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Autore: losermind_x    13/02/2014    3 recensioni
Jordan Jaiden, e un altro nome impronunciabile, Overstreet, aveva 19 anni compiuti, due fratelli nel mondo dello spettacolo, una casa per conto suo, un lavoro come manager/assistente della band di suo fratello, e la famiglia Lynch come vicina di casa.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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​Chapter III

 
“Jordan scendi, è pronto in tavola?”
 
“Non ne ho voglia”
 
Ormai erano quattro giorni che andava avanti così. I ragazzi la chiamavano per la colazione, il pranzo, la merenda, la cena, o semplicemente per passare del tempo con lei, e lei rispondeva sempre con un ‘non ne ho voglia’. Il fatto che i suoi genitori fossero in arrivo, peggiorava soltanto la situazione. I ragazzi credevano che il suo malumore derivasse da quello, solo Jamie sapeva, però, la realtà dei fatti.
 
 
*inizio flashback*
 
Aveva appena concluso la sua esibizione, ed era decisa ad andare a chiarire con Riker.
 
L’aveva trovato in cucina mentre ficcava la lingua in gola ad una, seduti sulla sua cucina.
 
La voglia di piangere era stata tanta, ma l’umiliazione che stava provando era ancora di più, così prese la ragazza per i capelli e la fece cadere a terra, mentre Riker cercava di staccarle.
 
“Sei pazza? Lasciala stare” Riker le ringhiò contro. Non poteva crederci. Preferiva quella troietta a lei.
 
“Tu sei pazzo se credi che io ti lasci pomiciare con una nella mia cucina” Jordan aveva gridato. Jamie era accorso. 
 
“Siamo in un paese libero, che cazzo te ne frega di dove pomicio io”
 
“Riker non esagerare” l’aveva ripreso Jamie.
 
“Tu fatti i cazzi tuoi, è grande abbastanza per difendersi da sola” 
 
“Lo sono, e ora va fuori da casa mia” Jordan lo stava cacciando, e mentre lo faceva, il suo cuore stava andando in frantumi.
 
“Non puoi cacciarmi” rispose il biondo.
 
“Invece può farlo” sentenziò Jamie. Dopotutto quella era casa loro. “Ed anch’io voglio che tu te ne vada”
 
“Non dirai sul serio?” chiese scioccato Riker. Poteva aspettarselo da una ragazzina come Jordan, ma non da Jamie.
 
“Più serio di così sarei morto” assicurò il ragazzo.
 
“Oh ma quanto siete esagerati, ci stavamo solo baciando” civettò la tipa a terra, svegliatasi magicamente.
 
“Sta zitta, sarà meglio” sibilò Jordan.
 
“Non dirle di stare zitta” la fronteggiò Riker. Jamie si pose tra la sua migliore amica e il ragazzo.
 
“E tu non avvicinarti a quel modo a Dan” lo rimbeccò Jamie.
 
“Scusami tanto se ho urtato la tua sensibilità, ma sai anche tu che lei non ti vuole, e mai ti vorrà” Riker aveva capito in uno sguardo, quello che Jordan non aveva capito in sei anni di amicizia. “Lei vuole me, ma io non mi interesso alle ragazzine, quindi te la cedo volentieri” continuò quello, ghignando meschino.
 
“Sei uno stronzo, e io ti odio. Ti odio!” aveva gridato Jordan prendendolo a pugni sul petto. “Ti diverti a far soffrire la gente, eh? Ma sai che c’è? C’è che sei solo un egoista del cazzo. Uno stronzo, bastardo, figlio di puttana. Uno che deve  andarsene a fanculo fuori da casa mia, prima che ce lo sbatta a calci nel culo. Porta il tuo culo fuori da casa mia, Lynch, e fallo ora. Ora!” urlò dandogli uno schiaffo in pieno viso. Riker cercò di reagire, ma Jamie fu più veloce, e bloccò la sua mano, prima che finisse sul viso della ragazza.
 
“Come cazzo ti viene in mente? Picchiare una ragazza. Ma dico, sei idiota o cosa?” sbottò Jamie prendendolo per il colletto della camicia. Gli diede un cazzotto sul viso e poi lo sbatté violentemente contro l’anta del frigorifero.
 
“Jamie lascialo stare” Jordan era spaventata, non voleva che Jamie facesse cazzate. 
 
“Visto? Le interesserà sempre più di me che di te” disse sprezzante Riker sputando il sangue a terra. La tipa che era con loro in cucina si era volatilizzata.
 
“Stronzo, menefreghista del cazzo. Jamie è diecimila volte meglio di te, e sempre lo sarà. Adesso va fuori di qui” reagì Jordan spingendolo lontano da Jamie. Lo spinse fino all’ingresso, dove continuò ad insultarlo e a dirgli quanto lo odiasse in quel momento. “Non farti mai più vedere, Lynch” disse categorica sbattendogli la porta in faccia. 
 
*fine flashback*
 
“Dan posso entrare?” Jamie stava bussando alla porta della camera, probabilmente con un vassoio contenente il pranzo tra le mani.
 
“Jamie va via” lo cacciò Jordan in malo modo.
 
“Se cambi idea, il pranzo è qui” concesse il ragazzo poggiando il vassoio a terra e tornando dagli altri.
 
Non usciva dalla sua stanza da quando aveva cacciato Riker, anzi, Lynch, fuori di casa. Ogni tanto mangiava quello che le portavano i ragazzi, le altre volte, la maggior parte, non toccava cibo. Si limitava a bere, e a soffrire. Aveva finito per desiderare che i suoi genitori arrivassero per portarla via di lì. In quei giorni era dimagrita, colpa del fatto che non avesse ingerito più di due o tre cucchiai di zuppa nel giro di quattro giorni. Non sapeva neanche più come fosse fatto il sole, complice il restare chiusa in camera con le tende chiuse, nel buio più totale.
 
Finalmente, però, i suoi genitori sarebbero arrivati nel primo pomeriggio, Nash e Chord avrebbero provato a fargli cambiare idea, non ci sarebbero riusciti, e lei sarebbe potuta tornare a casa. Lontana dalla California, da quella casa, e soprattutto dai Lynch.
 
In quei giorni non aveva fatto altro che dormire, e pensare. Pensare, in particolar modo, alle parole di Riker. Lei aveva sempre saputo quello che Jamie provava per lei, ed era anche certa che ormai, lui, l’avesse superata.
 
Era strano il destino. Quando lei aveva avuto dodici anni si era innamorata, come succede spesso, di un ragazzo più grande. Quel ragazzo aveva quindici anni all’epoca, ed era ovvio che non l’avrebbe notata. Poi, quando lei aveva iniziato a crescere, e a capire, il ragazzo era diventato più come un fratello maggiore per lei. Solo che, crescendo, il ragazzo si accorse di lei. Troppo tardi, forse. O troppo presto, a seconda dei casi. Si innamorò di lei, ma, pur di tenerla accanto, continuò a comportarsi come al solito. E a quel puntò non poté più tornare indietro. Fu così, che, quel ragazzino, divenne il suo migliore amico.
 
Non poté fare a meno di pensare a quanto stupidi fossero stati. Magari a quest’ora sarebbero stati insieme. O forse si sarebbero lasciati, e sarebbero comunque diventati migliori amici. Nell’una o nell’altra ipotesi, comunque, Jordan non riusciva a vedersi senza Jamie al suo fianco. Erano destinati a stare insieme. Se come migliori amici, o fidanzati, non era dato saperlo, ma Jordan ci avrebbe scommesso una mano che fossero destinati ad essere amici. Altrimenti non si sarebbe dovuta innamorare di Rik…ehm, no. Non voleva più pensarci. Doveva dimenticarlo, e prima l’avrebbe fatto, e meglio sarebbe stata.
 
Decise che una bella dormita l’avrebbe distratta, così si girò su un fianco, e cadde addormentata.
 
Venne risvegliata dal suono del campanello. Immaginava già chi fosse alla porta, per questo non osò muoversi da sotto le coperte.
 
Sentì le voci dei ragazzi parlottare con quelle dei suoi genitori, dei passi salire per le scale e un rumore alla porta.
 
“Jay ci sono mamma e papà, scendi per favore” la pregò Nash da dietro la porta. Se Jordan si comportava a quel modo, era ovvio che i suoi l’avrebbero riportata in Tennessee.
 
“Arrivo” scandì la ragazza andando ad aprire la porta. Nash l’abbracciò non appena mise piede fuori dalla stanza. “Dai scendiamo, altrimenti chi li sente” disse atona.
 
Scese le scale e si ritrovò tra le braccia della madre.
 
“Oh amore mio, cos’hai? Sei dimagrita” chiese preoccupata la madre.
 
“No, mamma. Ho fatto un po’ di palestra” si giustificò. I ragazzi la guardarono male.
 
“Non è vero, sta male perché volete riportarla a casa” li attaccò Chord.
 
“Chord!” lo richiamò la sorella. Non voleva che i suoi se la prendessero con lui.
 
“Visto che hai aperto l’argomento perché non ci sediamo e ne parliamo?” disse il padre in modo pacato. Si diressero in salotto e si accomodarono sui divani.
 
“Joe è vero quello che ha detto Chord, stai così perché non vuoi tornare?” le chiese la madre. Jordan guardò i ragazzi e rispose.
 
“Sì mamma, non voglio tornare. Qui sto bene. Mi piace il lavoro che faccio, e mi piace vivere con loro” ammise la ragazza. Credeva di voler abbandonare la California, ma le era bastata un’occhiata, ed aveva capito. Lei non voleva lasciare i ragazzi. E allora che Riker Lynch si fotta, lei sarebbe rimasta.
 
“Jordan siamo disposti a farti vivere qui, ma a una condizione…” concesse il padre. Sembrava fin troppo facile per i gusti di Jordan.
 
“Che condizione?” chiese eccitata la ragazza.
 
“Dovrai iscriverti all’Università” spiegò il signor Overstreet.
 
Doveva aspettarselo, dopotutto i suoi genitori la rivolevano in Tennessee solo per costringerla a continuare gli studi. L’avrebbero controllata meglio in quel modo, ma lei non ci stava a dargli quella soddisfazione.
 
“Affare fatto” disse convinta stringendo la mano al padre.
 
“Che? Jay ci hai pensato bene? Tu odi il sistema scolastico” chiese Nash scettico.
 
“Ci sto. Da domani mi iscriverò all’UCLA”
 
“Che intendi prendere?” chiese non molto convinto, Ian. Jordan guardò suo padre in cerca di una risposta.
 
“Sai che voglio solo che tu abbia un futuro certo, e per averlo devi avere un pezzo di carta. Puoi scegliere qualsiasi dipartimento, non voglio costringerti a fare niente”
 
“Credo che prenderò qualcosa di artistico, anzi, vado subito ad iscrivermi” saltò su la ragazza.
 
“Jordan sei sicura?”
 
“Sì, Ray. Bè, allora vi ritrovo per cena?” disse Jordan ai genitori.
 
“Abbiamo il volo alle undici, quindi credo di sì”
 
“Bene, ci vediamo dopo” rispose baciando la guancia a sua madre.
 
“Aspetta Dan, vengo con te” si propose Jamie. Le sembrava parecchio strana, e non voleva che le accadesse qualcosa. “Sicura di stare bene?” chiese Jamie una volta che furono in macchina diretti all’Università.
 
“Certo, mai stata meglio. Questa è la volta buona che faccio qualcosa di giusto nella vita”
 
“Dan ma che cazzo dici, hai sempre odiato la scuola. Avevi promesso che non ci saresti mai tornata” ribatté Jamie.
 
“La verità è che non volevo essere come tutti gli altri, ma è proprio questo quello di cui ho bisogno. In questo momento ho bisogno di impegnare la mente, e cosa c’è di meglio dell’Università per farlo?!”
 
“Senti, se è per Riker…”
 
“No, non è per lui, né per nessun altro. Lo faccio per me. Solo per me” disse convinta la ragazza guardando davanti a sé. Non voleva affrontare l’argomento Riker. Non lo voleva ora, e probabilmente, non l’avrebbe voluto mai.
 
“D’accordo. E cos’hai intenzione di scegliere?” chiese, stavolta interessato, il ragazzo.
 
“Teatro, musica, arte e spettacolo. Con qualcosa di letteratura, tu sai che la amo” rispose eccitata.
 
“Se piace a te”
 
Quando Jamie parcheggiò fuori dalla struttura, Jordan aveva perso il suo inusuale entusiasmo.
 
“Oh Dio, ma che credevo di fare? Non sono fatta per l’Università. Mi schiacceranno. Non posso farlo” Jordan iniziò a sproloquiare cercando di tornare in macchina, ma Jamie la fermò.
 
“Ehi, non è vero, e lo sai. Puoi farcela. Se potessi mi iscriverei con te, ma sarei indietro di parecchi anni. Pensa che sarai la prima, tra di noi, a laurearsi”
 
“Jamie, così non mi aiuti” disse Jordan spaventata. Voleva tornare a casa.
 
“No, ora tu ti iscriverai all’Università…” Jamie sapeva che non glielo avrebbe mai perdonato, ma doveva farlo, per il suo bene. “E lo farai per Riker. Per dimostrargli che di lui non te ne frega niente. Che puoi benissimo andare avanti senza la sua presenza. Che della tua vita puoi fare qualcosa di molto più costruttivo dell’assistente di una band. Dimostra a te stessa che non era solo l’euforia del momento. Dimostrati che puoi farcela” concluse il suo discorso con enfasi.
 
“Sei un piccolo bastardo” disse quella puntandogli un dito contro, “un piccolo bastardo che ha ragione, però. Ok, lo farò” annuì marciando verso l’ingresso.
 
Una volta compilati vari moduli e firmate diverse scartoffie, Jordan poté ritenersi un’allieva effettiva dell’UCLA.
 
“Ancora non posso credere che tu mi abbia convinto” disse incredula. “Sono un’universitaria ora. Cristo, mi fa ribrezzo solo a pensarci”
 
“Sarai eccezionale, la migliore del corso” la incoraggiò l’amico.
 
“Lo spero per te, altrimenti sei morto” lo minacciò la ragazza.
 
Prima di tornare a casa decisero di farsi una passeggiata. Jamie costrinse Jordan a bere un milk-shake, e a mangiare un enorme biscotto al cioccolato, da Starbucks. Era un bel po’ che la ragazza non mangiava così tanto, e voleva evitare di esagerare. Inutile dire che le scuse come ‘poi stasera non mangerò’ o ‘tutto questo cioccolato mi farà ingrassare’, non servirono a niente.
 
“Siamo a casa” esordì Jamie poggiando le chiavi nell’ingresso.
 
“Finalmente. Pensavamo di dover denunciare la vostra scomparsa” scherzò Ryan.
 
“È pronto in tavola, muovetevi” li riprese Nash.
 
Durante la cena, Jordan, fu tempestata di domande, dal ‘quando iniziano le lezioni’, fino ad arrivare al ‘tornerai a pranzo a casa durante la settimana’. Spiegò che le lezioni le avrebbe iniziate il lunedì successivo, che queste erano sfasate, quindi alcune volte sarebbe tornata, altre no, che aveva già fatto richiesta dei libri, e che aveva bisogno che qualcuno di loro la portasse la mattina, e l’andasse a riprendere a fine lezione. Più di una volta, sua madre, le aveva chiesto che materie avesse scelto, e lei prontamente le rispondeva ‘arte, disegno, musica, musicologia, scrittura creativa, teatro, e l’arte attraverso i media, con un’integrazione di letteratura e sociologia, e qualcosa di psicologia’, e più andava avanti a chiederlo, e più la lista si allungava. A ripensarci, Jordan, ebbe l’impressione di aver esagerato a scegliere tutte quelle materie, ma non poteva farne a meno, voleva seguirle tutte, e così si era iscritta a circa una dozzina di corsi. Il signor Overstreet era orgoglioso della sua bambina, e così, ora, tutti erano contenti.
 
I signori Overstreet se ne andarono verso le nove e mezza. Ringraziarono i ragazzi per la cena, si raccomandarono con loro, e gli ricordarono di far attenzione alla loro bambina. I ragazzi li accompagnarono alla porta e sospirarono quando il taxi sparì oltre l’angolo.
 
“Ora, piccola universitaria, dobbiamo festeggiare” disse Nash aprendo una bottiglia di spumante.
 
“Per cosa?”
 
“Come per cosa? Per la tua permanenza qui, no” disse ovvio Ian.
 
“E per la tua imminente carriera universitaria” la sfotté Ryan.
 
Fu così che Chord andò a prendere i bicchieri e Nash ci versò dentro lo spumante.
 
“Perché tutti questi bicchieri?” chiese confusa la ragazza. La risposta l’ebbe dal suono del campanello. “Poi mi spiegate” disse andando ad aprire la porta.
 
L’ultima cosa che fece fu respirare. Davanti alla porta c’erano i Lynch al completo.
 
“Auguri universitaria” le saltò al collo Rydel. Jordan fece una faccia sbalordita, non si aspettava di certo che i ragazzi glielo dicessero, e che li invitassero a festeggiare con loro.
 
“I ragazzi ci hanno dato la bella notizia” disse Rocky spostando la sorella per abbracciarla. Ellington lo seguì a ruota, e in una manciata di secondi si ritrovò stritolata dai due.
 
“Brava” disse Ryland battendo il pugno con la ragazza. Jordan ancora ricordava che il tipetto la spiava dalla sua stanza.
 
“Sono felice che tu sia rimasta” ammise Ross abbracciandola. “Rydel l’ha costretto, altrimenti non sarebbe venuto per nulla al mondo. Nessuno sa cos’è successo” le sussurrò all’orecchio riferendosi al fratello maggiore. Bè, evidentemente, qualcuno sapeva. “Provate a non uccidervi” consigliò lasciandola andare.
 
“Sì, bè…grazie ragazzi. Dai, venite di là, abbiamo appena aperto una bottiglia per brindare” li invitò la ragazza. Non appena misero piede in sala, Jamie cambiò espressione. Si vedeva benissimo che ancora non gli era passata del tutto, fosse stato per lui l’avrebbe preso a calci nel culo anche subito.
 
L’atmosfera si alleggerì non appena iniziarono a bere. Concessero un bicchiere persino a Ryland.
 
“…visto che sarò impegnata con lo studio, voi dovreste impegnare la vostra sala prove. Quella vera” disse Jordan ai suoi ragazzi. Stavano parlando del tempo che non avrebbero più potuto trascorrere insieme, dicendo che Jordan avrebbe studiato tutto il tempo. Lei gli aveva risposto che se loro l’avessero lasciata studiare per bene, per almeno tre ore al giorno, non avrebbero perso niente.
 
“Sai che non ci piace utilizzare quella insonorizzata” si lamentò un Ian un po’ brillo.
 
“Lo farete” ribatté la ragazza. Erano tutti un po’ alticci, forse avevano esagerato un pochino con lo spumante, fatto sta che nessuno si accorse degli sguardi di fuoco che Jamie si scambiava con Riker.
 
“Se stili una tabella orari, potremmo attenerci al tuo studio, e non darti fastidio” propose Riker serio.
 
“Già, dicci quando studi, così non proveremo in quelle ore” gli diede ragione Rydel, dopodiché scoppio a ridere.
 
“Delly che ti ridi?” chiese Ross, scoppiando a ridere a sua volta. La loro non era una vera e propria risata, era più un risolino dato dal troppo bere. I sensi si erano offuscati, e, di conseguenza, anche le capacità cognitive.
 
Bastò poco per far scoppiare a ridere tutti, tutti, tranne Jordan e Riker. Riker non aveva bevuto abbastanza per potersi lasciar andare così, mentre Jordan non trovava nulla di divertente per cui ridere.
 
Riker non sarebbe dovuto andare. Vedeva come Jordan evitava il suo sguardo, e non partecipava alla conversazione; sapeva che le stava dando fastidio con la sua sola presenza, ma non era riuscito a dire di no a sua sorella. E poi, una piccola parte di lui, aveva voglia di rivederla.
 
Dalla conversazione che stavano tenendo aveva capito che i ragazzi avrebbero avuto un concerto a San Francisco l’indomani, e che quindi non ci sarebbero stati per l’intero weekend, portandosi dietro Chord e Jordan. In realtà aveva prestato attenzione da ‘Jordan verrà con noi’ in poi, capendo tutto il resto solo in un secondo momento.
 
“Posso andare al bagno?” voleva evadere da quella situazione, quindi aveva optato per lo sparire in bagno fin quando Rydel non avesse deciso che quella tortura poteva finire.
 
“Certo, sai dov’è, no? Su per le scale, seconda porta a destra” glielo indicò Ian. Riker annuì e sparì oltre le scale.
 
“Cos’ha che non va?” chiese, Chord, incuriosito dallo strano comportamento del ragazzo.
 
“Sono un po’ di giorni che fa così” ammise Rocky. “Non parla con nessuno, e sparisce per ore in camera sua evitando tutto e tutti”
 
“Già. Si sente in colpa per qualcosa, ma non vuole dirci cosa” Ross ammiccò in direzione di Jordan.
 
“Magari, invece, è solo stronzo, e come tale, si comporta” rispose acida la ragazza. Forse fu l’effetto dell’alcool, ma quella risposta non sembrò scioccare nessuno; neppure Rydel.
 
Nel frattempo, al piano superiore, dopo aver rimesso i due bicchieri di spumanti bevuti e la cena, Riker si addentrò tra le stanze dei ragazzi. Ricordava vagamente dove fosse la stanza dell’unica ragazza di casa, ma non gli ci volle molto per trovarla. Non sapeva perché, ma voleva studiarla per bene. In cuor suo, sperava di trovarci qualcosa, come un diario segreto, in cui Jordan diceva di essere innamorata di lui o cose del genere, ma sapeva anche che la ragazza non ne era il tipo, quindi si meravigliò e non poco quando trovò un disegno che lo ritraeva. Il disegno era datato pochi giorni prima, ed aveva l’inconfondibile firma di Jordan da un lato; lo ritraeva con un basso poggiato sulla spalla, ed era immensamente realistico, tanto da sembrare una foto senza colori. La sua attenzione fu richiamata da una dedica a bordo foglio. C’era scritto solamente ‘I can’t forget about you’, ma per Riker fu peggio di uno schiaffo in piena faccia. Girò il foglio, prese una matita e scrisse con il cuore…
 
Una volta che i Lynch se ne furono andati, Jordan salì in camera intenzionata a buttarsi sul letto e farsi un’immensa dormita quando, la luce accesa sulla scrivania, la risvegliò di colpo. Aveva già capito cosa non andasse ancor prima di avvicinarsi. Il suo disegno era stato spostato. Il disegno, che ritraeva Riker con in spalla un basso, era stato girato, e ora, sulla parte posteriore del foglio, campeggiava la scritta ‘Sono meno angelico di così, e tu sei troppo buona. Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi, e che potremmo riiniziare da dove ci siamo interrotti’ seguita da un ‘I’m yours’ scarabocchiato velocemente su un lato del foglio.
 
Da quella sera, Jordan, non riuscì a trovare un attimo libero per parlare con il ragazzo. Prima c’era stato il concerto a San Francisco, dov’era rimasta tutto il weekend, e poi erano iniziate le lezioni all’Università. Non aveva avuto il tempo di respirare, figuriamoci andare a parlare con Riker.
 
Aveva la certezza che sarebbe uscita fuori di testa prima della fine dell’anno, non tanto per le cose da studiare, quanto più per i suoi compagni di corso che la martellavano continuamente si domande. Il primo giorno di università fu circondata da un paio di ragazze che le chiesero se lei fosse la sorella del biondo di Glee; la risposta affermativa della ragazza fece il giro del campus in meno di una giornata. Alla fine delle lezioni si ritrovò una sfilza di richieste d’amicizia su facebook, e una decina di bigliettini pieni di numeri di telefono, nella borsa. Jordan credeva avessero fatto delle ricerche su di lei perché, quando tornò il giorno seguente a lezione, sapevano che aveva anche un fratello nel mondo della musica. Ci misero relativamente poco a capire che, dietro i vetri oscurati della macchina, si nascondevano i suoi fratelli e il resto della band, e ci misero ancora meno ad accerchiare la suddetta macchina, ogni volta che entrava nel parcheggio; così, Jordan, chiese ai ragazzi di aspettarla parcheggiati davanti allo Starbucks che si trovava vicino all’università, in modo da non creare scompiglio.
 
Evidentemente qualcuno dei ragazzi doveva aver dimenticato le sue parole, poiché, alcune ragazze, iniziarono a spettegolare su una certa persona famosa che in questo momento si trovava all’interno dell’università. I suoi pensieri, però, vennero interrotti dalla notifica di un messaggio.
 
Da: Chordy
A: Jordan
Sono occupato con la puntata. Nash e i ragazzi sono ad un’intervista. Tranquilla, abbiamo già pensato a risolvere il problema ;)
 
Sospirò di sollievo nel leggere quelle parole; ciò voleva dire che non erano, i ragazzi, quelli famosi che girovagavano per il campus. Jordan capì da subito, però, che qualcosa non andava. C’era come un bisbiglio che le arrivava all’orecchio e sentiva uno sguardo puntato su di lei, e quando girò la testa per vedere chi fosse la persona che la stava squadrando, ci trovò due occhi nocciola che le sorridevano.
 
“Tu saresti la soluzione?” chiese stizzita la ragazza.
 
“Sì, ciao anche a te, JJ”
 
“Non chiamarmi JJ. E vattene. Sto facendo lezione se non lo hai notato”
 
“Ehi, non sai quanto mi ci è voluto per trovarti”
 
“Ne ho una vaga idea, visto che tutti sanno che c’è qualcuno di famoso che gira tra i corridoi” rispose spazientita.
 
“La mia fama mi precede. Senti non sapevo come avvisarti, e ovviamente i ragazzi non ti hanno detto niente…”
 
“Ovviamente no, Riker, altrimenti non sarei qui”
 
“Sapevo che non avresti letto alcun messaggio ti avrei inviato, e sapevo che avresti reagito così” disse il ragazzo andandosi a sedere accanto a lei.
 
“Davvero?”
 
“No, in realtà mi aspettavo di peggio” rispose sincero il biondo.
 
“Purtroppo le sedie non si staccano, altrimenti te ne avrei già tirata una in testa”
 
“Quanto la fai lunga…facciamo così, io sto zitto e buono finché la lezione non finisce, andiamo a pranzo fuori, e poi ti riporto a casa”
 
“Chi ti dice che io lo voglia?”
 
“Mi avresti già cacciato malamente, ergo, non vuoi veramente che me ne vada” dedusse il ragazzo.
 
“Signorina Overstreet, c’è qualche problema?” chiese il professore irritato facendo girare l’intera aula.
 
“No, nessun problema” si scusò la ragazza abbassando lo sguardo. “Quando usciremo da qui ti ucciderò, Riker” sussurrò poi, rivolta al ragazzo.
 
“Non vedo l’ora” rispose il ragazzo sorridendo. “Che insegna questo qui? Sì, insomma, è professore di cosa?”
 
“Non è un professore, è un’assistente. Studia qui anche lui, è all’ultimo anno, e sta tenendo una lezione sulla musica contemporanea, e se tu tacessi te ne sarei grata, visto che è una lezione che mi interessa molto”
 
“Ti interessa la lezione o il tizio?” disse stizzito, Riker. Era geloso, geloso dell’assistente che avrà avuto si e no ventiquattro anni, due occhi azzurri da paura, e un fisico palestrato niente male.
 
“Entrambi” lo sfidò la ragazza. “Cos’è, ti da’ fastidio?”
 
“Jordan, visto che oggi hai così voglia di parlare, che ne dici di raccontarci qualcosa sulla band di tuo fratello?” la riprese l’assistente.
 
“No, non credo che le interessi…” rispose quella diventando rossa dalla testa ai piedi.
 
“Oh, sì invece. E magari puoi portare anche il tuo amico. Suona in una band, no?” ribatté l’assistente.
 
“Negli R5” disse una ragazza dalle prime file con aria innamorata.
 
“Riker Lynch ti amo” gridò un’altra. Il tipo cercò di riprendere il filo del discorso, ma ormai tutti si erano distratti.
 
“D’accordo, ho capito. La lezione è finita, ci vediamo venerdì” si arrese.
 
Gli studenti si riversano fuori dall’aula, accerchiando Riker, mentre Jordan andava a scusarsi con l’assistente. E, Riker, anziché dar retta alle fan che gli chiedevano foto e autografi, era perso a guardare la ragazza che fino ad un minuto fa le sedeva accanto, andare a parlare con il figone intellettuale. Dire che stava rosicando era un po’ riduttivo; voleva spaccare la faccia a quel bell’imbusto solo per il fatto che esistesse, il resto non aveva importanza.
 
Quando, Jordan, tornò accanto a lui, per liberarlo da quelle pazze esaltate che stavano cercando di togliergli la maglia, gliene fu immensamente grato. Per ringraziarla di quel salvataggio le mise un braccio sulle spalle, e le baciò la guancia, fissando negli occhi il cosiddetto assistente.
 
“Non sorridere in quel modo, non mi sono mica scordata della festa. E togli quel braccio, mi fai sembrare una nana” lo riprese la ragazza scostandosi dal suo tocco.
 
“Non è colpa mia se sei bassa. E ti ho già detto che mi dispiace” rispose quello, rimettendogli il braccio sulle spalle.
 
“Io non ho sentito nessuna scusa. E sei tu che sei alto oltre il normale” Jordan gli diede una gomitata per scherzo, e lo spinse a camminare più velocemente.
 
“Perdonami, JJ. Ti prego fallo, o non riuscirò più a guardarmi allo specchio” disse l’altro ironico. “No, seriamente, perdonami. Mi dispiace essermi comportato come uno stronzo, non volevo” continuò serio.
 
“E invece volevi. Volevi vedere dove sarei arrivata; se avrei preferito te a Jamie, ma sai che c’è? Non si può preferire un ragazzo al proprio…”
 
“Ti prego non dire ragazzo, o mi vedrai sotto una macchina” scherzò Riker.
 
“Intendevo dire che non si può preferire un ragazzo, per quanto carino sia, al proprio fratello. Perché è questo quello che Jamie è per me. Un fratello. Ed è la stessa cosa per lui”
 
“Ed è la stessa cosa anche per Ian e Ryan?”
 
“Certo. Sono miei fratelli. Non di sangue, ma pur sempre fratelli sono”
 
“Quindi non vincerei mai contro uno di loro?”
 
“Mai” disse definitiva la ragazza. “Allora, questo pranzo?”
 
“Subito, mia signora” la prese in giro l’altro, aprendole lo sportello della macchina. Lasciarono il parcheggio sotto lo sguardo curioso di quasi tutta l’università.
 
Riker fece decidere a Jordan il posto per pranzare, e contro ogni probabilità, la ragazza, scelse di andare al Burger King. Una volta che ebbero ordinato, e che, dopo un’infinità di lamentele, Riker ebbe pagato per entrambi, si sedettero per consumare il pasto.
 
“Ti facevo tipo da insalatina, non da panino più grande della mia testa” la sfotté il ragazzo.
 
“Cresci con i miei fratelli e i suoi amici, e poi ne riparliamo” si giustificò Jordan. Durante tutto il pranzo cercarono di evitare di parlare della festa, e di quello che era successo quella sera, disegno compreso.
 
“Quindi, hai detto che sono carino o sbaglio?”
 
“Non fare quell’aria compiaciuta, te l’avranno detto un migliaio di persone che sei bello…”
 
“Ora sono bello?” il ragazzo adorava metterla in difficoltà.
 
“Sì, lo sei. Sei bello e alto”
 
“Alto?” stava cercando di non ridere, ma i complimenti di Jordan erano veramente adorabili per non farlo.
 
“Alto. Mi piacciono i ragazzi alti, e tu sei alto nel giusto. Sei alto, bello e con un sorriso da paura. Cioè, non da paura nel senso di film horror, ma da paura nel senso di, da sballo, da svenimento, quella roba lì”
 
“Ti piaccio perché sono alto, bello e ho un sorriso da sballo…altro?”
 
“Hai una voce da orgas…no, nulla” si trattenne la ragazza.
 
“Ho una voce da orgasmo?” chiese incredulo scoppiando a ridere. “Scusa, è solo che sei troppo buffa mentre ti complimenti”
 
“Sì, Riker Lynch, hai una voce da orgasmo, sei bello come solo pochi lo sono, sei alto in modo amabile, e hai un sorriso da stupro. Ah, e sei decisamente eccitante mentre suoni. E le tue mani mi fanno impazzire. Basta, ho finito” concluse, Jordan, tappandosi la bocca con le mani.
 
“Sono eccitante? Ti eccito? Sei seria?”
 
“Smettila di fare quella faccia sorpresa” si irritò la ragazza. Di certo non voleva dirgli tutte quelle cose, ma non era riuscita a trattenersi.
 
“Che faccia? Solo che, Cristo, tu mi trovi eccitante e me lo dici così, come se nulla fosse” rispose sconvolto.
 
“Come dovrei dirtelo? E poi, andiamo, avrai miliardi di ragazzine che te lo diranno” Jordan alzò le spalle per minimizzare la cosa.
 
“Come dovresti dirmelo? Bè, innanzitutto, non mentre mangiamo, e poi, ma chi se ne frega delle ragazzine, a me interessi tu” rivelò. “Perché non me l’hai mai detto?”
 
“Che avrei dovuto dirti? Mi piaci, e sei arrapante?”
 
“Ok, inizia ad essere strano. Smettila di ripetere che mi trovi eccitante, o non so quanto riuscirò a trattenermi” ammise il ragazzo, deglutendo a vuoto. “Ti piaccio? E da quando?”
 
“Sai che mi piaci, non fare il finto tonto, ricordiamo entrambi il disegno. E so anche che, io, piaccio a te. Se devo essere sincera, non so da quanto abbia iniziato ad essere attratta da te. All’inizio ti odiavo, e l’ho fatto per molto tempo, ma poi non lo so, è cambiato qualcosa. Forse mi piacevi già dalla prima volta che ci siamo conosciuti, e poi ho iniziato ad odiarti…”
 
“Non volevo fare lo stronzo nemmeno quella volta” si scusò, ma, a un’occhiataccia di Jordan, sputò fuori la verità. “Ok, era voluto. E lo era anche le altre volte. Quando non ti ho aiutato con Grant continuando a farmi i cazzi miei, quando non ho ripreso Ryland per averti spiato mentre ti cambiavi, e anche quando provavamo la stessa canzone per sei volte consecutive. L’ho voluto anche quando cercavo di metterti contro Jamie. Sono uno stronzo, e mi dispiace. Se potessi tornare indietro, spaccherei la faccia a Grant, darei uno scappellotto a Ryland, eviterei di suonare una stessa canzone così tante volte, e mi picchierei da solo, evitando di farlo fare a Jamie”
 
“Le tue scuse non cambieranno ciò che è stato”
 
“Ma posso provare a rimediare…” Riker voleva essere perdonato, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo succedere.
 
“Potresti…inizia con lo scusarti con Jamie per come l’hai trattato, e poi potresti proseguire con lo scappellotto a tuo fratello”
 
“Ne eri innamorata, vero? Di Jamie, intendo”
 
“Sì, dai dodici ai quindici anni, credo. Mi ero innamorata del suo sguardo, e del suo carattere dolce. Tutto il contrario di te” lo prese in girò la ragazza.
 
“Ovviamente, perché di me ti ha attratto l’essere stronzo e il sorriso” stette al gioco, Riker.
 
“Non farlo più, Riker. Non trattare più Jamie, o chiunque altro io ami, in quel modo. Ricorda che ti ho già perdonato una volta, e non lo rifarò una seconda” lo mise in guardia, Jordan.
 
“Afferrato! Invece, per quanto riguarda il fatto dell’eccitarti…” ammiccò, muovendo le sopracciglia.
 
“Oh, smettila” cercò di azzittirlo la ragazza. Non voleva, certo, che riiniziasse a parlarne.
 
“Il ritratto era veramente bello” si complimentò il biondo. Oramai avevano affrontato l’argomento festa, anche se non così a fondo, quindi poteva dire ciò che gli premeva da quando l’aveva vista quella mattina.
 
“Grazie, e grazie anche per la, dedica? È stata una cosa dolce” lo ringraziò Jordan arrossendo.
 
“Sembrerà strano, ma ho i miei momenti anch’io”
 
“Non mi incanti, Lynch”
 
“Ehi, non ti ho mica detto che mi piaci, o che trovo che tu sia stupenda appena sveglia, o che i tuoi occhioni marroni siano la cosa più luminosa che io abbia mai visto…”
 
“Smettila” Jordan stava andando in iperventilazione con tutti quei complimenti.
 
“Perché? Tu puoi dirmi che ti eccito, e  io non posso dirti che mi piacciono i tuoi occhi?”
 
“Tu non lo stai solo dicendo, lo stai decantando, e mi stai mettendo in imbarazzo”
 
“Dirti che sei bella ti mette in imbarazzo?”
 
“No, sei tu che…che mi rendi nervosa. E questo non va affatto bene”
 
“Perché no?”
 
“Perché tu sei tu, e io sono io” ripose categorica.
 
“E questo che cazzo vorrebbe dire?” chiese alterato il ragazzo.
 
“Vuol dire che tu sei Riker Lynch, e io sono solo Jordan”
 
“È vero, tu sei Jordan, e sei la ragazza più adorabile del mondo”
 
“Riker…”
 
“Non dire Riker con quel tono, non smetterò di provarci solo perché tu hai la malsana idea di non essere abbastanza”
 
“Pensi che le fan mi accetterebbero mai?”
 
“Ti hanno accettato come amica, e poi quelle dei tuoi fratelli lo fanno”
 
“Sono miei fratelli, hai detto bene”
 
“Cristo, ma suonano con altri tre ragazzi”
 
“E difatti non tutte le fan mi sopportano”
 
“Che me ne importa, io voglio provarci. Possiamo essere amici e vedere come va, ma se un giorno vorremo andare oltre, le fan, non sarebbero un problema. Non posso basare la mia vita su cosa pensano delle ragazzine che neanche conosco” ribatté incazzato.
 
“Quelle ragazzine che nemmeno conosci sono quelle per cui fai quello che fai”
 
“Sì, ma non possono decidere con chi voglio stare”
 
“Riker, a malapena ci riparliamo, che ne sai che fine faremo tra un mese o due”
 
“Appunto. Aspettiamo e vediamo, ma tu non denigrarti. Mi piaci, e me ne frego se ti chiami Taylor Swift o Jordan Overstreet, per me sei perfetta così come sei”
 
 

 
*Angolo della pazza squilibrata da rinchiudere dell’autrice*
Non so davvero cosa scrivere, Mistero mi sta facendo perdere la voglia di vivere.
Davvero, non esiste programma più scarso.
Bè, forse Pomeriggio Cinque…
Comunque spero che il capitolo vi piaccia, come è piaciuto a me scriverlo.
Per quanto riguarda il comportamento da stronzo di Riker,
non credo che sia veramente così, ma mi serviva per dare un pizzico di vita alla storia,
quindi se vi sentite offese, è un vostro problema, perché io mi sono spiegata…
Ora vi saluto e vado ha sentire, per l’11esima volta consecutiva,
la nuova canzone degli Hot Chelle Rae, nel frattempo voi recensite, recensite, recensite!
 
Tanti baci, tanti abbracci, tante cose carine…xoxo S.
   
 
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