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Autore: LittleCatnip    22/02/2014    2 recensioni
Tre prove.
Due ragazzi.
Un serial killer. E un segreto.
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Cosa succederebbe se un killer sfidasse un ragazzo che non vede l'ora di diventare detective? E cosa succederebbe se gli portasse via il suo bene più prezioso? Tra segreti, avventura e amore, Shawn e Aima si affronteranno.
[Dal capitolo 5]
"... e per chi non l'avesse ancora capito, il gioco inizia ORA." Quando le campane scandirono i dodici rintocchi della mezzanotte si levò a pochi metri da me un urlo carico di terrore che mi fece gelare il sangue nelle vene.
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[Dal capitolo 18]
Sentivo il mio cuore scoppiarmi dentro al petto e batter sempre più forte, mentre piccole goccioline di sudore scorrevano lentamente lungo la mia schiena. Il monaco misterioso estrasse qualcosa dalla tunica e lo lanciò verso di noi. L’oggetto misterioso rotolò fino ai nostri piedi e non riuscii a trattenere un’imprecazione.
L’oggetto in questione era un teschio.
Umano.
Cominciammo a correre.
*le recensioni sono ben accette (:*
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Abusi
 


Attenzione: Il capitolo è un po' rosso.
 
 
 





Il viaggio di ritorno fu più lungo rispetto all’andata. Come prima, il maniaco non parlava e il rumore dei miei tacchi risuonava lungo la via. Questa però, non mi aveva stretto a sé, ma si manteneva a distanza e mi teneva appena la mano, quasi con fare esitante; sembrava un’altra persona. Nonostante la presa insolitamente leggera, riuscivo a percepire il suo corpo tremare, anche se mi era sconosciuto il motivo.
“Ci sono le scale.” Mi avvertì. Scale? Non le avevamo percorse all’andata, avevamo solo camminato tranquillamente. Non prometteva nulla di buono. Salimmo anche quelle in silenzio ed io mi appoggiai un po’ insicura al corrimano, concentrandomi a non cadere per colpa dei tacchi spaventosamente alti. Continuammo a camminare a lungo e non potei fare a meno di chiedermi dove mi trovavo. Neanche la nostra scuola era tanto estesa da dover camminare così tanto.
  Avevo talmente tanti pensieri in testa, che non mi resi neanche conto che c’eravamo fermati. Riconobbi il cigolio stridulo che emettevano le porte e fui spinta dentro alla mia stanza. Mi tolsi la benda e mi guardai intorno, confusa. Quella non era per nulla la mia stanza.
Ci trovavamo in una grande stanza da letto, che era quasi spoglia, fatta eccezione per il letto a baldacchino e una vecchia scrivania di legno. Anche lì non c’erano finestre. Un lampadario elaborato pendeva dal soffitto, ma l’illuminazione era scarsa; sembrava che la stanza fosse illuminata solo da minuscole candele invisibili, che davano ai mobili dei toni caldi.
Feci vagare il mio sguardo ancora una volta e mi accorsi che non eravamo soli. Seduto sul letto, aspettava un ragazzo giovane che dimostrava circa vent’anni. Appena ci vide il ragazzo si alzò e non potei fare a meno di notare che anche lui era pompato ed esageratamente alto come il maniaco. Che avevano gli stessi occhi neri e le stesse labbra.
Prima che potessi fare qualunque cosa, mi ritrovai stretta tra le braccia del ragazzo, la mia schiena contro il suo petto. Sentivo il suo cuore che batteva con calma contro il mio, che invece provocava un terremoto nel mio petto.
“Lasciami!” Mi divincolai, ma ogni mio tentativo fu inutile: la sua presa era troppo salda ed io ero troppo debole per liberarmi.
“Shh, shh, shh.” Sussurrò lui, aumentando la stretta. Nel frattempo il maniaco aveva chiuso la porta e si era girato verso di noi. Sul suo viso si susseguivano giochi di luci e ombre creati dal lampadario.
“Oh, andiamo, dolcezza, non devi avere paura di noi.” Si avvicinò lentamente finché non fu a un passo da me. Riuscivo a sentire l’odore metallico del sangue.
“Che cosa volete da me? Perché sono qui? Dovevate portarmi nella mia stanza!”
“Cazzo, papà, non mi avevi detto che fosse così curiosa.” Rispose il ragazzo. Papà?!
“Scusa Nick, mi è passato di mente.” Ci aggirò e si sedette sulla scrivania, bevendo da una bottiglia che vi si trovava sopra. Nick mi fece voltare in modo che potessi guardare il maniaco negli occhi. Un brivido mi attraversò la schiena.
“Che c’è, hai paura? Stai tremando tutta, bambolina.”
“Lui … lui è tuo figlio?!” balbettai.
“Wow, è anche perspicace. Niente male davvero.” Rispose Nick al posto suo, mentre provava a darmi un bacio sulla guancia. Voltai il viso bruscamente nascondendolo in parte nel suo petto, in parte dietro i miei capelli. Suo padre rise.
“Smettetela! Lasciatemi andare!”
“È inutile che urli, dolcezza.” Disse il maniaco. “Ti spiego perché sei qui.”
“Esatto, così avrà un’idea di cosa siamo capaci.” Approvò suo figlio.
“Che significa? Non capisco.” La mia voce sembrava un unico lamento.
“Sono ben venti anni ormai che lavoro per il Magister. Ho iniziato quando ne avevo venti, quando la mia compagna era in procinto di partorire Nick. Io ero giovane, arrogante e disperato; non riuscivo a trovare lavoro e mi servivano i soldi per la mia famiglia. In quei tempi le persone di colore non erano ancora viste bene e sempre che non fossi un prodigio o un talento, nessuno ti degnava di uno sguardo. Io però non ero bello, né tantomeno capace di fare qualcosa fuori dagli schemi. Vagai a lungo in tutto il paese, alla ricerca di un incarico. Ero disposto a fare qualsiasi cosa per garantire un futuro roseo a mio figlio.
Giunsi a St. Hylton che lui aveva pochi mesi. Riuscii a trovare un piccolo appartamento in uno dei quartieri poveri e a pagare l’affitto con i risparmi di mia moglie. Per disgrazia però, morì in un incidente, mentre io assistevo alla scena impotente. Stava attraversando sulle strisce pedonali, con Nick sul passeggino, quando un’auto arrivò a folle velocità  li travolse entrambi. Accorsi immediatamente, ma per lei non c’era più nulla da fare. Nick invece, era stato spinto via verso il marciapiede opposto e il passeggino lo aveva  protetto dal forte impatto.
Senza lavoro, senza soldi e con un bambino piccolo a mio carico, dovevo fare qualcosa. Lavorai in nero in un ristorante per un periodo, ma tutti quel che guadagnavo serviva per lui, ed io non avevo niente per me, neanche per mangiare. Iniziai a diventare pazzo, letteralmente. Portavo sempre un coltello con me, avevo smesso di prendermi cura del bambino e mi ubriacavo a tutte le ore.
Finché un giorno, mentre stavo tornando a casa dopo l’ennesima uscita notturna, incontrai di nuovo la Mercedes rossa fiammante, l’auto che aveva ucciso il mio unico amore. La seguii confondendomi tra le ombre e alla fine vidi un uomo scendere dall’auto e avviarsi verso la sua casa. Fui colto da una rabbia cieca cui non seppi resistere. Lo uccisi lentamente, tagliandogli ogni singolo dito di entrambe le mani, strappandogli via la pelle, accecando i suoi occhi. E alla fine, dopo il colpo di grazia, continuai a pugnalarlo finché non fu completamente squartato.
Ero talmente concentrato nel mio intento, che non m’accorsi di essere solo. Qualcuno mi stava osservando e mi fece una proposta. Avrei lavorato per lui svolgendo degli incarichi semplici e veloci, sarei stato i suoi occhi e le sue orecchie nei quartieri poveri della città. Lo avrei accompagnato nel suo cammino, in cambio di denaro. Quel qualcuno era Aima.”
Non riuscii a trattenere un respiro soffocato. Adesso iniziavo lentamente a capire. Come un gatto che si muoveva fluidamente tra le ombre, così si muovevano le immagini di quegli avvenimenti nella mia mente. Nel frattempo, Nick aveva allentato un po’ la presa, rapito dalle parole del padre.
“Gli sarò sempre riconoscente per tutto quello che ha fatto per noi. Io rapivo qualche persona, uccidevo un banchiere sì e l’altro pure e ogni mese puntualmente mi ritrovavo con un bel mucchietto di soldi in mano. Semplice e pulito. Passavo quasi tutto il mio tempo con mio figlio e gli davo qualunque cosa desiderasse: un giocattolo, un telefono, una troia con cui passare la notte. E adesso anche lui sta seguendo le orme del padre, servendo il Magister com’è giusto che sia.”
Il maniaco lanciò uno sguardo compiaciuto al figlio, che rise divertito.
“Ora, come ho già detto prima, sono molto devoto verso il Magister.” Riprese a parlare. “E non sopporto che qualcuno gli manchi di rispetto.”
Mi si rizzarono i peli sulla nuca. Non appena mi mossi, la stretta tornò quella di prima, potente e inespugnabile.
“Che cosa volete farmi? Lasciatemi!”
“Sh …” disse Nick. “Non ti agitare, sarà divertente.”
Non gli diedi ascolto. Mi dimenai con tutte le mie forze, ma tutti i miei tentativi erano inutili. Sapevo cosa volevano fare con me e stavo entrando nel panico. Mi costrinsi a mantenere la mente lucida e riprovai a pensare alle tecniche che Shawn mi aveva mostrato centinaia di volte con scarso successo. Ero troppo scoordinata per imparare le arti marziali o anche semplici mosse di autodifesa. Maledissi mentalmente me stessa. Se ci fosse stato Shawn lì con me, li avrebbe già stesi da un pezzo, anzi, non avrebbe neanche permesso a Nick di stringermi così tanto a lui. Shawn però non c’era, ed io sarei dovuta uscirne in qualche modo da sola.
Sentii un tocco deciso sulla coscia e feci un salto dallo spavento. Nick aveva cominciato a fare la sua esplorazione.
“Non mi toccare!”
“Oh, guarda papà, tira fuori gli artigli, la ragazza.” Commentò Nick.
“Volete abusare di me?”
Non sapevo da dove fosse uscito il coraggio di dirlo. Forse lo avevo sempre avuto ed era spuntato fuori nel momento del bisogno, come se fosse la mia Spada di Grifondoro.
Per un istante nella stanza calò il silenzio più assoluto. Il maniaco aveva smesso di bere dalla bottiglia e l’aveva appoggiata sulla scrivania. Persino i muscoli delle braccia di Nick erano immobili.
Dopo di che scoppiarono a ridere.
“Beh, dolcezza, chiamalo come vuoi. Noi la chiamiamo festa, ma se tu lo vuoi chiamare abuso … fa pure.”
Iniziai a urlare di rabbia, dicendo loro di starmi lontana e di lasciarmi in pace. Nel frattempo il maniaco aveva tirato fuori qualcosa da un cassetto. Nick invece era concentrato a darmi dei baci sul collo e sulle spalle, spesso e volentieri lasciando scorrere la lingua. Inorridii a quel contatto così strano e disgustoso che non avevo mai provato in vita mia; un vuoto in pancia mi fece capire quanto fosse grande la paura che si stava impossessando di me.
Poi, senza alcun preavviso, Nick mi spinse in avanti verso il maniaco che mi prese al volo e che cominciò a eseguire lo stesso rituale del figlio. Credevo che stessi sul punto di piangere, ma le lacrime le avevo esaurite prima dell’incontro con Aima, e in parte fu un bene. Nessuno avrebbe dovuto vedermi piangere.
“Basta! Lasciatemi stare, maledetti bastardi!”
“È inutile che continui a urlare; questa stanza ha pareti speciali, nulla di tutto ciò che è detto qua dentro, si sente fuori.”
Non m’importava. Avrei lottato per la mia salvezza graffiando con le unghie e mordendo con i denti, se necessario.
Nel frattempo il maniaco strappava i lembi del vestito e della giacca, ridendo di gusto e continuando a torturarmi con i suoi baci disgustosi.
Dopo essere stata sbattuta un paio di volte da una parte all’altra della stanza, come se fossi una pallina da tennis, finii sull’enorme letto. Per un breve istante ebbi la sensazione che volessero smettere, che non avrebbero continuato, ma quel piccolo barlume di speranza si spense così velocemente com’era venuto. Senza preavviso, due labbra s’incollarono alle mie: Nick era sdraiato sopra di me e mi stava schiacciando con tutto il suo peso. I suoi non erano dei baci, ma delle pretese: spingeva la sua lingua in avanti e cercava di incontrare la mia, ma riuscii a serrare i denti e a rimanere immobile. Sentivo il sapore del sangue delle sue labbra fredde sul mio palato, ma non cedevo. Il ragazzo, spazientito, iniziò ad accarezzarmi la coscia, salendo sempre più su …
Urlò di dolore e si ritrasse da me come una molla, accasciandosi a terra e portandosi le mani alla bocca. Io mi affrettai a sputare saliva e sangue sul pavimento lucido.
“Maledetta troia!”
Mi colpì in pieno viso con uno schiaffo talmente potente che mi mandò a gambe all’aria e che mi spaccò il labbro. Atterrai per terra, davanti alla scrivania e continuai a sputare sangue e saliva. Portandomi una mano alla bocca, capii che mi aveva spaccato il labbro inferiore. Bastardo.
Mi alzai lentamente e gli sorrisi, per dimostrargli che non avevo paura di lui, anche se stavo morendo dentro. Appena avevo percepito che le sue dita ruvide si stavano inoltrando sotto il cortissimo vestito, avevo reagito d’istinto, mordendogli la lingua con tutta la forza che avevo. Schiaffo a parte, la mia era stata un’idea geniale.
Purtroppo però, mi ero completamente dimenticata della presenza del maniaco. Corse a dare manforte al figlio, mi caricò in spalla, mi lanciò sul letto, si sedette sopra di me e mi bloccò entrambi i polsi sopra la testa. Lo schiaffo ben assistito mi aveva stordito parecchio e dovetti fare appello a tutte le mie energie per far scomparire dal mio campo visivo quelle odiose macchie nere.
“Adesso ti faccio vedere io come godrai, oh sì. Ti pentirai di quello che hai fatto.” Nick era ardente di rabbia.
Estrasse dalla tasca del padre una bustina che conteneva una polvere bianca e un paio di pasticche. Ne estrasse una con calma e me la sventolò davanti al viso.
“La vedi questa? Sai che cos’è?”
Non mi mossi, anche se la mia risposta alla domanda era . Avevo sentito parlare centinaia di volte al telegiornale di ragazze violentate che non ricordavano nulla perché avevano assunto droga da stupro. Ed io sarei stata presto una di quelle.
Nick avvicinò la pasticca con fare minaccioso verso di me ed io scattai in avanti; gli morsi il dorso della mano e la pasticca gli volò di mano. Ricevetti un altro schiaffo, sempre sulla stessa guancia, e dopo varie imprecazioni i due si scambiarono uno sguardo complice.
“Bene. Se non vuoi mangiare la pasticca, vorrà dire che non entrerà più nulla lì dentro!”
Afferrò un lenzuolo e iniziò a strapparlo in tante strisce, mentre suo padre provava a baciarmi, ma rinunciando subito ricordandosi dell’esperienza del figlio. Saggia decisione.
Mentre il maniaco mi apriva la bocca a forza, Nick ci mise dentro un paio di strisce, stando attento che non soffocassi. Poi fermò il tutto con un’altra striscia legata stretta dietro la testa.
Lasciami andare!, provai a dire, ma dalla mia bocca uscì solo un mm, mm, mm!
I polsi invece erano fermi sulla spalliera del letto, anche loro tenuti fermi da più strisce, e così anche le caviglie. Il vuoto allo stomaco cresceva, così come cresceva la mia paura, mentre diminuivano le speranze di salvezza. Avevo sognato la mia prima volta con un ragazzo che mi amasse – in questo caso Shawn – in un posto appartato e con dei preservativi a portata di mano. Nick e il maniaco invece sembravano non avere nessuna voglia a prendere precauzioni, e inorridii ricordandomi di tutte le malattie a trasmissione sessuale che mi aveva elencato Jonathan. Erano sicuramente troppe.
Mentre il maniaco era alle prese con i suoi pantaloni, Nick si stava assicurando che le corde fossero ben strette. Con un gesto veloce si tolse la felpa e i pantaloni, rimanendo solo in boxer e  canottiera. Mi guardava dall’alto con un desiderio palese e sorrideva eccitato. Sentivo la sua erezione dura contro la mia coscia.
Poi si avvicinò e con un coltellino che tirò fuori dalla tasca dei pantaloni, strappò il vestito in più punti, senza però ferirmi. Lo rompeva in punti strategici, sul seno e sulla pancia, e dopo che la stoffa fu ridotta a brandelli, passava la sua mano nelle zone scoperte. Mm, mm, mm!
“Sai bambolina, mi piace quello che vedo.”
Mi baciò sulla mascella, sul collo, sulle scapole. Scendeva con una lentezza estenuante ed io mi dimenavo come una forsennata. La mia concentrazione però era impegnata in tutt’altra faccenda. Dovevo dare l’impressione di essere terrorizzata, così non avrebbe sospettato nulla, ma nel frattempo ero alle prese con i polsi. I nodi erano meno complicati di quelli che mi tenevano ancorata alla sedia e non sarebbe dovuto essere troppo complicato riuscire a liberarmi. Intanto Nick era già arrivato al seno: lo stringeva, lo stuzzicava e lo baciava, provocandomi brividi di angoscia e un’infinita sensazione di disgusto. Poi ricominciò il giro dalle caviglie, salendo sempre più su , e ancora su … mancava così poco per sciogliere qui nodi, maledizione!
“Fermo, Nick.” Disse il maniaco fermando la sua mano. “Lasciane un po’ anche a me.”
Si era spogliato anche lui, ma non del tutto per mia fortuna. Così come aveva fatto il figlio, il maniaco toccava ogni centimetro di pelle che gli capitasse a tiro, mentre con il coltello lasciava dei piccoli tagli sulle braccia e sulle gambe. Il dolore era diventato insostenibile e le forze venivano sempre meno.
“Falla piangere, voglio vedere se ne sei capace.”
Nick obbedì alle parole del padre e mi puntò il coltello sulla guancia, la lama fredda e sporca di sangue in netto contrasto con la mia pelle chiara e bollente.
“Vediamo quanto riesci a sopportare il dolore.”
Iniziò a fare pressione con il coltello ed io strinsi chiusi gli occhi cercando di pensare ad altro. La mia mente però, sembrava essere disconnessa dal mio corpo, che non mi rispondeva più, tante erano le energie che avevo consumato. Solo quando mi sembrò che il coltello stesse per passarmi da parte a parte, lasciai scivolare giù una lacrima, che scomparve nel mare di sangue.
“Ce l’ho fatta, papà! Vieni a vedere!”
Il maniaco si chinò a guardare, mentre tamponava il sangue con un lembo di lenzuolo. “Ora basta con il coltello, Nick. Nel caso dovesse riuscire a reggere questa notte, vorrei ritrovare il suo bel visino ancora intero, quando ce la scoperemo di nuovo.” Le sue parole crude e sprezzanti mi fecero accapponare la pelle. Quella tortura non sarebbe mai finita, né oggi, né domani, né mai. Non potevo fare nulla per evitarlo.
“E ora si fa sul serio.” Disse Nick mentre gettava via il coltello dall’altra parte della stanza. “Lo hai già fatto prima, eh troietta?”
Mi dimenai in risposta, accompagnata dai mugugni causati dal bavaglio. Le corde delle mani si erano allentate, mancava solo il momento buono per colpire.
“Immagino che tu abbia risposto di no.” Rise. “Però guarda il lato positivo: c’è sempre una prima volta.”
In quel momento era seduto sopra di me, ma sulle mie gambe, che cominciò ad accarezzare e a leccare. Mi muovevo talmente tanto che l’intero letto tremava.
“Sh, vedrai che ti piacerà e che un giorno mi ringrazierai.”
Le sue mani raggiunsero il mio sedere e lo massaggiarono. “Hai un culo da far paura.” Sussurrò Nick vicinissimo al mio orecchio. Le lunghe dita avevano afferrato l’elastico delle mutande.
Finalmente sentii di nuovo il controllo delle mie mani. Gli ricambiai il ceffone tirandogliene uno sull’orecchio. Shawn mi aveva insegnato che lì dentro si trovava l’organo che controllava l’equilibro; bastava un tocco leggero per provocare un po’ di fastidio; con uno schiaffo bene assestato invece, finivi temporaneamente KO.
Nick mi cadde addosso e il maniaco, accortosi della situazione, accorse ad aiutarlo. Lo sollevò via da me ed io approfittai della sua distrazione per liberarmi le caviglie e le labbra.
“E tu dove credi di andare?!”
Gli assestai un potente calcio nel basso ventre e lui si accasciò a terra dolorante. Mi alzai da quel letto e corsi verso la porta, ma il maniaco mi afferrò una caviglia ed io caddi in avanti. Sentii un sonoro crack e urlai di dolore; cadendo dovevo essermi  per forza rotta qualcosa. Il braccio sinistro, probabilmente.
Dato che il maniaco non si decideva a mollare la presa, sfruttai i tacchi alti e scalciando riuscii a centrarlo nell’occhio. Urlò anche lui e mi lasciò andare. Fui tentata di portare con me il coltello, ma giaceva sul pavimento dalla parte opposta del letto ed io non potevo permettermi il lusso di rischiare. Mi alzai, mi sfilai le scarpe e spalancai la porta.
Mi ritrovavo in un corridoio che ricordava quello di un ospedale, con i neutri toni di bianco e grigio sulle pareti. Sia a destra che a sinistra c’erano porte e il corridoio sembrava essere infinito. Decisi di andare a destra e corsi più velocemente che potevo. Il braccio urlava di dolore, ma cercai di ignorarlo. Dovevo resistere. I miei piedi nudi protestavano contro il freddo del pavimento.
Arrivai a un bivio. E ora? Da che parte dovevo andare? A destra o a sinistra?
Decisi che non aveva importanza; avevo sfidato la sorte da quando mi ero svegliata legata a quella sedia e potevo benissimo farlo di nuovo. Svoltai a sinistra, e ogni tanto provavo ad aprire qualche porta. Erano tutte uguali, rosso sangue e con la maniglia nera come l’inchiostro, ma erano anche tutte chiuse a chiave.
“Dolcezzaaaaaaaaaaa … dove seiiiiiiii? Tanto ti prendo, non puoi scappare!”
Imprecai e ricominciai a correre. Stavo costringendo le mie gambe a uno sforzo immane, ma non m’importava. Volevo solo uscire da lì senza perdere la mia verginità o la vita.
Percepivo dei passi dietro di me. Mi voltai e vidi il maniaco brandire il coltello ancora sporco di sangue. Mi appiattii a una parete semi nascosta e lanciai le mie scarpe dalla parte opposta.
I due arrivano in fretta. Si guardarono intorno, finché non videro quello che stavano cercando.
“Guarda, papà, Cenerentola ha perso la scarpetta.” La raccolse e la lasciò ricadere subito.
Per quei brevi istanti smisi di respirare. Credevo che il rumore del mio cuore che scalciava nel mio petto potesse tradirmi tanto quanto il respiro affannoso dopo la corsa.
“Non deve essere troppo lontana. Andiamo, ormai non ha più scampo.”
Non appena ebbero voltato l’angolo corsi nella direzione opposta. Non sapevo dove stavo andando, i corridoi erano tutti uguali e il mio senso dell’orientamento mi aveva completamente abbandonato.
Dopo il quinto bivio, mi fermai a riprendere fiato. Nel frattempo il maniaco e suo figlio sembravano essersi volatilizzati, ma invece di tranquillizzarmi, mi sentivo ancora più inquieta.
Corsi di nuovo, ma la mia fuga fu bloccata da qualcuno. Cacciai un urlo, caddi violentemente a terra e sollevai lo sguardo, ammaccata e dolorante. Piedi nudi, pantaloni morbidi bianchi di lino e vestaglia di seta blu notte aperta, petto nudo, maschera bianca. Aima.
Ci fissammo a lungo. Cosa sarebbe successo ora? Mi avrebbe ucciso, consegnato al maniaco? Mi avrebbe violentata lui stesso? Impossibile da prevedere cosa avesse intenzione di fare con me. I suoi occhi azzurri mi fissavano; forse si stava immaginando cosa potesse essermi successo, o forse lo sapeva già e voleva verificare il lavoro dei suoi due scagnozzi.
“Aspetta che ti trovi e poi lo vedi cosa succede! Forse te la sei cavata con quel rammollito di mio figlio, ma con me non hai scampo! Maledetta troia!”
Le imprecazioni del maniaco e le risate del figlio erano vicine. Maledettamente vicine.
Mi sentii afferrare e fui sbattuta violentemente dentro una stanza.
“Resta qui e non fiatare.” Poi la porta si chiuse.
 
 






Saaaalve!
Ok, questo capitolo fa davvero paura. Non so voi, ma mentre scrivevo mi smebrava di essere lì con Maggie a lottare per sopravvivere. Volevo che questo capitolo fosse ‘forte’ perché non mi sembrava giusto lasciare Maggie incolume ancora a lungo. Mi dispiace di averle rotto il braccio, ma così avrò un pretesto per farla stare buona e per concentrarmi su Shawn, che comparirà qualche capitolo più avanti.
Nei prossimi avremo sicuramente un pov Aima e forse un pov Dimitri.
Ora avrei bisogno di un consiglio. Il capitolo secondo voi è un po’ troppo rosso? Devo modificare le caratteristiche della storia o lasciarle così? Help me pleaaaase T.T
Beneeee, detto questo me ne vado e ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisses,
L.C.
  
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