Capitolo
3
POV
LAURA, Aprica (SO), condominio
e appartamento Berrigan, lunedì 23/12/13, ore 9,25
La
sveglia del cellulare
suonò, puntuale come sempre. Lo cercai a tentoni e la
spensi, riemergendo dalle
coperte. Un mal di testa lancinante mi colse le tempie e la nuca.
Emisi
un gemito sofferto.
-Che
c’è?- mugulò Ale.
Probabilmente l’avevo svegliata.
-C’è
il sole e io ho
un’emicrania da far paura al Minotauro- borbottai.
-Quindi
c’è papà!-
esclamò, improvvisamente piena di vita. Quella che io non
avevo, specialmente
di prima mattina.
Io
ripiombai nel cuscino,
che mi strinsi intorno alla testa per non sentire il chiasso che faceva
mentre
scendeva dal letto e si dirigeva verso la cucina.
Canticchiava
addirittura!
Non era stonata, ma di prima mattina non avevo intenzione di sentire
nulla fino
almeno alle undici!
A
fatica mi alzai anche
io, raggiungendo Ale, la quale stava già facendo colazione.
-Sarebbe
veramente comodo
avere un’aura tutta per
noi-
bofonchiò, riferendosi alle ninfe del vento che ci servivano
al Campo Giove.
-Le
nostre driadi non sono
così veloci- spiegò.
-Il
vento è sempre più
veloce, soprattutto degli alberi- scherzai.
Rise
con me ed era bello
vivere con lei, mi sollevava il morale. Era sempre così
solare e divertente che
mi impediva di pensare che mio padre era il dio degli inferi e dei
morti, oltre
che delle ricchezze della terra.
Mangiai
in fretta la mia
fetta di pane, burro salato e marmellata ai mirtilli e bevvi il mio
caffelatte.
Ero
pronta ad affrontare
una nuova giornata qui ad Aprica, senza fare nulla.
-Quando
andiamo a vedere
“Lo Hobbit – La desolazione di Smaug”?-
chiesi, certa che, prima o poi, ci
saremmo andate.
-Dopo
Natale, la prossima
domenica-
Era
così strano non essere
al Campo, non alzarsi alle sette per allenarsi, non sottrarsi agli
scherzi dei
figli di Ermes, non fuggire dai figli di Ares e non dover sopportare
quella
piattola di Ottaviano.
Ma
era piacevole starsene
con le mani in mano, in licenza, senza costruire qualcosa, senza
buttarsi dalle
aquile giganti, senza morire affogata, senza essere inseguita dai
mostri perché
sei la figlia di uno dei Tre Pezzi Grossi
dell’Olimpo.
Anche
se mi mancava
prendere in mano la mia spada di ferro dello Stige, dono di mio padre.
L’avevo
chiamata Tenebris, “Oscura” in latino,
perché era nera come la notte più buia.
Ci
preparammo velocemente.
Avevamo deciso che quella mattina saremmo andate a pattinare.
Una
strana sensazione
dilagò nel mio petto, schiacciandomi il cuore.
Mi
voltai all’improvviso
verso la porta.
-Che
succede?-
-Ho
un presentimento, uno
brutto-
-Tu
hai sempre brutte
percezioni, Laura-
-Sono
certa che questa
volte è reale-
Manco
a dirlo una seconda
volta che avvertimmo un forte tonfo nell’appartamentino
davanti al nostro,
seguito da varie imprecazioni, anche in italiano.
Un
secondo ed eravamo
pronte a combattere. Tenebris era spuntata fuori da un braccialetto
nero e
l’arco di Ale, Photos, comparve da un anello doppio a forma
di cetra.
Ci
catapultammo fuori da
casa nostra e ciò che vedemmo ci lasciò di sasso:
Alecto, Megera e Tisifone
volteggiavano appena sotto l’alto soffitto, gracchiando come
tre corvi.
Imprecai
in latino. Le
Furie, tutte e tre, erano qui, in Italia. Non era un buon segno.
-Oh!-
esclamò Megera.
–Altre semidee!-
Le
altre gorgogliarono in
armonia. Probabilmente ridevano per la loro fortuna.
Dalla
porta sfondata dalle
Furie erano usciti dei ragazzi, circa sette in tutto.
Avevano
detto “altre”
mezzosangue, probabilmente qualcuno di loro era della nostra stessa
specie.
-In
quanto figlia del
vostro signore, vi ordino di andarvene!- gridai, ma loro sibilarono e
scesero
in picchiata.
Mi
passarono vicino,
graffiandomi con gli artigli e urlandomi nelle orecchie.
Con
una rocambolesca
capriola, riuscii a decapitare Tisifone, la cui essenza venne assorbita
da
Tenebris mentre si dissolveva in polvere.
Alecto
e Megera non la
presero bene. Si scagliarono contro di me, decise a farmi fuori, ma non
avevano
calcolato Ale e le sue frecce.
Un
dardo tagliò l’aria e
si conficcò nel petto di Megera, che fece una faccia
sorpresa prima di sgretolarsi,
l’essenza spedita nel Tartaro.
Ora
rimaneva solo Furina*.
Sorrisi,
spietata, e feci
un passo avanti.
Quella
ringhiò, frustrata
dalla perdita delle sue sorelle. Dispiegò le ali da
pipistrello e scomparve
dalla porta d’ingresso dell’edificio.
Avevo
l’adrenalina a mille
e il cuore che pompava sangue come un tamburo.
-Tu…
tu ci hai salvato… la
vita…- balbettò una ragazza bionda,
dall’aspetto un po’ ebete e fanciullesco.
Appoggiai
la lama di
Tenebris sul polso e la spada di ferro dello Stige ritornò
alla sua forma
mascherata. Ale fece lo stesso con Photos.
-Erano
le Erinni, vero?-
saltò su un tipo più adulto degli altri.
-Non
pronunciare i nomi,
sono potenti- lo redarguii, secca. Un tuono era risuonato in lontananza
quando
aveva pronunciato il nome dei mostri che avevano attaccato lo strano
gruppetto.
-Credo
sia meglio che
veniate dentro, non si sa mai- disse la mia amica bionda, indicando la
porta
del nostro appartamento.
Annuii
e la raggiunsi.
-Perché
dovremmo
seguirvi?- chiese sospettoso un ragazzo che assomigliava tantissimo al
leader
del Campo Mezzosangue, solo che era molto più pallido del
figlio di Poseidone.
-Perché
se no quella
ritorna con i rinforzi e noi siamo soltanto in due. Volete morire per
caso?-
risposi, sarcastica al massimo.
Probabilmente
ero riuscita
a convincerli, perché si mossero titubanti verso di noi.
-Guardate
che non vi
mangiamo mica- aggiunse Ale, sorridendo diabolicamente.
-Così
non si direbbe, Sis-
Lei
mi guardò come se non
sapesse di cosa stavo parlando, ed io scoppiai a ridere.
Quella
fu l’incentivo
giusto per farli entrare in casa nostra.
Riassumendo
la mia
mattinata: mi ero svegliata con un mal di testa degno di Atlante che
sorregge
il Cielo, poi ho dovuto combattere contro Furina e le sue sorelle, e
adesso mi
toccava spiegare il mio mondo, troppo complesso per dei novellini, a
persone
che probabilmente non ne sapevano niente.
Di
bene in meglio.
POV
BONNIE, Aprica (SO), condominio e appartamento
Berrigan, lunedì 23/12/13, ore 10, 15
Eravamo
comodamente seduti
a fare colazione quando quelle tre cose
erano spuntate fuori dal nulla e si erano avventate su di noi.
Damon
e Stefan erano
immediatamente saltati in piedi, tentando di colpire quelle vecchie con
le ali,
ma erano maledettamente veloci.
Io
mi appiattii contro il
frigorifero e mi lasciai cadere a terra, terrorizzata e confusa.
Iniziai a
pregare per un intervento divino che scacciasse via quei mostri.
Meredith,
Alaric ed Elena
cercavano di dare una mano, ma non riuscivano a fare niente contro
quelle tipe
alate.
Matt
seguì il mio esempio
e si sedette, fulmineo, sul pavimento, coprendosi la testa con le mani
quando
la credenza sopra di lui esplose per il colpo di una delle vecchiette.
I
due vampiri aumentarono
la velocità e la potenza dei loro colpi, ma ottennero il
solo risultato di
essere catapultati contro la porta dell’appartamento,
sfondandola. Avvertii
anche qualche borbottio del Salvatore più grande, che dal
tono dovevano essere
delle imprecazioni in italiano, perché non ci capii nulla.
Le
“pipistrelle” volarono
fuori, girando in cerchio come gli avvoltoi che aspettavano la morte
delle loro
prede.
Tutti
noi ci alzammo,
raggiungendo Damon e Stefan, i quali si stavano riprendendo.
Proprio
in quel momento
una porta si aprì, rivelando due ragazze.
La
prima era bassina e assomigliava
tantissimo al maggiore dei due fratelli vampiri: capelli ed occhi neri,
interamente vestita di scuro, con un mano una corta spada nera
dall’aria
letale.
La
seconda, invece, era la
fotocopia di Elena: alta, bionda, occhi verdi, atteggiamento regale,
sguardo
fiero. L’unica cosa diversa era il grande arco lavorato con
oro che impugnava
con sicurezza, puntandolo contro i tre mostri.
La
mora imprecò in una
lingua a me sconosciuta fino ad questo momento, quando capii che aveva
mandato
al “Tartaro” le tre cose.
Come
diavolo facevo a sapere una lingua mai sentita?
-Oh!-
esclamò una delle
vecchiette. –Altre semidee!-
Le
altre emisero in
gorgoglio inquietante. Semi-cosa? Io
non mi sentivo molto divina, soprattutto in momenti come questi.
La
stessa ragazza che
aveva imprecato avanzò, ponendosi in mezzo tra noi e loro.
–In quanto figlia
del vostro signore, vi ordino di andarvene!- gridò, ma loro
sibilarono e
scesero in picchiata.
Urlai
per lo spavento.
Quelle le erano passate accanto, graffiandola con gli artigli e
costringendola
ad arretrare.
Con
una capriola e
tentando un fendente dall’alto, la tipa riuscì ad
uccidere una dei mostri, non
quella che prima aveva parlato definendole delle semidee.
Le
altre due
s’infuriarono, gettandosi contro la spadaccina.
Tuttavia
una freccia
dorata tagliò l’aria e si conficcò nel
petto di quella che aveva parlato per
prima, che fece una faccia stupita prima di dissolversi in una strana
polvere
color del sole.
Ora
ne rimaneva solo una.
La
ragazza sorrise,
spietata come solo Damon sapeva essere, e fece un passo avanti.
Quella
ringhiò, frustrata
dalla perdita delle sue sorelle. Dispiegò le ali da
pipistrello e scomparve
dalla porta d’ingresso dell’edificio.
-Tu…
tu ci hai salvato… la
vita…- balbettò Elena.
La
mora appoggiò la lama
della spada sul polso e quella diventò… un
braccialetto? Ora ero sicura di
stare impazzendo. La bionda fece lo stesso con l’arco, che si
trasformò in un
anello doppio.
-Erano
le Erinni, vero?-
saltò su Alaric, che era eccitatissimo.
-Non
pronunciare i nomi,
sono potenti- lo rimproverò secca la combattente. Difatti un
tuono era
risuonato in lontananza quando Rick aveva pronunciato il nome del trio
demoniaco.
-Credo
sia meglio che
veniate dentro, non si sa mai- disse l’arciera, indicando la
porta del nostro
appartamento.
L’amica
la raggiunse.
-Perché
dovremmo
seguirvi?- chiese sospettoso Stefan.
-Perché
se no quella
ritorna con i rinforzi e noi siamo soltanto in due. Volete morire per
caso?-
rispose la mora, sarcastica al massimo.
Aveva
ragione. Lentamente
attraversai l’ingresso.
-Guardate
che non vi
mangiamo mica- aggiunse la bionda, sorridendo diabolicamente.
-Così
non si direbbe, Sis-
L’arciera
guardò l’amica
come se non sapesse di cosa stava parlando, e lei scoppiò a
ridere.
Se
queste ragazze ci
avevano salvato la vita e volevano proteggerci, allora
perché non andare con
loro?
-Ferma-
mi intimò Damon,
invece.
-Chi
siete?- continuò.
-Alexandra
e Laura
Berrigan- rispose la bionda, come se fosse ovvio.
-Che
diavolo erano
quelle?-
-Le
Benevole, mostri
mitologici dell’antica Grecia e dell’antica Roma-
disse l’altra.
-Sentite,
è meglio se
entrate che così possiamo spiegarvi tutto con calma. Non
possiamo farlo se
restiamo qui in mezzo alla porta e dove tutti possono sentirci-
intervenne di
nuovo l’arciera, Alessandra.
Entrammo
nell’appartamento. Era molto simile al nostro, solo che era
omologato per sei
persone.
Era
tutto in legno chiaro,
noce probabilmente, ed era molto spazioso.
Ci
sedemmo tutti quanti al
grande tavolo al centro del salotto.
Le
presentazioni furono
veloci e loro strinsero la mano ad ognuno di noi.
-Ok,
sentite. Quello che
vi dirò poterà sembrarvi il parto di una persona
fuori di testa, uno
schizzofrenico allucinato, ma è tutto vero. Voglio che lo
teniate bene a mente
mentre vi spiegherò chi siamo io e mia sorella-
-Quella
è tua sorella? Non
vi assomigliate per niente- s’intromise Damon, con il suo
solito tono
sarcastico.
-Ti
assicuro che io e lei
siamo sorelle. Siamo cresciute insieme e i suoi genitori mi adottarono
quando i
miei morirono. Perciò si, siamo sorelle- disse
l’altra ragazza, Laura,
avvicinandosi pericolosamente al vampiro.
Aveva
in mano una
bottiglietta contenente un liquido dorato e lo stava versando in due
bicchieri,
uno per sé e uno per la sorella.
-Ok,
il fatto è questo:
gli dei dell’Olimpo esistono sul serio da cinquemila anni e
quando ne hanno
voglia scendono sulla terra e… come posso dire?-
iniziò la bionda.
-Rimorchiano
i mortali?-
le rispose la mora, con un sorriso storto degno di Damon.
-E
nove mesi dopo, puf!
Nasce un semidio o una semidea- finì Alexandra.
-Quindi
noi siamo semidei
e semidee- ragionò Meredith.
Dopo
aver rimesso via la
bottiglietta ed essere tornata nel salotto, Laura si rivolse
direttamente a
lei. –Beh, non proprio. È possibile essere dei legati,
ovvero non figli,
ma nipoti, pronipoti e così via degli dei. Una mia amica
è nipote di Venere e
di Vulcano-
-Voi
da chi discendete?-
chiese Stefan.
-Noi
siamo semidee di
prima generazione, ovvero uno dei nostri genitori è un dio o
una dea. Provate
ad indovinare- disse l’arciera, tirandosi su la manica
sinistra della felpa e
poi della maglietta, imitata dalla sorella.
Entrambe
avevano un
tatuaggio, ma in comune avevano solo la scritta SPQR. La bionda aveva
uno
strano simbolo sopra di essa, come uno strumento musicale molto antico
che non
riuscivo a collocare; sotto c’erano quattro cicatrici
verticali.
La
mora, invece, aveva un
geroglifico nero, come una croce con le braccia curve e una testa o un
omino
con tre gambe; sotto c’erano sette cicatrici.
-SPQR? Senatus PopolusQue
Romanus ? “Il
Senato e il Popolo di Roma”?- allibì Alaric.
Laura
annuì e si rimise a
posto la manica della felpa, seguita dalla sorella.
-E
il glifo sopra… l’ho
già visto… Plutone, giusto?- A sentire il nome
del dio, l’interpellata trasalì
come se avesse ricevuto una scossa. Rick lo prese come un si.
-E
quello strumento, una
cetra. Apollo, credo-
-È
così, sono figlia del
dio del sole, della musica, della medicina, della poesia, del tiro con
l’arco e
degli scapoli- Quando disse l’ultima parola, Alexandra
arrossì e Laura alzò
gli occhi al cielo.
-Io,
invece, sono
orgogliosamente figlia del dio degli Inferi, dei morti e delle
ricchezze della
terra- s’inserì la mora, ostentando un tono di
voce molto simile a quello di
Elena quando criticava una ragazza, facendo il confronto con se stessa.
-Solo
che Ale è figlia
dell’Apollo greco, mentre io sono figlia di Plutone, che
è Romano- aggiunse.
-La
differenza dove sta?-
chiese Stefan, che si stava perdendo. Come me, del resto.
-Allora,
gli dei
dell’Olimpo, all’inizio, erano greci e lo sono
stati per tanto tempo, ma poi si
spostarono a Roma, seguendo il cuore della civiltà
occidentale, e lì vi
rimasero per quasi lo stesso periodo di tempo, creando un grande
impero.
Successivamente si spostarono in Francia, Inghilterra, Germania, ma in
tutti i
Paesi dove andavano, rimanevano influenti i periodi Greco e Romano.
Perciò,
quando si spostano in luogo nuovo, non uno, ma ben due Campi per
semidei
sorgono nel nuovo Paese- spiegò Ale.
-Un
Campo per i Greci e
uno per i Romani- s’inserì Damon. Se
n’era stato buono, fermo e zitto per così
tanto tempo che mi ero quasi dimenticata della sua esistenza. Beh,
quasi.
-Esatto,
il primo ad Est
ed il secondo ad Ovest. Ci furono talmente tante dispute tra i due
gruppi che
vennero separati e gli dei fecero in modo che i semidei non sapessero
l’esistenza l’uno dell’altro-
continuò Laura.
-Tuttavia,
in alcune
occasioni, mentre i mortali facevano le loro guerre, anche i semidei
combattevano sugli stessi fronti. Pensate alla Guerra civile, per
esempio.
Vinsero i greci- aggiunse Alexandra, tanto rapidamente da non poter
dare alla
sorella di elaborare quello che aveva detto.
-Ultimamente
sono state
combattute due guerre molto importanti, la Seconda Titanomachia e la
Seconda
Gigantomachia. Successivamente, gli dei hanno deciso di non tenerci
più
separati e hanno creato il Campo Centrale, dalle parti di St. Louis.
È un vero
e proprio mix di elementi greci e romani, dovreste proprio vederlo-
disse la
spadaccina, con un sorriso nostalgico.
-E
poi, mentre gli dei
greci tendono di più verso la cultura e le arti, come romani
sono più
disciplinati, più uniti e più tendenti alla
guerra. La loro personalità è
cambiata e anche alcuni dei loro attributi e sfere di influenza-
s’inserì
l’arciera.
-Pensate
ad Atena, la dea
della strategia militare, delle arti e della sapienza. Come Minerva
è la dea
degli artisti e dei consiglieri, ma non più della strategia,
quella è andata ad
Ares, che è diventato il romano Marte- commentò
la mora.
-Come
facciamo a sapere di
chi siamo figli?- chiesi, titubante.
-Di
solito mandano un
segno. Per esempio, a Percy è comparso un tridente verde
sopra la testa, mentre
Piper si è ritrovata vestita come ad una cena di gala-
-Poseidone
e…- disse Rick.
-Afrodite,
la dea della
bellezza e dell’amore- rispose Alexandra.
-Ecco,
succede una cosa
come questa- indicò Laura.
Sopra
la testa di Stefan
era comparso un ologramma: un tridente verde con delle ali.
-Incredibile,
figlio di
Poseidone e legato di Atena.
Un’altra
volta-
Aggrottai
le sopracciglia.
-Percy
è figlio di
Poseidone e Annabeth, la sua ragazza, è figlia di Atena. I
loro figli, se mai
ne avranno, saranno legati di
entrambi gli dei-
Le
ragazze si alzarono e
si inchinarono al vampiro, che sembrò piuttosto confuso.
-Ave,
Stefan Salvatore,
figlio di Poseidone, dio del mare, signore dei cavalli, e legato di Atena, dea della saggezza,
della ragione, della strategia
militare, signora delle civette-
Spazietto
dell’autrice:
primo
riconosciuto! Dato
il suo fisico ho voluto farlo figlio di Poseidone, ma vista la sua
indole poco
propensa all’impulsività, l’ho voluto
imparentato con Atena.
Ho azzardato, vero? Ma Atena non è sua nonna, è più una cosa come Frank con il padre di Percy: bis-bis-bis-…nipote.
Sono
consapevole che è una
cosa molto scontata, quella di riconoscere i protagonisti, ma mi sono
sempre
chiesta a che Casa sarebbero appartenuti i personaggi de “Il
Diario del Vampiro”
se fossero stati dei semidei, et voilà!
*Furina
non è altro che il
nome romano di Alecto.
È
un capitolo parecchio
lungo, circa 13 pagine word, e l’avrei fatto più
lungo se non avessi deciso di
riconoscere Stef.
Partono
le scommesse per
decidere di chi saranno figli Damon, Bonnie e gli altri! Io una mia
idea ce
l’ho già… Però Matt e Rick
non saranno semidei, ma semplici umani, perciò non
potranno vedere i Campi. Lo so, sono malvagia con loro, ma non
riuscirei a
tenere in piedi una storia con così tanti personaggi. Ma
Rick ci sarà ancora,
come esperto di mitologia.
Ok,
non ho niente da dire,
tranne che non mi so spiegare, quindi la parte delle ragazze che
tentano di
esprimersi sulla storia greco-romana degli dei mi sarà
venuta uno schifo.
Un’altra
cosa: il
combattimento. Per favore, ditemi se ci avete capito qualcosa, vi prego!
Grazie
a chi ha recensito.
Alla
prossima, semidei e
semidee!
Fire.