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Autore: Deb    11/02/2014    3 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo I


Quando ho visto Plutarch, ho creduto fermamente che ci avessero catturato, poi ho udito la voce di Finnick e successivamente quella di Haymitch.
Non capisco bene quello di cui parlano, parlano di esche, lei viva. Chi? Mi gira la testa, ma la voce del mio mentore mi sveglia totalmente e, con ancora stretta la siringa così da poter uccidere Peeta se necessario, spalanco la porta e barcollo in loro direzione. Haymitch, Plutarch e un Finnick molto malridotto sono seduti intorno a un tavolo su cui è stata servita una cena che nessuno sta consumando. La luce del giorno si riversa dentro gli oblò e vedo in lontananza le cime dei alberi di una foresta. Stiamo volando.
«Hai finito di svenire, dolcezza?»

Cerco di andargli incontro, non so neanche perché, ma vedere Haymitch mi dona speranza. Forse... forse non siamo stati catturati. E Peeta sta bene, magari è in un'altra stanza mentre lo stanno rimettendo in sesto, come hanno fatto con me. Haymitch mi porterà da lui e torneremo a casa, sani e salvi. Invece mi stringe i polsi per non farmi cadere e mi guarda la mano.
«E così siete tu e una siringa contro Capitol City? Vedi, è per questo che nessuno ti lascia mai fare dei progetti», lo guardo sbalordita. Non ha capito nulla. Non serve per combattere Capitol City, serve per uccidere Peeta cosicché non lo torturino, poi, mi ucciderò io. Ma se Haymitch è così tranquillo significa che non siamo stati presi da Snow.
Vorrei chiedergli dove è Peeta, ma sento la pressione delle sue dita sulla mia mano affinché lasci andare la siringa. «Mollala».
Alla fine mi ritrovo seduta, una ciotola di brodo davanti a me con Plutarch che mi ordina di mangiare. Ma perché lui è qui?
Guardo Haymitch, che si è seduto di fronte a me, quando comincia a parlare.
«Katniss, ora ti spiegherò quello che è successo. Non voglio che tu faccia domande finché non avrò finito. È chiaro?»
Annuisco. Voglio sapere cosa diavolo sta succedendo.
Sento il cuore tamburellarmi nel petto, come se volesse uscire dalla cassa toracica. Avevano un piano e non ne sono stata messa al corrente. Né io, né Peeta. Noi due siamo le ultime due ruote del carro a quanto pare. Non abbiamo il diritto di sapere cosa facciano con noi e per noi, ma quelli che ci rimettono siamo sempre io e lui che andiamo avanti cercando di sopravvivere, proteggendoci. Pensavo sarei morta nell'arena, avrei protetto Peeta e sarebbe tutto finito lì, invece Haymitch e... Plutarch - mi sembra difficile crederlo - hanno ideato un piano per... per cosa? Per iniziare una rivoluzione? Mi ha mentito. Per tutto questo tempo mi ha mentito. Mi ha fatto delle promesse, mi ha presa in giro quando gli ho parlato del Distretto 13 ed invece lui sapeva. Ha sempre saputo ed ha taciuto.
Continuano a ripetermi che né io né Peeta sapevamo nulla. Ma perché? Non credo alla parole di Haymitch quando me lo spiega. Ma soprattutto non posso credere che Johanna non mi volesse uccidere. Non è possibile.
«Dovevamo salvarti perché sei la ghiandaia imitatrice, Katniss», dice Plutarch. «Finché sei viva, vive anche la rivoluzione».
Ma non hanno pensato di avvisarmi che l'avrebbero messa in atto. Non mi hanno spiegato alcun piano, nulla. Eppure io devo rimanere viva perché con me vive la rivoluzione. Anche se praticamente non ho mai voluto niente di tutto ciò, anche se quello che ho fatto è stato mosso soltanto da... non so nemmeno io da cosa. Forse dal voler proteggere Peeta.
«Peeta», sussurro con un tuffo al cuore. Voglio vederlo. Ricordo che lo cercavo, che urlavo il suo nome fino a che non ho distrutto il campo di forza. Non dovevo lasciarlo solo, non dovevamo dividerci.
«Gli altri hanno tenuto Peeta in vita perché sapevamo che, se lui fosse morto, non saremmo riusciti a tenerti dentro l'alleanza», continua Haymitch. «E non potevamo rischiare di lasciarti senza protezione». Le sue parole sono dirette, la sua espressione immutata, ma non può nascondere la sfumatura di grigio che ha assunto il suo volto.
«Dov'è Peeta?» Sibilo
mentre sento lo stomaco contorcersi in una morsa al pensiero che non siano riusciti a salvarlo. No. Non lo devo pensare. Haymitch l'avrà sicuramente portato in salvo. Avevamo un patto: proteggere Peeta.
«E' stato preso dalle forze di Capitol City insieme a Johanna ed Enobaria», risponde Haymitch, abbassando lo sguardo.
Non riesco a pensare a nulla, sento soltanto la rabbia crescere in me. Doveva salvarlo. Doveva proteggere lui. L'aveva promesso!
Mi lancio sopra il tavolo ed affondo le unghie nel volto di Haymitch, che si copre di sangue. Gli ferisco un occhio. Poi iniziamo tutti e due ad urlarci cose orribili e Finnick cerca di trascinarmi via.
«Bastardo», urlo dimenandomi, prima di sentire la siringa perforarmi la carne rendendomi lentamente incapace di fare qualcosa. Sono troppo debole per muovermi, ma non per pensare. E le uniche cose nella mia testa sono il nome ed il volto di Peeta.
Non sono riuscita a proteggerlo, ma voglio riaverlo indietro. Il suo posto è qui con me. L'avevo detto, era il mio ultimo desiderio, invece ora è nelle mani di Snow e... chissà cosa gli stanno facendo. Dovevo esserci io, potevano torturarmi, uccidermi. Peeta non se lo merita, non ha fatto niente di male. Quella che è andata contro Capitol City sono stata io ed io devo pagare con la morte, con le torture, non Peeta. Lui dovrebbe essere qui, al mio posto, sano e salvo.
Quando riapro gli occhi, dopo l'ennesimo sedativo, Gale è davanti a me. Mi sento in colpa nei suoi confronti, ora. Mi sono lasciata andare con Peeta prima di entrare nell'arena perché avevo la certezza che sarei morta, ma ora, che invece sono qui, viva, non posso fare a meno di sentire un senso di tradimento. Ma io e lui non siamo mai stati una coppia e non capisco perché mi debba sentire così. È vero che avevo scelto lui, ma credevo anche che non l'avrei più rivisto. Se non fossi così stordita, mi sarei alzata per stringerlo a me, per sentire il suo calore. Mi può far sentire meglio, può farmi dimenticare Peeta, anche se solo per pochi secondi. Invece, alla fine, mi informa che il Distretto 12 è stato distrutto. Capitol City l'ha bombardato dopo che la mia freccia ha distrutto il campo di forza. Non sono riuscita a proteggere l'unica persona che mi ero ripromessa di salvare ed ora scopro che non solo non sono riuscita in quello, ma che ho ucciso tantissime vite nel 12. L'unica cosa a cui riesco a pensare ora è che è colpa mia. Sarebbe stato meglio se mi fossi suicidata con quei morsi della notte, invece di provare a salvare sia me che Peeta.

Non posso andare nel 13 senza prima passare per il 12. È in condizioni pietose, ma è normale, visto che l'hanno bombardato. Sono riuscita a recuperare alcuni miei oggetti e Ranuncolo. Per Prim, mi dico.
Non vedo l'ora di riabbracciarla e, quando arrivo nel Distretto 13, la mia famiglia è nella loro abitazione per la Riflessione.
Quando Gale mi dice che ci vogliono al Comando ho paura che vogliano parlare di qualche tattica per la rivoluzione e soprattutto come dovrebbe comportarsi la ghiandaia imitatrice in questa circostanza. Non ho voglia di andarci, ma non dico nulla e seguo Gale.
Indugio sulla porta del Comando, l'iper-tecnologica sala destinata alle riunioni e ai consigli di guerra, dotata di computer parlanti a tutta parete, mappe digitali su cui compaiono i movimenti di truppe nei diversi distretti, e un enorme tavolo rettangolare con quadri di comando che non ho il permesso di toccare. Nessuno si accorge di me, comunque, perché sono tutti radunati davanti a uno schermo televisivo che sta all'estremità opposta della sala e trasmette i programmi di Capitol City ventiquattr'ore su ventiquattro. Sto pensando che potrei anche riuscire a sgattaiolare via, quando Plutarch, la cui massiccia corporatura copre il televisore, mi scorge e mi fa insistentemente cenno di raggiungerli. Riluttante, mi sposto in avanti, tentando di immaginare perché la trasmissione dovrebbe interessarmi. È sempre la stessa roba. Filmati di guerra. Propaganda che ripropone i bombardamenti del Distretto 12. Un sinistro messaggio del presidente Snow. Perciò è quasi divertente vedere Caesar Flickerman, l'eterno anfitrione degli Hunger Games con la faccia dipinta e il completo scintillante, che si prepara a fare un'intervista. Finché la telecamera non indietreggia e vedo che il suo ospite è Peeta.
Mi sfugge un suono: la medesima combinazione di ansito e gemito che deriva dall'essere sommersi dall'acqua, privati di ossigeno sino al punto di provare dolore. Scosto la gente a spintoni finché non sono proprio davanti a lui, una mano appoggiata allo schermo. Cerco nei suoi occhi un segno di sofferenza, un riflesso dell'agonia della tortura. Non c'è niente. Peeta ha un'aria così sana da sembrare florido. La sua pelle riluce, perfetta, come se gli avessero fatto un trattamento levigante completo. L'atteggiamento è composto, serio. Non riesco a conciliare questa immagine con quella del ragazzo malmenato e sanguinante che ossessiona i miei sogni
. Mi sembra di essere in un limbo. Vorrei poterlo raggiungere, vorrei abbracciarlo, stringerlo a me e dirgli che va tutto bene. Ma non è vero, sarebbe una bugia. L'ennesima. E sicuramente non posso essere lì con lui. Mi dà speranza il fatto che sembra stare così bene. Forse non lo tortureranno. Forse lo trattano bene, sperando che io lo raggiunga presto, per portarlo via da lì, così da potermi catturare, torturare ed uccidere.
Traditore. È così che apostrofano Peeta dopo ciò che ha detto, ma sono sicura che non lo sia. Non può esserlo. Lui è sempre dalla mia parte, lui sta ancora tentando di proteggermi. Devo fare qualcosa, ma cosa? Come posso proteggerlo anche io nel momento in cui arriverà qui - perché lo salverò e lo farò tornare da me - quando quasi tutti credono sia un traditore?
Dopo averlo visto con Ceaser, l'unica cosa a cui riesco a pensare è che Peeta sia vivo, che sta bene, e che ho ancora la possibilità di correre a Capitol City per strapparlo dalle loro mani.
Alla fine, dopo aver parlato con Prim, riesco a dettare determinate condizioni - compresa l'immunità di Peeta - se si vuole davvero che io sia la ghiandaia. La Coin ha indetto una conferenza con tutto il Distretto 13, così so per certo che non può rimangiarsi la parola data. Avrei dovuto farlo fare anche a Haymitch quando mi ha promesso che avremmo fatto di tutto per salvare Peeta dall'arena, allora forse non avrebbe potuto far altro che salvarlo per davvero.

Non so cosa gli abbiano fatto, ma nelle interviste seguenti Peeta non è fresco come prima. L'hanno torturato. Gli stanno facendo del male ed io sono qui a non fare nulla, mi nascondo in armadietti e in sistemi di areazione non funzionanti. Dovrei essere già in volo verso Capitol City per salvarlo, ma non mi fanno fare nulla. Sono la ghiandaia, devono proteggermi. Secondo me sarei più utile da morta che da viva. I Distretti potrebbero continuare con le rivolte proprio perché il Governo ha ucciso il loro volto della rivoluzione. Forse lo penso perché mi sono stancata. Sono stanca di dover combattere per qualcosa più grande di me. Sono stanca di dover essere comandata a bacchetta. Non posso fare quello, non posso fare questo. Devo stare attenta. Io voglio soltanto sapere Peeta in salvo, come lui ha cercato di salvare me dai bombardamenti. Perché lui sta ancora cercando di tenermi in vita. L'ha detto persino Gale.
Continuo a giocare al Gatto Matto, trascorro il mio tempo nel rifugio e non posso fare a meno di pensare a Peeta nelle mani di Snow. Cosa gli stanno facendo? Andrei da Gale, ma gli Hunger Games hanno cambiato il nostro rapporto. Alla fine mi ritrovo con Finnick, anche lui distrutto da ciò che potrebbero fare ad Annie Cresta, una vincitrice come noi, che è uscita di testa e che ora è nelle grinfie di Capitol City, come Peeta. Sa come mi sento, lui mi capisce. Non Gale che odia tutti, persino il mio staff di preparatori che non hanno mai fatto male a nessuno. Ed è vero che ha cercato di sembrare normale con loro, ma non riesco a perdonarlo per ciò che ha detto.
Ho capito che Snow sta cercando di farmi crollare e Finnick insinua nella mia testa l'idea che io ami Peeta, che abbia convinto il Presidente di questo proprio perché il mio sentimento è sincero. Lo amo? Non lo so con certezza, so che voglio saperlo al sicuro. Questa è l'unica cosa importante. E poi ripenso a ciò che è accaduto, quel giorno. L'avevo quasi dimenticato, troppo presa da tutto ciò che sta succedendo. Finnick dice che amo Peeta per come ho reagito nell'arena quando è andato contro il campo di forza, ma se... se Snow avesse visto in qualche modo il giorno in cui io e Peeta abbiamo... non riesco nemmeno a pensarlo, ma non è una cosa inverosimile. Sapeva persino che avessi baciato Gale, quindi non è impossibile il fatto che ci abbia spiato, che abbia saputo che io e Peeta abbiamo condiviso l'intimità. Eravamo al dodicesimo piano del Campo d'Addestramento, eravamo all'interno di un suo palazzo. È possibile! Sono stata una stupida. Non dovevo lasciarmi andare, anche se credevo sarei morta. Non dovevo fare una cosa tanto insensata ed inutile! Snow ha catturato Peeta per spezzare me perché sapeva che, dopo quello che avevamo passato, non avrei retto nel sapere che venisse torturato per colpa mia. Mi ribolle il sangue nelle vene e lo stomaco si contorce, facendomi salire la nausea fino alla gola. È colpa mia, ancora una volta. Sempre e solo colpa mia.

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Capitolo introduttivo che inizia con un flashfoward e si spalma su un periodo abbastanza lungo. Dovevo far passare un po' di tempo, ma avevo la necessità di soffermarmi sull'introspezione di Katniss. :)
Spero non vi abbia annoiato.
Baci
Deb
   
 
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