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Autore: __Stella Swan__    08/02/2014    0 recensioni
«E se invece vi dicessi che non sono affatto morta, ma che sono viva e vegeta, in qualche modo, riuscireste a perdonarmi? Riuscireste a capire perché io abbia fatto tutto questo, o mi rinnegherete come figlia, amica e fidanzata? In questi anni sono cambiata parecchio».
(Tratto dal prologo)
Seguito di Perfect Creature - all'interno della serie "Ice Heart".
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ice Heart Saga.'
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Gabriel/Kim - Nothing Else Matters

Lasciai cadere lo zaino a terra e mi buttai a peso morto sul letto, tenendo lo sguardo fisso sul soffitto. Mi infilai le mani nei capelli, sospirando a fondo e cercando di liberare la mente, anche se era piuttosto impossibile.
Non avevo più vistò né parlato con Cristabel da quando... beh, da quando mi aveva baciato.
Nemmeno Kim.
Il suo sguardo parlava forte e chiaro: aveva visto tutto, o se non aveva visto aveva percepito i nostri pensieri, i nostri battiti cardiaci, qualsiasi minimo cambiamento nell’umore o persino l’odore. Aveva dei sensi straordinari, le sarebbe bastato leggere la mente di Cristabel mentre mi baciava per vedere la scena davanti ai propri occhi, senza esserne testimone oculare.
Quando mi era passata accanto mi aveva osservato in modo strano, quasi avesse avuto intenzione di spezzarmi in due, farmi a fette, incenerirmi, farmi scomparire. Qualsiasi cosa.
E non aveva squadrato tanto più dolcemente Cristabel, anzi. Sembrava avesse voluto mangiarla viva, farle patire tutte le pene dell’inferno una ad una come aveva sofferto lei.
Chissà come si sentiva ora, se non le interessava davvero niente di ciò che era successo tra me e Cristabel o se si stava torturando per ciò che aveva visto. Sicuramente non aveva reagito come avevo fatto io mentre la osservavo baciarsi con Maximilian, il Cacciatore che aveva ucciso alla festa al Landmark Hotel. Solo a ripensarci mi veniva il mal di stomaco.
Eppure, se pensavo a Cristabel, mi sentivo così confuso. Certo, non l’avevo spinta via e nemmeno le avevo detto che tutto ciò era sbagliato. Infondo ero stato io quello che aveva tentato di baciarla, tempo prima. La situazione era diversa però.
Non sapevo più nemmeno io cosa provavo.
Forse era inutile rimanere appeso al ricordo e alla speranza che Kim tornasse da me, come una volta, come quando era umana.
Io...volevo baciare Cristabel, ma mi sentivo in colpa senza un vero motivo. Avevo paura di fare la cosa sbagliata, ma da appena l’avevo conosciuta sapevo che era una ragazza speciale, fuori dalla norma. Era solare, comprensiva, agguerrita e coraggiosa e mi stava aiutando a dimenticare Kim, in qualche modo.
Gabriel tieni a mente quali sono i miei poteri. Specialmente ricorda questo: lei non è Kim”.
No, non era Kim, e quindi? Non potevo essere attratto da qualcun’altra che non fosse lei? Anche se le somigliava, questo era vero, ma erano due persone diverse con due caratteri diversi. Specialmente la nuova Kim che si era presentata era diversa dalla ragazza che conoscevo e amavo.
Credimi, in me c’è molta più Kimberly Drake di quanto tu possa immaginare”.
Però si era anche comportata come una volta. Non aveva esitato nel prendersi delle pallottole al posto mio, o a buttarsi nel fiume pur essendo una neo-vampira. Aveva rischiato di morire per salvarmi.
Sentii poi bussare alla finestra, perciò osservai chi ci fosse fuori. Cristabel stava muovendo la bocca – probabilmente dicendo qualcosa a bassa voce – e si guardava intorno. Mi alzai ed aprii la finestra, facendola entrare e guardandola in modo confuso. «Che ci fai qui?», domandai voltandomi verso di lei.
Senza fiatare si diresse verso la porta e la chiuse a chiave, in modo che nessuno potesse entrare. «Ci sono i tuoi in casa?», chiese ignorando la mia domanda.
«C’è mia sorella, perché?».
«Meno male che non sono passata dalla porta d’ingresso allora, non mi andava di imbattermi nei tuoi genitori o in tua sorella, dando spiegazioni su chi fossi e perché fossi qui», ridacchiò avvicinandosi.
«A me invece puoi dire perché ti sei intrufolata in camera mia passando dalla finestra?», riprovai.
Cristabel si morse le labbra, osservandomi con uno sguardo piuttosto strano. «Volevo vederti», mormorò dolcemente. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma uscì solo aria. Rimase piuttosto divertita dalla mia espressione, tanto che non riuscì a trattenersi dal ridere. «E’ così strano?».
«No, no, non è strano», dissi grattandomi la testa, sedendomi sul letto. Cristabel fece lo stesso: si accomodò accanto a me, senza togliermi gli occhi di dosso.
«Però?», continuò stuzzicandomi. Mi prese la mano, facendomi lentamente il solletico sulle nocche e sul polso.
Ridacchiai divertito, scuotendo la testa. «Non lo so». Con l’altra mano mi accarezzò la guancia, facendomi voltare verso di lei e continuando a sorridere. Si avvicinò di nuovo, non velocemente come la sera precedente. Mi allontanai di poco quando il suo naso mi stava sfiorando e subito si bloccò, confusa. «Scusa», sussurrai sulle sue guance.
Mi alzai dal letto, con la mente sempre più in tilt. Massaggiai le tempie a lungo, cercando di non pensare a Cristabel seduta sul letto e con gli occhi che penetravano la mia schiena. «E’ per lei, vero?», la sentii borbottare. Il suo tonò di voce cambiò velocemente così come cambia il tempo: ora era distaccata, sulla difensiva. Non c’era bisogno di una risposta verbale, lo sapeva perfettamente anche lei. «Vi siete parlati?».
«No», risposi subito, voltandomi verso di lei.
«Allora perché fai così?», volle sapere.
«Perché sono confuso, okay?», alzai la voce. Cristabel mi guardò con le labbra tese e lo sguardo socchiuso.
«Tu sei preoccupato per quello che pensa lei ora, non è vero? Hai paura che abbia visto tutto».
«Sono sicuro che abbia visto tutto ,è una vampira nobile», ironizzai. La ragazza, però, non sembrava aver colto l’ironia nella mia risposta. «Hai notato anche tu l’espressione che aveva quando era tornata con Derek e non c’era nulla di convincente. Secondo me è successo qualcosa, non è da lei stare zitta se ha visto tutto».
«E dovrebbe interessarci questo?».
Strinsi i pugni ed irrigidii lo sguardo. «A me interessa». Cristabel alzò il mento, come se le avessi appena sparato. «Kim rimane comunque la persona che ho amato più di tutta la mia vita, non ci siamo mai detti addio veramente. Poi sei arrivata tu, mi hai aiutato a non pensarla quando ormai se n’era andata e anche quando era tornata e poi mi hai baciato. Non posso permettermi di essere confuso?».
«A me pare che anche tu avessi provato a baciarmi, prima che Derek piombasse all’improvviso a rovinare tutto. Mi avresti baciata anche tu, l’ho solo fatto prima io. Non mi pare che tu ti sia opposto», rispose pacatamente.
Scossi la testa, avvicinandomi a lei. «No, non mi sono opposto perché anche io volevo baciarti».
«E allora perché tutti questi dubbi se anche tu lo volevi?».
Sospirai a fondo, osservandola attentamente. «Io non...».
«Tu non sei ancora riuscito a dimenticarla», concluse al mio posto. Si alzò in piedi, arrivando a pochi centimetri dal mio viso. «Lei non ha fatto nulla per non perderti, ma ti ha solo allontanato sempre più. Fossi stata in lei avrei lottato fino alla morte per tenerti stretto».
Ridacchiai innervosito. «Beh, lei è morta per proteggermi», le ricordai.
Fece finta di nulla, chiudendo gli occhi e prendendo fiato. «Quello che voglio dire è che se fosse ancora interessata a te si sarebbe già fatta avanti. Ora dimmi: sei ancora confuso?».
«Io sono ancora innamorato di lei Cristabel, come posso spiegartelo?», domandai a mia volta.
Vidi i suoi occhi brillare ed inumidirsi per le lacrime. «Non è significato proprio niente allora, vero? Lei era innamorata anche di Derek, come potevi tenere la bocca chiusa? Io non ce la farei».
«Beh, non è un po’ lo stesso per me ora? Io sono ancora innamorato di lei e sono attratto da te, è la stessa situazione. Riesco quasi a comprenderla ora, anche se ciò lascia dell’amaro in bocca».
Mi prese il viso tra le mani, avvicinandosi ancora di più. «Allora fammi vedere che sei attratto da me», sussurrò sulla mia pelle. Mi baciò di nuovo in modo decisamente più passionale rispetto all’altra sera. Strinse le braccia intorno al mio collo, mettendosi in punta di piedi. Le sue labbra erano calde, morbide, il suo sapore era dolce. La circondai con le braccia, lasciandomi trasportare dai suoi movimenti.
Mi tirò indietro verso di sé, facendomi cadere sul letto sopra il suo corpo senza smettere di baciarmi. Una sua mano mi sfiorava il petto delicatamente, l’altra afferrava i miei capelli.
Ad un tratto la spinsi sul fianco, alzandomi di scatto dal letto. Cristabel mi guardò perplessa e confusa, rimanendo a bocca aperta. Mi morsi il labbro, continuando a scuotere la testa osservando il pavimento: non volevo incontrare quelle iridi glaciali, che mi avrebbero solo fatto sentire ancora più in colpa. «Scusa non ce la faccio, non ora», le dissi.
«E quando scusa?», domandò irritata, alzandosi dal letto.
«Non adesso», alzai di nuovo la voce, trovando il coraggio di guardarla negli occhi. La sua espressione diceva tutto: era delusa, confusa, arrabbiata. «Devo anche preparare un esame, penso che tu mi abbia già dato abbastanza a cui pensare mentre studio».
Scoppiò a ridere, mentre le sue mani cominciavano a tremare. «Sarebbe questa la scusa? Devi preparare un esame?».
«Ora come ora non sono in grado di scegliere Cristabel, cerca di capirmi. Quando tutto sarà finito sarò in grado di prendere una decisione, non ora». Stava sbattendo i piedi a terra nervosamente, mentre si divorava il labbro inferiore. Affilò lo sguardo verso la mia direzione, studiandomi attentamente. Non disse nient’altro, ma si limitò a andare verso la finestra ed aprirla. «Cristabel...», cercai di trattenerla, avvicinandomi a lei.
Alzò una mano per non essere toccata, senza voltarsi. «Ci vediamo Gabriel», mormorò con un filo di voce. Non aspettò nemmeno che dicessi altro, ma saltò giù dal balcone e si diresse alla macchina, parcheggiata non lontana da casa mia. La sentii scappare a tutto gas, facendo fischiare le ruote all’incrocio.
 
 
Allontanai la testa dalla gola del giovane vampiro che aveva cercato – invano – di attaccarmi. Mi ero recata fuori Londra, nei boschi che si trovano ad est. Non era stato mandato dal Consiglio: non aveva lo stemma sul petto, ma era uno di quei semplici vampiri che ero solita trovare prima che ci fosse una taglia sulla mia testa.
Lasciai cadere a terra il suo corpo, pulendomi la bocca con il braccio. I miei occhi bruciavano ancora ed i nervi non si erano ancora distesi. Mormorai svogliata “incendia” ed i cadaveri dei vampiri che si trovavano accanto a me presero fuoco in un baleno. Le fiamme scaldavano lentamente la mia pelle, mentre ripulivo le mie tracce.
Appena chiudevo gli occhi riuscivo solamente a vedere Cristabel. E non appena pensavo a lei la mia furia – di conseguenza, la mia sete – aumentava a dismisura. Mi sentivo bruciare ovunque, colta da spasmi d’ira irrefrenabili ed incontrollabili. Nell’arco di tutta la notte e la mattina seguente avevo ucciso e dissanguato almeno una trentina di persone – umane e non – e la mia sete non si era ancora placata.
Uccisi anche un altro Cacciatore del Consiglio, Riley Beers, un giovane di appena vent’anni che aveva sbagliato lavoro. Non gli lasciai nemmeno il tempo di vedermi il volto che avevo già completato l’opera. Non saranno stati contenti i Cacciatori nel scoprire che un altro dei loro membri era finito sulla lista della mia spesa.
Stavo recuperando velocemente le mie forze con tutto il sangue che stavo bevendo. Abbassai gli occhi sulla maglia, trovando un enorme squarcio all’altezza dello stomaco: Derek l’avrebbe pagata per questo.
Ah no cara, hai idea di quanto io abbia aspettato per fa sì che ti dimenticasse e ricominciasse a vivere?”.
Mi sedetti a terra, poggiando la schiena contro il tronco di un albero.
Perché diavolo lo avevo lasciato fare? Perché non ero intervenuta, cercando al massimo di non ucciderla subito, ma facendola soffrire per bene?
Tutto ciò che era nella mia mente era Gabriel, per questo Derek era riuscito ad avere la meglio su di me: ero troppo distratta, non riuscivo nemmeno ad usare i miei poteri talmente tanto ero sconvolta. Di sicuro non l’avrebbe passata liscia nemmeno Cristabel, questo poco ma sicuro.
Gabriel si stava innamorando di lei, era inevitabile. Sarebbe successo, prima o poi.
All’improvviso sentii uno spostamento d’aria e davanti a me comparve Sinéad. Si inginocchiò a pochi centimetri dal mio corpo, osservandomi attentamente. «Non te la passi bene cugina», sentenziò.
Appoggiai la testa contro l’albero, ridacchiando divertita dalle sue parole. «Dimmi, da quando io me la passo bene?». I suoi occhi violacei mi studiarono ancora più a fondo, per quanto riuscisse a penetrare i miei pensieri. Con mia cugina non avevo bisogno di nascondere dei segreti.
«Riguarda quello che è successo l’altra sera, non è così?».
«Allora non servono le doti di Derek per scoprire i miei sentimenti», ironizzai. Anche se il vampiro, da quando avevo sviluppato certe abilità, non riusciva più a percepire nulla in me: né pensieri né sentimenti.
Sinéad sorrise dolcemente, mettendo una mano sullo squarcio della maglia. «Potrei dargli una bella lezione se vuoi», ridacchiò divertita.
Scossi la testa, attratta dall’idea. «Non c’è bisogno, me ne occuperò io personalmente». Poggiò poi i gomiti sulle sue ginocchia, rimanendo immobile davanti a me ad osservarmi.
«Mi chiedo perché tu non abbia ancora agito».
«Che cosa dovrei fare?», domandai ad alta voce, chiudendo gli occhi e sbattendo la testa contro la corteccia. «Gabriel si sta innamorando di Cristabel, non ci posso far niente».
«Si sta innamorando di lei perché tu gli stai dando l’occasione di dimenticarti su un piatto d’argento, e giustamente Cristabel ha colto l’occasione al volo. Non è stupida, lo sai anche tu quanto sia forte ed intelligente quella ragazza. Con il tuo atteggiamento di sicuro Gabriel non correrà tra le tue braccia, non trovi?», disse pacatamente.
«Io sono così ora, Sinéad. Non sono più la Kimberly che conosceva, sono diventata una predatrice. Uccido persone umane, non comprenderebbe mai i motivi per cui faccio certe cose. Mi considera una semplice vampira assetata, non più la dolce ragazza di cui era innamorato», replicai.
«Eppure con lui ti comporti come la vecchia Kim a volte. Ad esempio quando hai sfidato il Tamigi rischiando la tua vita pur di salvarlo». Strinsi le labbra, sospirando a fondo: le mie narici si riempirono del profumo della clorofilla e di mia cugina. «Anche lui sa che c’è ancora la vecchia Kim in te, mostragliela se davvero tieni a lui».
Scossi la testa, sorridendole. «Tu non sai cosa voglia dire essere me. Firmerei la sua condanna a morte, non potrei mai farlo. Già non sarei dovuta tornare, ma l’ho fatto per il semplice motivo che senza di me qui stava diventando troppo rischioso, poi mi sono dovuta mettere in mostra perché si stavano ponendo troppe domande. E chi fa domande ottiene risposte».
Mise una sua mano sulla mia spalla, scuotendomi leggermente. «Non so cosa voglia dire essere te, hai ragione. Ma sei mia cugina, perciò ti capisco più di chiunque altro: tu stai soffrendo e questo ti rende sempre più debole se non lo hai notato. Diventi un bersaglio facile persino per Derek, come credi di poter affrontare un esercito di vampiri addestrati e di Cacciatori se pensi solo a Cristabel e Gabriel?». Non risposi, ma mi limitai a fissarla negli occhi. «Sai già la risposta», continuò alzandosi davanti a me.
«Non credo», risposi abbracciandomi le ginocchia.
«Oh si cugina». Mi fece l’occhiolino e mi lasciò di nuovo da sola, in mezzo al bosco.
 
Vidi Gabriel e Logan passeggiare per l’Hyde Park, mentre chiacchieravano tranquillamente del più e del meno: a quanto pareva, Gabriel avrebbe dovuto prepararsi per un esame, anche se aveva altro per la testa – chissà per quale motivo. Li seguii senza farmi vedere, continuando ad ascoltare i loro discorsi.
Logan era uscito ancora con Ashley – non avrei mai creduto che gli avrebbe dato una seconda opportunità – e avevano deciso di provare di nuovo a passare del tempo insieme. Chissà se sarebbero cambiati nei loro atteggiamenti, o se avrebbero litigato ancora per le solite stupidaggini.
All’improvviso trovarono Derek davanti agli occhi, con le mani in tasca. «Vi va se andiamo a caccia?», propose dopo essersi salutati.
Gabriel e Logan lo osservarono stupiti e colti di sorpresa. Si guardarono entrambi, non sapendo cosa rispondere. «Come mai a quest’ora? E’ pieno pomeriggio», disse Gabriel.
«Sì, ma volevo dare un’occhiata nel bosco fuori Londra. Ieri ho sentito diverse scie di sangue, non vorrei ci fosse qualcosa», rispose facendo spallucce innocentemente. Leggendo nella sua mente, riuscii a capire che il bosco che intendeva era quello in cui mi ero recata io per massacrare un po’ di vampiri. Alle loro spalle arrivò Cristabel, con le braccia incrociate al petto e la testa bassa. Alzò la testa e li guardò in modo distaccato, freddo. In particolar modo Gabriel. «Caccia, ci stai?», propose il vampiro. La ragazza lo guardò sospettosa per un breve momento, annuendo poi debolmente e facendo una smorfia.
«Oh, possiamo considerarci al completo», ridacchiò Logan, aprendo le braccia verso la ragazza.
«Io non credo», dissi avvicinandomi a loro. Si voltarono tutti dalla mia parte, osservandomi con una strana espressione in volto – non di benvenuto ovviamente. Gabriel mi studiò attentamente e a lungo, mentre la ragazza non mi degnò di uno sguardo più lungo di cinque secondi.
Osservai Derek, piegando la testa su un lato. Mi rivolse un sorriso divertito. «Scommetto che sai già qualcosa».
Sospirai teatralmente, camminando su e giù davanti a loro. «In realtà me ne sono già occupata io, per questo hai sentito tutto quel sangue». Sentii i tre cuori che battevano aumentare – chi più debolmente chi meno – la frequenza. Derek sbuffò, non colto di sorpresa. «Ve lo avevo detto che avevo un certo langurino», ricordai loro.
Il cowboy si coprì la bocca per ridere, cercando di non far troppo rumore. «Allora, adesso siamo veramente al completo. Vogliamo andare?».
«Beh, se se n’è già occupata lei», borbottò Cristabel.
«In realtà Derek ha avuto un’ottima idea. Ho trovato molti vampiri li, perciò possiamo dare un’occhiata». Gabriel affilò lo sguardo verso di me ed io lo congelai. Avevo riacquistato abbastanza forza da poter utilizzare i miei poteri mentali, ma non avevo intenzione di usarli subito. Magari sarebbero potuti tornare utili nello scontro.
Presi Logan sulle spalle e cominciai a correre verso quel bosco, lasciandomi alle spalle gli altri. Lo sentii stringere la presa contro il mio corpo, cercando di non scivolare. Sentii anche Derek partire con Gabriel e Cristabel in spalla, mentre mi insultava per avergli lasciato loro due da trasportare.
Nell’arco di pochi minuti arrivammo a destinazione, esattamente poche centinaia di metri dentro il bosco. Misi a terra Logan – un po’ rintontito dalla corsa – e mi osservai intorno per cercare di captare qualche rumore o qualche odore. Sentivo ancora il profumo di sangue che avevo bevuto dai vampiri che, inevitabilmente, erano stati uccisi. Percepivo ancora una breve scia di Sinéad, ma era debolissima: Derek non sarebbe stato in grado di percepirla senza prima bere il mio sangue.
Anche gli altri arrivarono in un baleno e subito si osservarono intorno, cercando di orientarsi in un posto in cui non erano mai stati a caccia. «Hai fatto piazza pulita», ridacchiò Derek, avvicinandosi a me.
«Quanti ne hai uccisi?», domandò Cristabel, poggiando la mano contro la corteccia di un albero.
Il mio sorriso si allargò, ma non mi voltai a guardarla. «Più di quanto tu possa fare in una sera intera. Avevo molta sete». Sbuffò sospesa tra il divertita e il disgustata.
Logan procedette davanti a tutti, estraendo il fucile e poggiandoselo sulla spalla, fischiettando allegramente. Almeno uno di noi aveva un buon motivo per essere felice.
Procedendo all’interno del bosco, Derek riuscì a percepire qualche odore in più. «Hai eliminato le prove», sentenziò, sentendo l’odore di bruciato. Feci spallucce senza rispondere, ma limitandomi ad osservare il comportamento di Gabriel e di Cristabel.
Entrambi erano confusi, per di più riuscii a vedere nella mente di Cristabel che si era intrufolata in camera di Gabriel il giorno prima. Vidi il loro bacio, sentii i loro discorsi e i miei pugni si strinsero automaticamente. Il vampiro notò questo piccolo particolare, perciò spostò i suoi occhi violacei su di me e cercò di penetrare la mia mente.
Sentii all’improvviso dei rumori provenire da lontano: vampiri.
Mi bloccai in mezzo al bosco e così fecero gli altri, senza fiatare. Chiusi gli occhi e cercai di liberare la mente, attirando verso di me i nemici. Li sentii correre mentre si avvicinavano; dall’odore erano semplici vampiri, non del Consiglio. Evidentemente non credevano che potessi allontanarmi così tanto dal centro.
Non appena furono a pochi metri da noi, li feci apparire direttamente avvolti dalle fiamme, mentre urlavano per il dolore. Logan, Gabriel e Cristabel si allontanarono immediatamente, tenendo le armi puntate sul corpo dei vampiri in fiamme. Nell’arco di pochi secondi tutto svanì: solo cenere davanti ai nostri piedi.
Logan si voltò verso di me, sbuffando. «Così non vale però, ti diverti solo tu!», si lamentò indicandomi. Alzai le mani e risi divertita.
«Okay, non lo faccio più. I prossimi sono tutti vostri», risposi.
Riprendemmo a camminare, io chiudevo la fila. Il bosco in quella zona era molto più fitto, con anche piccoli cespugli spinosi ai piedi degli abeti. Gabriel si fece spazio usando le braccia, cercando di creare un varco per farci passare.
«Ahi, merda», mormorò improvvisamente. Non ebbe nemmeno il tempo di controllare la sua mano che avevo già la risposta: vidi il suo sangue colare a terra velocemente, lasciandone un po’ anche sul ramo che aveva spostato e con la quale si era appena graffiato.
Cominciai a vedere tutto offuscato: il suo profumo invase l’aria che ci circondava, facendomi bruciare il naso e la gola in maniera spropositata. Sentivo il sangue nelle mie vene cominciare a scorrere all’impazzata, i canini che cercavano di allungarsi e gli occhi che si annerivano per la sete. Derek mi guardò per una frazione di secondo e, mentre Cristabel, Logan e Gabriel si stavano voltando verso di me, diedi loro le spalle portandomi una mano sulla bocca e chiudendo gli occhi, concentrandomi.
Anche lui sa che c’è ancora la vecchia Kim in te, mostragliela se davvero tieni a lui”.
«Kim», sentii Gabriel mormorare.
Concentrati, stai calma.
Sapevo perfettamente che i loro occhi erano puntati sulla mia schiena, in particolar modo quelli di Derek e di Gabriel. Maledizione, perché non si era ancora coperto la ferita con qualsiasi dannata cosa? Man mano che i secondi passavano, il profumo del suo sangue impregnava l’aria intorno a me, tanto che mi sentivo soffocare molto lentamente. Anche Derek riusciva a percepire il suo gusto sulle papille, ma non ne era minimamente attratto come lo fossi io.
Sentii Gabriel avvicinarsi di un paio di centimetri, ancora con la mano che colava e che sporcava il terreno sotto i nostri piedi. L’unica cosa che riuscii a fare – per il bene di tutti quanti – fu scappare da più veloce della luce, per non sentire più il suo profumo.
Cominciai a lasciarmi indietro tutti loro, sfiorando e graffiandomi il volto coi rami degli alberi che sporgevano dal tronco. La mia mente era ancora concentrata su una cosa: il sangue di Gabriel. Non riuscivo a togliermelo dalla testa ed una parte di me avrebbe girato i tacchi per tornare indietro ed approfittarne.
Le orecchie fischiavano così forte che non percepivo nulla intorno a me: sempre e solo quel profumo che mi annebbiava il cervello.
Mi sentii improvvisamente tirare all’indietro in modo piuttosto brusco, tanto che rischiai di scivolare. «Kim, fermati!», gridò Derek bloccandomi e terminando la mia corsa.
Non ci vidi più.
Lo spinsi contro il primo albero che trovai intorno a noi ed affondai i canini nel suo collo in modo rude, pensando solamente a cibarmi. Forse così sarei riuscita a calmare la mia sete.
Derek strinse una mano intorno alla mia spalla, rimanendo paralizzato contro il tronco dell’albero per il dolore. Stavo quasi per tranquillizzarmi, quando quel profumo si fece di nuovo sempre più vicino.
 
 
Appena arrivammo tutti di corsa davanti a loro rimasi impietrito: Kim stava quasi divorando la gola di Derek contro il tronco di un albero, stringendo le sue mani intorno al corpo del vampiro. Quando mi fermai a qualche metro di distanza la vidi alzare la testa lentamente e voltarsi a rallentatore: i suoi occhi erano un misto tra il rosso fuoco ed il nero, la sua bocca era completamente sporca di sangue ed i canini minacciosi erano in bella vista. Cristabel divenne quasi un cubetto di ghiaccio a quella visuale, così come anche Logan – che era più abituato di lei nel vedere certe cose – sembrava a disagio e colto di sorpresa.
Kim si leccò le labbra, assottigliando lo sguardo da predatore. Fece uno scatto talmente veloce che non me ne accorsi nemmeno, ma Derek l’afferrò per una mano e la schiacciò contro l’albero, puntando subito alla sua gola. Kim spalancò la bocca ed emise un suono acuto per il dolore, paralizzandosi. Afferrò la spalla di Derek, stringendo a più non posso, tanto che gli strappò la maglietta e gli fece colare il sangue lungo il braccio. Il vampiro, senza nemmeno voltarsi o toglierle la mano, continuò impavido a bere il sangue di Kim, avvicinandola sempre di più al suo corpo. Quegli occhi che fino a pochi secondi prima erano marcati dalla sete, ora stavano tornando di un azzurro pallido con piccole scaglie violacee, mentre mi fissavano.
Il suo sguardo si socchiudeva sempre di più e Derek non sembrava intenzionato a smettere di bere da lei. «Fermati», dissi avvicinandomi di un passo, ma senza ottenere alcun risultato. Kim chiuse del tutto gli occhi e la sua mano che stringeva la spalla di Derek cadde senza forze lungo il suo corpo. Il vampiro dovette cingerle i fianchi con un braccio per tenerla in piedi, senza nemmeno alzare la testa dal collo di Kim. «Fermati, la ucciderai!», gridai nervoso come non ero mai stato prima. Logan mi afferrò il polso perché, senza nemmeno accorgermene, mi stavo avvicinando pericolosamente a loro.
Derek si allontanò con la bocca dal collo di Kim e lei, non appena il vampiro tolse il braccio dai suoi fianchi, cadde a terra senza forze, tenendo gli occhi chiusi e respirando a fatica. Non che ne avesse avuto bisogno.
Derek, quando si voltò, aveva gli occhi azzurri come il cielo con sfumature color pece, i canini ancora allungati e tutto il mento sporco di sangue.
Kim si mosse molto lentamente, apparendo incredibilmente umana. «Tutta qui la tua forza? Controllavi meglio la tua sete appena eri stata trasformata in vampira», disse Derek quasi in un ringhio, mentre le sue iridi tornavano violacee. Si avvicinò a Kim, piegandosi sulle ginocchia. La vampira alzò i suoi occhi su di me, con le labbra socchiuse ed un’espressione talmente dispiaciuta che rischiò di spezzarmi il cuore. «Dopo due anni non sei ancora riuscita a dimenticare quel profumo e quel sapore, vero? Esattamente come io non ho ancora dimenticato il tuo maledetto sangue di quando eri umana. Solo pensarci mi stuzzica ancora».
Cristabel mi guardò intensamente, quasi mi stesse studiando. Non avevo la più pallida idea di cosa le stesse passando per la testa, ma sicuramente non era così allegra del fatto che Derek stava quasi per uccidere Kim ed io sarei stato capace di ammazzarlo con le mie mani, se solo fossi stato in grado.
Logan sospirò, sistemandosi il cappello ed osservando i movimenti del suo amico. Si notava perfettamente che il sangue di Kim gli aveva dato nuova forza: sembrava più aggraziato, più veloce e fluido in qualsiasi cosa facesse, anche solo nel suono della sua voce si percepiva il cambiamento.
La vampira respirava ancora a fatica, muovendo lentamente il suo petto. Per un momento osservò ancora la mia mano sporca di sangue, perciò mi pulii sulla maglia e la infilai nella tasca della giacca, per mettere fine alla sua tortura. Certo, avrebbe ancora sentito l’odore, ma almeno non avrebbe più visto le gocce scendermi lungo il palmo.
Se solo non avessi cercato di avvicinarmi a lei col sangue che colava, non sarebbe scappata via, non avrebbe attaccato Derek e non sarebbe successo tutto ciò.
Esattamente come quella volta nel bosco, due anni prima, quando era stata appena trasformata: aveva tentato di attaccarmi, ma Derek era intervenuto e si era fatto mordere al mio posto. Subito dopo, Kim aveva tentato di suicidarsi, gettandosi nel fiume.
«E’ proprio particolare il tuo sangue: mi sento maledettamente in forma, sento meglio i rumori, percepisco più pensieri ed altro ancora», continuò Derek, rivolgendosi direttamente a Kim. «La tua mente ora è piuttosto scoperta, ma sento che stai ancora lottando per tenere chiuso quel guscio che ti ostini a non aprire».
Ricordavo che, appena Kim era tornata da noi, Derek aveva accennato al fatto che avesse sviluppato nuove abilità e che non riuscisse a leggerle la mente. Era forse per questo “guscio”? E perché non voleva aprirsi con noi?
“Non sono riuscito a percepirla mentre arrivava, non sono riuscito a leggerle la mente quando era qui con noi, non sentivo quasi nemmeno il suo profumo”.
“Sono tutte abilità che ha sviluppato, probabilmente per non farsi trovare dai vampiri del Consiglio”.
«Grazie per avermi dato l’onore di bere il suo sangue, signorina Blood», ridacchiò Derek, mordendosi il polso e schiacciandolo sulla bocca di Kim. La vampira cominciò subito a bere senza farselo dire due volte. Si poggiò su un gomito, ancora coricata a terra, e con una mano strinse il polso di Derek. I suoi occhi erano tornati rossi e mi guardavano in modo piuttosto strano. Da quando era tornata non mi aveva mai guardato così.
Poi, improvvisamente, spostò il suo sguardo su Cristabel, in piedi accanto a me che la osservava. Subito la sua espressione cambiò: strinse di più la mano sul polso di Derek, così come anche i denti sulla pelle del vampiro. Sembrava quasi avesse voluto...ucciderla. Era da qualche giorno che la osservava con quegli occhi da assassina e, se ci pensavo bene, era da quando Cristabel mi aveva baciato.
Tutto questo non aveva senso.
Derek tolse il polso dalle labbra di Kim e la ferita guarì in un batter d’occhio. La vampira si pulì le labbra con il pollice, mentre i suoi occhi tornavano al loro colore abituale. «E comunque non l’avrei uccisa, non muore così facilmente. Dovresti saperlo», continuò Derek, massaggiandosi il polso e rivolgendosi a me.
Dopo qualche secondo erano scomparsi dal mio campo visivo. Kim stava stringendo la gola di Derek, sollevandolo dal pavimento e tenendolo schiacciato contro un altro albero a pochi metri da noi. «Non osare mai più a fare una cosa del genere», ringhiò facendomi correre infiniti brividi lungo la spina dorsale.
Il vampiro simulò un sorriso, fulminandola con lo sguardo. «Prego, la prossima volta ti lascio banchettare in santa pace». Kim lo lasciò cadere a terra, osservandolo per ancora qualche secondo.
«E non mi chiamare mai più signorina Blood».
Lanciò poi un’occhiata verso me, Cristabel e Logan, senza proferir parola. Con una nonchalance degna di un vampiro, alzò i tacchi a passo umano e se ne andò senza dir nulla a nessuno di noi, lasciando Derek a terra con la mano intorno alla gola.
 
 
Feci un lungo respiro, cercando di tenermi sotto controllo.
Mi avvicinai alla finestra come avevo già fatto molte volte, cercando di rimanere abbastanza lontana dal vetro per non rischiare di appannarlo e lasciare la mia traccia. Le tende erano semi aperte, ma riuscivo a vederlo perfettamente. Il suo petto si muoveva regolarmente, con profondi e lunghi respiri.
Gabriel dormiva dolcemente, abbracciato al cuscino. La sua mente era libera e non stava sognando. Io non riuscivo a pensare ad altro se non a quello che era successo nel pomeriggio. Ero stata imperdonabile, avevo di nuovo rischiato di perdere la testa come due anni prima.
Appoggiai una mano alla finestra, senza smettere di osservarlo.
Anche lui sa che c’è ancora la vecchia Kim in te, mostragliela se davvero tieni a lui.
Mi voltai per andarmene, chiudendo gli occhi e sospirando. Intanto non c’era più nulla da fare li.
Sentii poi un leggero rumore, con un aumento del battito cardiaco. «Non te ne andare», mormorò da dietro il vetro.
 
 
Aprii la finestra e la bloccai prima che se ne andasse. La sua testa era bassa e, non appena avevo parlato, si era immobilizzata. Si voltò lentamente, tenendo le labbra strette e gli occhi spalancati colmi di espressività, come non era mai stata da quando era tornata. Le presi la mano e la trascinai lentamente dentro la mia camera – intanto aveva il permesso, non c’era bisogno dell’invito ufficiale – e chiusi la finestra dietro la sua schiena.
Quando si girò verso di me, le sue iridi erano quasi completamente viola. Non riuscivo nemmeno a trovare le parole, talmente tanto ero stupito di vederla davanti ai miei occhi, nel cuore della notte. E non si era nemmeno opposta, stranamente.
«Sei qui», mormorai più a me stesso che a lei. La porta era chiusa, ma non volevo rischiare di svegliare qualcuno.
Fece spallucce, camminando su e giù. «Non volevo svegliarti», rispose apertamente. La seguii con lo sguardo, cercando di catturare la sua attenzione. Studiai a fondo il suo atteggiamento, completamente diverso dal solito: era strano il fatto che tenesse la testa bassa, che parlasse senza far battute pungenti.
Sentii il mio cuore impazzire, battendo sempre più forte. Kim se ne accorse subito, ma non fece commenti. «Perché sei venuta?».
Si bloccò accanto al letto, sfiorando con due dita il materasso. Chiuse gli occhi e notai che inspirò a fondo. «E’ stata anche qui, vero?», volle sapere, evitando la mia domanda. Non risposi, irrigidendomi al suono e all’evidenza delle sue parole. Si lasciò scappare una risata amara, irritata. «Ho letto la sua mente, credi che io non sappia cosa sia successo? Sento il suo odore ovunque, molto più intenso sul letto».
Ovviamente sapeva tutto e Cristabel non si era fatta scrupoli nel tenere la sua mente libera, mentre sapeva che Kim l’avrebbe letta. La fissai negli occhi, sospirando. «Non è successo niente».
«Lo so», rispose immediatamente. Non capivo dove volesse arrivare. La sua mano strinse le coperte disfatte del mio letto, la mascella si era irrigidita e l’espressione era più fredda, seria. Quegli occhi ora erano fissi nei miei e, molto probabilmente, stava leggendo i miei pensieri. Scosse la testa debolmente, dirigendosi verso la finestra. «Devo andare».
«No, aspetta», l’afferrai ancora per la mano. Kim si voltò verso di me e non cercò di scomparire all’improvviso o scappare senza ascoltarmi. Mi diede la sua attenzione, ma era indecifrabile. «Prima o poi potrò sapere il motivo per cui due anni fa te ne sei andata?».
Non rispose subito, stringendo le labbra ed osservandomi. Scappò lentamente dalla mia presa e fece due passi indietro, osservando attentamente le foto che erano appese al muro: alcune erano della mia famiglia, altre erano insieme a lei, anni prima. La luce era spenta e tutta l’illuminazione che avevo in camera derivava dai lampioni della strada e dalla luna, alta nel cielo. «Te l’ho già detto mille volte: non potevo rimanere, era troppo pericoloso», rispose schietta, facendola breve.
«Pericoloso per cosa? Da quel che dici se sei tornata è perché eravamo in pericolo».
«Non potevo rimanere qui e rischiare che il Consiglio scoprisse che mi stavate coprendo, non potevo permettermi di mettervi in pericolo per colpa mia. Loro non devono nemmeno provare ad avvicinarsi alla mia famiglia».
«Il Consiglio non sa che ci siamo anche noi dietro tutto questo, gli unici vampiri che lo sapevano sono stati mandati all’inferno».
«Ah davvero? E allora perché vi stavano già cercando ancora prima che tornassi? Se non ricordi male, quando sei uscito con la mia moto, uno dei loro vampiri ha cercato delle informazioni da te ed io l’ho sistemato».
Strinsi le labbra, ripensando a quel giorno di qualche mese prima. Era la prima volta che avevo visto un vampiro del Consiglio, con quel simbolo sulla maglia. E Kim se n’era occupata senza che io me ne accorgessi, senza sapere che fosse tornata. «Tu lo hai fatto perché volevi fare tutto da sola, come al solito», la rimproverai. Kim non era mai stata la persona più adatta a collaborare, me lo aveva fatto capire sin dal primo giorno che l’avevo conosciuta, quando doveva uccidere Arthur.
«Io l’ho fatto per proteggervi!», alzò la voce, con un tono semi infuriato. «Lo hai visto anche tu che perdo ancora il controllo, come avrei fatto a tenervi al sicuro con me intorno?». Ingoiai la saliva, ripensando a ciò che era successo nel pomeriggio. La mia ferita ora era curata, probabilmente non sentiva più l’odore del sangue. «Hai visto che sono ancora instabile, nonostante siano passati due anni da quando sono così, sarei stata solo un pericolo in più per voi ed un bersaglio facile».
«E’ stata colpa mia», ammisi immediatamente.
La sentii ridere nervosamente, mentre scuoteva la testa. «Certo, è colpa tua se sanguini come tutti gli umani su questa terra e io sono stata creata per uccidere al costo di avere del sangue». Si avvicinò a me, “comparendo” all’improvviso a poche spanne dal mio corpo. Sembrava quasi stesse tremando dall’agitazione, mentre mi respirava addosso. «Non riesco ancora a star lontana da te senza pensare al tuo sangue e sai perché? Perché anche solo la minima scia del tuo profumo è come una pugnalata allo stomaco, è una lotta contro la bestia che c’è in me». Scosse la testa, allontanandosi di qualche centimetro. «Ha ragione Derek, maledettamente ragione: io non riesco a togliermelo dalla testa. Ogni notte pensavo e ripensavo a te, mentre uccidevo e mi cibavo di quei schifosi vampiri. C’eri solo tu nella mia mente».
«Perché, a chi credi che io pensassi ogni volta che andavamo a caccia? Ogni volta che mettevo piede nell’università, ogni volta che vedevo tua madre, ogni volta che incontravo un vampiro!». Strinse le labbra, muovendo velocemente gli occhi per osservarmi meglio. «E poi sei tornata completamente diversa, facendoci del male. Come credi che io mi sia sentito quando hai dimostrato di non avere più un cuore, o quando ti baciavi con quel dannato Cacciatore?».
«L’ho fatto per evitarvi un lavoro sporco che toccava a me fare! Sareste stati in grado di uccidere un umano?», alzò ancora il tono di voce, irritandosi.
Non aveva tutti i torti: nessuno di noi lo avrebbe ucciso. «E’ così che ti giustifichi? Non potevi ucciderlo e basta, dovevi per forza baciarlo?».
«Mio Dio, Gabriel! L’ho fatto perché io ti…», ringhiò infuriata. Le sue iridi divennero immediatamente celesti, con piccole scaglie corvine. Strinse i denti, chiudendo gli occhi e affondando le unghie nei palmi delle mani.
Il mio cuore si fermò.
Kim fece due passi indietro, continuando a scuotere la testa. Sembrava in preda al panico, preoccupata per ciò che stava per dirmi. La presi per un braccio e la strattonai, afferrandole il volto con entrambe le mani e avvicinandola a me. Il suo respiro era freddo, agitato. «Io ti amo ancora, lo vuoi capire?», sussurrai.
I suoi occhi si inumidirono, ma non lasciò cadere alcuna lacrima. Sembrò sorridere per un breve istante, ma non ne ero così sicuro. Anzi, non ero sicuro di nulla in quel momento, se non del mio amore per lei. Non avevo più dubbi a riguardo: di fronte a Cristabel potevo essere il ragazzo più confuso del mondo, ma non davanti a Kim.
Mi avvicinai lentamente alle sue labbra, col cuore in gola. Non avevo mai provato così tanta tensione fino a quel momento. Solo quando restituì il bacio sentii tutto il corpo in preda ai brividi, tanto che non riuscivo quasi a stare in piedi.
La strinsi forte al mio corpo, infilandole una mano tra i capelli e cominciando a baciarla come una volta. Dopo un momento di esitazione Kim circondò il mio collo con un braccio, mentre l’altro cingeva i miei fianchi. La sue labbra erano esattamente come le ricordavo: fredde, marmoree. I miei respiri erano diventati sempre più corti a causa dell’agitazione e non ragionavo più.
Aspettavo quel momento da troppo tempo.
La presi in braccio e schiacciai il suo corpo tra me e l’armadio, continuando a baciarla fino allo sfinimento, fino a quando le labbra cominciarono a bruciare per la passione. Kim mi afferrò il viso mentre la baciavo sul collo, respirando a fatica. «Ti amo», mormorai prima di chiudere di nuovo la mia bocca sulla sua.
Scese volontariamente da me, spingendomi sul letto e comparendo sul mio corpo all’improvviso. Si bloccò ad osservarmi, mentre i suoi capelli mi sfioravano il viso. Aveva un’espressione dolce, come se la sua parte umana non fosse mai andata veramente via. «Se ti dicessi che non ho mai smesso di amarti, mi crederesti? Mi perdoneresti?», chiese con voce mielata, come un suono di campane.
Le accarezzai il viso, contemplando la sua incredibile bellezza, così grande da far male. «Io ti avrei aspettata anche dopo la morte».
Si abbassò su di me e mi baciò lentamente, con meno fervore rispetto a poco prima. Seguii perfettamente i movimenti delle sue labbra, sfiorandole il viso con due dita e sentendomi raggelare per la differenza di temperatura. Mi misi a sedere con lei in braccio, mentre continuava a baciarmi dolcemente.
Le cinsi i fianchi, sfilandole la maglietta e gettandola ai piedi del letto. Fece lo stesso con me, avvicinandosi al mio orecchio e mormorando “ti amo”. Per il me il tempo avrebbe anche potuto fermarsi in quell’istante.
Si coricò, poggiando la testa sul cuscino che stavo abbracciando prima di svegliarmi. Per un attimo pensai che si trattasse di un sogno, perché non poteva essere vero. Mi allungai su di lei e la baciai ovunque, slacciando i bottoni dei jeans e togliendoli, lasciandola in biancheria intima.
Kim mi afferrò le spalle e mi tirò su, riprendendo a baciarmi. Poggiò poi un dito sulle mie labbra, bloccandomi a pochi millimetri dal suo volto. «Perdonami», mormorò sciogliendosi nei miei occhi, «io non volevo farvi del male, ma pensavo solo a proteggervi. Volevo andarmene via, una volta finita la faccenda col Consiglio». Al suono di quelle parole i miei muscoli si irrigidirono ed il mio cuore si fermò per una frazione di secondo. «Ma non ce la farei di nuovo: abbandonarti è stato peggio che morire».
Le diedi un bacio sulla fronte, scendendo lungo il collo e sul petto. Kim mi abbracciò forte, tanto che mi faceva quasi male. Una sua mano era tra i miei capelli, l’altra afferrava il braccio.
All’improvviso sentii un piccolo squarcio all’altezza della spalla sinistra, ma non mi lamentai. La sentii emettere un suono stridulo e mi spinse via dal letto, facendomi cadere a terra.
Mi alzai immediatamente, preoccupato per la sua reazione. «Kim», mormorai osservandola. Si era messa a sedere e respirava a fatica; il suo corpo tremava e si osservò lentamente la mano: era sporca di sangue. Solo in quel momento sentii un piccolo bruciore sulla pelle, perciò controllai di persona: esattamente dove aveva la mano avevo un graffio – probabilmente causato dalle sue unghie – e perdevo sangue, anche se non molto.
Quando sollevai la testa la vidi voltarsi verso di me, gli occhi celesti con bagliori cremisi, i canini già affilati. Osservai le sue dita sporche e mi sentii raggelare: il suo sguardo da predatrice non mi rassicurava affatto.
Cercai di avvicinarmi a lei, ma scosse la testa senza proferir parola. «Kim, va tutto bene», la rassicurai.
«Non avvicinarti», disse categorica, con voce strozzata. Raccolsi la maglietta e mi pulii il sangue che stava ancora colando lungo il braccio, fino a quando il flussò non finì. Kim si stava osservando le dita ed i suoi occhi si annerivano sempre più. Avvicinò le labbra alla mano, leccando lentamente i polpastrelli e rabbrividendo. Velocemente ripulì il sangue dalle sue dita e quando si voltò i suoi occhi erano quasi completamente neri.
Mi sedetti sul letto, avvicinandomi pian piano. «Non mi farai del male».
Da quando ho bevuto il tuo sangue, sono in un certo senso più...sensibile. Se prima era abbastanza difficile per me trattenermi, ora è peggio ancora”.
Ripensai a quando aveva bevuto il mio sangue per la prima volta: si comportava nello stesso identico modo.
Kim mi lesse la mente e scosse la testa, contraria con ciò che avrei voluto fare io. «Non posso, non lo merito», sentenziò.
Le presi una mano, stringendola sulle mie labbra e baciandola a lungo. «Ti amo e ti voglio in ogni modo possibile, voglio anche questo». Kim si voltò completamente verso di me, osservando la collana che avevo al collo: non avevo mai tolto la catenina che mi aveva regalato a Natale di due anni prima, quella con la sua iniziale. Poggiò poi la mano sulla mia gola, accarezzando i due buchi che mi aveva lasciato quando si era saziata col mio sangue. Erano sempre stati più freddi rispetto alle altre parti del corpo.
Accostò le labbra alla mia pelle, respirandovi sopra: provavo freddo, più che altro per l’agitazione. Il mio battito era molto più forte e lo poteva percepire. Sapevo perfettamente quanto fosse stato difficile per lei trattenersi nel bosco, ma adesso era peggio: si trovava a pochi millimetri dal mio collo, mentre combatteva contro il suo istinto. «Ti amo», le dissi chiudendo gli occhi.
Immediatamente, sentii i suoi canini affondare nella mia pelle.
Il mio corpo si tese in ogni suo muscolo, mi mancò il fiato e sentii un lungo brivido lungo la schiena. Kim cominciò a bere molto lentamente, cercando di non stringermi più di tanto; la sentii sospirare mentre soddisfaceva la sua sete. Subito dopo l’impatto iniziale, il mio corpo si scaldò in un baleno: sentivo il mio sangue scorrere all’impazzata, passando velocemente da me alla sua bocca. Formicolavo ovunque, ma non era una sensazione fastidiosa: non mi ero mai sentito così rilassato.
Dopo un paio di minuti mi sentii indebolito, stanco. Kim si allontanò velocemente dalla mia gola, cercando di non farmi male. Si leccò le labbra inumidite, aprendo gli occhi e mostrandomi le sue iridi rosso fuoco: le osservai a lungo, fino a quando non ripresero il loro colore normale. Forse avrei dovuto aver paura di lei in quel momento, ma non ne avevo motivo.
Le sorrisi, sfiorandole il volto. «Ti amo», dissi ancora sorridendole.
Si lasciò scappare anche lei un piccolo sorriso, scuotendo la testa. «Io molto di più», rispose. Si sedette accanto a me e subito ripresi a baciarla, cogliendola di sorpresa. Riuscii a sentire il gusto del mio sangue nella sua bocca: era ferroso, una sensazione strana.
Come avevo fatto con lei, mi slacciò i pantaloni e li tolse in un batter d’occhio, stringendomi al suo petto. Le slacciai il reggiseno e chiusi le labbra sul suo seno, facendola sussultare. Se il suo cuore avesse ancora potuto battere, sicuramente sarebbe stato impazzito quanto il mio: ricordavo perfettamente, quando era umana, come si agitava per questi gesti.
Strinse le sue mani sulla mia testa, gemendo dolcemente. «Non ti fermare», mormorò in preda all’estasi. Mi sentì tremare per il freddo – a causa della sua pelle – perciò tirò su le coperte per riscaldarmi un po’.
La guardai dritto negli occhi, mentre entravo dolcemente in lei. Aveva le labbra socchiuse e le iridi così viola come non avevo mai visto, il contorno verde giada di quando era umana. Cominciai a muovermi lentamente, mentre mi stringeva contro il suo corpo. Fare l’amore con lei era la sensazione più bella del mondo, specialmente dopo così tanto tempo che l’aspettavo.
Cercò di non graffiarmi di nuovo con le unghie, evitando di tenere le mani aperte sulla mia pelle, ma stringendo due pugni ferrei. Il suo corpo era gelido come il ghiaccio, ma al contatto col mio si stava riscaldando. Anche le sue guance sembravano aver preso più colore: una lieve macchia rosata in mezzo al latte. I suoi occhi erano illuminati dalla luna e non era mai stata così bella.
«Non ti lascerò mai più», sussurrò afferrandomi il viso. Le diedi un bacio lungo e ricco di passione, mentre cominciavo a muovermi più velocemente. La sentii gemere ancora mentre la baciavo e le mie braccia si irrigidivano sempre più a causa della posizione.
Mi fece rotolare sul fianco fino a quando non finii sotto il suo corpo. Mi osservò sorridendo, muovendosi al posto mio: sapeva che, siccome aveva bevuto il mio sangue, ero più debole e fiacco. «Cominciamo a recuperare il tempo perso», disse sensualmente.
«Non sarà mai abbastanza, ma l’importante è che tu sia mia e non mi abbandoni più: nient’altro ha importanza».
Ridacchiò divertita, esattamente come faceva prima di fuggire. «Allora questa notte sarà solo l’inizio», e si abbassò su di me per darmi il bacio più appassionato che mi avesse mai dato.
  
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