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Autore: Angie Mars Halen    12/02/2014    2 recensioni
Nikki sta attraversando il periodo più buio della sua vita e ha l’occasione di incontrare Grace. Dopo il loro primo e burrascoso incontro, tra i due nasce una profonda amicizia e Grace decide di fare del suo meglio per aiutare e sostenere il bassista. Inizialmente Nikki è felice del solido rapporto che si è creato tra lui e questa diciassettenne sconosciuta, ma subentrerà la gelosia nel momento in cui lei inizierà a frequentare uno dei suoi compagni di band. Mentre dovrà fare i conti con questo, Grace, che è molto affezionata a lui e quindi non vuole abbandonarlo, dovrà fare il possibile per non essere trascinata nell’abisso oscuro di Sikki.
[1987]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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22) GRACE

Stavo camminando a passo spedito lungo il Valley Vista Boulevard quando un’automobile rallentò per procedere a passo d’uomo e seguirmi. Per un attimo contemplai l’idea di mettermi a correre, ma mi fu sufficiente notarne il colore scintillante per capire all’istante a chi appartenesse.

“Chi si vede!” esclamò Vince sbucando dal finestrino, gli occhiali da sole calati sul naso come se a quell’ora ce ne fosse stato veramente bisogno. “Credevo che fossi a casa di Nikki.”

“Infatti ci sono stata fino ad ora,” risposi mentre mi avvicinavo all’auto.

“Dove stai andando?” domandò dopo aver sollevato gli occhiali sul capo.

“Da Elisabeth, sempre ammesso che sia a casa.”

Vince scosse il capo fingendosi dispiaciuto. “Non per rovinarti la serata, ma è appena andata a trovare Tommy.”

Alzai gli occhi al cielo: qualcosa mi diceva che da quel giorno io e Beth ci saremmo viste sempre meno, e non la biasimavo.

Vince si offrì di darmi il secondo passaggio della giornata, ma io non avevo affatto voglia di tornare a casa. Dopo quello che era successo con Nikki avrei preferito fare una passeggiata per distrarmi e smaltire la rabbia.

“Cos’hai intenzione di fare ora?” mi chiese Vince mentre mi seguiva piano con la macchina. Stava cominciando a seccarmi con tutte le sue domande da terzo grado e, soprattutto, con il suo ghigno da finto innocente interessato alla mia situazione.

Feci spallucce. “Non ho idea di dove andare, ma credo che aspetterò che sia passata l’ora di cena prima di rientrare. Avevo detto che sarei andata a mangiare fuori perché avevo in programma di restare da Nikki a fargli compagnia visto che me l’aveva chiesto, però stasera mi è sembrato troppo su di giri e ho preferito andare via.”

Vince sobbalzò e inchiodò. “Per caso è successo qualcosa?.”

“Mi ha offerto una dose, ma non l’ho accettata,” risposi. Vince continuava a guardarmi senza proferire parola, poi vidi un sorriso spavaldo spuntare sul suo viso che non prometteva nulla di buono, almeno non per me.

“Quindi ti manca solo qualcuno con cui andare a cena, giusto?” azzardò.

Sbuffai. “Già. Credo che prenderò un burrito al baracchino vicino alle scuole.”

Vince fece una smorfia di disappunto. “Che cosa triste. Io avrei un’idea migliore visto che stasera non sei l’unica ad essere stata abbandonata da tutti.”

“Non mi ha abbandonata proprio nessuno,” ribattei stizzita.

“Be’, però a me sì,” rispose Vince, poi fece un sorriso sornione. “Però hai ragione: io non ti ho abbandonata come ha fatto quell’ingrata di Elisabeth con te e quello stronzo di T-Bone con me.”

Mi strinsi nelle spalle, rassegnata. “Quale sarebbe la tua idea?”

Vince appoggiò un braccio sul finestrino abbassato e cominciò a gesticolare. “Sono a casa da solo e non ho niente da fare, e tu anche. A casa mia c’è un sacco di spazio e siamo al sicuro da eventuali occhi indiscreti. Il massimo che posso offrirti è una pizza visto che il mio pizzaiolo di fiducia me la porta sempre a casa, ma posso assicurarti che la fa veramente buona.”

Aggrottai le sopracciglia senza però riuscire a nascondere un sorriso divertito. “Dici davvero?”

“Certo. È il migliore di tutta Los Angeles. Me lo sono scelto bene, io,” spiegò con fare da saputello.

“Se fossi sicura che casa tua non fosse un bordello internazionale verrei volentieri.”

A quelle parole Vince prese ad agitare le mani come se avesse voluto ricacciarmi in gola la frase che avevo appena proferito. “No! Scherzi? Cioè, forse sì, a volte esagero con le feste, ma ultimamente non più tanto.”

“Oh, mi dispiace,” dissi con tono melodrammatico mentre facevo il giro della macchina, poi bussai al finestrino della portiera opposta per farmi aprire perché aveva inserito la sicura. Forse anche lui, proprio come me, aveva paura che gli piombassero in macchina mentre era fermo in coda sui viali. Oppure, più facilmente, nel suo caso avrebbero provato a scattargli una foto o a saltargli addosso piuttosto che tentare di rapinarlo.

Vince spostò una pila di fogli dal sedile del passeggero per farmi spazio. “Come vedi, anche se non sembra, i Crüe stanno provando a lavorare per sfornare un eventuale album. Questi sono abbozzi di testi e scartoffie varie che mi tocca portare a casa.”

“Dove abiti esattamente?”

“Sopra Hollywood, un po’ in alto. Dal mio giardino si ha una splendida visuale del paesaggio.”

Il panorama lo avevo visto anche dalle Hollywood Hills con Nikki. Chissà che cosa avrebbe pensato se mi avesse vista salire in macchina con il suo cantante? Ero certa che si sarebbe arrabbiato parecchio perché sapevo quanto fosse geloso di me come amica, però non poteva pretendere che avessi attenzioni solo per lui. E poi, cosa ancora più importante, che cosa avrebbe pensato la mia famiglia? Solo in quel momento, mentre andavamo verso Hollywood, realizzai che, in effetti, nessuno sapeva con chi avevo stretto amicizia negli ultimi tempi. Se i miei genitori ne fossero venuti a conoscenza, mi avrebbero fatto una ramanzina infinita e tragica, mentre se lo avesse saputo mia nonna come minimo mi avrebbe attaccato una collana d’agli al collo visto che era convinta che la villa di Nikki fosse abitata da un vampiro o da qualche altro essere simile. Nessuno di loro avrebbe capito.

E io che cosa pensavo di me stessa?

Rabbrividii non appena sentii parlare la mia coscienza, che sembrava ripetermi di continuo la parola “groupie”. Una vocina dentro di me non la piantava di mettermi in guardia dal possibile giudizio altrui se si fosse saputo che non solo ero diventata la confidente di una rockstar, ma che adesso stavo anche andando a casa del cantante della sua band su suo invito. Sbuffai sonoramente e Vince se ne accorse.

“Tutto bene?” domandò.

“Stavo solo pensando.”

Appoggiai la testa al sedile e osservai il ben poco ridente paesaggio urbano fatto di abitazioni decadenti e attività al pian terreno lasciare il posto a case indipendenti con prati curati. Le sorpassammo tutte finché non giungemmo davanti a un cancello nero ed elegante che dava su un giardino verdeggiante, ornato da palme altissime e attraversato da un vialetto di pietre che conduceva a una casa su due piani.

“Davvero vivi qui?” domandai con il naso appoggiato al vetro.

Vince annuì e premette il pulsante del telecomando del cancello. “Sì. È un po’ grande per me da solo, ma mi trovo bene.”

“È un posto enorme.”

“Ti farò fare un giro, abbiamo ancora molto tempo.”

Parcheggiò davanti al garage e scesi, tenendo lo sguardo fisso sullo splendido giardino che sembrava più un parco, nonché il mio sogno da quando ero bambina. C’erano cespugli di rose di diversi colori, palme e siepi perfette che inglobavano la rete metallica della recinzione, mentre dei lampioncini bassi creavano aloni di luce calda sulla stradina di pietra. Vince mi fece cenno di seguirlo in casa e mi spiegò che si era trasferito in quella sorta di Eden sulla Terra da qualche mese per stare lontano dal traffico cittadino e, soprattutto, per sfuggire agli obiettivi dei giornalisti. Spinse poi un portone di legno massiccio e mi ritrovai in un salotto enorme e in perfetto ordine, un vero e proprio paradiso in confronto a quello di Nikki: non c’era neanche un velo di polvere sui ripiani di vetro di una grande libreria occupata da dischi, e le uniche bottiglie presenti erano sistemate in ordine su un carrellino dorato insieme ad alcuni bicchieri capovolti sul ripiano di marmo. Se Vince avesse voluto farmi fare veramente il tour di quella casa ne sarei uscita il giorno dopo tanto era spaziosa, tuttavia lo seguii mentre saliva le scale con passo deciso per mostrarmi anche il piano superiore. C’erano quattro camere, due delle quali erano completamente vuote e, mentre mi guardavo intorno a bocca aperta, mi domandavo per quale motivo abitasse da solo in una villa del genere. Tutte le luci erano accese e da questo dedussi che, probabilmente, il fatto di essere l’unica anima viva nella casa lo intimorisse. Mentre io facevo i miei ragionamenti e le mie ipotesi, Vince parlava velocissimo e puntava il dito dappertutto per indicare le cose che nominava come un bimbo emozionato che ti parla della sua cameretta nuova.

“È un peccato che sia buio, mi sarebbe piaciuto vedere il giardino alla luce del sole,” confessai mentre scendevamo le scale.

Vince sogghignò. “La parte sul retro è più illuminata di quella sul davanti visto che è quella che preferisco, poi di notte è più suggestiva perché, come ti dicevo, si affaccia su Hollywood.”

Mi accompagnò nuovamente in salotto e aprì una grande portafinestra che conduceva alla parte restante del giardino. Uscii sotto la tettoia e notai che la recinzione coperta dalla siepe aveva lasciato il posto a una cancellata in ferro battuto rivolta verso la città, della quale si potevano vedere tutte le luci e riconoscere gli edifici principali dello skyline di Downtown. Infine, in mezzo al prato, illuminata da luci gialle e soffuse, c’era una piscina.

“Vedo che non ti fai mancare proprio niente,” esclamai indicandola.

“Se solo avessi tempo la utilizzerei più spesso,” rispose Vince divertito, poi richiamò la mia attenzione toccandomi una spalla con la punta dell’indice. “Vuoi fare un bagno?”

Sobbalzai di fronte a quella richiesta bizzarra. “Stai scherzando? Siamo in novembre, non è più tempo da bagno in piscina.”

Vince si abbassò per sussurrarm iin un orecchio. “Stai forse insinuando che la mia piscina non sia riscaldata?”

Ma ti pare, Grace? Come hai fatto a non arrivarci subito?, pensai sarcastica. Però io, anche se mi sarebbe piaciuto, non avevo la minima intenzione di fare un bagno visto che non ero affatto capace di nuotare. Il massimo che ero in grado di fare era stare attaccata al bordo e avanzare di qualche metro, agitando le braccia e le gambe in modo scoordinato e imbarazzante. Va da sé che non avevo per niente voglia di fare una figuraccia con i miei movimenti goffi di fronte a Vince.

“Sei sicuro che sia abbastanza calda?” domandai per temporeggiare.

Vince mi invitò a provarlo di persona e mi avvicinai al bordo per immergere una mano nell’acqua che, effettivamente, era alla temperatura perfetta per fare un bagno. A quel punto estrassi la mano e sbuffai. “Non ho un costume.”

“Per quello non c’è problema,” saltò su Vince. Cominciai a preoccuparmi per le parole che avrebbero seguito quell’esclamazione perché prevedevo una battuta di pessimo gusto. “Te lo presto io. Dovrei averne uno in giro.”

Certo, e chissà a chi era appartenuto...

Lasciai cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi. “Quindi non ho scampo?”

Vince scosse il capo fingendosi dispiaciuto, ma il suo tono lasciò intendere l’esatto contrario. “Se proprio non vuoi possiamo lasciare perdere, ma sappi che una nuotata in tua compagnia mi farebbe comunque piacere.”

Se non avessi voluto accettare la sua proposta mi sarei rifiutata senza farmi troppi problemi, ma siccome l’idea di un bagno caldo in piscina in pieno novembre con vista Los Angeles stava cominciando a incuriosirmi, decisi di accettare. Del resto, nessuno sarebbe venuto a conoscenza di quella mia piccola follia, che altro non era che un “bagno nella piscina della villa da nababbo di Vince Neil”. Vince corse dentro a cercare il famigerato costume, probabilmente dimenticato da una delle tante tipe che gironzolavano per casa sua e, quando lo sentii esultare dal piano superiore per averlo trovato, pregai che il pezzo di sopra non fosse troppo largo e quello sotto troppo piccolo. Entrai in bagno ciondolando e ne uscii avvolta in un telo, poi raggiunsi Vince a bordo vasca.

“Tu cosa pensi di fare mentre io mi crogiolo nel tepore della tua piscina?” domandai mentre immergevo le gambe nell’acqua tiepida.

Vince alzò le spalle. “Credo che resterò qui a guardare.”

“Mi dispiace per te, ma non c’è proprio niente da vedere,” ribattei, poi sollevai una manciata d’acqua e gliela lanciai.

“Questo lo dici tu,” rispose mentre si toglieva le goccioline dalla chioma bionda con gesti svelti della mano.

Lasciai scivolare il telo sul prato dietro di me e mi raccolsi i capelli in uno chignon improvvisato, dopodiché entrai cautamente in acqua. Il calore mi avvolse il corpo e i brividi che avevo provato mentre attraversavo il giardino lasciarono spazio a una piacevole sensazione di relax. Per un attimo mi dimenticai addirittura di essere nel bel mezzo dell’autunno. Intanto Vince se ne stava seduto su una sedia di paglia a bordo vasca a rigirare una bottiglia vuota sulla superficie di un tavolino, sbirciandomi di tanto in tanto. Se pensava di aver trovato l’ennesima ragazza disposta a stare in ammollo nella sua piscina per la pura gioia dei suoi occhi, si stava sbagliando di grosso, allora mi avvicinai al bordo e mi misi in punta di piedi per appoggiare bene le braccia. “Mi hai chiesto di venire qui perché eravamo entrambi soli, ma tu non sei di molta compagnia.”

“Non sono un amante delle chiacchiere,” si giustificò fissando la punta ardente della sigaretta.

“Io però sì,” ribattei, poi tesi una mano verso di lui. “E poi avevi detto che una nuotata in mia compagnia ti avrebbe fatto piacere.”

Mi guardò di sbieco, sogghignando, poi si alzò dalla sedia di paglia e lasciò la giacca di jeans sullo schienale. “Visto che ci tieni tanto, allora vengo anch’io.”

“Non è che ci tengo, è che me lo avevi promesso,” lo interruppi.

Fece roteare gli occhi. “E infatti sto arrivando.”

A un certo punto vidi le sue dita avvicinarsi ai bottoni dei jeans e mi portai istintivamente le mani davanti agli occhi. “Ehi, aspetta un momento!”

Vince aggrottò la fronte senza fermarsi. “Cosa c’è? Adesso non si può neanche più fare un bagno in mutande nella piscina di casa propria?”

Spostai appena le mani dal viso. “In... mutande? Voglio dire... tu porti le–”

“Credevi che non le avessi?” chiese divertito.

Mi immersi nell’acqua fino al mento, imbarazzata per la figuraccia che avevo appena fatto, e annuii, scatenando una sua risata che presto contagiò anche me. Non era colpa mia se durante uno dei nostri discorsi per passare il tempo Nikki mi aveva svelato questo particolare che, viste le persone con le quali avevo a che fare, era più che intuibile.

“Che idee ti ronzano per la testa? Mick ha il suo bel da dire quando dice a Nikki che deve stare lontano dalle brave ragazze.”

Riemersi. “Cos’è che ha detto Mars?”

“Niente,” disse Vince prima di calciare via i jeans da vicino i suoi piedi e senza smettere di ridacchiare tra sé. “Ritornando al discorso di prima, se proprio la vista di un paio di mutande ti dà così fastidio, posso sempre farle sparire.”

Mi passai un palmo sul viso. “Credo che sopporterò le mutande.”

Vince indugiò un po’ a bordo vasca poi si tuffò all’improvviso, e il suono dell’acqua interruppe il silenzio circostante. Tornò a galla dopo qualche secondo, per poi immergersi nuovamente, guadagnare qualche metro e riemergere davanti a me. Mi fissò con i grandi occhi scuri e le labbra carnose si piegarono in un caldo sorriso. Ero abituata a vederlo strizzato nello spandex e ricoperto di glitter e avevo sempre pensato che gente come Nikki o altre band lo battessero dieci a zero. Ora che però non c’era traccia dei costumi e del trucco di scena, lo ritenevo di gran lunga più provocante, forse anche più di quanto avrei dovuto.

Spostai lo sguardo sui tatuaggi che aveva sulle braccia e ne indicai uno. “Anche a me piacerebbe averne uno.”

Vince si mostrò molto compiaciuto. “Cosa vorresti farti?”

“Pensavo a un falco,” risposi con estrema convinzione. “È il mio animale preferito. Forse ti può sembrare una sciocchezza, però per me significa molto.”

Vince appoggiò un gomito sul bordo e si sorresse il capo con la mano, dondolandosi appena nella penombra. “Non è vero, invece. Rappresenta la forza e, soprattutto, la libertà. Sei uno spirito libero, Grace. Dove lo vorresti?”

“Devo ancora deciderlo.”

“Se la mia opinione può interessarti, credo che starebbe bene qui,” suggerì sfiorandomi una spalla con la punta del dito, poi pian piano fece aderire l’intera mano per accarezzarmi la schiena e fui immediatamente scossa da dei brividi bollenti. Mi voltai, forse troppo velocemente e con gli occhi spalancati, facendogli intendere alla perfezione quale fosse stata la mia reazione a quel leggero contatto. Vince però non disse niente né si lasciò scappare una delle sue battute a sproposito, come credevo avrebbe fatto, ma continuò a guardarmi fisso negli occhi. Pensai che se non avesse smesso subito, avrei finito per non rispondere più delle mie azioni per non esplodere. L’ultima volta che avevo provato qualcosa di simile era stato a casa di Nikki, per l’esattezza quando mi era venuto vicino per spiegarmi come suonare un pezzo alla chitarra, ma in quel caso lui non aveva intenzioni particolari e io avevo provato solo molto imbarazzo di fronte a una persona che non conoscevo ancora abbastanza. Quella sera, invece, Vince aveva sicuramente qualche idea che gli vagabondava nella mente da chissà quanto tempo e io, anziché imbarazzata o a disagio come era successo con Nikki, ero fortemente attratta. Non riuscivo a fare a meno di studiare ogni suo minimo particolare e imprimermelo nella mente, e lo fissai finché non portò una mano dietro la mia testa per sciogliere lo chignon. I miei capelli mi ricaddero sulle spalle, galleggiando sul pelo dell’acqua come tanti raggi di sole.

“Così stai meglio,” disse Vince, poi lanciò l’elastico fuori dalla piscina.

Avrei preferito non bagnarli, ma ero certa che un tipo come lui fosse attrezzato e avesse un asciugacapelli da qualche parte nella sua casa enorme.

“Adesso cosa si fa?” domandai guardando il cielo terso dominato da un timido quarto di luna che, con la sua luce tenue, donava alla nostra pelle un colore argenteo.

Vince alzò gli occhi verso l’alto per guardare nella mia stessa direzione. “Di solito mi metto a osservare Hollywood, però tu mi hai fatto venire in mente che esiste anche il cielo. Sai, non è che abbia molto tempo per guardare attentamente ciò che mi circonda.”

Colsi una vena di malinconia nella sua ultima frase e mi avvicinai un po’. Proprio come mi aveva detto Nikki, essere una rockstar che è perennemente in tour non deve essere certo una passeggiata.

“Avete dei concerti in programma?” domandai per rompere il silenzio.

Vince alzò le spalle. “Oh, sì, tanti. Siamo spesso fuori città. Adesso però lasciamo perdere il tour, non voglio che pensi che stai parlando con il cantante figo di una delle band più casiniste e conosciute di tutti gli Stati Uniti. Voglio che pensi che stai parlando con Vince e basta.”

“Vince e basta...” ripetei a bassa voce, come se avessi voluto convincermi, poi lui mi circondò le spalle con un braccio e mi fece cenno di non parlare più.

“Ascolta,” mormorò con le labbra così vicine al mio orecchio che potevo sentirle sfiorarlo appena.

“Che cosa?” chiesi con il suo stesso tono di voce.

“I grilli. Io lo faccio sempre, penso che sia rilassante.”

Chiusi gli occhi e ascoltai il loro frinire. Il giardino ne era pieno e il loro flebile verso sembrava essere direttamente generato dal buio dei punti più oscuri. Mentre ero assorta nell’ascolto, lasciai scivolare distrattamente il capo di lato, finendo per appoggiarlo sulla spalla di Vince. Normalmente mi sarei data della stupida per essere stata così sbadata e aver rischiato di infastidirlo, ma quella volta non lo feci né mi spostai.




N. d’A.: Ave, gente!
Ecco svelato il mistero su dove fosse finita Grace!
Apparentemente la situazione sembra essersi calmata, ma state tranquilli, i casini stanno tornando, e anche in fretta.
Mercoledì prossimo arriverà il prossimo capitolo, a meno che i libri di filosofia non abbiano divorato la Mars – me misera! Ma sono certa che sopravvivrò!
Un bacio a tutti quanti e un grazie grande come una casa a tutti coloro che recensiscono, seguono e leggono in silenzio! ♥♥

Angie

   
 
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