Come As You Are
- Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! -
Da
quando Tibby gli ha dato la bellissima notizia che l'andrà a
riprendere all'uscita dall'asilo, Flynn è felicissimo di
ciò, è
entrato in macchina saltellando e non la smette di cantare una
canzoncina che non ha ne capo ne coda.
Da una parte sono felice
che va' all'asilo senza troppi capricci e che prende tutto come un
gioco, dall'altra sono piuttosto geloso: è stato convinto
dalla
vicina piuttosto che da me o dalla madre!
“Vado al parco con
Tibby. Vado al parco con Tibby e giochiamo insieme. Vado al parco con
Tibby.” ripeteva felice, ed io non riuscii a trattenere un
sorriso,
era davvero contento.
Improvvisamente, ripensai alla frase che le
avevo rivolto.
“Lo
hai trattato meglio tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei
collaboratori che lo conoscono da quando è nato. Loro lo
fanno per
dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a te, no che a
loro!”
Certo che ho delle
cadute di stile bestiali, se mi metto a dire delle frasi del genere
alla vicina. Anche se, è la pura verità!
Ripensai al suo viso,
shoccato, ed a gli occhi sgranati fino all'invero simile. Era proprio
buffa.
Arrivati
all'asilo però, Flynn iniziò a fare un po' di
storie.
“Non ci
voglio più andare!” ed aveva incrociato come prima
le braccia al
petto.
Eravamo fermi come due broccoli proprio alla porta
d'ingresso, eppure non sembrava un brutto edificio, le pareti esterne
erano dipinte di un giallo acceso, ed aveva un piccolo giardinetto
verde dove vi erano delle altalene e quant'altro e dei palloni sparsi
un po' in giro; i vetri dell'asilo erano grandi e tappezzati da
disegni di girasoli, di animali e palloncini. Non era un posto
malaccio, ma Flynn proprio non voleva entraci.
Lo presi di forza
tra le braccia e suonai il campanello. Mio figlio si agitava,
cercando di farmi perdere la presa su di lui, ma non ci
riuscì.
Lo
fissai dritto negli occhi e gli dissi “Se tu non vai
all'asilo,
Tibby non verrà a prenderti!”
Lui
ascoltò le mie parole ed abbassò lo sguardo, ma
si rianimò subito
“Ma può sempre venirmi a prendere a
casa!” disse con forza,
cercando di fare un ragionamento, e la cosa mi stava per far ridere,
ma dovevo mantenere il mio status di serietà.
“Eh no. I patti
erano che se tu andavi all'asilo, Tibby ti avrebbe ripreso, ma se non
ci vai, non andrai proprio da nessuna parte.”
E si zittì,
convinto.
Alla porta arrivò una signora, sulla cinquantina, con
gli occhiali da vista in mano ed i capelli striati di bianco.
Sembrava tranquilla ed efficiente nel suo lavoro, se così
non fosse
stato, avrei fatto passare un brutto quarto d'ora ai miei
collaboratori!
“Buongiorno.” salutò la signora
“Lei
è...?”
“Buongiorno, sono Bloom e questo è mio figlio,
Flynn.
Oggi deve iniziare l'asilo presso di voi.”
Lei mi fece segno di
entrare e mi portò ad un piccolo ufficio, dove mi fece
firmare
diversi fogli e scrivere eventuali allergie alimentari di Flynn. Dopo
di che, mi portò di fronte agli altri bambini e mi fece
togliere il
cappello ed il cappotto a mio figlio, per poi prenderlo lei stessa e
metterlo ad un appendiabiti.
“Mr. Bloom, l'asilo apre dalle otto
alle nove e chiude dalle tre alle quattro, come ben sa...”
iniziò
a dire lei, ed io la bloccai.
“Sì, a tal proposito, vorrei
dirle che all'orario di chiusura verrà una ragazza a
riprendere mio
figlio.”
“La mamma?” chiese, lanciando uno sguardo dolce a
Flynn, che si era aggrappato alle mie gambe ed osservava curioso i
suoi coetanei a giocare e colorare.
Tibby sua madre? Oddio, no...
Cioè, no che non fosse brava, anzi bravissima con Flynn, ma
sua
madre... No... Insomma...
“No.
Una vicina di casa che si è offerta di venirlo a riprendere.
Io sono
a lavoro e non posso.”
“Ha fatto bene a dircelo, non diamo i
bambini al primo che capita. Come si chiama la ragazza?”
chiese la
signora.
“Tibby.” risposi immediatamente, sorridendo anche
“E'
alta, con i capelli castani... E...” riflettei un po'. Avrei
voluto
dirle che aveva dei bei occhi color oliva, delle lentiggini che le
spruzzavano simpaticamente il volto ed un sorriso dolce e luminoso,
ma mi limitai a dirle che... “Oggi aveva dei jeans ed un
cappotto
scuri... ”.
Lei annuì e si abbassò verso Flynn
“Vogliamo
andare a giocare un po'?”
Mio figlio annuì e rivolse uno
sguardo verso di me, un po' triste. Io lo guardai prendere per mano
la signora ed avvicinarsi ad un gruppo di bambini che colorava coi
pastelli.
Decisi che era meglio andarsene, altrimenti lo avrei
preso e portato con me a lavoro. Si, sono stato altre volte lontano
da lui, specialmente ora che io e Miranda ci stiamo separando e lo
teniamo a turno ogni due settimane, ma mi fa male saperlo nella mia
stessa città e non averlo affianco a me mentre lavoro. Di
solito, lo
porto ovunque io vada, ma queste ultime settimane sono importanti per
le prove, dato che tra meno di un mese debuttiamo a teatro, e poi
è
giusto che stia coi bambini della sua età no che con lo
staff.
Entro
in auto e mi dirigo al teatro.
Arrivato
a Broadway, incontro subito la mia assistente, Rose, pronta
già con
la tabella di oggi in una mano ed un caffè macchiato nella
altra. E'
una donna sui quarant'anni, e da sempre lavora nel mondo dello
spettacolo, specialmente a teatro. Si è sempre rivelata
affidabile
ed efficiente, forse anche troppo dato che tratta le sue tabella come
se fossero dei figli che hanno sempre ragione.
Mi
sta dicendo quali scene dobbiamo provare in particolare oggi,
perché
ci sono stati dei cambiamenti nel copione e devo anche fare delle
prove costume. Sono già stanco prima ancora di iniziare!
“A che
ora esce Flynn dall'asilo? Bruce lo andrà a
prendere.” sbotta a
dire lei mentre camminiamo verso il palco, segnandoselo sopra ad un
foglio ed aspettando che gli dica l'orario.
“Non c'è bisogno.
Ho risolto questo problema.” le dico, togliendomi la giacca e
prendendole di mano la tabella.
Lei mi guarda, stranita “Risolto,
tipo? Una baby sitter?”
Rifletto un attimo. Di certo, Tibby non
è da considerarsi tale, ma voglio evitare domande invadenti
ed
insensate “Sì...”
“E'
qualificata? Sicuro che sia adatta al ruolo? Dammi nome e cognome e
faccio fare delle ricerche a Bruce e...”
La
zittisco con un cenno di mano “Rose, sì alla prima
domanda e sì
anche alla seconda e, per la terza, non c'è bisogno di fare
alcuna
ricerca.” ed entro sul palco, pronto per fare le prove di
questo
stramaledetto spettacolo.
Seguendo
il foglietto, sono arrivata all'asilo di Flynn. Fortunatamente, si
trova vicino l'ufficio in cui lavoro e mi sono bastate poche fermate
d'autobus per arrivarci, e sono potuta rimanere di più in
ufficio
per portarmi avanti col lavoro: il mio bozzetto la campagna
pubblicitaria del dentifricio è stata accettata!
Prima
di bussare, un pensiero mi attraversa la mente.
E se non mi danno
Flynn perché non sono una parente?
Forse dovrei chiamare Orlando
e poi farci parlare l'insegnate.
Oddio, e se mi prendono per una
pedofila?
Prendo il mio cellulare, dove ho salvato il numero di
Orlando, vado sulla sua scheda e la fisso per un po'.
Mi vergogno
troppo a chiamarlo, poi per una cosa del genere... Mi prenderebbe per
pazza! Sicuramente, starà provando delle scene...
Scuoto la testa
per togliermi quei pensieri e, dopo aver riposto il telefono in
borsa, busso alla porta e mi apre, dopo un po', una signora dall'aria
dolce e coi capelli ingrigiti.
“Buongiorno!” esclamo io,
sorridendole “Sono venuta a riprendere un bambino. Si chiama
Flynn
Bloom.”
La signora non sembra stupita, anzi “Sì, il padre
ci
ha avvertito che l'avrebbe ripreso lei.” e mi fa entrare,
mentre io sospiro.
Immediatamente, alla mie gambe si aggrappa Flynn, uscito da
chissà
dove e felice di vedermi.
“Tibby. Tibby. Tibby.” ripeteva e mi
fece sciogliere in un sorriso.
La
signora mi diede il cappotto ed il cappello del bambino e, dopo
averglielo messo, ci dirigiamo verso la porta, mano per mano.
“Saluta
la maestra, Flynn.” gli dico, voltandomi verso la signora,
che ci
sorride.
“Ciao ciao.” esclama lui, sventolando una manina.
Io
lo guardo e poi mi rivolgo alla donna “Arrivederci.”
“Arrivederci
a lei. A domani Flynn.”
E
finalmente usciamo.
“Com'è
andato all'asilo?” chiedo a Flynn, tendendolo stretto per
mano,
aspettando che il semaforo diventi verde e ci permetta di
attraversare la strada.
“Bene. Ho fatto un disegno di papà ed
io che ci mangiamo la tua torta al cioccolaco.”
e sorrido, pensando alla scena “Poi ho giocato un po' a palla
con
dei bambini, ma mi sono stufato. Non sapevano giocare!”
esclama,
quasi arrabbiato.
Io scoppio in una risata “Ma Flynn, potevi
insegnarglielo, no?” gli dico, prendendolo in braccio e
scendendo
le scale della metropolitana.
“Domani lo faccio.” mi dice
tutto serio.
“Hai mangiato all'asilo?”
Lui annuisce “Sì,
ma faceva schifo.”
Rido ancora “So io come
rimediare.”
Prendiamo la metropolitana e mi siedo su uno dei
sedili di essa, mettendomi sopra le gambe Flynn e stringendolo a me,
così da non farlo cadere o far andare in giro per il vagone.
A
quest'ora non è molto piena di gente, ma comunque non voglio
che
vada in giro da solo, non si sa mai chi può incontrare e, se
gli
capitasse qualcosa, Orlando mi ammazzerebbe come minimo.
“Che
cos'è?” mi chiede curioso.
“E' una metropolitana. Non ci sei
mai salito?”
Lui scuote il capo.
“E' una specie di treno
che viaggia sottoterra, come i lombrichi.” cerco di
spiegargli in
modo semplice.
“I lombrichi sono brutti.” dice, con un viso
schifato.
Rifletto
un attimo sulle sue parole, in effetti non ho usato un buon paragone
“Hai ragione.” gli dico semplicemente.
Dopo
una breve passeggiata, dalla fermata della metro, arriviamo
finalmente al Tompkins Square Park, un piccolo quadrato verde che,
secondo me, non ha nulla da invidiare a quello più famoso,
il
Central.
Ci sono alberi enormi, un bellissimo prato all'inglese e
tante panchine di pietra che bordano le piccole stradine di
mattonelle che zigzagano all'interno del parco. C'è anche un
piccolo
chiosco che vende dei stuzzichini, dei gelati e delle bibite.
Dopo
aver postato a terra Flynn e preso la sua mano, lo porto verso il
piccolo ristoro e gli chiedo cosa vuole. E' un giorno abbastanza
freddo, nonostante stiamo a fine agosto, ma New York non è
certo
nota per il suo bellissimo clima, ma lui opta per un gelato al
ciocclaco, come lo
chiama lui.
Prendo un cono per lui e per me prendo una
bottiglia d'acqua frizzante, dato che il mio stomaco è pieno
col
panino che mi ha portato Ithan, c'era dentro il tonno, le uova e la
maionese, una bomba vera e propria.
Ci sediamo sopra una panchina
e lui si gusta il suo gelato, imbrattandosi tutto il viso ma, per
fortuna, tenendo immacolati sia il cappotto che i pantaloni scozzesi
che ha addosso. Glielo pulisco con un fazzoletto e decidiamo,
dopo aver finito, di farci una passeggiata per il piccolo parco. Lo
prendo sotto le ascelle e lo metto sopra alle mie spalle,
così da
poter accarezzare le fronde degli alberi con la sua mano, e per
muovere quei piccoli raggi di Sole che penetravano tra i rami degli
alberi e dalle spesse nuvole grigie.
Dopo che ne ha carezzati un
po', all'improvviso mi chiama ed io alzo lo sguardo verso di lui
“Cosa c'è?”
“La mano profuma.” mi dice, abbassando una
manina verso il mio naso. Conosco questo odore...
“Quella pianta
si chiama alloro.” gli dico, sorridendo e posandolo poi a
terra “Ha
una triste storia, lo sai?”
Lui scuote la testa e continua ad
annusarsi la mano.
Io mi abbasso sulle ginocchia e lo guardo,
chiudendogli un po' di più il cappotto “Il Dio del
Sole, Apollo,
si era innamorato di una giovane ninfa, Dafne, che però non
ricambiava il suo amore. Così lei cercò di
fuggire da Apollo e,
capendo di non riuscirci, chiese aiuto a Madre Terra, che la
trasformò in una pianta d'alloro. Da allora, Apollo,
considerò
quella pianta sacra, dato che non poteva avere Dafne in vita e
nemmeno il suo amore.”
“Che storia triste.” mi disse, col
gli occhi che fissavano la pianta. Si avvicinò cautamente ad
essa, e
posò una mano sul tronco, accarezzandone la corteccia
“Povera
Dafne...” mormorò, rivolto alla pianta d'alloro.
Io sorrisi ed
un piccolo raggio di Sole investì lui e l'albero. Mi venne
in mente
un'idea.
“Flynn, resta un attimo fermo così.” gli
dissi,
mentre trafficavo con la borsa in cerca del mio cellulare.
Flynn
obbedì e restò immobile, finché io non
gli scattai una bellissima
foto: lui, con una mano appoggiata sull'albero ed un bellissimo
raggio di Sole che lo baciava e gli illuminava i tratti. Lo richiamai
vicino a me e gliela mostrai, orgogliosa di quel bel scatto.
“Ti
piace?”
“Sì!”
disse, entusiasta, prendendo tra le sue dita il mio cellulare per
osservare meglio la foto.
“Il Sole bacia i belli, lo sai?”.
Lui
guardò il Sole, coprendosi gli occhi con una manina,
sorridendo
poi.
“La inviamo a papà?” gli chiesi. Lui
annuì, gonfiando
le guance di felicità.
Dopo
un po', decidiamo di tornare a casa, dato che sono le cinque passate
e si sta facendo buio. Orlando ancora ha finito di fare le prove, per
cui lo faccio entrare nel mio appartamento.
Appena entra, resta
completamente imbambolato a vedere il suo interno, senza nemmeno
sentire la mia voce che gli dice che può togliersi il
cappotto e
fare come se fosse a casa sua.
Resta a fissare le pareti rosse del
salone, dove vi sono appese delle foto di famiglia ed alcuni pannelli
con alcune delle mie pubblicità più riuscite e
pubblicate su
riviste e cartelloni. Lui le fissa, forse perché ne
riconosce
qualcuna delle più note, come quella della bevanda
più bevuta al
mondo, la Coca Cola.
“Ti piacciono?” gli dico, avvicinandomi
verso di lui e togliendogli il cappotto.
Annuisce, non spostando
lo sguardo dai pannelli, con la bocca semiaperta.
Lui continua a
guardarsi intorno, mentre mi segue in cucina, sicuramente
più
modesta della sua, coi mobili in legno chiaro ed un tavolo sempre di
legno con sole quattro sedie.
“Hai sete?” gli chiedo, ma lui
scuote il capo e si aggrappa alle mie gambe.
“Mi racconti ancora
la favola di Dafne?” mi chiede, supplicandomi in un modo a
cui non
posso non dire sì.
Lo prendo in braccio e lo faccio accomodare
sul divano beige che ho in salotto e vado in camera mia a prendere un
libro, per poi tornare da Flynn e sedermi accanto a lui, mostrandogli
il tomo.
“Questo libro si chiama “Metamorfosi”
e
l'ha
scritto Ovidio.” gli spiego, anche se non credo che capisca o
che
voglia sentire questo.
Sfoglio le pagine, fino ad arrivare al
capitolo che m'interessa, iniziando a leggergli quella storia
d'eterno amore.
“Apollo l'ama, e abbraccia la pianta come se fosse il corpo della ninfa; ne bacia i rami, ma l'albero sembra ribellarsi a quei baci. Allora il Dio deluso così le dice: 'Poiché tu non puoi essere mia sposa, sarai almeno l'albero mio: di te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la mia faretra".
Mi
giro verso Flynn, dopo aver letto le ultime righe di questa
bellissima e tristissima storia, ma lui dorme beato con la testa
poggiata su le mie gambe. Mi sposto lentamente, cercando di non
svegliarlo, e vado a prendere una coperta ed il mio inseparabile
notebook, insieme agli occhiali da vista.
Copro il bambino con la
coperta e, sedendomi per terra appoggiando la schiena contro il
divano, inforco gli occhiali e mi metto a lavorare su una
pubblicità
che sto realizzando.
Mi
è appena arrivato un messaggio da parte di Tibby. Leggendo
il suo
nome, mi sono allarmato, ma vedendo che l'allegato era una foto, mi
sono calmato.
Era una bellissima foto di Flynn che poggiava una
manina su un albero, investito da un raggio di Sole. Mi fece
sorridere quello scatto ed anche tranquillizzare sul fatto che stava
bene e si stava divertendo molto con la vicina. In effetti, era molto
che non andava in giro tranquillamente, senza che dei fotografi ci
scattassero foto ogni minima cosa che facevamo.
Alzai
lo sguardo e sentì Rose che mi chiamava, per provare
un'altra scena.
Guardai l'ora al telefono: mancava poco e sarei potuto uscire da
quest'inferno!
Non che non mi piaccia recitare, anzi, è la mia
passione, la mia vita, ma odio dover provare e riprovare, farmi
adattare gli abiti di scena addosso e quant'altro. Io voglio solo
recitare, tutto quello che c'è intorno all'attore, la
scenografia,
gli abiti di scena, non m'interessano. Datemi solo le mie battute e
sarò l'uomo più felice della Terra.
Per fortuna, non fu molto
impegnativa e non avevano nemmeno cambiato le battute, così
potei
recitare quelle che avevo memorizzato a pennello. Ci fu un applauso
finale, e corsi subito a raccattare la mia roba per poter tornare
immediatamente a casa, ma fui bloccato da una voce.
“Orlando,
vai già via?”
Mi voltai ed era la mia partner dello spettacolo,
Condola Rashad. Aveva addosso dei semplici jeans con una camicetta, di
certo non adatti
a Giulietta, ma a lei stavano bene.
“Sì, devo correre da
Flynn... L'ho lasciato...” ma mi bloccai subito, non volevo
che
sapesse dove fosse e con chi.
Lei
annuì con il capo “Credevo che saresti venuto con
noi a mangiare fuori...” e mi sorrise triste.
“Sarà per la prossima volta! Ciao!”
e fuggì via da Broadway, lasciandola lì.
Non aspettai
nemmeno l'ascensore, e mi feci quattro piani di scale a piedi,
correndo come un matto e con la tracolla che oscillava paurosamente.
Arrivai davanti la porta dell'appartamento sette e mi piegai sulle
ginocchia, riprendendo il fiato consumato, sentendo poi il cellulare
che vibrava nella tasca dei jeans.
Lo presi e guardai il nome sul
display. Era Miranda.
“Pronto?”
“Ciao.
Scusa il disturbo, ma volevo sapere com'è andato il primo
giorno
d'asilo di Flynn...” mi
chiese. Sembrava addirittura imbarazzata, di certo, era difficile
gestire una separazione con un figlio di mezzo e non fargli mancare
nulla. Noi ci stavamo provando, e pareva funzionare, per ora.
“E' andato... Bene, anche se ha
continuato a fare capricci, perché non voleva
entrare.” in realtà,
prendevo tempo per evitare la seconda domanda. Io non sapevo come
fosse andato, se era stato buono o se si era azzuffato con qualche
bambino, ma se non mi avevano chiamato le maestre e nemmeno Tibby,
vuol dire che tutto era filato liscio come l'olio, solo che non le
volevo far sapere che poi Flynn, aveva passato il pomeriggio con la
vicina, o baby sitter, che dir si voglia: per convincerla a lasciarmi
Flynn per due settimane al mese, le avevo promesso che mi sarei
occupato personalmente di nostro figlio.
“Dov'è
ora?”
esclamò, improvvisamente, forse notando che ci mettevo
troppo a
risponderle.
“Sta' dormendo. Si è stancato molto oggi... Quando
si sveglia, ti chiamo e ci parli, ok?”
“D'accordo,
a dopo!”
e chiuse la chiamata.
Riposi il cellulare in tasca e suonai alla
porta. Mi venne ad aprire quasi subito Tibby, ed aveva addosso degli
strani occhiali da vista grandi e neri.
“Ehm, devo aver
sbagliato casa.” le dissi, scherzando.
Lei si morse il labbro e se li tolse immediatamente dal naso,
mormorando
“Spiritoso.”
e facendomi entrare in casa sua.
Mi
guardai intorno, in effetti le mura e gli ambienti erano delle stesse
dimensioni del mio appartamento ma lei viveva un po' nel caos
più totale! Le
pareti erano
tappezzate da ogni genere di cartellone pubblicitario, foto e quadri;
il tavolino del salone era pieno di fogli, matite e colori e, non so
come, era riuscita a farci entrare il suo notebook. Non immagino la
cucina o la sua stanza.
“Flynn dormiva ed, allora, ho
lavorato un po'...” disse, a mo di scusa.
“Perdonami, ho
davvero approfittato della tua gentilezza.”
“Ma figurati, ho
passato un piacevole pomeriggio con Flynn.” e mi sorrise,
voltandosi verso il divano, dove mio figlio sonnecchiava beatamente.
Sorrisi
anche io e mi avvicinai a lui, carezzandogli la testa, dolcemente,
per non svegliarlo “Si è comportato
bene?” chiesi a Tibby,
volgendo lo sguardo verso di lei.
“Egregiamente. Non ha fatto
capricci ed è capace di mangiare un cono gelato senza
sporcarsi.
Vedessi mia nipote...”
La bloccai, prima che potesse continuare
“Ti ha fatto comprare un gelato?” spalancai gli
occhi e portai
immediatamente la mano sulla tasca posteriore dei jeans, dove avevo
il portafogli “Ti rendo i soldi.”
Tibby si fiondò su di me e
posò delicatamente una sua mano sulla mia “Non
osare.” era dura
mentre lo diceva “Mi offendo.”.
La
fissai dritta negli occhi e mi persi in quelle distese verdognole,
anche se ora sembravano fredde, fredda come la pelle che aveva
lasciato le sue dita. Mestamente, mollai il portafogli ed alzai le
mani in segno di resa “Agli ordini.”
Lei
scoppiò in una risata “Vuoi qualcosa da
bere?”
“No, grazie.
Ho già disturbato troppo.” e, cautamente, presi
tra le braccia
Flynn, evitando di svegliarlo, e mi avvicinai alla porta.
Lei mi
seguii e me l'aprì, aspettando che io ne uscii, per poi
voltarmi
verso di lei.
“Non so davvero come ringraziarti...” le dissi,
sincero. Era stata bravissima con Flynn ed anche lui deve averla
presa in simpatia, se non si comportava da scalmanato oppure non
faceva capricci.
“Figurati...” mi sorrise lei, timida ed
imbarazzata “Se vuoi, domani possiamo fare la stessa cosa...
Non ho
tanto lavoro...” e si morse il labbro.
“Davvero?
Lo faresti?” ero stupito, era davvero una persona di buon
cuore.
“Sì...Insomma, fin quando non lavoro tanto, si
può fare
tutti i giorni.”
“Flynn ne sarebbe felice...” e mi sorrise,
ma io non finii la frase “... Ed anche io.”
Tibby
spalancò gli occhi ed arrossì violentemente
“Davvero?”
balbettò, in imbarazzo.
Io annuì col capo “Buonanotte, allora.
A domani.” e le sorrisi. Lei fece lo stesso prima di chiudere
la
porta di casa.
“Papà
è stato bellissimo!”
Flynn
mi stava raccontando tutto il pomeriggio passato con Tibby e,
dall'enfasi che ci metteva, sembrava che l'aveva passato
splendidamente.
“Abbiamo preso un lombrico, sotto terra, e siamo
arrivati al parco.”
“Un lombrico?” gli chiesi, stranito ma
nello stesso tempo curioso.
“Sì. Sì.” mi rispose Flynn,
agitandosi un po' sopra il divano “E' un trenino tipo...
Più o
meno.” sembrò rifletterci, ed io avevo capito a
cosa si
riferiva.
“Si chiama metropolitana.”
gli spiegai, lentamente, ma lui voleva passare già oltre,
senza
stare ad ascoltarmi.
“Ho mangiato un gelato al cioccolaco,
e poi Tibby mi ha preso e fatto toccare gli alberi. Uno era
profumato.” disse, gonfiando le guance, felice come non mai e
portandomi una sua mano sotto il naso.
“Profumato?” sembravo
un'idiota, mentre glielo chiedevo e cercavo di essere stupito come
non mai.
“Sì. Profumava e si chiamava Dafne. Tibby mi ha
raccontato una storia triste triste sull'albero...” ed anche
il suo
viso assunse quella sfumatura.
“Non vuoi raccontarmela?” gli
chiesi, prendendolo e mettendomelo di fronte, sulle gambe.
“Il
Dio del Sole si era innamorato di Dafne, ma lei non lo voleva, e
allora, si trasformò in un albero, ma alla fine Apollo sta'
sempre
attaccato a lei, anche se è morta.” Conosco questa
storia, anzi,
questo mito. Ricordo di aver visto una statua che raffigurava questi
personaggi ad uno dei miei pochi viaggi in Italia. Mi aveva colpito
moltissimo.
“Che
storia triste...” poi mi venne un flash “L'albero
Dafne è quello
della foto?”
Il suo viso s'animò “Sì! Tibby mi ha
fatto una
foto mentre il Sole baciava l'albero e me. Tibby dice che il Sole
bacia i belli. Quindi io sono bello?” mi chiese Flynn, ed io
non
riuscì a trattenere una risata.
“Sei bellissimo.” gli dissi,
accarezzandogli la testa.
Mentre
Flynn stava guardando dei cartoni alla televisione ed io tentavo di
mettere su una cena, squillò il mio cellulare. L'acchiappai
in
fretta e notai che era Miranda.
Cazzo, me ne ero scordato!
Lo
lasciai squillare, finché non si chiuse automaticamente la
chiamata
e mi avvicinai al divano dove era seduto Flynn.
“Flynn, ora
chiamiamo la mamma.” io suoi occhi s'illuminarono, ma cercai
di
bloccarlo, perché stava già scendendo dal divano
per prendere il
mio cellulare “Ascoltami... Non dire alla mamma che sei stato
con
Tibby, digli che sei stato con Bruce al parco.”
Lui
sembrava non capire e mi guardava, stranito “Ma Bruce
è brutto.”
mi disse, con un tono lagnoso “E poi, perché alla
mamma non posso
dire che sono stato con Tibby? Non le sta' simpatica?”
Sorrisi
“Ma no, Flynn, è solo che...” non sapevo
che inventarmi “Alla
mamma...” - e che gli dicevo ora? - “Alla mamma non
piacciono le
baby sitter...”
“Ma Tibby è Tibby, non è una baby
sitter!”
mi risponde, ingenuo, mio figlio.
In
effetti, Tibby non era una baby sitter, era la vicina per essere
precisi, ma era meglio evitare l'argomento a priori “Non
dirglielo
e basta, chiaro Flynn? O si arrabbia sia la mamma che il
papà.”
Ero finito alle minacce, si. Come sono caduto in basso.
Lui
sbuffò, contrariato, ma alla fine si convinse e fece una
telefonata
alla mamma senza nominare Tibby, baby sitter ed affini.
Mi
sono salvato la pellaccia.
Eccomi nuovamente qui,
signori, con un nuovo aggiornamento!
Continuiamo col passato, dove troviamo la nostra protagonista alle
prese col piccolo Flynn... Mi piacciono moltissimo i parchi, ci
passerei tutta la giornata all'interno di uno di essi. Poi, quelli di
New York hanno qualcosa di particolare, di magico che non potevo non
inserire!
Altra cosa che dovevo e volevo a tutti i costi mettere, era il mito di
"Apollo e Dafne". Io amo sia la loro triste storia che la statua del
Bernini! Quando sono andata a Roma a vederla, sono rimasta impalata
come una scema per un quarto d'ora a guardarla, a memorizzare ogni
minimo stupido dettaglio! Manco fosse un quadro di Caravaggio, altro
artista che amo alla follia!
Poi, ho reso omaggio alla mia città con Ovidio, per chiudere
in bellezza! :) A proposito, i versi che ho scritto sono i 555-559, per
chi li volesse andare a ritrovare.
Come avrete notato, se siete stati attenti, parlo dello spettacolo
teatrale di "Romeo and Juliet", che ha avuto la sua prima il diciannove
settembre del duemilatredici, quindi abbiamo anche una linea temporale
a cui fare riferimento...
Aggiungo: Caro Orlando, le bugie hanno le gambe corte! xD
Ripeto: io non
conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Condola Rashad,
i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione
e spero di non offerderli in alcun modo!
Ringrazio, come sempre, chi ha letto lo scorso capitolo, specialmente rainsofcastamere, Alexnicole e Scarl_Bloom 94, che
hanno inserito la storia tra le preferite,
e Aandyy
che invece l'ha inserita nelle seguite!
Ringrazio poi ancora Scarl_Bloom
94 e Lauretta_03
che hanno recensito
lo scorso capitolo! :)
Credo di non aver altro da
aggiungere, se non che ci sentiamo prossimamente! :)
Un bacione dalla vostra Lu
Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)