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Autore: mikchan    22/02/2014    1 recensioni
[...] Lei era lì.
Come ogni giorno, alla stessa ora, arrivava a passo lento, stretta nei suoi abiti migliori e con l'immancabile ombrellino abbinato. La osservavo appoggiarsi al muretto che dava sulla costa e fissare assorta per un tempo che sembrava infinito l'orizzonte e le navi placidamente ormeggiate nel porto lì vicino. [...]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Berthe Morisot- Il porto a Lorient]
FUTURO

Lei era lì.
Come ogni giorno, alla stessa ora, arrivava a passo lento, stretta nei suoi abiti migliori e con l'immancabile ombrellino abbinato. La osservavo appoggiarsi al muretto che dava sulla costa e fissare assorta per un tempo che sembrava infinito l'orizzonte e le navi placidamente ormeggiate nel porto lì vicino.
La guardavo da dietro un edificio, nascosto alla sua vista, ma ansioso di non perdere nemmeno un suo respiro. Ogni volta mi chiedevo cosa potesse passare nella sua mente mentre seguiva il sole alzarsi alto nel cielo, quale potesse essere l'enorme dubbio che l'affliggeva e oscurava il suo sguardo. Pensavo che, magari , stesse aspettando l'arrivo di qualcuno, forse il padre, un fratello o un fidanzato, oppure che stesse piangendo la perdita di un caro e volesse stare da sola.
Ogni giorno mi inventavo una storia diversa su di lei: una volta era una nobile signora che aspettava il ritorno dell'amato dalla guerra, quello dopo una vedova, l'altro ancora era una donna che cercava semplicemente un modo per evadere da una realtà che la affliggeva fin troppo.
In ogni caso, diventava sempre più affascinante ai miei occhi. Avrei voluto farmi avanti, parlarle, farle rispuntare il sorriso sulle labbra, ma ogni volta trovavo una scusa per non avvicinarmi. Temevo che mi avrebbe respinto, come d'altronde avrebbe fatto qualsiasi persona normale, che non avrebbe nemmeno ascoltato le mie spiegazioni. Non sarei riuscito a catturare il suo sguardo, a tenerle la mano e assaggiarne la morbida consistenza. Avrei voluto avere il coraggio di confessarle che, da mesi, la osservavo da lontano, incapace di fare altro, forse solo di sognare. Dentro di me sapevo che, rimandando ogni volta, avrei perso l'occasione per aprirle il mio cuore, ma la paura di venire rifiutato era forse più forte di quella di non riuscire a farcela.
Quel giorno indossava un abito bianco, molto elegante e decisamente costoso, i capelli erano acconciati secondo la moda dell'epoca, con un grazioso cappellino nero, mentre il volto era oscurato da un ombrellino bianco. Il suo sguardo era fisso sulle onde che si infrangevano leggere sulla costa e che muovevano le poche barche ancora ancorate, come se le stessero dicendo qualcosa di estremamente importante; il vento fresco che soffiava le faceva volare una ciocca di capelli sfuggita dall'acconciatura e, ma forse era solo una mia impressione, una lacrima solitaria le stava scendendo lungo la guancia. Era bellissima, come sempre. Bella con la sua malinconica semplicità, con i suoi occhi tristi, le labbra strette e le spalle incurvate. Bella mentre si perdeva ad osservare quella natura così calma e rassicurante, che a volte sembrava quasi inghiottirla nel paesaggio e mi pareva quasi di essere davanti ad un meraviglioso quadro, fatto di colori tenui, ma caldi. Esattamente come lei.
Chissà chi sarebbe stata, quella volta, mi chiesi osservandola.
Come ogni giorno, però, nell'esatto momento in cui il sole toccò il suo picco e prima che io mi rendessi effettivamente conto del tempo che era passato, lei sospirò e si alzò dal muretto, incamminandosi verso il centro del paese. Non la seguii, come al solito, limitandomi a non distogliere lo sguardo fino a quando non scomparve inghiottita dalle vie e dai passanti.
Sospirai anch'io, avviandomi poi verso il mio appartamento.
Sarei tornato al porto il giorno seguente, alla stessa ora e avrei continuato ad immaginare la vita di quella donna che mi aveva incantato. Questo, almeno, fino a quando non avrei trovato il coraggio di farne davvero parte.
Quello che non avevo previsto, però, era che non avrei più potuto avere quella possibilità.
Per me vederla ogni giorno era diventato essenziale come respirare, ne avevo bisogno per accertarmi di essere ancora vivo e per non farmi inghiottire dal mio stesso baratro. Un solo sguardo alla sua elegante figura e riuscivo a sorridere come non mi capitava da tempo. Era diventata un'abitudine, un'azione che dovevo necessariamente compiere per poi riuscre a dormire tranquillo la notte.
Per questo motivo, quando il giorno dopo non la vidi arrivare, mi sentii sprofondare.
La aspettai per ore, sempre nascosto dietro al solito edificio, con il cuore che batteva furioso nelle orecchie e il respiro corto, terrorizzato di avere davvero perso l'occasione di sistemare la mia vita.
Tornai al porto anche per i giorni seguenti, nella muta e dolorosa speranza che sarebbe venuta anche lei.
Ma non si fece viva.
I mesi passarono, le stagioni cambiarono, ma io non smisi di recarmi in quel posto, forse per abitudine, forse spinto da quel sentimento che rimbombava nel cuore con forza ogni volta che il mio pensiero correva verso di lei. Ogni volta era una dolorsa pugnalata e mi crogiolavo nella disperazione di avere buttato al vento ogni occasione.
Dopo quel giorno, non la rividi mai più.
Rincominciai a vivere anch'io, ma dentro di me sapevo che quella misteriosa e bellissima donna non mi aveva mai abbandonato. Era sempre lì, al centro di me stesso, come una specie di monito, a ricordarmi che, le occasioni perse, sono poi le peggiori da dover affrontare con noi stessi.




Salve a tutti.
Premetto che questo racconto è nato come esperimento al corso di scrittura creativa che hanno indetto nella mia scuola durante la "settimana dei recuperi". L'idea era quella di lasciarsi ispirare da un quadro (in questo caso si tratta di "Porto a Lorient", di Berthe Morisot) e scrivere un racconto, breve o lungo che fosse, in cui il quadro poteva essere oggetto o soggetto.
Insomma, questo è quello che ho tirato fuori io e, visto che in alternativa starebbe a marcire in una cartella del pc, ho pensato di postarlo e condividere con voi questo lavoro. Chissà, magari vi ho suggerito l'idea per una nuova storia, o semplicemente vi ho fatto perdere qualche minuto delle vostre vite.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se c'è qualcosa da cambiare, qualche dettaglio che non quadra, errori di ogni genere e cose così. Ci tengo davvero a questo lavoro, essendo stato un esperimento e quindi qualcosa che non avevo mai affrontato prima.
a presto
mikchan
  
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