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Autore: Fauna96    17/02/2014    2 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo dedicato a BJ <3 Happy birthday, Saint Billie! :*


Murder City

Luglio 2009
Christian si svegliò con un gran mal di testa, come se un  Martello gli stesse picchiando sulle tempie. Chiuse gli occhi con un sospiro, anche se il sonno ormai era scivolato via. Non altrettanto si poteva dire del volto che lo perseguitava nei sogni.
La schiena era a pezzi per il fatto di essersi addormentato sul sedile della macchina, praticamente incastrato tra la portiera e Sal. Lui dormiva ancora, e anche i due ai posti di guidatore e passeggero russavano della grossa.
Tentò di raddrizzarsi cautamente per non svegliare l’amico e fece mente locale, come ogni mattina da qualche tempo a quella parte. Sono Christian. Ho diciotto anni. Sto andando in California. Sto cercando di disintossicarmi. Un lungo sospiro. Non ho la più pallida idea di dove sia la ragazza che amo.
 
Potevano essere passati minuti come anni a quando Gloria se n’era andata lasciandolo lì. Da quel momento in poi, le giornate si erano susseguite pallide e slavate, con lui abbandonato a se stesso e alle sue pillole. Non aveva capito perché lo lasciassero stare lì come un morto vivente senza buttarlo fuori a calci nel culo. Forse gli faceva pena. E comunque non disturbava in nessun modo: semplicemente tentava di ricordarsi se valesse ancora la pena di vivere e, se no, cosa ci facesse ancora lì. La cosa migliore da fare probabilmente sarebbe stata spararsi un colpo in fretta, ma era troppo, troppo codardo. Era più comodo imbottirsi di medicinali fingendo che lo aiutassero a star meglio, mentre lo trascinavano sempre più nella tomba. L’unico pensiero lucido che ogni tanto si affacciava nella sua mente obnubilata era che Gloria non c’era più, Gloria se n’era andata perché lui non era stato capace di occuparsi di lei come doveva. All’inizio, forse, era stato arrabbiato con lei; poi con se stesso. Ora invece non provava più assolutamente nulla. Si era come scordato di essere vivo.
A farglielo ricordare era stata quella giovane donna che in un certo qual modo avevo sovrapposto all’immagine di Gloria. Buffo, perché non le somigliava neanche un po’ fisicamente... e a ben vedere, nemmeno di carattere. Tuttavia, quell’incontro gli aveva dato come una scossa elettrica. Svegliati, Christian! Cazzo, fai qualcosa!
Come prima cosa, avrebbe dovuto gettare nel cesso quelle dannate pillole, ma era abbastanza intelligente da sapere che interrompere di botto gli avrebbe solo causato crisi di astinenze, oltre alle sue solite, acute e insopportabili ormai. Dunque, bisognava diminuire le dosi, ma stavolta sul serio. Era stato allora che aveva fatto il secondo incontro che gli aveva salvato la vita.
Sal, Tunny e Alec venivano da New York ed erano diretti in California, come molti altri giovani.
La California era a pezzi. Letteralmente. Christian non avrebbe mai immaginato una situazione del genere: guerriglia continua, morti per le strade. Era uno spettacolo apocalittico e in casi così dovevi essere svelto a scegliere da che parte stare, perché era facile finire per terra nel proprio sangue per una parola sbagliata.
I tre ragazzi erano californiani di origine, anche se erano mancati da casa per molti anni; avevano deciso di tornare per dare manforte ai ribelli, o, come diceva Tunny, “a fare il culo ai bastardi del Governo”. Tunny non era estraneo alle proteste: cinque anni prima, aveva fatto parte di un gruppo anarchico, che poi aveva abbandonato dopo la strage di LA. Christian ricordava vagamente quell’episodio (aveva dodici anni all’epoca) ed era rimasto piuttosto sbalordito nel sentir raccontare la storia un po’ diversamente da come i giornali avevano riportato.
Tunny era fuggito ed era finito a New York, dove aveva messo su una band con Sal ed Alec, ed erano pure diventati moderatamente famosi.
“Ma casa è casa” aveva detto Tunny. “Non possiamo abbandonare così mamma California”.
In un impeto di buoni sentimenti e pietà (Christian non avrebbe saputo definirlo diversamente) avevano portato con loro quel ragazzino smarrito e mezzo drogato, completamente abbandonato a se stesso.
 
- Murder City? Che razza di nome è? –
Tunny si strinse nelle spalle. – Che devo dirti? Così mi hanno riferito. E’ la prima base che si trova. E la migliore. Chi lo sa, magari potrei incontrare qualche mio conoscente – Si mise a elencare tutti i tizi che avrebbe potuto o voluto incontrare, mentre Christian staccò il cervello, emettendo solo qualche sporadico “mmm”. Tunny gli stava simpatico, per carità, ma se iniziava a parlare, nessuno lo fermava più. Anche a lui sarebbe piaciuto incontrare una certa sua conoscente...
- E mi ricordo benissimo il giorno in cui si sono incontrati lei e Jesus! Lui era svenuto davanti alla porta di casa nostra e lei ci ha inciampato sopra! –
- Jesus è il tizio che ti manda tutte le informazioni? – si informò Alec, interrompendo quel fiume di parole.
- Proprio lui! Era davvero un bel tipo... strano, e un po’ fuori, forse, ma... mi è dispiaciuto che non fosse venuto con me a New York –
Sal alzò gli occhi al cielo e si voltò verso Christian. – Tutto bene? – si informò a bassa voce -.
Christian annuì abbozzando un sorriso. Sal era quello che lo teneva sott’occhio, nel senso che era lui che gli razionava le pillole e stava attento alle crisi. Gli piaceva, Sal, sempre molto calmo e impassibile, ed era rassicurante sapere di averlo accanto in quelle situazioni. Ma non era come avere Gloria, certo. Non sarebbe mai stato nulla come prima.
 
Gloria si ritrovò praticamente al centro di un cerchio composto da ragazzi e ragazze armati e dai vestiti strappati, i capelli spesso tinti di colori improbabili; l’unica cosa che accumunava quel bizzarro esercito era che, sotto forma di sciarpa o toppa, tutti mostravano fieri le stelle e le strisce.
Il capo, Gary, era un tipo quasi buffo, dato che era basso, con la testa tonda rasata; ma quando passava, tutti si scostavano con  rispetto. La bandiera americana, lui l’aveva addirittura tatuata sul braccio. Fissò Gloria direttamente occhi negli occhi, dato che era alto quanto lei. Al contrario di Timmy, non le chiese che una cosa: il suo nome. Poi alzò le spalle e decretò che poteva restare quanto voleva. Anzi, se avesse voluto unirsi a loro, sarebbe stata più che benvenuta. Detto questo, le voltò le spalle e se ne andò per i fatti suoi.
Gloria rimase ferma, con un palmo di naso. Tante storie, e poi la lasciavano lì, così? Anche gli altri ragazzi si dispersero in fretta, tornando alle loro incombenze e Gloria si guardò intorno, alla ricerca di quella ragazza che le aveva dato il foulard, o di Timmy, le uniche facce conosciute. Tuttavia, non vedeva nessuno dei due e infine decise di mettersi alle calcagna di Gary.
- Scusa! – gli gridò dietro. – Aspetta... vorrei chiederti una cosa! –
Gary la fissò quasi scocciato, in attesa.
- Per caso, conosci un ragazzo di nome Jimmy? E’ uno alto,un po’ mi somiglia... dovrebbe avere ventidue, ventitre anni circa -.
- Conosco tre Jimmy, ma nessuno ti somiglia- fu la risposta lapidaria -.
- Oh – Gloria fece un passetto indietro. – Capisco... ehm, grazie -.
- Senti, non ho intenzione di averti in mezzo ai piedi tutto il giorno: trovati qualcosa da fare, ok? – Gary si infilò le mani in tasca, osservandola. – Che so, va’ a fare la sentinella, fai amicizia con qualcuno...  basta che non intralci -.
Gloria spalancò la bocca, indignata, ma il fiume di insulti che avrebbe voluto riversare su di lui fu (provvidenzialmente) bloccato dall’arrivo di un latro tizio. – Gary! Tunny è arrivato! –
La bocca sottile di Gary si distese in un lieve sorriso. – Era ora -.
 
- Questa è Murder City? – domandò Christian stupito. Sembrava quasi un campeggio. Un campeggio malmesso, tra l’altro.
- Ti aspettavi una vera città? – ridacchiò Tunny. – E’ già tanto che abbiano le tende, cazzo! Ah, non vedo l’ora di ritrovare il vecchio Gary e tutti gli altri... Oh! – sgranò gli occhi nel vedere una ragazza bionda correre verso di lui. – Che ci fai qua? – le gridò, stritolandola in un abbraccio prima che Christian riuscisse a vederla bene in faccia.
- Tunny! – rise lei. – Quanto tempo! –
Christian fece vagare lo sguardo sulle teste dei ragazzi che li circondavano. E il suo cuore si fermò.
  
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