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Autore: malandrina4ever    05/02/2014    15 recensioni
Non riesce a ricordarsi l’ultima volta in cui lo ha visto prima che fosse solo sangue sulle sue mani e non c’è modo di renderlo meno orribile.
Il fatto è che quello in cui si sono andati a cacciare è troppo grande, semplicemente, e uno dopo l’altro Benji sarà ognuno di loro.
Il fatto è che Sirius non è ancora sangue sulle mani di nessuno, ha ancora aria nei polmoni e vuole davvero, con tutto se stesso, smettere di pensare.
E quando Sirius non pensa a nulla, quello che resta è James.
*
Il fatto è che è James ed è stato suo dal momento in cui si sono conosciuti e questa è l’unica cosa in cui Sirius abbia mai davvero creduto.
Dev’essere così e, nonostante quell’anello, James Potter è ancora l’unica cosa che Sirius abbia da perdere.
E si aggrappa a lui, graffiandolo, perché i Black glielo hanno insegnato anni prima che alla fine si perde proprio tutto.
*
-Non dirlo, – soffia piano, perché lui sa sempre quando Sirius sta per fare una cazzata. - Non dirlo.
E fa un po’ male, ma Sirius non lo dice, perché lo ama.
Lo guarda uscire dall’appartamento e non lo dice.
Lo vede mantenere la promessa e sposare Lily Evans.
Lo vede diventare padre e continua a non dirlo.
*
Quattordici anni dopo James è solo una risata sulle sue labbra e quel ti amo Sirius ce l’ha ancora incastrato in gola, bruciante e vero come il primo giorno.
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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NON SONO ANCORA SANGUE SULLE MANI



 


Quando il campanello inizia a suonare, Sirius è ancora sotto la doccia.

Ne avverte appena il suono attutito, oltre il rumore scrosciante dell’acqua calda. Continua a sfregarsi con forza la pelle irritata delle mani e degli avambracci per qualche secondo, prima di realizzare che quel suono implica una sua qualche reazione; uscire dalla doccia, per esempio. Sirius si fissa le mani grondanti schiuma e acqua, stringendo forte con la sinistra la spugna a forma di cane che Remus gli ha regalato per Natale. Per il suo pelo ispido da botolo randagio, o qualcosa del genere.

Ogni traccia di sangue è svanita da ore, ma Sirius se ne accorge solo adesso.

Gli intervalli tra una scampanellata e l’altra sono meno lunghi, ora, e tempo che Sirius fermi il getto dell’acqua ed inizi a gocciolare sul pavimento del bagno, sono scomparsi del tutto, dando vita ad un unico suono acuto e prolungato. Sirius è vagamente consapevole di come quel suono provocherebbe in lui una reazione irritata, normalmente. In quel caso si limita ad attraversare senza fretta l’appartamento disordinato fino all’ingresso, lasciando dietro di sé una scia di impronte bagnate.

Sirius sa di non essere sotto shock.

È più calmo di quanto non lo sia mai stato, in realtà, ed è anche perfettamente lucido, oltre che in grado di concentrarsi su quello che deve fare. Sa che deve andare a fare la spesa, per esempio, perché il suo frigo è vuoto e Sirius Black non ha mai saltato un pasto in vita sua, nemmeno quando era ancora la piccola pecora nera di Grimmauld Place e sua madre lo mandava a letto senza cena, costringendolo a pericolosissime spedizioni in cucina nel cuore della notte. È calmo Sirius, solo che smette di sentire l’odore del sangue solo quando vede James.

- Apri sempre così alla gente?

Braccia incrociate, un sopracciglio inarcato e gli occhi nocciola puntati sulla nudità di Sirius, lì dove qualcuno di meno spudorato ed esibizionista di luicome lo definirebbe Remus, avrebbe posto almeno un asciugamano.

- Solo agli ospiti importanti, – risponde con un sorrisetto ironico, e si stupisce di come le sue labbra collaborino. Riesce ancora a sorridere, ne prende mentalmente atto. In effetti, quello che Sirius proprio non riesce a fare è smettere.

- Sei fortunato che non fossi la Hopkins, – ghigna James passandogli a fianco, mentre Sirius richiude la porta alle sue spalle. - Ti avrebbe preso direttamente sulla soglia.

Erano ancora ad Hogwarts quando è successo, ma Sirius capisce che una ragazza che ti fa una dichiarazione di fronte a mezza scuola, con tanto di poesia d’amore scritta da lei, è qualcosa che il tuo migliore amico potrà usare contro di te per sempre; lo sa perché, se fosse successo a James, anche lui lo starebbe ancora prendendo in giro. Mentre si dirige in camera per mettersi qualcosa addosso, Sirius è vagamente consapevole di come aver aperto la porta completamente nudo e senza nemmeno assicurarsi che non ci fosse un Mangiamorte dall’altra parte non sia stato esattamente l’esempio più lampante di lucidità. È solo che lo sapeva, nel modo irrazionale ed infallibile di sempre, che era James. È sempre James, quando Sirius ha voglia di urlare fino a bruciarsi la gola.

È sempre James e basta, sussurra una voce da qualche parte nella sua testa e Sirius non se la sente di contraddirla.

Quando torna in salotto, la giacca di James è gettata malamente sul divano e dalla cucina provengono rumori molesti.

- Sei andato a pettinarti? – chiede James distrattamente, distogliendo lo sguardo dalla caffettiera con cui sta trafficando. Sirius ricorda il sapore dell’ultimo caffè preparato dall’amico e non è sicuro di voler ripetere l’esperienza. Non è sicuro nemmeno di come possa una persona non essere in grado di preparare un caffè che sappia, quantomeno, di caffè, ma sa anche che l’altro non gli cederà quella caffettiera per nulla al mondo, perché non esiste che James Potter non sappia fare qualcosa. Sirius è abbastanza sicuro che il suo caffè avrà un sapore pessimo come sempre, ma lo lascia fare: c’è qualcosa di rassicurante nel modo in cui James continua a pressare con convinzione la polvere marrone nel filtro, spargendone la metà sul piano di marmo.

- Pettinarmi? – Sirius si appoggia alla soglia, un sorrisetto sbilenco sulle labbra. - Mi stupisce che tu conosca questa parola. Dove l’hai sentita?

- Battute sui miei capelli, davvero? – James sospira rassegnato e si porta automaticamente una mano alla testa, cospargendo un ciuffo di polvere scura. - Non ti sei ancora stancato, dopo otto anni?

- Se da quando ci conosciamo li avessi pettinati anche solo una volta, forse...

James chiude il discorso con una smorfia, ma i suoi occhi indugiano qualche secondo di troppo sulla fenice dorata disegnata sulla t-shirt sgualcita di Sirius. Ne ha una uguale, a casa. Le hanno comprate insieme il giorno stesso in cui sono entrati nell’Ordine: era parso appropriato e terribilmente elettrizzante, così come ogni singola idea, quando sono solo loro due. Malocchio non aveva colto l’ironia della trovata; Sirius sente ancora l’eco delle sue grida, ‘Vigilanza costante!’,  proprio dentro il suo orecchio sinistro. E lo sguardo di Remus che è sempre stato così bravo a dire ‘Ve lo avevo detto’ anche senza parlare.

Indossavano quelle maglie quando hanno avuto il loro primo scontro con i Mangiamorte da membri dell’Ordine.

Nessun morto, nessun ferito, solo l’adrenalina ed il braccio sinistro di James stretto forte attorno alla sua vita, mentre con l’altro scagliava un incantesimo dopo l’altro e Sirius teneva le mani ben salde sul volante della moto. L’inseguimento frenetico, le scintille degli incantesimi che illuminavano la notte e la voce elettrizzata di James nelle orecchie, la macchina della polizia ribaltata ed un Oblivion che non c’era stato il tempo di pronunciare. Malocchio aveva avuto da ridire anche quella volta, perché due Auror Babbani – poliziotti o qualcosa del genere - giuravano di averli visti partire in sella ad una moto, blaterando cose assurde – Elvendork! È unisex!- e librandosi in volo. Ma le grida di Malocchio non erano poi così diverse da quelle della McGranitt quando combinavano qualche disastro a scuola e quella volta, oh, quella volta era stata perfetta.

Era stato tutto esattamente come se lo erano immaginati ad Hogwarts. 

 L’adrenalina, il senso del pericolo, gli incantesimi gridati a pieni polmoni. E l’esaltazione animale quando vanno a segno. Come se la guerra fosse una spedizione notturna nella Sala Comune dei Serpeverde. 

 È solo che Sirius non aveva calcolato l’odore della carne bruciata, che ti entra nel naso e arriva dritto al cervello.

È quell’odore che Sirius non riesce a togliersi dalla testa, nemmeno dopo sei ore.

James sta bruciando il caffè, perché anche mentre blatera di Godric solo sa cosa, i suoi occhi tornano regolarmente a Sirius, e lui riesce solo a pensare all’odore della carne carbonizzata di Benjy Fenwick e a chiedersi se era ancora vivo, quando l’hanno fatto. Forse hanno separato le dita dalla mano prima di bruciarle. Sirius non sa cosa sperare, perché la stanza era spaziosa, ma Benjy, che pure era più magro di Remus, la ricopriva tutta. Sirius si chiede quanto è durato e dopo quanto abbia smesso di urlare. Se avesse ancora le labbra, quando è stato, e se è possibile che fosse davvero il cuore quell’ammasso grumoso e deforme spiaccicato sul pavimento. Non sa nemmeno perché gli sia passata per la mente un’idea del genere, quando la quantità di sangue rendeva ogni cosa irriconoscibile. Ma lo aveva pensato, che quello era il cuore e qualcuno doveva averlo gettato a terra e improvvisamente tutta quella faccenda della guerra gli era sembrata troppo grande.

- Tieni.

James è di fronte a lui e gli porge una tazzina piena fino all’orlo di un liquido scuro e fumante, che con un po’ di fortuna potrebbe assomigliare a del caffè.

- È buono.

Sirius prende la tazzina con entrambe le mani, attento a non scottarsi e segue James sul divanetto in soggiorno.

Non è buono, ovviamente. Gli brucia la gola ed ha lo stesso pessimo sapore di sempre.

James continua a parlare e Sirius non lo sente. 

Bellatrix era ricoperta di sangue, come se se lo fosse spalmata addosso, e probabilmente l’aveva fatto. Rideva, la testa gettata all’indietro e la bocca spalancata, una vampira pazza.  Sirius riuscirebbe a sentirla ridere anche adesso, se James smettesse di parlare. 

Quando era finito a terra, il suo sangue si era mescolato a quello di Benji, lì sulle braccia, dove si è sfregato per ore. Sirius si era guardato le mani e per un attimo era stato sul punto di scoppiare a ridere come Bellatrix, più forte di Bellatrix.

- Fa schifo, James, – constata, stringendo ancora di più le dita attorno alla tazza calda, prima di bere un altro sorso.

- Lo so, - James ha abbandonato la sua tazza sul tavolino davanti al divano. Una goccia di caffè è scivolata lungo la ceramica bianca fino ad impregnare la pagina grigiastra di un quotidiano spiegazzato, cancellando il nome dell’ennesimo Nato Babbano scomparso. – Non sarà sempre così.

Sirius vorrebbe sbuffare o ridere, o entrambe le cose, ma non riesce mai a fare nulla quando James lo guarda in quel modo. Non è un male, che Sirius se ne stia semplicemente fermo ogni tanto. A volte ha l’impressione di non essere mai riuscito a fermarsi da quando il cappello parlante lo ha smistato nella casa sbagliata, una corsa continua e sfiancante che si interrompe solo negli occhi di James, appena qualche secondo per riprendere il fiato. 

- Forse è la tua caffettiera, - James si passa una mano tra i capelli ed è già la quarta volta in pochi minuti. - Credo che sia rovinata. 

- Perché tu continui a tentare di darle fuoco, – osserva Sirius, prima di abbandonare a sua volta la tazza.

Remus e Peter devono essere da qualche parte e probabilmente ne stanno parlando – Sirius è felice che non siano lì. Non sopporterebbe l’alone rosso attorno all’iride azzurra di Peter, né la voce spenta di Remus. Sono reazioni più appropriate della sua, lo sa perfettamente, è più sensato che starsene lì seduti a parlare del caffè e fingere che un loro compagno non sia stato fatto a pezzi quel pomeriggio, ma Sirius non sopporterebbe nulla di diverso dalla voce forzatamente allegra di James e i suoi occhi incollati su di lui.

Alcune persone hanno bisogno di dire a voce alta cose come ‘Una volta Benji mi ha salvato la vita’, con un sorriso bagnato ed in qualche modo fanno sembrare tutto meno orribile. Ma Sirius non ne vuole parlare e, se anche volesse, non avrebbe nulla da dire.

Benji non gli ha mai salvato la vita e Sirius di certo non l’ha salvata a lui.

Non riesce a ricordarsi l’ultima volta in cui lo ha visto prima che fosse solo sangue sulle sue mani e non c’è modo di renderlo meno orribile. 

 Il fatto è che quello in cui si sono andati a cacciare è troppo grande, semplicemente, e uno dopo l’altro Benji sarà ognuno di loro. 

Il fatto è che Sirius non è ancora sangue sulle mani di nessuno, ha ancora aria nei polmoni e vuole davvero, con tutto se stesso, smettere di pensare. E quando Sirius non pensa a nulla, quello che resta è James.

E Sirius semplicemente non ce la fa: stringe la mano tra i capelli di James e lo tira a sé con forza, troppa forza, premendo disperato le labbra contro quelle dell’altro. È più simile ad una musata tra due animali che a un bacio, e Sirius è abbastanza sicuro di avergli fatto male, perché si è fatto male anche lui, ma non è come se potesse fermarsi. Non apre gli occhi e non aspetta che James possa avere una qualunque reazione, gli infila la lingua tra le labbra, perché è tutto quello che vuole fare in quel momento – è probabilmente tutto quello che vorrà fare in ogni momento della sua vita. Non è come cogliere di sorpresa una ragazza, non ha niente a che fare con la volta in cui era ubriaco marcio e così arrabbiato con il mondo da ficcare la lingua in bocca alla ragazza di cui era innamorato il suo migliore amico. Non è Lily Evans, che ha dovuto mordergli le labbra a sangue per ricordargli che lei aveva bevuto solo del succo di zucca e che non ci pensava neanche a ricambiare il suo bacio. È James e la testa di Sirius sbatte contro lo schienale del divano, dopo che l’altro lo ha spintonato forte con entrambe le mani. Quando si tira su, puntellando i gomiti sui cuscini, James è letteralmente scappato, senza darsi nemmeno la pena di sbattersi la porta alle spalle in modo teatrale e Sirius scoppia a ridere. 

 Solo che ora sente di nuovo l’odore del sangue ed è il suo, che cola dal labbro che James gli ha stretto tra i denti.

Ha lo stesso identico odore di quello di Benji e lo stesso identico odore che avranno tutti loro, alla fine.

Sirius non li sente nemmeno i passi, così come non aveva sentito il campanello per la prima mezz’ora, ma sta ancora ridendo quando la sua testa sbatte di nuovo contro lo schienale del divano, mentre un corpo lo schiaccia e trova che James non è molto più bravo di lui a baciarlo senza rischiare di buttargli giù tutti i denti. Non che a Sirius possa importare qualcosa di diverso dalla lingua di James che si fa spazio nella sua bocca, ora come ora. Di nuovo le dita di Sirius vanno a stringersi tra i suoi capelli, a spingerlo ancora di più contro di lui, famelico come Moony nelle peggiori notti di luna piena. C’è qualcosa di disperato nel modo in cui Sirius preme le labbra intorpidite contro quelle di James e nel modo in cui le mani di James si stringono attorno ai suoi polsi, come se dovesse sfuggirgli da un momento all’altro.

Sirius si chiede se sia quello il sapore di tutti i baci dati nel bel mezzo della guerra o se sia solo il ricordo dei capelli rossi di lei a renderlo così.

È difficile trovare il sapore di James in mezzo a quello metallico del sangue e a quello aspro del caffè. Non sa nemmeno di vero caffè, a dirla tutta, ma quando penserà a lui - e ci penserà ogni secondo di ogni ora per quattordici anni - per Sirius sarà sempre il retrogusto di pessimo caffè e sangue che è la bocca di James in quel momento. È un bacio tra due bestie braccate il loro e Sirius non sa se è quello che vuole, ma è tutto quello che c’è e che ci sarà mai. È che James non è ancora sangue sulle mani di nessuno, è lì ed è il respiro affannato e la pelle salata, è il sapore di caffè tra le sue labbra e la sensazione dei suoi capelli tra le dita di Sirius. È la stoffa rigida dei suoi jeans che gli raschia la pelle del polso mentre gli infila una mano al di sotto della cintura, prima ancora di slacciarla.

Chissà se li sente anche James, gli assordanti rintocchi che si confondono con i loro gemiti.

Non c’è mai stato tempo, Sirius lo sa. È la prima volta, ma non è l’inizio di nulla.

È solo quella cosa che c’è tra di loro, che lotta come una forsennata, perché, guerra o no, è già perduta.

La cerca Sirius, alla fine, negli occhi di James, ma non la trova. Lo sa che è lì da qualche parte, tra i loro respiri, ma non c’è modo di renderla reale.

E allora lecca e morde, ma basterà un colpo di bacchetta per mandare via il segno rosso sul collo di James e questo lo fa impazzire e si sente proprio come un cane che inutilmente ringhia ed abbaia contro chi gli ruba l’attenzione del padrone.

Lo sente tra le dita di James, l’oro liscio e gelido che gli accarezza la pelle, così in contrasto con il calore della loro carne. È una promessa fatta a lei e lui non se l’è tolto, per non renderlo facile, oppure perché l’ha dimenticato totalmente, Sirius non lo sa.

Il fatto è che è James ed è stato suo dal momento in cui si sono conosciuti e questa è l’unica cosa in cui Sirius abbia mai davvero creduto.

Dev’essere così e, nonostante quell’anello, James Potter è ancora l’unica cosa che Sirius abbia da perdere.

E si aggrappa a lui, graffiandolo, perché i Black glielo hanno insegnato anni prima che alla fine si perde proprio tutto.

*

Sirius riesce ancora a sentire il respiro dell’altro sulle labbra, quando James spezza il silenzio.

-Non dirlo, – soffia piano, perché lui sa sempre quando Sirius sta per fare una cazzata. - Non dirlo.

E fa un po’ male, ma Sirius non lo dice, perché lo ama. 

Lo guarda uscire dall’appartamento e non lo dice.

Lo vede mantenere la promessa e sposare Lily Evans.

Lo vede diventare padre e continua a non dirlo.

*

Quattordici anni dopo James è solo una risata sulle sue labbra e quel ti amo Sirius ce l’ha ancora incastrato in gola, bruciante e vero come il primo giorno.

 

 

 



   
 
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