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Autore: Jackie_    18/02/2014    1 recensioni
Vi capita mai di desiderare di essere invisibili?
Di sentirvi tremendamente soli, ma al tempo stesso di temere la solitudine?
Capita anche a voi di convivere con una costante e irrequieta ansia che vi stringe proprio lì, all'altezza dello stomaco?
Inoltre, esiste un posto dove avete paura di andare pur sapendo che se ci andaste la vostra vita migliorerebbe?
Mi chiamo Camryn e la mia risposta a tutte quelle domande è sempre sì.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Otto

Le settimane passarono in fretta; cambiarono solo i giorni sul calendario.

Mi preparo al servizio. Faccio rimbalzare la pallina un paio di volte accanto al mio piede sinistro, la sollevo in aria e la colpisco con tutta la forza che riesco a canalizzare nel braccio.
Fallo.
Scuoto piano la testa innervosita, passandomi il polsino sulla fronte per asciugare il sudore.
È un momento decisivo: vantaggio esterno e la mia avversaria potrebbe vincere game, set e match con questo punto. La pressione mi rende difficile concentrarmi, osservo il punto dall’altra parte del campo nella speranza che basti visualizzarlo nella mia mente per rendere la traettoria reale. Lancio la pallina in aria e tenendo lo sguardo fisso sul campo la colpisco.
Qualche millesimo di secondo e un coro di “NO!” gridato con forza segna il mio doppio fallo.
Cado in ginocchio, sfinita e delusa, e quando alzo lo sguardo la mia avversaria mi guarda con un sorriso beffardo.
“Ho vinto io, Camryn!” esulta Sophie esibendosi in un ghigno.
È in quel momento che mi sveglio di soprassalto. Ho il fiato corto e la terribile sensazione che quella Sophie tennista (grazie a Dio era solo un incubo) avesse ragione. Aveva vinto. Mi aveva completamente stracciata ad un gioco al quale pensavo di saper giocare, ma la realtà è che lei dettava le regole e teneva il coltello dalla parte del manico.
Sono ormai tre settimane che non parlo con Alex da sola, che rimango in camera quando gli altri vanno a divertirsi al Rifugio. Sono tre settimane che Jack non mi rivolge la parola.
Mi metto a sedere sul letto stringendo al petto le ginocchia per nascondervi il viso. Non ce la faccio più, odio questa situazione, eppure non so come uscirne.
“Cam…stai bene?” la voce dolce di Yuki mi distrae dai miei pensieri, ma non rispondo né mi muovo.
Sento il rumore leggero delle coperte che vengono spostate e in pochi secondi è seduta accanto a me e mi circonda affettuosamente con un braccio.
“Cosa sta succedendo? È per via di Jack?”
Annuisco piano e non riuscendo più a trattenermi inizio a piangere. Sollevo lo sguardo sulla mia amica e i suoi occhi addolciti e preoccupati abbattono ogni mia difesa.
Sophie ha vinto.
“Non è solo per Jack…” –comincio tirando su col naso- “È per colpa di Sophie…”
E a quel punto non riesco più a fermarmi. Le racconto tutto, ogni singola cosa, a partire dal giorno del mio compleanno quando avevo pregato Alex di tenere segreto il fatto che la sua famiglia avesse pagato per me.
Le racconto di come lui mi ha tradito raccontando tutto alla Vipera; di come lei mi abbia incastrata obbligandomi a recitare la parte della sua migliore amica se non volevo che rivelasse a tutti il mio segreto. Le racconto di come Jack mi crede una bugiarda e di come non ho idea di cambiare la situazione.
Yuki mi guarda impassibile, senza dire una parola. Aspetta pazientemente che io mi sfoghi e finisca il racconto. Poi mi abbraccia.
“Ah, Camy, non avevo idea che quella dannata Sophie potesse arrivare a tanto! Su, non piangere…le cose non sono così gravi come sembrano. Innanzitutto non vedo perché tu voglia tenere nascosta una cosa del genere ai tuoi amici. Ti vogliamo bene, che importa chi ha pagato la tua retta?” dice con tono gentile passandomi una mano sulla schiena.
Non so cosa risponderle. Non ho mai analizzato troppo il motivo che mi ha spinto a omettere un tale particolare della mia vita, ma credo sia stato perché temevo di venire…discriminata.
All’inizio dell’anno conoscevo solo Alex, ero spaventata e intimidita da tutti quegli eredi milionari e finii per sentirmi un’emarginata ancor prima di mettere piede nella scuola.
Poi automaticamente realizzo la verità.
“Perché io stessa un tempo davo importanza a certe cose.” –le confesso abbassando lo sguardo- “Qualche anno fa non avrei avuto alcun problema a permettermi questa scuola. Frequentavo un collegio femminile davvero prestigioso, guardavo tutti dall’alto al basso, ma poi… mio padre è stato arrestato per frode, così io e mia madre ci siamo ritrovate sole e senza un soldo.
So cosa pensano i ragazzi ricchi dei poveracci con un passato come il mio alle spalle. Lo so perfettamente perché anche io ero una di loro. Quindi sì, me ne vergogno.”
Questa volta Yuki non dice niente, si limita a stringermi la mano dandomi silenziosamente ragione.

Nel pomeriggio il mio umore è migliorato notevolmente: aver raccontato tutta –ma proprio tutta- la verità a Yuki è un sollievo, non mi sento più così sola (anche se la mia amica non mi capisce totalmente).
Il suo tentativo di convincermi a confessare a Jack le ragioni del mio strano comportamento inizia a ridarmi una certa speranza. Forse lei ha ragione, dopotutto Jack non mi è affatto sembrato quel tipo di ragazzo. Per quanto infantile sotto certi (molti) aspetti, sa essere maturo e dai valori forti. Me lo ha dimostrato decidendo che non voleva avere nulla a che fare con una bugiarda come me.
Probabilmente avrebbe capito, mi avrebbe perdonata e tutto sarebbe tornato come prima.
Sì, il mio umore è decisamente migliorato!
L’incubo di quella notte, comunque, è tornato a tormentarmi, ma questa volta Sophie non c’entra nulla.
Fra una mezz’ora cominceranno le selezioni per il torneo regionale di tennis delle scuole e l’idea di poter partecipare mi affascina e terrorizza allo stesso tempo. Non so se sono all’altezza, ma un tentativo voglio farlo. Devo dimostrare a me stessa che valgo qualcosa, il tennis riesce sempre ad aiutarmi in qualche modo. Ma non vi dico che pressione! Almeno metà scuola si è riunita intorno ai campi per poter osservare i cinque dei trenta studenti che rappresenteranno l’istituto alle regionali.
“Buona fortuna, Camryn!” mi saluta Yuki con un veloce abbraccio e corre sugli spalti prendendo posto accanto ad un Rian sorridente che mi fa il segno “okay” con la mano.
Inspiro ed espiro lentamente, cercando una concentrazione che so non troverò.
Cinque su trenta. È impossibile che io ce la faccia.
Avrei proprio bisogno, ora come ora, dell’unica persona che è riuscita a farmi credere nuovamente in me stessa.
Però…probabilmente Jack non è nemmeno venuto.
Stringo più forte la racchetta ed entro in campo per la prima partita.
Sono partite flash per fare più in fretta, ma sono più…letali. O la va o la spacca. Perdi un solo set e sei fuori.
A metà pomeriggio sono sfinita, ma –non so come- sono arrivata in finale. Esatto, sono una dei dieci. Non saprei esattamente spiegare come sia successo, probabilmente un misto di fortuna e rabbia repressa che mi permetteva di colpire la palla così forte che quasi non mi sembrava possibile.
In ogni caso, sto iniziando ad elettrizzarmi, vedo la possibilità di partecipare al torneo sempre più vicina, riesco quasi a toccarla. Un’ultima partita, un solo set da vincere.
Così mi lego i capelli in un’alta coda ed entro in campo con una nuova determinazione. Forse, se mi impegno, posso davvero farcela.
Mi volto verso gli spalti per cercare lo sguardo d’incoraggiamento di Yuki che pazientemente è rimasta lì seduta per ore e in quel momento lo vedo.
Jack, qualche gradino più in alto della mia amica, sta sorridendo. Quel sorriso meraviglioso che mi ha catturata fin da subito. È venuto a vedermi? È bellissimo e non posso che sorridere di riflesso, sentendomi finalmente bene dopo tre lunghissime settimane.
Almeno finché il mio campo visivo non si allarga. Non sta sorridendo per qualche scemenza detta da Alex come mi era subito saltato in mente, no. Sta sorridendo ad una ragazza dai capelli rossi che non ho mai visto. Le sta sorridendo come sorrideva a me e… la sta baciando come baciava me.
La racchetta mi cade accanto ai piedi e rimango immobile per qualche interminabile secondo. Il mio allenatore si avvicina preoccupato, raccoglie la racchetta e me la mette in mano chiedendomi se sto bene.
Io sposto lo sguardo su di lui e con un sorriso amareggiato bisbiglio: “Ho perso.”





Author's corner
Eccovi il nono capitolo appena sfornato! Che ne pensate? Di certo non sono capitolo proprio allegrissimi... ma che ce volete fa'! Un ringraziamento speciale a Layla e Nikl_ATL che sono gentilissime e recensiscono sempre sempre!** Eccovi un muffin :3 E voialtri!! Prendete esempio!! ;)
Grazie per aver anche solo letto,
alla prossima!

  
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