto. Ali la seguì dentro, ma Dana uscì dal bagno e la costrinse a uscire dalla stanza.
  «Vattene, stanotte non voglio dormire con te, sparisci». Ali le lanciò un’occhiata di fuoco e se ne andò sul serio. Prese la borsa, la giacca e uscì di casa. Dana sentì il rumore della porta che si chiudeva e la raggiunse sul gradino di ingresso. Ali era già lontana sul vialetto. «Ehi, ma dove diavolo credi di andare?» le urlò. Ali la ignorò continuando a camminare. «STRONZA!» gridò ancora sua moglie, prima di tornare in casa sbattendo la porta. Ali quando sentì l’ultima  parola soffocò un singhiozzo, ma non si fermò. Non aveva mai odiato nessuno in vita sua e non era sicura di come avrebbe dovuto sentirsi, ma immaginava non molto diversamente da come si sentiva in quel momento. Prese la macchina e girò per ore. Verso le undici, dato che non aveva mangiato e stava morendo di fame, all’improvviso si fermò davanti a un bar. Entrò e si sedette al bancone. Ordinò una birra e qualcosa da mangiare; rimase seduta lì, cercando di non pensare a cosa stesse succedendo a casa sua.
  Nel frattempo Dana era rientrata in casa, aveva consolato Erica che si era svegliata per colpa delle loro urla e si era preparata una cena solitaria a base di lasagne precotte e lacrime. Non riusciva a crederci. Avevano litigato, litigato sul serio, Ali se n’era andata e in tutta onestà non sapeva dire se sarebbe tornata. Però era ancora arrabbiata con lei e non riusciva a sentirsi in colpa.
 
 
Ali era sempre al bar, aveva cenato e in quel momento erano arrivati un Martini e un Cosmopolitan che lei non aveva ordinato. Fermò il cameriere e gli chiese: «E questi da dove arrivano?»
  «Il Martini è da parte di quella donna al bancone» rispose lui. Ali seguì il suo sguardo e vide una donna dai lunghi capelli rossi all’incirca della sua età seduta all’altra estemità del bancone. Carina, pensò. Poi si voltò di nuovo verso il cameriere. «E il Cosmopolitan?» chiese.
  «Glielo manda lui» disse il ragazzo prima di andarsene, indicando con un cenno della testa l’unico uomo a uno dei tavoli che fosse seduto da solo. Era bello, con i capelli abbastanza lunghi e castano chiaro. Ali decise di non fare complimenti e bevve entrambi i cocktail. Ne aveva bisogno, dopo quella serata. In poco tempo sentì l’alcool entrare in circolo e allora si alzò. Era furiosa con sua moglie e voleva farla soffrire e lì c’erano due persone che erano interessate a lei. I due si erano accorti che lei si era alzata e le andarono incontro. Prima arrivò la donna, che dei due era più vicina. Aveva degli occhi molto belli, verdi e brillanti. Le tese una mano, lunga e affusolata. «Ciao, sono Amanda, piacere di conoscerti» si presentò. Ali sorrise.
  «Ali, piacere mio» replicò stringendola. La donna ricambiò il sorriso e si voltò per ordinare da bere al barista. Ali continuò a guardarla, ma in quel momento si stava avvicinando l’uomo del Cosmopolitan.
  «Ehi, ho visto che sei qui tutta sola» esordì con un sorriso accattivante.
  «Già» osservò lei, mentre studiava i suoi occhi: erano azzurri, ma non erano uguali a quelli di Dana, per fortuna. L’uomo si presentò: si chiamava Wes. Intanto Amanda era sparita, perciò gli disse che andava alla toilette e si mise a cercarla. Mentre si guardava intorno, pensò a chi avrebbe scelto, con chi dei due avrebbe tradito sua moglie. Comunque di quello era sicura, si sentiva una persona orribile, anche solo a pensarci, ma non le importava. Voleva vendicarsi, Dana l’aveva ferita e adesso Ali avrebbe ferito lei. Aveva due possibilità ed erano entrambe interessanti. Voleva conoscere meglio entrambi e  alla fine avrebbe dovuto solo scegliere. Continuò a pensarci mentre andava veramente in bagno e tornava al bancone per ordinare qualcos’altro da bere. Wes o Amanda? Erano di nuovo lì tutti e due e lei li studiò per un po’ continuando a ripetersi i loro nomi nella testa. Wes o Amanda?
 
 
 
 
NdA: Lo so, mi avrete odiato già dal titolo. Penso di poterlo sopportare e la cosa peggiore è che temo che succederà altro. Non uccidetemi. Have fun? Grazie persone!
 
  
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