MøøиŁιﻮђ† รøиα†α
“Tutto il
mondo giace
sotto il potere del maligno”
Avanzava silenzioso in
quella
casa umana, un sorrisino di scherno gli curvava le dolci labbra.
Si risistemò pacatamente la leggera giacca di seta bianca, ripiegando
le
maniche della camicia nera al di sopra di essa ed i pantaloni dello
stesso
tessuto del soprabito erano semplici ed eleganti, risaltando il fisico
atletico
e ben fatto della figura.
Nella mano destra recava un bastone nero dalla punta sottile al capo
del quale
vi era un intarsio d’oro bianco dalle sembianze serpentine…
I suoi piedi nudi non lasciavano trasparire alcun suono poggiandosi sul
pavimento di marmo.
Dietro di lui vi era, però, una scia di orme infuocate, macchiate di
sangue
nero…
Entrò nella camera da letto.
Lui dormiva…
Il candido lenzuolo copriva il suo bel corpo, il respiro era regolare e
nulla
turbava la quiete di quell’attimo così sovrannaturale.
La grande finestra era spalancata e la gelida aria notturna entrava
prepotentemente nella stanza.
Il Caduto i mosse pigramente nel sonno: ogni misero movimento pareva
calcolato
affinché in questo vi fosse quella giusta dose di malizia, sensualità,
innocenza e cattiveria…
La luce della luna per un attimo illuminò l’intera camera e
l’attenzione
dell’intruso fu catturata dal meraviglioso ed elegante strumento
presente nella
stanza.
Un pianoforte, delizioso…
Con un elegante movimento della mano appostò il bastone di fianco allo
strumento, accomodandosi poi alla tastiera.
Con lentezza disarmante le sue mani scivolarono sui tasti d’avorio e le
prime
dolci note furono accennate.
Accompagnava con lievi cenni del capo il suono.
I capelli neri che sfuggivano alla bassa coda gli ricadevano ordinati
ai lati
del bel volto ovale e liscio.
Gli occhi cobalto studiavano i tasti e si perdevano in quella musica
così
incantevole.
“Sonata al Chiaro di Luna di Ludwig Van Beethoven…” Bisbigliò una voce
delicata
alle sue spalle.
Il suonatore sorrise a quel sussurro, annuendo col capo, senza
deconcentrarsi,
mentre le sue mani continuavano una lenta danza sui tasti.
Yurij Ivanov si sedette al suo fianco ed il sorriso sul volto
dell’intruso si
trasformò in un’espressione deliziata.
Lo sguardo del rosso si perdeva, affascinato, in quella successione di
dolci e
tristi note e in quell’istante la luna illuminò il viso diafano
dell’essere.
“Non era forse il violino, lo strumento del Diavolo..?” Mormorò
divertito il
Caduto, mentre le note prendevano un ritmo più deciso, per poi scemare
ancora
in quella disperata dolcezza…
“Qualsiasi strumento il cui suono sia prodotto quasi come se fosse
innaturale
viene definito di mia fattura…” Bisbigliò in risposta.
La Sonata assumeva le sue sfumature più romantiche.
“E chi ha davvero venduto l’anima alla tua persona per ottenere abilità
nell’arte?” Continuò il Demone.
Il Diavolo rise.
“Parecchie, forse troppe, sono le leggende e i miti degli umani…”
Quella risata era così pura ed innocente proprio come il bianco che
amava
indossare.
“Puoi negarle?” Chiese ridendo il Dannato.
L’imperatore dell’Inferno non rispose; continuava nella sua opera,
mentre il
risolino di Yurij lo invitava ad andare avanti.
Rimasero in silenzio, mentre la musica soffocava prepotentemente l’aria
nella
stanza.
Il Caduto aveva chiuso gli occhi, assaporando ogni lieve inclinazione
delle
note e il Diavolo... Il Diavolo si fondeva con esse come un amante
appassionato
ed ardeva, ardeva silenzioso di quella passione, rievocando immagini ed
emozioni con ogni movimento delle dita lunghe e sottili che con estrema
agilità
e delicatezza si muovevano sulla tastiera ancora e ancora…
La sonata si concluse con due tristi note scure, le labbra
dell’esecutore erano
curavate ancora in un dolce (infido) sorriso (ghigno).
“Meraviglioso, Lucifero… Meraviglioso.”
Concesse Yurij.
Teneva gli occhi ancora chiusi, perso com’era nel suono ingannevole
prodotto
dal Diavolo.
L’Imperatore chinò leggermente il capo in un lieve inchino che
rappresentava un
muto ringraziamento e nei suoi occhi blu le Fiamme dell’Inferno
bruciavano
pigramente.
“A cosa devo quest’onore? Come mai Satana avanza in una notte umana
nella mia
casa, suonando il mio pianoforte..?” Chiese il rosso, estremamente
divertito.
“Per romperti l’osso del collo, magari…” Si pronunciò Lucifero.
“Oh, vedo che sai già del mio incontro con Belial.” Osservò con un
cipiglio
infastidito Ivanov.
“Sono pur sempre l’Imperatore..!” Disse il Diavolo, allargando le braccia
come ad
indicarsi, recuperando poi con un abile gesto il suo bastone.
“Non hai risposto alla mia domanda, Lu…” Cantilenò Yurij,
marcando
l’espressione su quel diminutivo alquanto ridicolo, rispetto alla
magnificenza
che avvolgeva il nome di Lucifero.
Questi sorrise, accarezzando pensoso i tasti bianchi del pianoforte, riparando alcune imperfezioni dovute al tempo.
“Raccontami ciò che accaduto…” Bisbigliò, infine, pochi attimi dopo Satana, ignorando quel nomignolo con
una smorfia.
“Conosci già tutto ciò di cui hai bisogno.” Ringhiò Yurij in risposta,
intuendo
ciò che il Diavolo voleva sapere.
“No, invece: so naturalmente della tua partecipazione alla Guerra...”
Disse
calmo “Come dimenticare..?” Aggiunse, poi, divertito al ricordo di ciò
che
accadde. “E del tuo ruolo, naturalmente.” Continuò Lucifero, con quella
freddezza inquietante.
Il Caduto lo fissò con un certo disgusto, come spesso era successo
quando
l’Inferno era stato la Sua Dimora e quando ancora tentava, vanamente,
di
instaurare un qualche rapporto o punto di incontro col Diavolo.
“Ma non mi hai mai accennato le cause della tua Caduta, Angelo.”
Concluse,
concentrando quei meravigliosi occhi cobalto nelle iridi turchine del
giovane
dai capelli vermigli.
Era vero, in fondo…
Yurij non aveva mai fatto parola con Lucifero di ciò che era accaduto
quando
era stato scacciato, nonostante più volte il Signore dell’Inferno
avesse
chiesto spiegazioni… Che naturalmente non aveva mai ricevuto.
E in quel momento come non mai sembrava che il Suo Signore necessitasse
di
quelle informazioni quasi fondamentali per il destino della Nuova
Guerra…
Il Dannato sospirò, chiudendo gli occhi e portando il volto verso
l’alto.
“Il Paradiso è talmente perfetto da sembrare truccato in ogni
particolare.”
Mormorò il Demone. “Un Inferno di Angeli…” Concluse con cupa convinzione.
“Ti trasmetterò immagini, emozioni, sensazioni… Non sono un bravo
oratore ed il
racconto impiegherebbe troppe ore umane.” Continuò il rosso, sedendosi
elegantemente sul letto, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Fissò per un interminabile istante Colui che lo fronteggiava e sorrise…
Sorrise
senza un apparente motivo.
“Mio Signore..?”
“Si?”
“Perché gli Angeli sono così crudeli?”
Belial, silenzioso, rimirava
dall’alto il
suo regno di Fiamme, sospirando...
“E’ con lui, dannazione, E’ CON LUI!” Sbraitò, lanciando lontano la
coppa d’oro
da dove stava bevendo.
“Si consoli Signor Belial, si consoli sapendo Kei nelle mani del
Consiglio.”
Bisbigliò una voce alle sue spalle.
“Michael*..!” Esclamò, aprendo i grandi occhi verdi in un’espressione
di
infinita sorpresa, che lo fece apparire così simile ad un bambino.
L’Arcangelo sorrise, compiaciuto.
“L’Inferno non è il luogo che più ti si addice…” Continuò il Re,
avvicinandosi
al nuovo venuto, il cui volto si contrasse in una smorfia divertita.
“No, non lo è…” Concesse l’Angelo, ridendo di gusto -e morendo
dolorosamente
nel profondo del suo cuore.-, fissando intensamente il compagno.
Due occhi smeraldini nell’oscurità videro la scena e la figura sospirò.
“Ti sei fatto troppi nemici, Angelo…” Bisbigliò, scuotendo il capo e
sorridendo
tristemente.
Fine sesto capitolo.
(*)Michael: Arcangelo.