Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Jay_Myler    22/02/2014    0 recensioni
In questo gioco mi ha sempre colpito molto Castiel, e forse è proprio per il suo disegno nella pubblicità che, incuriosita, sono andata a vedere di che cosa si trattasse Dolce Flirt. Ma quando nei primi due episodi ho incontrato Ken, non ho potuto fare a meno di trattarlo bene e – come avrete visto se avete mai giocato – quando il personaggio, la Dolcetta per intenderci, rispondeva male a Ken o pensava cose cattive su di lui, la riprendevo ad alta voce come una pazza che parla al suo computer. Poi si sa, stiamo parlando di un gioco di dating game, una visual novel, era scontato che quell'anonimo ragazzetto occhialuto sarebbe diventato uno strafigo e così trattandolo bene e tenendo il suo peluches sul comodino l'ho aspettato con ansia e il mio trattarlo bene ha ripagato i miei sforzi.
Spero vi piaccia e buona lettura.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Kentin, Nathaniel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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Il tempo gioca degli strani scherzi, corre quando non deve e quando vogliamo che passi inizia a rallentare sardonicamente, scandendoti ogni secondo come un infinito secolo di rassegnazione e sofferenza, facendoti aspettare invano a fissare un orologio che sembra non muoversi mai. Poi ci sono quei momenti in cui attendiamo che le ore passino, i minuti, i secondi addirittura, perché stiamo aspettando qualcosa di particolare, un evento importante, ed è in questi momenti che il tempo dà il meglio di sé, dandoci non solo l’impressione ma la certezza che i minuti non passano mai e che, anzi, quasi quasi tornano pure indietro solo per farti rimanere un altro poco sulle spine. Ed era proprio in una di queste situazioni che si trovava Kentin, nell’attesa estenuante di una mezz’ora che non passava mai, con la lancetta dell’orologio fissa su quel sei, intenzionata a non schiodarsi da quel numero, come se avesse deciso di metter su famiglia. Quell’orologio era sempre stato odiato da tutti gli studenti: in bella vista sulla parte frontale del liceo mostrava a tutti che era l’ora di entrare in classe ed iniziare a studiare pacificamente – per altri forzatamente – in un ambito colmo di gente sgradevole o con più autorità di te. Ma non era questo che faceva tremare le gambe di Kentin, non questo che gli faceva gorgogliare lo stomaco, non era questo il motivo che faceva stringere tra le mani del ragazzo dei poveri pezzi innocenti dei suoi cargo stile militare. L’ambiente intorno a lui era la quintessenza del silenzio, un rumoroso, fastidioso, imperterrito ed assordante silenzio che gli faceva perdere ancora di più la calma.
La lancetta si era mossa di un paio di minuti.
Silenzio.
Possibile che in questa seconda ora, in cui regnava una calma assoluta dove lui era l’unico elemento errato che disturbava quella quiete così apparentemente bucolica, nessuno avesse saltato la lezione, nessuno avesse fatto ritardo e che ci fossero soltanto lui ed i suoi pensieri seduti uno a fianco all’altro sulla stessa panchina, sotto l’albero che gli faceva ombra in quella calda giornata primaverile? Ma perché stava in ansia, cosa lo turbava così tanto, cosa gli faceva fissare così intensamente una lancetta d’orologio?
Un invito scritto, trovato per caso nel suo libro di chimica; un bigliettino abbastanza anonimo, scritto con una bella calligrafia… a dire la verità quel tipo di scrittura, così pulito, così curato, così delicato, non lo aveva mai visto, nemmeno sui quaderni della persona che pensava fosse il mittente. Il suo libro, per una mezza giornata era stato nelle mani di una sua vecchia compagna di classe delle medie, una sua vecchia fiamma che era anche una sua attuale compagna delle superiori e soprattutto la sua attuale fiamma. Fiamma era dire poco per lui, questo sentimento se lo portava dentro da molti anni, ma lui aveva deciso di resettare, di ricominciare da capo e così era stato, alla fine avevano deciso di fare come se si fossero appena conosciuti. C’erano ancora delle cose da chiarire, che stavano lentamente iniziando a prendere forma, ma non voleva forzare la mano, aspettando ansioso che venissero tutti i nodi al pettine, uno per volta. Possibile che nella sua mente ci fossero così tante cose che lo rendessero ansioso?
Possibilissimo.
Da quando aveva conosciuto Ivy era in perenne ansia, ma da quando la stava frequentando, come ragazza, ufficialmente, davanti agli occhi di tutti, beh… era decisamente più in ansia del solito, ed ora questo criptico biglietto che lo invitata ad andare nella serra per incontrarla, là dove un anno prima avevano passato tante belle giornate a coltivare piante e fiori di ogni genere, quel posto che gli era così familiare, lo faceva tremare di paura al solo pensiero di doverci mettere piede tra meno di dieci minuiti.
A quanto pare perdersi nei propri pensieri faceva passare abbastanza velocemente il tempo.  
La calura che stava attanagliando tutti quel giorno fu smorzata da una leggera brezza che passò per il cortile del liceo , facendo ondeggiare i rami degli alberi del viale, donando a tutto quel verde ed a quel ragazzo, un attimo di respiro e di freschezza; per essere solo un liceo era ben strutturato, c’erano addirittura più complessi che lo componevano, tutti ben tenuti, completamente immersi nel verde, era sicuramente un bel posto dove trascorrere le giornate se le ore da trascorrere non fossero state designate in aule claustrofobicamente strette e circondato da altre persone.
Si alzò dalla panchina, rilassò i muscoli della schiena tendendo le mani verso il cielo e scosse le gambe che erano in preda ad un leggero intorpidimento per il non averle mosse per un po’; anche se mancavano ancora cinque minuti, pensò che arrivare un po’ in anticipo non avrebbe infastidito nessuno, così iniziò ad avviarsi alla serra.
Era stranamente isolata, non c’era nemmeno Jade che di solito gironzolava sempre da quelle parti a supervisionare tutte le piante, c’era solo un alone di solitudine… probabilmente non era ancora arrivata. Evitando di schiacciare qualche malcapitata pianta dell’orto scavalcò la siepe che circondava la metà del perimetro della serra ed entrò dal retro per non destare sospetti. In tutto l’anno se ci aveva messo piede tre volte era davvero un gran traguardo, considerando che l’anno prima ci passava le intere giornate tra quelle quattro mura di vetro; il caldo si accusava certamente, ma non era più snervante di quello che c’era fuori sotto il sole cocente di metà mattina. Dove si sarebbe dovuto mettere per aspettarla? Seduto su una sedia, con una mano sotto il mento che gli avrebbe dato un’aria intrigante? Seduto a terra come se fosse stato una pianta sbucata dal terreno, oppure appoggiato con una spalla al muro fissandola con aria interrogativa? Alla fine optò per sedersi al solito posto dove si metteva sempre quando andava a parlare con Jade, su un bancone leggermente decentrato, in mezzo ai vasi là sopra poggiati. Non dovette aspettare molto prima che la porta sul retro si aprisse cigolando leggermente nei suoi cardini non abbastanza oliati e fu lì che vide chi lo stava aspettando, ossia il mittente del biglietto.
«Kentin, come stai?» prima si sentì la voce riecheggiare dal fondo, poi si vide un grosso vaso avanzare in prima fila e dopo una schiera di capelli verdi rinchiusi sotto un grazioso cappellino marrone.
«Oh Jade, sei solo tu» disse Kentin sconsolato, vedendo che non era di certo la persona che lo aveva invitato lì alla terza ora.
«Come sono solo io?» gli chiese il ragazzo con un accenno di tristezza ma sempre con un gran sorriso stampato sul volto, mentre poggiava il vaso che aveva appena comprato sul banco di fronte a dov’era seduto il ragazzo.
«Non intendevo questo è che sto aspettando… un'altra persona, ecco tutto»
«Che cosa strana, io stavo aspettando esattamente te invece!» squittì il ragazzo in modo molto allegro e vivace.
«Quindi sei tu che mi hai mandato quel biglietto?» chiese ad un fil di voce Kentin cercando di pensare a che strano giro avesse potuto fare il giorno prima il suo libro.
«Niente di tutto ciò, devo solo parlarti… da tempo dovevo farlo, ma vai sempre così di fretta tu!» disse continuando a sorridere.
Quei sorrisi non finivano mai.
«Non so come tu abbia saputo di venire qui, ma mi hanno detto di fare quattro chiacchiere con te»
«Chi è stato, per caso è stata Ivy, vero? Ne sono certo, perché vuole che mi parli, cosa ho fatto adesso?» esasperò portandosi le mani in viso.
«Calmati dai; non è stata lei, diciamo che è stata una concomitanza di cose che mi ha portato a vederti tornare qui, per poterti finalmente parlarti e mostrati quella famosa cosa!»
Kentin tornò indietro con la mente e si ricordò di quando la prima volta aveva litigato con Ivy che Jade gli aveva offerto un suo consiglio e si era mostrato propenso a mostrargli una cosa, che per mancanza di tempo - e di tatto da parte sua, che era scappato via prima che potesse effettivamente mostrargliela - non si era ancora palesata.
«Ottimo, adesso saprò cosa volevi mostrarmi»
«Già ecco… è che… mi sono scordato» disse ridacchiando il ragazzo mentre si toglieva il cappellino mostrando in pienezza i suoi capelli di quel verde intenso e particolare. «Mentre ci penso mica ti dispiace se continuo qui? Dovrei travasare alcune piante»
«Tranquillo, fai pure; possibile che tu abbia buona memoria solo per piante e consimili?» gli chiese leggermente depresso.
«Scusami davvero, è che torno ora dal negozio di fiori, sono andato a comprare un vaso» disse indicandogli con la mano, che aveva appena infilato nel guanto, il vaso che poco prima aveva portato dentro «Mi ha accompagnata Violet; non so cosa possa centrare con quello che ho da dirti, ma le cose tra di noi stanno andando davvero bene, anche se ultimamente la vedo persa nei suoi pensieri, distante… chissà cosa le passa per quella sua deliziosa testolina»
«Violet è sempre tra le nuvole, non c’è mica da stupirsi se ti sembra assente» disse senza inflessione al ragazzo che si stava infilando anche l’altro guanto.
«Non dire così!» lo riprese Jade, facendo sparire per la prima volta il sorriso dalle sue labbra «Con me sai che si è sempre posta in maniera diversa e più aperta; soltanto perché ti sei rinnovato non vuole dire che ti si sia cancellata la memoria. Meno di un anno fa passavi qui intere giornate e sai molto bene com’è quella dolce ragazza quando si trova a suo agio» Kentin non rispose, lo fissò soltanto come per chiedergli scusa del suo disinteresse, ma lui doveva anche capire che era andato convinto di dover parlare di una cosa importante con la sua ragazza, o almeno con Ivy che era la cosa più vicina ad una ragazza che aveva ora, mente invece si era trovato infilato in una discussione non sua; alla fine non gli avrebbe fatto male distrarsi un po’, quindi iniziò ad ascoltare attivamente.
«Ultimamente è più scostante nei miei riguardi, non so; sarà che sta uscendo con un suo compagno di classe… non che la cosa mi urti, anzi, non mi può far altro che piacere che si apra e che faccia amicizia anche con altri ragazzi ma sento che questa nuova amicizia la sta allontanando da me»
«Hey, che hai sul viso?» chiese allarmato Kentin.
«Dove?» chiese leggermente allarmato Jade.
«Ma lì. Sul viso, al livello della bocca»
Jade si toccò le labbra, non sentì nulla di strano ma la spiegazione dell’altro non si fecero aspettare.
«Hai un broncio al posto del sorriso e noi qui a scuola non siamo abituati a vederti senza un bel sorriso stampato in faccia, quindi smetti di preoccuparti; se può farti stare meglio parlerò con Ivy e chiederò a lei; stranamente si trova sempre in mezzo a tutte queste cose, anche se solo un accenno lo saprà»
Il giardiniere gli sorrise, speranzoso, ma gli disse di non preoccuparsi e che le cose sarebbero andate come dovevano andare,
Continuarono a parlare del più e del meno e senza nemmeno accorgersene Kentin aveva incominciato a dare una mano a Jade nei travasi che stava facendo; poi prese il vaso più grande, quello nuovo e lo poggiò davanti a lui dicendogli che sarebbe tornato con una pianta che si trovava sul retro. Non ci vollero più di due minuti che il ragazzo tornò con in braccio una grande pianta fiorita di calle, le più belle calle che avesse mai visto; avrebbe voluto sperare, in cuor suo, che fossero le calle che l’anno prima stava coltivando con Ivy, ma erano così cresciute che non poteva essere. Da quel poco che ricordava di botanica, le calle andavano travasate all’incirca ogni due anni, e di certo questi non erano ancora passate per le sue calle, queste di certo dovevano essere delle altre.
«Ecco cosa dovevo farti vedere, le calle!» disse Jade con un finto stupore spudoratissimo. «Sono belle, vero? Ti volevo raccontare la storia di questi fiori meravigliosi:
Nacquero tutti come dei piccoli semini graziosi, piantati da una coppia di studenti del liceo; erano forse i semini più amati e coccolati e ben curati di tutta la città. Chi li aveva piantati aveva davvero una passione per loro e per quello a cui erano destinati… una volta fioriti sarebbero stati regalati alla ragazza che faceva parte della coppia, per il suo compleanno. Era stato tutto calcolato, i fiori sarebbero sbocciati proprio nel periodo giusto e pronti per la data prefissata; non mancava un giorno che si prendessero cura di questi adorati fiorellini. La coppia in questione, non era solo una coppia per il progetto, ma anche una coppia nella vita, anche se ancora nessuno dei due lo sapeva. Un giorno accadde però la cosa più triste che potesse succedere; la coppia si sciolse. Lui partì e lei rimase da sola con la pianta. Quell’anno le calle non fiorirono. La pianta sopravviveva e si nutriva della speranza di lei nel voler vedere tornare il suo lui, ma le sue preghiere non furono ascoltate per molto, molto tempo. Ma un giorno, benedetto e maledetto allo stesso tempo, egli tornò, molto diverso e cresciuto, tornando però la fece soffrire, dandole un gran dispiacere ed anche questi poveri fiori lo accusarono, iniziando lentamente e decedere; ma in lei la speranza non era mai morta, quel ragazzo che era tornato così diverso nascondeva in sé ancora la vera essenza del ragazzo che l’aveva abbandonata per forza di causa»
«E come è andata a finire tra i due?»
«Pensavo si fosse capito, no?» gli rispose con un sorriso. «Questa pianta si nutre del loro amore, queste cose le piante le percepiscono e le metabolizzano; ora guardale bene, come pensi che stia andando il loro rapporto? Come vedi queste calle?»
«Stupende, mi ricordano quasi quelle che stavamo coltivando io e…»
Kentin si avvicinò d’un botto a quel vaso di fiori, fissando una piccola targhetta attaccata sul dietro del vaso che portava inciso il nome di chi stava portando avanti il progetto.
«Sono… le nostre? Come sono belle e come sono cresciute e ben tenute… ho azzardato a dire che sono le nostre, ormai sono le sue calle, io non ci ho a che fare da tano tempo, troppo tempo» disse con una nota malinconica nella voce.
«Facciamo così allora, qua me la vedo io, perché tu non vai da Ivy e parlate di quello che vi siete lasciati alle spalle con amarezza?»
I due si guardarono complici, sorridendosi all’unisono, finché Kentin se ne andò via, diretto verso il liceo.

 

 
«Senza che insisti oltre, non sei il primo che me le ha chieste e non sarai di certo la persona a cui le darò; queste sono le mie registrazioni e ci faccio quello che voglio!»
«Ma davvero?» chiese sardonico il ragazzo. «Non so tu quanto ne sappia, ma anche se si parla a livello scolastico non puoi divulgare informazioni che non ti appartengono citando nomi e persone specifiche; mi spiace ma è illegale… hai i consensi?»
Penny iniziava a pensare solo ora che quello scoop non era tanto uno scoop, quanto un vero e proprio impicciarsi nei fatti altrui per divulgarli gratuitamente; la sua brillante carriera giornalistica stava scandendo in un gossip da quattro soldi.
«Ehm, no a dire il vero»
«Come pensavo, quindi. Facciamo un patto, tu mi dai le registrazioni ed io non dico ad Ambra cosa tu volevi fare»
«Non mi spaventa mica quella barbie in calzamaglia»
«Oh, a nessuno mette paura quella lì, ma sappiamo tutti che non è molto simpatica quando porta del rancore a qualcuno; se poi non la vogliamo mettere sotto questo aspetto diciamo pure che la Direttrice potrebbe venire a saperlo che c’è qualcuno che durante l’orario scolastico spia e registra le conversazioni altrui… questo è al di fuori anche dei tuoi compiti, per non parlare del fatto che nella punizione potrebbe rientrare anche un badare a quel malefico cane che…»
«Va bene, va bene… basta!» disse in preda al panico la ragazza. «Eccoti qua, prendile pure, facci quello che vuoi, basta che la responsabilità non ricada più su di me» gli disse mettendogli in mano una cassetta registrata, mentre si rendeva conto di dover cercare qualcosa altro da mettere in prima pagina.

 

 
 
 
«Assemblea?»
«Assemblea» gli confermò Alexy.
«Possibile che mi allontano un attimo e succede che una giornata qualunque diventi assemblea?» sbuffò Kentin ad alta voce.
«Sembra quasi che non ti faccia piacere tornare prima a casa!» disse prendendolo in giro il ragazzo dandogli una leggera pacca sulla schiena che l’altro non gradì affatto.
«Non è questo, è che dovevo parlare con Ivy e sono sicuro che ormai se sia già andata a casa…»
«Ed hai ragione» gli disse senza un minimo di tono rincuorante il ragazzo di fronte a lui. «A dir la verità se ne sono andati via praticamente tutti»
«E tu cosa ci fai qui?»
«Una volta che Nathaniel mi ha firmato il permesso per andarmene, ho deciso di girare un altro po’ per i corridoi» Questo non era del tutto vero, ma di certo non poteva dirgli che stava aspettando proprio lui per dargli il permesso per tornare a casa. «A proposito, prima in classe ne ho preso uno in più per sbaglio, prendilo tu, altrimenti non ti faranno tornare a casa e ti daranno per assente… ti ho coperto io in classe, tranquillo»
«N-non dovevi…» disse grato ad Alexy; non poteva credere che lo stesso ragazzo che lo prendeva in giro per il suo modo di vestire lo avesse coperto e lo avesse aspettato per dargli il permesso da firmare per uscire prima.
«Forza, vai a fartelo firmare e corri da lei, io adesso devo tornare a casa… a domani» gli disse con un tono leggermente triste, il suo salvatore della giornata; senza farselo ripetere due volte corse nella sala delegati per poter uscire e raggiungere Ivy. 


Jay Myler
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