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Autore: SalazarSerpeverde    02/02/2014    1 recensioni
Il brutale omicidio di un semplice insegnante di storia londinese, porta il solitario detective Edgar Lyonel, sulla pista di qualcosa che ben presto si accorgerà essere più grande di lui.
[Dal capitolo primo - La vittima in questione era ancora seduta sulla sua sedia. Indossava un noioso completo beige in pieno stile insegnante e c’era ancora un’espressione terrorizzata sul suo volto snello.
La causa della sua morte era proprio li, al confine tra la fronte ed i suoi folti capelli castani e scombinati: un foro di proiettile gli aveva attraversato il cranio, perforato il cervello ed era uscito nuovamente fuori, conficcandosi nella lavagna appena dietro di se.]
SalazarSerpeverde
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Edgar VS Darkness [IV]
Edgar quasi non si rese conto della sua scoperta di quel libro tra tutte quelle altre centinaia. Aveva prestato così tanta attenzione a quella frase nelle ultime ore che ormai la vedeva materializzarsi anche nell’aria. Eppure il titolo di quel libro non era affatto frutto della sua immaginazione.
Dopo altri attimi di esitazione, Edgar gettò per terra gli altri romanzi che stringeva tra le mani e corse sulla prima sedia che gli capitò a tiro con quell’unico libro stretto tra le mani.
Lo poggiò su un piccolo tavolino in legno, dove in passato alcuni studenti avevano inciso un cuoricino, oppure uno scarabocchio o ancora una scritta ormai illeggibile. Il libro era abbastanza vecchio. La copertina era di un giallo canarino ormai sbiadito e le pagine erano secche ed ingiallite. Il detective lesse e rilesse il titolo che sovrastava mezza copertina: non si era sbagliato.
Allora si chiese se quel libro fosse proprio l’obiettivo che si era posto Joe Wales quando aveva scritto l’indizio strappato sul block notes.
Così Edgar, rinvigorito completamente dalla sua scoperta, cominciò ad esaminare il libro pagina per pagina. Se Wales non aveva nascosto alcun altro indizio all’interno di quel libro, non avrebbe avuto senso scrivere quelle parole sul block notes. Partì dall’introduzione, poi passò ai ringraziamenti dell’autrice, al sommario, al primo capitolo. Niente. Sembrava tutto normale. Ma Edgar non si perdeva d’animo così facilmente. Andò avanti fino ad oltre metà libro, e poi lo trovò. Trovò la sua moneta d’oro tra tutte le altre d’argento. Trovò la sua ricompensa dopo tutte quelle ore a scervellarsi. C’era un sottile foglio di carta tra pagina 356 e pagina 357. Era stata messa lì di recente, dato che non era ingiallito come il resto delle pagine del libro. C’erano alcuni appunti scritti a mano alquanto rapidamente. La calligrafia era di Joe Wales, il che confermò la sua ipotesi quasi accertata che a scrivere ‘La Luce Nelle Tenebre’ era stato proprio lui, e non l’assassino per metterlo su una falsa pista.
Il foglietto diceva: Midnight Caffè. Londra. 06/12/2013. 18:30.
Fortunatamente quella volta non c’era bisogno di indugiare ore e ore sul significato del nuovo indizio, dato che la cosa risultava alquanto ovvia. Wales voleva che chiunque avesse trovato il suo indizio, doveva essere presente a quel dato caffè di Londra in quell’orario prestabilito, a quella data prestabilita.
Un particolare solo scosse leggermente Edgar: l’appuntamento era fissato per l’indomani!
Il che significava che aveva ben poco tempo per agire. Cosa doveva fare? Chiamare Scotland Yard? Il detective scartò subito questa ipotesi. Non sapeva in cosa consisteva l’appuntamento sul foglio, quindi l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe potuto essere inutile, e poi, in cuor suo, Edgar non se la sentiva di chiedere ‘aiuto’ a quelle persone che per prime gli avevano consigliato insistentemente di lasciar perdere quel caso. Inoltre Edgar le sue migliori ‘performance’ le aveva esibite in solitario.
Quindi non gli restava altro da fare se non raggiungere il luogo scritto sul biglietto, per vedere cosa sarebbe successo. Quindi Edgar uscì finalmente dall’istituto scolastico. La sera era calata e le strade erano poco affollate fortunatamente, quindi il ritorno a casa fu decisamente rapido. Appena arrivato a casa, Edgar prese il biglietto trovato nel libro della biblioteca e si infilò subito nel letto. Il letto nella camera del detective era un totale disordine. Edgar era sporco ed aveva ancora i vestiti addosso. Inoltre aveva sonno, ma sapeva già da subito che non avrebbe dormito. Avrebbe passato la nottata in bianco, a cercare di collegare tutti i frammenti raccolti fino a quel momento.
Per prima cosa iniziò a riflettere sulle sue scoperte delle ultime ore. ‘La Luce Nelle Tenebre’ ovvero il messaggio lasciato da Wales sul blocchetto, era una pista per arrivare ad un omonimo libro della biblioteca della scuola dove insegnava. La segretaria della scuola aveva riferito a Edgar che nell’ultima settimana prima di morire, Wales passava molto tempo in biblioteca e sembrava lunatico e preoccupato. Il suo obiettivo in quella biblioteca era quello di lasciare un indizio, in modo da aiutare la polizia, e questo confermava l’ipotesi del detective che Joe Wales sapeva già che sarebbe dovuto morire, per un motivo ancora sconosciuto. Wales era stato anche astuto perché aveva lasciato un indizio vago, in modo che a prima vista non sarebbe potuto risultare un indizio. Ma il suo assassino era stato due volte più astuto, dato che per precauzione aveva comunque strappato il foglietto su cui in origine era stato scritto il messaggio, non calcolando, ovviamente, che bastava ricalcare a matita il foglio sottostante per leggere chiaramente il messaggio. Ora bisognava scoprire che cosa aveva spinto l’assassino di Joe Wales ad ucciderlo e ovviamente catturarlo. Probabilmente, ulteriori risposte Edgar le avrebbe trovate l’indomani, presentandosi all’appuntamento scritto sul foglio trovato nel libro.
Passò il resto della nottata a riflettere più e più volte su un qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi, ma di dormire proprio non se la sentiva, anche se il suo corpo ne aveva assolutamente bisogno.
Giunse la mattina. Come sempre Edgar se la prese con molta calma. Lui odiava fare le cose di fretta. E poi quella mattina non avrebbe dovuto fare niente di particolare. Doveva aspettare le 18:30. Aveva meditato sul foglietto nascosto da Wales per tutta la nottata. Adesso l’aveva imparato a memoria e se lo ripeteva fino alla nausea. Uscì per fare una sostanziosa colazione, poi tornò dritto a casa, senza nemmeno passare per Scotland Yard ad avvertire qualcuno. Tornato a casa, recuperò il giallo che ancora stava leggendo, anche se aveva risolto il caso nella storia già prima di quell’imbranato di David Kurt. Ma visto che quel gialletto da quattro soldi non richiedeva una massima attenzione nella lettura, Edgar riuscì a passare la mattinata con la mente sempre concentrata sul da farsi.
Con una lentezza esasperante, che portarono Edgar sull’orlo della pazzia (il detective non riusciva a stare con le mani in mano sapendo che di lì a poco avrebbe potuto ricevere informazioni che lo avrebbero fatto avanzare con le indagini), giunsero finalmente le 18:00. Edgar aveva pianificato tutto più e più volte. Ci sarebbero voluti 6 minuti per raggiungere il Midnight Caffè, 13 se ci fosse stato traffico per le strade di Londra, cosa molto probabile a quell’ora. Sarebbe quindi arrivato un quarto d’ora prima dell’orario prestabilito. Quella data e quell’orario probabilmente alludevano ad un incontro di due o più persone conoscenti di Wales, dato che lui aveva scritto quegli appunti essendo già a conoscenza della sua morte.
Scoccarono le 18:02 minuti. L’investigatore non faceva altro che controllare l’orologio. Gli sembrava di aspettare quella data da anni, e non aveva intenzione di sbagliare tutto all’ultimo momento. Per raggiungere il caffè londinese, Edgar si tolse il suo solito impermeabile che sarebbe potuto saltare all’occhio di qualcuno. Si mise un semplice pantalone smunto ed una vecchia camicia a quadri. Ora sembrava proprio un classico lavoratore di classe media. Arrivò al Midnight Caffè con puntualità svizzera. Conosceva abbastanza bene il locale. All’interno era rettangolare ed abbastanza ampio. D’estate era solito organizzare feste ed eventi ovviamente al solo scopo di trarne più profitto. Un quarto dell’interno era occupato da un lungo bancone che andava dalla parete destra fino alla porta del bagno degli uomini. Dietro il bancone, il proprietario faceva sfoggio di una notevole collezione di liquori e superalcolici. Un’altra buona parte del locale era occupata da tavolini in vetro e sedie. All’interno era abbastanza pieno. Solo poco più della metà dei tavolini era occupata da persone che chiacchieravano mentre si godevano un aperitivo pre-cena, ma c’era troppa confusione ugualmente, alimentata dalla musica a volume decisamente fastidioso. Fuori invece c’erano un’altra decina di tavolini disposti in fila sotto dei gazebi. Solo un paio sul lato sinistro erano occupati e c’era un solo cameriere a prendere le ordinazioni. Con ogni probabilità, le persone che Edgar aspettava si sarebbero messe all’esterno, sul lato destro, dove non c’era momentaneamente nessuno. Era un luogo adatto per parlare comodamente, ed anche con una certa privatezza. Senza cercare di dare nell’occhio, Edgar raggiunse di nuovo la sua auto posteggiata proprio vicino all’ingresso. Prese un giornale comprato apposta per la situazione ed iniziò a fingere di leggere. Sembrava proprio che nessun tipo sospetto era ancora arrivato, quindi Edgar aveva fatto in tempo ad arrivare.
Vedendolo sedersi, un cameriere giovane, probabilmente uno studente universitario, gli si avvicinò con garbo per prendere la sua ordinazione. Ovviamente non poteva restarsene li spaparanzato con la scusa di star aspettando dei tipi sospetti quindi ordinò un caffè semplice ed un muffin.
Dopo un paio di minuti il suo ordine arrivò, servito su due piccoli piattini, ma Edgar non sorseggiò il caffè né tantomeno assaggiò il pasticcino. Scoccarono le 18:27. Ecco arrivare due persone con indosso lo stesso impermeabile nero e cappello scuro. Edgar si sarebbe giocato un braccio che erano quelle le persone che stava aspettando da quando aveva ritrovato il foglietto nel libro. Le due persone si avviarono all’interno del bar, ma vedendolo troppo affollato, optarono per l’esterno. Dopotutto era una piacevole giornata autunnale, e c’era un tempo molto primaverile. Si sedettero nel tavolo ad un paio di metri da quello di Edgar, ancora intento a fingere di leggere un articolo su una noiosa prima di un film. In realtà il detective era pronto a catturare ogni loro parola, senza farsi scoprire ovviamente.
I due cominciarono ad aprir bocca quando il solito cameriere si avvicinò. Evidentemente infastiditi, i due ordinarono due caffè e lo fecero dileguare con molta fretta. Prima di tornare a concentrarsi su loro due, Edgar gettò un occhio davanti all’ingresso del caffè. I due erano arrivati con auto diverse, quindi ancora dovevano incontrarsi e parlare di qualcos’altro.
Poi ecco che iniziano a parlare.
“Perché dobbiamo parlare in un posto pubblico come questo? Potrebbero esserci sbirri.” disse il primo uomo, un losco figuro alto e tarchiato.
“Lo sai che non abbiamo libero accesso alla base in questo momento Simon. E poi nessuno sbirro avrebbe ragione di essere qui, ne avrebbe avuto modo di sapere come fare.” rispose l’altro, un tipo più mingherlino e con la faccia volpina.
Adesso Edgar era sicuro di trovarsi davanti due tipi che erano coinvolti con la morte di Wales, ma a conferma gli arrivò immediatamente.
“Wales è morto Philip?” chiese Simon abbassando notevolmente il tono di voce. Edgar avvicinò un po’ di più la testa per percepire quella frase. Fortunatamente non si fece sfuggire nulla. Aveva sentito bene.
“Adesso Edgar lo sapeva. Era a contatto con i responsabili della morte di Wales. Ma non sapeva ancora il movente e fare una scenata improvvisa per arrestarli sarebbe stata pericolosa e inutile, dato che non aveva alcun mandato di cattura.
Non gli restava altro da fare che rimanere in ascolto.
“Comunque posso sapere il motivo del suo assassinio?” chiese la persona chiamata Philip. “Io sono stato in Galles fino a questo punto per ordini di Kevin.”
“Mia moglie e la sua amica non fanno altro che discutere tra loro!” iniziò a lamentarsi Simon alzando notevolmente il tono di voce.
Edgar restò per un momento spiazzato da quella risposta, poi vide una donna avvicinarsi di molto al loro tavolo. In realtà voleva prendere solo un penny che le era caduto, ma Simon era stato cauto, credendo che si trattasse di un poliziotto in incognito. Edgar approfittò anche lui della situazione, sgranchendosi la gola e commentando con tono esasperato una notizia di un rapimento che leggeva ora sul giornale. Facendo in questo modo avrebbe abbassato eventuali sospetti su di lui. La donna prese lo spicciolo da terra e si allontanò verso l’uscita.
“Correva voce che Wales volesse uscire dalla Darkness.” riprese Simon, calando nuovamente la voce.
“Maddai! Davvero?” sbottò Philip facendosi sfuggire un’imprecazione.
“Era sempre molto scontento e insicuro ultimamente. Aveva paura che qualcuno prima o poi lo scoprisse e che quindi avrebbe passato il resto della sua vita a marcire in prigione. Ha anche parlato a Kevin di alcune possibili dimissioni, ma lui gliel’ha proibito.”
“E poi cos’è successo?” chiese Philip sempre più incuriosito.
“Ha iniziato a comportarsi in modo strano. Sudava come un maiale quando uno di noi gli affidava un incarico, figurati. Comunque pian piano ha cominciato a non farsi più vedere. Ovviamente non era difficile rintracciare una persona di cui già si conosce nome, residenza e luogo di lavoro, ma a lui non importava. Eppure sapeva che alcuni di noi l’avrebbero cercato. Dopotutto una persona che lascia un’organizzazione a delinquere, non fa mai una bella fine. Avrebbe potuto spifferare tutto a quei farabutti di Scotland Yard e quindi ci avrebbero rintracciato prima o poi, anche con le nostre precauzioni.” spiegò Simon facendo un ghigno di disapprovazione.
“E quell’idiota ha preferito la morte ad un po’ d’ansia insensata di essere scoperto?” domandò incredulo Philip. “Che idiota!”
Edgar era totalmente preso dalle parole dei due uomini. Non poteva credere alle sue orecchie. Stava sentendo più di quello che avrebbe sperato. Ma l’eterno difetto di Edgar era che si lasciava prendere fin troppo dai suoi incarichi, tanto che a volte dimenticava anche dove fosse. E così accadde anche in quel momento.
Philip fece un gesto con il capo a Simon. Lui si girò.
Edgar si era piegato più in avanti con la schiena per tentare di avvicinarsi, aveva il giornale abbassato sulle gambe ed uno sguardo attento e concentrato, proprio come se stesse guardando un film in prima fila e non volesse perdersi nemmeno un dettaglio. Ma adesso era nei guai. Solitamente i film che guardi non vogliono ucciderti.
“Chi sei?” chiese Simon con tono burbero. Philip intanto lo squadrava dall’alto in basso.
“I-io. Ehm...”
Edgar era stato colto totalmente alla sprovvista. E con quell’ “I-io. Ehm...” si era appena giocato ogni possibilità di risultare credibile. Se quei due l’avessero perquisito, non solo avrebbero trovato i numeri di alcuni agenti di Scotland Yard sul suo cellulare, ma anche il biglietto lasciato da Joe prima di morire con la data e l’ora dell’appuntamento di Simon e Philip.
“Allora?!” insisté Simon. “Dicci chi sei e per chi lavori!”
Edgar continuava a cercare una possibile scusa, ma proprio in quel momento non riusciva a pensare a nulla di concreto da dire.
“Simon! Questo non parla!” esclamò Philip con più furia del collega.
“Alzati! Tu vieni con noi!” sbottò Simon, che si alzò insieme al compagno. Philip lo prese per le spalle e lo costrinse a sollevarsi. Edgar analizzò la situazione. Di andare con loro non se ne parlava. Avevano ucciso Joe Wales perché aveva paura, quindi ad una spia che loro credono essere un agente di Scotland Yard riserveranno come minimo lo stesso trattamento.
La sua auto era vicina all’ingresso, la loro poco più lontano.
Philip lo teneva ancora per le spalle e lo spintonava verso l’uscita. Edgar sentì la lunga canna di una pistola nella tasca dell’uomo che lo spingeva. Non si prometteva un viaggio di piacere. I tre varcarono l’ingresso. Edgar passò proprio davanti alla sua auto ma continuò a camminare. Arrivarono dopo pochi secondi, alla macchina dei due. Simon si mise subito al volante. Philip aprì la portiera di dietro e costrinse Edgar a salire. Il detective fece per abbassarsi e sedersi sul sedile posteriore, quando alzò la gamba e colpì violentemente lo stinco dell’uomo dietro di se. Philip urlò e cadde a terra, mantenendosi la gamba. Edgar sfrecciò fuori. Simon intanto guardò indietro e vide che Edgar stava dandosela a gambe. Così uscì anch’esso.
“Cattura quel figlio di puttana e mandagli un po’ di piombo su per il cervello!” urlò Philip ancora ululante di dolore per la sua gamba appena colpita.
Edgar era a mezzo metro dalla sua auto. Simon era appena sceso dalla sua. Estrasse una piccola pistola infilata nel pantalone. Tolse la sicura con un click e sparò senza indugiare, anche se si trovava fuori un caffè in una strada frequentata. Il proiettile si scontrò contro la portiera e viaggiò fino allo specchietto destro dell’auto, facendolo staccare di netto dalla carrozzeria. Con molta fretta Edgar si fiondò nella sua auto e partì giusto in tempo, perché un secondo proiettile si conficcò nell’asfalto, proprio dove prima c’era la marmitta dell’auto.     
  
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