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Autore: eltanininfire    17/02/2014    1 recensioni
Bonnie, Stefan, Elena, con tutti i loro amici e Damon, non si aspettavano minimamente di incappare in un segreto più grande ed antico di loro, che abbracciava il mondo intero da oltre 3000 anni, quando decisero di andare in vacanza ad Aprica, in provincia di Sondrio, nell'Italia del Nord.
Probabilmente non sapevano che la loro parentela era più grande del previsto.
ATTENZIONE: CROSS-OVER CON PERCY JACKSON
Pairings principali: PercyXNuovo personaggio; AnnabethXNuovo personaggio; JasonXPiper; MeredithXNuovo personaggio; NicoXNuovo personaggio; BonnieXDamon; ElenaForeverAlone; StefanXAltro personaggio; HazelXFrank; LeoXNuovo personaggio; LauraNonSiInnamora
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore, Elena Gilbert/Stefan Salvatore
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Capitolo 3

 

 

POV LAURA, Aprica (SO), condominio e appartamento Berrigan, lunedì 23/12/13, ore 9,25

 

La sveglia del cellulare suonò, puntuale come sempre. Lo cercai a tentoni e la spensi, riemergendo dalle coperte. Un mal di testa lancinante mi colse le tempie e la nuca.

Emisi un gemito sofferto.

-Che c’è?- mugulò Ale. Probabilmente l’avevo svegliata.

-C’è il sole e io ho un’emicrania da far paura al Minotauro- borbottai.

-Quindi c’è papà!- esclamò, improvvisamente piena di vita. Quella che io non avevo, specialmente di prima mattina.

Io ripiombai nel cuscino, che mi strinsi intorno alla testa per non sentire il chiasso che faceva mentre scendeva dal letto e si dirigeva verso la cucina.

Canticchiava addirittura! Non era stonata, ma di prima mattina non avevo intenzione di sentire nulla fino almeno alle undici!

A fatica mi alzai anche io, raggiungendo Ale, la quale stava già facendo colazione.

-Sarebbe veramente comodo avere un’aura tutta per noi- bofonchiò, riferendosi alle ninfe del vento che ci servivano al Campo Giove.

-Le nostre driadi non sono così veloci- spiegò.

-Il vento è sempre più veloce, soprattutto degli alberi- scherzai.

Rise con me ed era bello vivere con lei, mi sollevava il morale. Era sempre così solare e divertente che mi impediva di pensare che mio padre era il dio degli inferi e dei morti, oltre che delle ricchezze della terra.

Mangiai in fretta la mia fetta di pane, burro salato e marmellata ai mirtilli e bevvi il mio caffelatte.

Ero pronta ad affrontare una nuova giornata qui ad Aprica, senza fare nulla.

-Quando andiamo a vedere “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug”?- chiesi, certa che, prima o poi, ci saremmo andate.

-Dopo Natale, la prossima domenica-

Era così strano non essere al Campo, non alzarsi alle sette per allenarsi, non sottrarsi agli scherzi dei figli di Ermes, non fuggire dai figli di Ares e non dover sopportare quella piattola di Ottaviano.

Ma era piacevole starsene con le mani in mano, in licenza, senza costruire qualcosa, senza buttarsi dalle aquile giganti, senza morire affogata, senza essere inseguita dai mostri perché sei la figlia di uno dei Tre Pezzi Grossi dell’Olimpo.

Anche se mi mancava prendere in mano la mia spada di ferro dello Stige, dono di mio padre. L’avevo chiamata Tenebris, “Oscura” in latino, perché era nera come la notte più buia.

Ci preparammo velocemente. Avevamo deciso che quella mattina saremmo andate a pattinare.

Una strana sensazione dilagò nel mio petto, schiacciandomi il cuore.

Mi voltai all’improvviso verso la porta.

-Che succede?-

-Ho un presentimento, uno brutto-

-Tu hai sempre brutte percezioni, Laura-

-Sono certa che questa volte è reale-

Manco a dirlo una seconda volta che avvertimmo un forte tonfo nell’appartamentino davanti al nostro, seguito da varie imprecazioni, anche in italiano.

Un secondo ed eravamo pronte a combattere. Tenebris era spuntata fuori da un braccialetto nero e l’arco di Ale, Photos, comparve da un anello doppio a forma di cetra.

Ci catapultammo fuori da casa nostra e ciò che vedemmo ci lasciò di sasso: Alecto, Megera e Tisifone volteggiavano appena sotto l’alto soffitto, gracchiando come tre corvi.

Imprecai in latino. Le Furie, tutte e tre, erano qui, in Italia. Non era un buon segno.

-Oh!- esclamò Megera. –Altre semidee!-

Le altre gorgogliarono in armonia. Probabilmente ridevano per la loro fortuna.

Dalla porta sfondata dalle Furie erano usciti dei ragazzi, circa sette in tutto.

Avevano detto “altre” mezzosangue, probabilmente qualcuno di loro era della nostra stessa specie.

-In quanto figlia del vostro signore, vi ordino di andarvene!- gridai, ma loro sibilarono e scesero in picchiata.

Mi passarono vicino, graffiandomi con gli artigli e urlandomi nelle orecchie.

Con una rocambolesca capriola, riuscii a decapitare Tisifone, la cui essenza venne assorbita da Tenebris mentre si dissolveva in polvere.

Alecto e Megera non la presero bene. Si scagliarono contro di me, decise a farmi fuori, ma non avevano calcolato Ale e le sue frecce.

Un dardo tagliò l’aria e si conficcò nel petto di Megera, che fece una faccia sorpresa prima di sgretolarsi, l’essenza spedita nel Tartaro.

Ora rimaneva solo Furina*.

Sorrisi, spietata, e feci un passo avanti.

Quella ringhiò, frustrata dalla perdita delle sue sorelle. Dispiegò le ali da pipistrello e scomparve dalla porta d’ingresso dell’edificio.

Avevo l’adrenalina a mille e il cuore che pompava sangue come un tamburo.

-Tu… tu ci hai salvato… la vita…- balbettò una ragazza bionda, dall’aspetto un po’ ebete e fanciullesco.

Appoggiai la lama di Tenebris sul polso e la spada di ferro dello Stige ritornò alla sua forma mascherata. Ale fece lo stesso con Photos.

-Erano le Erinni, vero?- saltò su un tipo più adulto degli altri.

-Non pronunciare i nomi, sono potenti- lo redarguii, secca. Un tuono era risuonato in lontananza quando aveva pronunciato il nome dei mostri che avevano attaccato lo strano gruppetto.

-Credo sia meglio che veniate dentro, non si sa mai- disse la mia amica bionda, indicando la porta del nostro appartamento.

Annuii e la raggiunsi.

-Perché dovremmo seguirvi?- chiese sospettoso un ragazzo che assomigliava tantissimo al leader del Campo Mezzosangue, solo che era molto più pallido del figlio di Poseidone.

-Perché se no quella ritorna con i rinforzi e noi siamo soltanto in due. Volete morire per caso?- risposi, sarcastica al massimo.

Probabilmente ero riuscita a convincerli, perché si mossero titubanti verso di noi.

-Guardate che non vi mangiamo mica- aggiunse Ale, sorridendo diabolicamente.

-Così non si direbbe, Sis-

Lei mi guardò come se non sapesse di cosa stavo parlando, ed io scoppiai a ridere.

Quella fu l’incentivo giusto per farli entrare in casa nostra.

Riassumendo la mia mattinata: mi ero svegliata con un mal di testa degno di Atlante che sorregge il Cielo, poi ho dovuto combattere contro Furina e le sue sorelle, e adesso mi toccava spiegare il mio mondo, troppo complesso per dei novellini, a persone che probabilmente non ne sapevano niente.

Di bene in meglio.

 

 

POV BONNIE, Aprica (SO), condominio e appartamento Berrigan, lunedì 23/12/13, ore 10, 15

 

Eravamo comodamente seduti a fare colazione quando quelle tre cose erano spuntate fuori dal nulla e si erano avventate su di noi.

Damon e Stefan erano immediatamente saltati in piedi, tentando di colpire quelle vecchie con le ali, ma erano maledettamente veloci.

Io mi appiattii contro il frigorifero e mi lasciai cadere a terra, terrorizzata e confusa. Iniziai a pregare per un intervento divino che scacciasse via quei mostri.

Meredith, Alaric ed Elena cercavano di dare una mano, ma non riuscivano a fare niente contro quelle tipe alate.

Matt seguì il mio esempio e si sedette, fulmineo, sul pavimento, coprendosi la testa con le mani quando la credenza sopra di lui esplose per il colpo di una delle vecchiette.

I due vampiri aumentarono la velocità e la potenza dei loro colpi, ma ottennero il solo risultato di essere catapultati contro la porta dell’appartamento, sfondandola. Avvertii anche qualche borbottio del Salvatore più grande, che dal tono dovevano essere delle imprecazioni in italiano, perché non ci capii nulla.

Le “pipistrelle” volarono fuori, girando in cerchio come gli avvoltoi che aspettavano la morte delle loro prede.

Tutti noi ci alzammo, raggiungendo Damon e Stefan, i quali si stavano riprendendo.

Proprio in quel momento una porta si aprì, rivelando due ragazze.

La prima era bassina e assomigliava tantissimo al maggiore dei due fratelli vampiri: capelli ed occhi neri, interamente vestita di scuro, con un mano una corta spada nera dall’aria letale.

La seconda, invece, era la fotocopia di Elena: alta, bionda, occhi verdi, atteggiamento regale, sguardo fiero. L’unica cosa diversa era il grande arco lavorato con oro che impugnava con sicurezza, puntandolo contro i tre mostri.

La mora imprecò in una lingua a me sconosciuta fino ad questo momento, quando capii che aveva mandato al “Tartaro” le tre cose. Come diavolo facevo a sapere una lingua mai sentita?

-Oh!- esclamò una delle vecchiette. –Altre semidee!-

Le altre emisero in gorgoglio inquietante. Semi-cosa? Io non mi sentivo molto divina, soprattutto in momenti come questi.

La stessa ragazza che aveva imprecato avanzò, ponendosi in mezzo tra noi e loro. –In quanto figlia del vostro signore, vi ordino di andarvene!- gridò, ma loro sibilarono e scesero in picchiata.

Urlai per lo spavento. Quelle le erano passate accanto, graffiandola con gli artigli e costringendola ad arretrare.

Con una capriola e tentando un fendente dall’alto, la tipa riuscì ad uccidere una dei mostri, non quella che prima aveva parlato definendole delle semidee.

Le altre due s’infuriarono, gettandosi contro la spadaccina.

Tuttavia una freccia dorata tagliò l’aria e si conficcò nel petto di quella che aveva parlato per prima, che fece una faccia stupita prima di dissolversi in una strana polvere color del sole.

Ora ne rimaneva solo una.

La ragazza sorrise, spietata come solo Damon sapeva essere, e fece un passo avanti.

Quella ringhiò, frustrata dalla perdita delle sue sorelle. Dispiegò le ali da pipistrello e scomparve dalla porta d’ingresso dell’edificio.

-Tu… tu ci hai salvato… la vita…- balbettò Elena.

La mora appoggiò la lama della spada sul polso e quella diventò… un braccialetto? Ora ero sicura di stare impazzendo. La bionda fece lo stesso con l’arco, che si trasformò in un anello doppio.

-Erano le Erinni, vero?- saltò su Alaric, che era eccitatissimo.

-Non pronunciare i nomi, sono potenti- lo rimproverò secca la combattente. Difatti un tuono era risuonato in lontananza quando Rick aveva pronunciato il nome del trio demoniaco.

-Credo sia meglio che veniate dentro, non si sa mai- disse l’arciera, indicando la porta del nostro appartamento.

L’amica la raggiunse.

-Perché dovremmo seguirvi?- chiese sospettoso Stefan.

-Perché se no quella ritorna con i rinforzi e noi siamo soltanto in due. Volete morire per caso?- rispose la mora, sarcastica al massimo.

Aveva ragione. Lentamente attraversai l’ingresso.

-Guardate che non vi mangiamo mica- aggiunse la bionda, sorridendo diabolicamente.

-Così non si direbbe, Sis-

L’arciera guardò l’amica come se non sapesse di cosa stava parlando, e lei scoppiò a ridere.

Se queste ragazze ci avevano salvato la vita e volevano proteggerci, allora perché non andare con loro?

-Ferma- mi intimò Damon, invece.

-Chi siete?- continuò.

-Alexandra e Laura Berrigan- rispose la bionda, come se fosse ovvio.

-Che diavolo erano quelle?-

-Le Benevole, mostri mitologici dell’antica Grecia e dell’antica Roma- disse l’altra.

-Sentite, è meglio se entrate che così possiamo spiegarvi tutto con calma. Non possiamo farlo se restiamo qui in mezzo alla porta e dove tutti possono sentirci- intervenne di nuovo l’arciera, Alessandra.

Entrammo nell’appartamento. Era molto simile al nostro, solo che era omologato per sei persone.

Era tutto in legno chiaro, noce probabilmente, ed era molto spazioso.

Ci sedemmo tutti quanti al grande tavolo al centro del salotto.

Le presentazioni furono veloci e loro strinsero la mano ad ognuno di noi.

-Ok, sentite. Quello che vi dirò poterà sembrarvi il parto di una persona fuori di testa, uno schizzofrenico allucinato, ma è tutto vero. Voglio che lo teniate bene a mente mentre vi spiegherò chi siamo io e mia sorella-

-Quella è tua sorella? Non vi assomigliate per niente- s’intromise Damon, con il suo solito tono sarcastico.

-Ti assicuro che io e lei siamo sorelle. Siamo cresciute insieme e i suoi genitori mi adottarono quando i miei morirono. Perciò si, siamo sorelle- disse l’altra ragazza, Laura, avvicinandosi pericolosamente al vampiro.

Aveva in mano una bottiglietta contenente un liquido dorato e lo stava versando in due bicchieri, uno per sé e uno per la sorella.

-Ok, il fatto è questo: gli dei dell’Olimpo esistono sul serio da cinquemila anni e quando ne hanno voglia scendono sulla terra e… come posso dire?- iniziò la bionda.

-Rimorchiano i mortali?- le rispose la mora, con un sorriso storto degno di Damon.

-E nove mesi dopo, puf! Nasce un semidio o una semidea- finì Alexandra.

-Quindi noi siamo semidei e semidee- ragionò Meredith.

Dopo aver rimesso via la bottiglietta ed essere tornata nel salotto, Laura si rivolse direttamente a lei. –Beh, non proprio. È possibile essere dei legati, ovvero non figli, ma nipoti, pronipoti e così via degli dei. Una mia amica è nipote di Venere e di Vulcano-

-Voi da chi discendete?- chiese Stefan.

-Noi siamo semidee di prima generazione, ovvero uno dei nostri genitori è un dio o una dea. Provate ad indovinare- disse l’arciera, tirandosi su la manica sinistra della felpa e poi della maglietta, imitata dalla sorella.

Entrambe avevano un tatuaggio, ma in comune avevano solo la scritta SPQR. La bionda aveva uno strano simbolo sopra di essa, come uno strumento musicale molto antico che non riuscivo a collocare; sotto c’erano quattro cicatrici verticali.

La mora, invece, aveva un geroglifico nero, come una croce con le braccia curve e una testa o un omino con tre gambe; sotto c’erano sette cicatrici.

-SPQR? Senatus PopolusQue Romanus ? “Il Senato e il Popolo di Roma”?- allibì Alaric.

Laura annuì e si rimise a posto la manica della felpa, seguita dalla sorella.

-E il glifo sopra… l’ho già visto… Plutone, giusto?- A sentire il nome del dio, l’interpellata trasalì come se avesse ricevuto una scossa. Rick lo prese come un si.

-E quello strumento, una cetra. Apollo, credo-

-È così, sono figlia del dio del sole, della musica, della medicina, della poesia, del tiro con l’arco e degli scapoli- Quando disse l’ultima parola, Alexandra arrossì e Laura alzò gli occhi al cielo.

-Io, invece, sono orgogliosamente figlia del dio degli Inferi, dei morti e delle ricchezze della terra- s’inserì la mora, ostentando un tono di voce molto simile a quello di Elena quando criticava una ragazza, facendo il confronto con se stessa.

-Solo che Ale è figlia dell’Apollo greco, mentre io sono figlia di Plutone, che è Romano- aggiunse.

-La differenza dove sta?- chiese Stefan, che si stava perdendo. Come me, del resto.

-Allora, gli dei dell’Olimpo, all’inizio, erano greci e lo sono stati per tanto tempo, ma poi si spostarono a Roma, seguendo il cuore della civiltà occidentale, e lì vi rimasero per quasi lo stesso periodo di tempo, creando un grande impero. Successivamente si spostarono in Francia, Inghilterra, Germania, ma in tutti i Paesi dove andavano, rimanevano influenti i periodi Greco e Romano. Perciò, quando si spostano in luogo nuovo, non uno, ma ben due Campi per semidei sorgono nel nuovo Paese- spiegò Ale.

-Un Campo per i Greci e uno per i Romani- s’inserì Damon. Se n’era stato buono, fermo e zitto per così tanto tempo che mi ero quasi dimenticata della sua esistenza. Beh, quasi.

-Esatto, il primo ad Est ed il secondo ad Ovest. Ci furono talmente tante dispute tra i due gruppi che vennero separati e gli dei fecero in modo che i semidei non sapessero l’esistenza l’uno dell’altro- continuò Laura.

-Tuttavia, in alcune occasioni, mentre i mortali facevano le loro guerre, anche i semidei combattevano sugli stessi fronti. Pensate alla Guerra civile, per esempio. Vinsero i greci- aggiunse Alexandra, tanto rapidamente da non poter dare alla sorella di elaborare quello che aveva detto.

-Ultimamente sono state combattute due guerre molto importanti, la Seconda Titanomachia e la Seconda Gigantomachia. Successivamente, gli dei hanno deciso di non tenerci più separati e hanno creato il Campo Centrale, dalle parti di St. Louis. È un vero e proprio mix di elementi greci e romani, dovreste proprio vederlo- disse la spadaccina, con un sorriso nostalgico.

-E poi, mentre gli dei greci tendono di più verso la cultura e le arti, come romani sono più disciplinati, più uniti e più tendenti alla guerra. La loro personalità è cambiata e anche alcuni dei loro attributi e sfere di influenza- s’inserì l’arciera.

-Pensate ad Atena, la dea della strategia militare, delle arti e della sapienza. Come Minerva è la dea degli artisti e dei consiglieri, ma non più della strategia, quella è andata ad Ares, che è diventato il romano Marte- commentò la mora.

-Come facciamo a sapere di chi siamo figli?- chiesi, titubante.

-Di solito mandano un segno. Per esempio, a Percy è comparso un tridente verde sopra la testa, mentre Piper si è ritrovata vestita come ad una cena di gala-

-Poseidone e…- disse Rick.

-Afrodite, la dea della bellezza e dell’amore- rispose Alexandra.

-Ecco, succede una cosa come questa- indicò Laura.

Sopra la testa di Stefan era comparso un ologramma: un tridente verde con delle ali.

-Incredibile, figlio di Poseidone e legato di Atena. Un’altra volta-

Aggrottai le sopracciglia.

-Percy è figlio di Poseidone e Annabeth, la sua ragazza, è figlia di Atena. I loro figli, se mai ne avranno, saranno legati di entrambi gli dei-

Le ragazze si alzarono e si inchinarono al vampiro, che sembrò piuttosto confuso.

-Ave, Stefan Salvatore, figlio di Poseidone, dio del mare, signore dei cavalli, e legato di Atena, dea della saggezza, della ragione, della strategia militare, signora delle civette-

 

 

Spazietto dell’autrice:

primo riconosciuto! Dato il suo fisico ho voluto farlo figlio di Poseidone, ma vista la sua indole poco propensa all’impulsività, l’ho voluto imparentato con Atena.

Ho azzardato, vero? Ma Atena non è sua nonna, è più una cosa come Frank con il padre di Percy: bis-bis-bis-…nipote.

Sono consapevole che è una cosa molto scontata, quella di riconoscere i protagonisti, ma mi sono sempre chiesta a che Casa sarebbero appartenuti i personaggi de “Il Diario del Vampiro” se fossero stati dei semidei, et voilà!

*Furina non è altro che il nome romano di Alecto.

È un capitolo parecchio lungo, circa 13 pagine word, e l’avrei fatto più lungo se non avessi deciso di riconoscere Stef.

Partono le scommesse per decidere di chi saranno figli Damon, Bonnie e gli altri! Io una mia idea ce l’ho già… Però Matt e Rick non saranno semidei, ma semplici umani, perciò non potranno vedere i Campi. Lo so, sono malvagia con loro, ma non riuscirei a tenere in piedi una storia con così tanti personaggi. Ma Rick ci sarà ancora, come esperto di mitologia.

Ok, non ho niente da dire, tranne che non mi so spiegare, quindi la parte delle ragazze che tentano di esprimersi sulla storia greco-romana degli dei mi sarà venuta uno schifo.

Un’altra cosa: il combattimento. Per favore, ditemi se ci avete capito qualcosa, vi prego!

Grazie a chi ha recensito.

Alla prossima, semidei e semidee!

Fire.

   
 
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