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Autore: Emily Doe    04/12/2004    16 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 2° “Adesso inizi a comprendere?”

Could it be any harder to say goodbye and without you,
Could it be any harder to watch you go, to face what's true


Hermione, senza neppure rendersene conto, stringeva le mani a pugno con tale intensità che sembrava quasi le si stessero conficcando le unghie nella carne. Erano soli. Loro due e nient’altro. Nessuno passava mai in quella parte del parco da quando, qualche anno prima, erano avvenute delle cose per così dire insolite. Il ragazzo incappucciato si sentiva lo sguardo di lei addosso, quegli occhi nocciola, al tempo stesso spaesati ma anche… disgustati. Fece un passo indietro, lasciandole più spazio e si appoggiò con fare stanco al tronco dove poc’anzi si era poggiata la ragazza che ora lo fissava esterrefatta senza riuscire a profferire verbo.
“Dannazione, mi hai fatto prendere un colpo…” Mormorò sfregando le mani l’una contro l’altra, nel vano tentativo di scaldarle un poco.
Hermione Granger, diciotto anni, la studentessa più brillante di tutta Hogwarts ai suoi tempi, mai avrebbe pensato di rimanere così a lungo senza parole. Dopo circa cinque minuti buoni di silenzio, un record per la parlantina che la giovane aveva sempre sfoggiato, il ragazzo si rimise in posizione eretta e si voltò con passo deciso ma elegante, deciso ad andarsene. Ma lei lo chiamò.
“Ehi, aspetta!”
Lui si fermò, quasi spazientito, e, senza voltarsi, le si rivolse in tono innervosito.
“Cos’altro c’è, adesso? Vuoi ancora prendermi a calci ? Non sapevo che voi ragazze mi aveste sempre visto così… effeminato.” E una chiara nota di disgusto vibrò nella sua voce bassa e profonda, ma con una cadenza così terribilmente familiare per Hermione.
La ragazza fece un passo in avanti, con la rapidità di un felino si chinò e raccolse un ciottolo dalle dimensioni di una palla da baseball, e si rialzò brandendolo minacciosamente davanti a sé.
“Tu…” Disse schifata.
Il ragazzo si voltò di profilo, il cappuccio ancora calato sul capo.
“Vedo che la compagnia di Potter e Weasley non ti ha impedito di ricordare i pronomi personali, Granger.” Disse in un tono ironico ma frettoloso. “Se non ti spiace dovrei andare, adesso.”
Hermione non credeva alle proprie orecchie: rinunciava così? Lasciava lei, la migliore amica di Harry Potter, illesa ed in piena libertà, nonostante fosse disarmata e, notò con disappunto, anche decisamente sconvolta? Non poteva essere… ci doveva essere un trucco, un trabocchetto… un qualcosa, diamine! In sette anni di ‘convivenza forzata’ non si era mai trovata da sola con lui senza che il ragazzo le tirasse un brutto scherzo. Offensivo. Cattivo. Perfido. Tutti gli aggettivi più spregevoli del mondo.
Ed invece in quel momento… sembrava… sembrava strano, quasi…
“Cosa… cosa?” Fu l’unica cosa che Hermione riuscì a dire, calcolando che fosse già un grande passo in avanti il fatto che il freddo non le avesse paralizzato anche la lingua.
La figura ammantata si spostò nervosamente da un piede all’altro togliendosi la neve dai pantaloni, un paio di jeans sporchi e tutto fuorché in ottimo stato, osservò con prontezza la ragazza, poi si voltò completamente avvicinandosi.
“Però noto con dispiacere che le tue facoltà mentali non sono più quelle di una volta.” Scosse il capo divertito. “E non dire che io non ti avevo avvertita: la compagnia di quei due ti avrebbe portata sulla cattiva strada.”
Hermione sentiva il freddo intorpidirle i sensi. Come diavolo le era saltato in mente di fuggire così, per una stupida lite con Ron, senza mettersi nulla addosso?
“Cosa ci fai qui?”
Il ragazzo rise sommessamente.
“Avanti, ti do una seconda possibilità: formula la vera domanda che vuoi pormi, vedrai, ce la puoi fare, nonostante gli anni trascorsi con quei due inetti.”
La ragazza deglutì.
“Perché…?”
Il ragazzo sospirò.
“Perché non ti ho fatto nulla? Perché non ti ho uccisa, sventrata, tormentata o anche semplicemente violentata?” Proseguì, assumendo un tono di voce annoiato. “È questo che vuoi realmente sapere, vero?”
Senza pensarci e sentendosi immensamente stupida, Hermione annuì. Lui rimase a fissarla con il viso ancora nell’ombra del cappuccio, poi sembrò sorridere quando un ultimo pallido raggio di sole gli illuminò per un istante il viso appuntito. Hermione non diede segni di sorpresa: non si era sbagliata, aveva intuito proprio bene. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
Stava scendendo la sera.
“Perché mai pensi che dovrei farlo?” Le domandò lui ricominciando a sfregarsi le mani.
Hermione rimase in silenzio.
“Te lo dico io perché. Perché nella mia famiglia è sempre stato così. Dico bene? Tutti la pensano così.” La ragazza fu certa di cogliere una nota particolare nelle sue parole, quasi di malinconia. “… È sempre stato così e così sempre sarà, giusto, Granger? Beh, lasciami dire una cosa: credevo che una persona intelligente come te non credesse a queste… cose.”
In quel momento Hermione si sentì punta sul vivo e si affrettò a parlare.
“No! Non è come pensi! Io… ecco…”
“Lascia che ti spieghi cosa pensi realmente di me e della mia famiglia.” La interruppe lui, assumendo un’aria più aggressiva. “Tu pensi che io debba assolutamente fare quelle cose perché mio padre le ha fatte.”
“No! Io…”
“E voi Grifondoro sareste quelli sempre pronti ad aiutare tutti? Sareste voi quelli privi di pregiudizi e che non sfoggiano mai alcuna ombra di atteggiamento razzista? Siete voi i buoni, giusto? Dico bene?” Così dicendo le si era avvicinato senza rendersene conto ed ora lei si trovava con le spalle contro un albero mentre lui, notevolmente più alto, le stava vicinissimo. Poteva sentire il suo respiro leggermente affannato, come fosse raffreddato, percepiva il calore del suo corpo accanto al suo. “Bene. Ascoltami con attenzione, Granger: questo è razzismo. Condannare ogni singola persona per quello che qualcun altro ha fatto. Mai chiedersi ‘potrà essere diverso?’, esatto, Granger? Perché non può essere… no che non può: esce dai vostri schemi, schemi di eroi perfetti che vivono in un mondo altrettanto perfetto con i loro pregi e difetti, perfetti anch’essi, in cui l’unica macchia siamo noi, sempre noi, perennemente noi.” Non prese neppure respiro. “Ma non vi ponete mai il problema fondamentale del vostro schema perfetto. Quale? Quale sarebbe?” Qui si fermò per un secondo, fissandola dritta negli occhi. “Perché dovremmo essere tutti uguali?”
Hermione era a dir poco sconvolta, non sapeva cosa dire, né tanto meno cosa fare. Non avrebbe mai sospettato di trovarsi in una situazione del genere con lui e sentirlo dire certe cose.
“Ho indovinato, vero, Granger?” Riprese lui, allontanandosi deciso dalla ragazza con una smorfia di disgusto.
Lei non rispose, folgorata dalla cruda realtà della sua affermazione: aveva perfettamente ragione. Era sempre stato così e sarebbe ancora stato così, per l’eternità, nel caso nessuno avesse sconvolto quella orrenda tradizione.
“Lo sapevo. Dentro di me sapevo che niente mai sarebbe cambiato.”
Si voltò e si incamminò verso un vialetto del parco, delle gocce cominciarono a cadere dal cielo nero e saturo di tuoni pronti a scoppiare in tutta la loro potenza. Hermione lo guardò allontanarsi non trovando le parole per una situazione come quella. Il fatto era che… non c’erano parole. Aveva ragione su tutto quello che le aveva appena detto.
“Malfoy!” Esclamò lei involontariamente, mentre il ragazzo stava per scomparire in quel vialetto.
Malfoy si voltò lentamente mentre Hermione si malediceva per averlo chiamato: perché l’aveva fatto? Che senso aveva la cosa? Era stato come se una forza dentro di lei l’avesse costretta a chiamarlo, a parlare con lui… ad avere un contatto qualsiasi con quell’individuo. Quasi come dovesse sfogarsi di alcuni complessi di colpa maturati nel corso degli anni. Non capiva realmente cosa stesse accadendo dentro di lei, ma sapeva che doveva dirgli qualcosa, non sapeva ancora cosa, ma doveva succedere qualcosa. Doveva parlargli. Ma non capiva. Non ancora.
“Malfoy, ecco… io…”
“Lascia stare, Granger. Non vale la pena perdere tempo con gente subdola e schifosa come me.”
E sparì nel buio del vialetto.

**** *** ***

Harry stava disperatamente correndo per il bosco, al buio che nel frattempo era calato, rabbrividendo.
Di Hermione nessuna traccia. Doveva trovarla assolutamente, non poteva in alcun modo permettersi che le accadesse qualcosa di male. Se solo qualcuno avesse provato a torcerle anche solo un capello… lui non avrebbe più risposto delle sue azioni. Hermione era ed era sempre stata la sua migliore amica, e non avrebbe permesso a nessuno di farla soffrire. Si fermò per riprendere fiato asciugandosi il sudore dalla fronte con una manica.
“Harry!”
Il ragazzo si voltò con un’espressione furiosa.
“L’hai trovata?”
Ron non fece in tempo ad aggiungere altro che l’amico gli si avventò contro mollandogli un destro in pieno viso. Non ebbe neppure il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, avvertì un dolore fortissimo al naso e si sentì scaraventato all’indietro. Rimase stordito, seduto a terra per qualche istante. Si toccò il naso: sangue. Alzò gli occhi blu verso l’amico.
Harry se ne stava furioso, con i pugni alzati in posizione di lotta, sembrava poter far andare a fuoco chiunque guardasse.
“Harry…” Fece Ron. “Ma che cazzo fai?!”

*** *** ***

La durezza di quella realtà l’aveva fatta rimanere letteralmente scioccata. Era come se la tristezza e l’amarezza di quelle parole, di quella verità, del suo viso le fosse crollata addosso tutta assieme. Ed era terribile. Mai avrebbe sospettato che un… Serpeverde, soprattutto Draco Malfoy, potesse provare qualcosa del genere.
“Ha ragione… io ho sempre pensato a lui come ad un Serpeverde, non come ad un ragazzo qualsiasi…” Non si preoccupò delle tenebre che l’avevano avvolta completamente. “Forse… forse lui ha sofferto per questo…” Sussurrando si trovò a camminare in circolo. “Anche se mi risulta difficile pensare a Malfoy in questa chiave.”
Sembrava quasi che una parte dell’amarezza che quel ragazzo aveva implicitamente mostrato si fosse attaccata al suo cuore, e Hermione non poteva sapere che quella era solo la più minima parte dell’amarezza che Draco Malfoy provava ed aveva sempre provato.
Sconvolta dalle parole del ragazzo, non si era accorta del fatto che ora era completamente sola, in quel parco.
All’improvviso, continuando a riflettere quasi ossessivamente sulle parole di Draco, come se le avessero dovuto rivelare qualcosa di importante, sentì dei passi dietro di lei. Voltandosi si era aspettata di vedere uno dei suoi due migliori amici, ma davanti a lei c’era solamente un uomo sulla quarantina, barcollante e zuppo di quella pioggia che stava per inzuppare anche lei. Istintivamente Hermione fece un passo all’indietro.
“Desidera?” Chiese con un fil di voce.
L’uomo barcollò fino a lei.
“Ma che bellezza…” Mugugnò con voce impastata dall’alcol. “Vieni un po’ qui che ci divertiamo…”
“Cosa?”
Senza aggiungere altro afferrò una Hermione ancora sorpresa sia per l’inconsueto incontro di poco prima, sia per l’arrivo dello strano individuo, scaraventandola con violenza contro un albero.
“Mi lasci! Mi lasci stare, per piacere!” Disse chiaramente la ragazza, tentando di svincolarsi dall’abbraccio dell’uomo. “Mi lasci, ho detto!”
“Sai che sei proprio una bella ragazza?” Mugugnò ancora quello, il suo alito puzzava fortemente di vodka. “Vedrai che non rimarrai delusa…”
Hermione si sentì ghiacciare il sangue nelle vene: sola. Al buio. Senza bacchetta. Inchiodata ad un albero. Con l’unica compagnia di un ubriacone. Non poteva sperare che fosse troppo ubriaco: se non lo fosse stato? Cercò ancora di divincolarsi dalla sua stretta, senza però ottenere alcun risultato soddisfacente. Mormorava parole sconnesse tra loro, sempre più angosciata, ad un tratto si sentì addosso le mani dell’uomo, che cominciò a toccarla spudoratamente.
“Lasciami andare, lurido maniaco!” Gridò lei mollandogli uno schiaffo in pieno viso.
Tornando ad osservare l’espressione dell’uomo cominciò a pensare che avrebbe fatto meglio a non picchiarlo: sembrava terribilmente furioso. Infatti le strinse una mano attorno al collo, mozzandole il respiro, e la schiacciò ancora di più contro l’albero colpendola con violenza in viso.
“Brutta stronzetta, tanto lo so che vuoi solo quello!” Biascicò a fatica, ma con ira crescente. Hermione non riusciva a respirare, figuriamoci a gridare. Quando sentì che l’uomo, con la mano libera, le stava letteralmente strappando di dosso i pantaloni, chiuse gli occhi abbandonando l’inutile tentativo di scalciare. Le mancava l’ossigeno, non aveva più alcuna forza, sentiva tutti i suoni come ovattati, le girava la testa…
Stupeficium!
Quella voce…
Improvvisamente era libera. Si accasciò a terra, ancora stordita dal colpo e dalla prolungata mancanza d’ossigeno, e si rintanò dietro il tronco dell’albero al quale era stata appena inchiodata. Socchiuse gli occhi piano piano, respirando affannosamente.
“Che cazzo vuoi, moccioso?” Grugnì l’uomo, rimettendosi in piedi a fatica, e dirigendosi, sempre traballante, verso il ragazzo che gli stava di fronte puntandogli contro una bacchetta
“Lasciala stare.” Disse gelidamente lui, senza scomporsi minimamente.
L’ubriaco rise sguaiatamente, rischiando anche di perdere l’equilibrio.
“Perché? Se no che mi, hic, fai?”
Il ragazzo alzò ironicamente un sopracciglio, ma nessuno dei due presenti poteva saperlo, dato che aveva ancora il nero cappuccio del mantello calato sul capo.
“Tornatene a casa.”
Detto ciò, il ragazzo si voltò verso Hermione e fece per raggiungerla. L’uomo rimase in silenzio per qualche secondo, dopodiché sguainò dalla tasca dei pantaloni quello che sembrava un coltello e si lanciò in piena corsa contro il suo avversario.
“Attento!” Riuscì a gridare Hermione con il poco fiato che aveva recuperato.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, con grande agilità ruotò rapidamente su se stesso e si abbassò appena in tempo per schivare quello che sarebbe stato un colpo mortale; rialzandosi fulmineamente gli rifilò un pugno allo stomaco. L’uomo si piegò su di sé tossendo, allora il giovane gli ghermì un braccio torcendoglielo senza pietà. Il coltello cadde in terra e l’uomo si lasciò sfuggire un gemito di dolore tra i colpi di tosse. Il cappuccio gli scivolò giù dal capo, rivelando capelli biondissimi, leggermente scarmigliati, un viso un po’ troppo affusolato, ma regolare ed occhi dello stesso colore della tempesta.
“Questo è giocare sporco,” Sussurrò sfoderando un freddo sorriso che andò ad increspare le sue labbra finemente cesellate. “non me lo farò ripetere due volte.”
Gli puntò contro la bacchetta una seconda volta, osservando con soddisfazione l’espressione terrorizzata e confusa dell’uomo. Bastò una semplice parola sussurrata per far cessare tutto.

*** *** ***

“Che cazzo stai facendo, Harry!?” Fece Ron alzando notevolmente il tono della voce e tornando a fissarsi la mano sporca del suo stesso sangue. “Ma ti ha dato di volta il cervello?!”
Harry si avvicinò furioso e lo afferrò per la felpa, tirandolo in piedi con una forza che mai Ron avrebbe sospettato potesse avere.
“Mi deve aver dato di volta il cervello, sì, quell’organo che tu non hai mai avuto!” Ringhiò furioso Harry spingendo con violenza Ron, nonostante questi fosse notevolmente più alto di lui. Ron era ancora così sorpreso che non capiva assolutamente cosa stesse accadendo al suo migliore amico.
“Non capisco…”
Harry lo colpì allo stomaco, costringendolo a piegarsi leggermente. Il ragazzo strabuzzò gli occhi per un istante.
“Non capisci? Non hai mai capito nulla! Nulla di lei!” Fece per colpirlo nuovamente, ma Ron stavolta reagì strattonandolo lontano da sé.
“Ma cosa vai blaterando, Harry?”
Il ragazzo moro ringhiò sommessamente scagliandoglisi ancora una volta contro, ma Ron aveva i riflessi pronti e si scansò all’ultimo momento.
“LA VUOI PIANTARE?!?!” Gridò esasperato. “Almeno dimmi cos’è successo!”
Harry si fermò e fece una smorfia di disprezzo.
“Che è successo? Che è successo?! Ma non te ne rendi conto neppure adesso?”
Ron cominciava a spazientirsi.
“Senti, se non hai di meglio da fare, io vado a cercare Hermione…”
“È lei il punto! L’hai fatta soffrire… Hai presente quanto le abbiano fatto male le tue parole?”
“Ah, è per questo che stai tentando di spaccarmi la testa?”
“Esattamente. Sei un egoista, Ron! Non te ne è mai fregato un emerito cazzo dei suoi sentimenti.” Si scrocchiò le dita. “Mai.”
Ron proruppe in una risatina nervosa che fece arrabbiare ancor di più il suo amico.
“Io? Ed invece tu?” Domandò pulendosi il sangue con una manica. “Tu cosa hai fatto in tutti questi anni? L’hai capita? L’hai compresa?” Si avvicinò pericolosamente all’amico, con un sorriso sfrontato sulle labbra. “Sei stato migliore di me, Harry?”
Il ragazzo rimase in silenzio, quasi spaesato, colpito dalle sue parole, e Ron smise di sbandierare quell’odioso sorrisetto.
“Hai sbagliato anche tu, Harry, non puoi scaricarmi addosso anche le tue colpe. Ne ho già a sufficienza.”
Neppure questa volta ottenne una replica alle sue esaurienti parole.

If I only had one more day

*** *** ***

L’uomo giaceva immobile in terra, sembrava morto. Draco aveva armeggiato a lungo accanto al corpo disteso sul terreno senza fiatare. Hermione era rimasta nascosta, per così dire, dietro il tronco di quell’albero, tremando per il freddo, la paura, la sorpresa, la voglia di scoppiare in lacrime, il dolore intenso che provava allo stomaco e in zona viso. Dopo una buona manciata di secondi, il ragazzo si alzò, si voltò e si diresse verso di lei. Non appena l’ebbe raggiunta, questa si allontanò gattonando disperatamente all’indietro, la paura negli occhi castani. Il ragazzo inarcò un sopracciglio inginocchiandosi di fronte a lei.
“Guarda che non l’ho mica ucciso…” Disse semplicemente, senza smettere di fissarla negli occhi.
La ragazza tremava violentemente, ormai.
“Cosa… cosa gli hai fatto?”
Draco abbozzò ad un sorriso sarcastico.
“Non vi fidate mai di un Serpeverde, vero? Logico.” I suoi occhi paralizzavano. “Un semplice incantesimo della pastoia. Poi gli ho modificato la memoria… Babbano.” Constatò accennando al corpo alle sue spalle.
Hermione, seduta sul terreno gelido, si sentì inspiegabilmente sollevata, ma anche in imbarazzo: aveva dato prova ancora una volta di esser soggetta a pregiudizi. Il ragazzo la osservava ancora con tale intensità da farla tremare ancor più di quanto non lo stesse già facendo. Lo vide alzarsi lentamente e togliersi di dosso il lungo mantello nero, un po’ logoro in vari punti, per porgerglielo senza dire nulla. Anche lei rimase in silenzio, immobile come una statua.
“Avanti, mettilo. So che non è il massimo, ma questo è ciò che passa per il convento, Granger: rassegnati.”
Lei distolse lo sguardo, come attraversata da una scossa elettrica, da un flusso di energia troppo forte per esser sostenuto, causato dallo sguardo di lui. Lo sentì fare qualche passo, calpestando delle foglie secche che si sbriciolarono sotto il suo peso.
“Perché?” Domandò Hermione, forse per la centesima volta, quella sera.
Lui non si fermò, continuava ad ispezionare l’ambiente circostante, accertandosi di non aver lasciato tracce o cercando di scovare eventuali ulteriori aggressori nascosti tra gli alberi.
“Credo che dovrai allontanarti da Potter e Weasley per ottenere nuovamente il pieno delle tue facoltà mentali. Secondo te perché ti do il mio mantello? Mettilo, stai tremando come una foglia.” Si fermò e la osservò da lontano. “Ti senti male?”
La ragazza si affrettò a scuotere la testa con decisione, ma non poté sfuggirle di notare il fatto che Draco, nonostante si fosse fatto un ragazzo alto e non fosse più il ragazzino mingherlino che era stato a dodici anni, sembrava essere a digiuno da molto tempo. Si copriva di una semplice felpa nera non proprio esattamente pulita, che contrastava con la sua carnagione pallida ed i suoi capelli, ancora biondissimi, ed un paio di jeans logori e sporchi di terriccio. Indossava un paio di scarpe da ginnastica dall’aspetto poco invitante, doveva averle usate a lungo… ma tutto ciò non nascondeva il fatto che fosse un bel ragazzo.
Cosa sto pensando?!? Devo essere ancora sotto shock…
Il ragazzo, sentendosi osservato, si voltò nuovamente.
“Cosa c’è, Granger? Ti meraviglia vedere un Malfoy vestito di stracci? Non sarò vestito come un gentleman, ma ti assicuro una cosa: non ho le pulci, quel mantello puoi anche metterlo.”
Hermione abbassò lo sguardo, rendendosi conto di essere stata troppo insistente nel fissarlo… le aveva letto tutto in faccia. Si mise lentamente il mantello sulle spalle, allacciandoselo sotto la gola e sentì un odore del tutto nuovo, quello di Draco…
Devo essere veramente stanca… o sconvolta. Non capita tutti i giorni di essere salvate da uno stupratore ubriaco nientepopòdimeno che da Draco Malfoy…

“Non intendevo quello…” Mormorò, alzandosi e poggiandosi incerta all’albero che finora era stato il suo ‘nascondiglio’.
Il ragazzo sbuffò e le si avvicinò rapidamente, facendole passare un braccio attorno alle sue spalle. Era più alto di Hermione e la ragazza si vide costretta ad alzarsi leggermente sulle punte dei piedi, nonostante lui si fosse inchinato.
“Ti credevo più forte, Granger. Ti ha fatto male?”
Hermione non osò guardarlo negli occhi, temendo di arrossire come aveva poc’anzi fatto.
“No.”
Un secondo sbuffo di Draco la costrinse a dire la verità.
“Un pugno allo stomaco ed uno in viso, credo…”
Draco le sollevò il viso con delicata fermezza e le osservò l’occhio nero, fino ad allora nascosto dai mossi capelli cespugliosi.
“A questo si può rimediare.” Riprese la sua bacchetta e la poggiò delicatamente all’angolo esterno dell’occhio di Hermione, che non poté impedirsi di sobbalzare. “Non voglio cavarti un occhio. Se avessi voluto farlo, o se avessi voluto farti del male, non credi che non mi sarei sporcato le mani inutilmente ed avrei lasciato quest’onorevole compito al nostro amico?” Lei osservò di sfuggita l’uomo che aveva tentato di abusare di lei ed annuì, sentendo dentro di sé un sentimento nuovo, che mai aveva provato verso Malfoy… fiducia. Non totale, ma, comunque, pur sempre fiducia. Draco mormorò qualche parola e ripose la bacchetta in silenzio. Hermione avvertì una sensazione di sollievo all’occhio colpito e si portò una mano al viso, titubante.
“Purtroppo non posso intervenire sul colpo allo stomaco.” Aggiunse Draco prendendo a camminare, senza smettere di sorreggerla. “Basterà un po’ di riposo.”

*** *** ***

Harry era rimasto in silenzio, seguendo il degno esempio di Ron, mentre camminavano per un buio vialetto, le sole ed uniche interruzioni del loro tacito cammino erano stati dei richiami a gran voce.
“Hermione! Hermione, ti prego, rispondi!”
Erano ormai tre quarti d’ora buoni che i due ragazzi erano alla ricerca dell’amica; cominciavano a scoraggiarsi, ma non intendevano abbandonare l’impresa. Per lei, questo ed altro.
Si fermarono ad un bivio.
“Dividiamoci. Avremo più possibilità di trovarla.”
“Ron…”
Il ragazzo si voltò, cupo.
“Mi dispiace per prima.”
“Lascia stare. Siamo tutti troppo nervosi per quel gran bastardo di Tu-Sai-Chi. Ma ora dobbiamo trovare Hermione.”
Harry annuì.
“A dopo.”
“A dopo…”
Ron andò a sinistra, mentre Harry proseguì la sua strada verso destra.

*** *** ***

Draco si fermò improvvisamente osservando un qualcosa che non poteva vedere, a causa del buio che li incalzava; aguzzando la vista e l’udito, rimase in silenzio, i muscoli tesi come quelli di un cane da caccia che ha appena fiutato la preda… o il cacciatore. Hermione non parlò, intuendo la concentrazione del suo soccorritore.
“Non hai sentito niente?” Le chiese in un soffio il ragazzo, senza abbassare la guardia.
Hermione socchiuse gli occhi tentando di concentrarsi.
“No, non mi pare…”
“Di qua.” Disse fermamente Draco tirandola con sé tra gli alberi.
“Shh!” Le fece segno di rimanere in completo silenzio.
La ragazza, provata dai precedenti avvenimenti, non se lo fece ripetere due volte e tacque all’istante. Il silenzio era assoluto, quasi surreale, e poteva quasi palparlo, toccarlo con mano, tanto era pesante. Passavano i secondi, i minuti… con sorpresa si accorse di riuscire a sentire il respiro lento e regolare di Draco, sembrava tuttavia un po’ raffreddato, ma il suo ritmo le infondeva comunque una strana sensazione di tranquillità. Si sorprese ad ascoltare quel dolce suono ovattato come se fosse l’unica cosa esistente al mondo e sbatté più e più volte le palpebre per cercare di tornare alla realtà, quando Draco le mise una mano sulla testa e la costrinse a nascondersi meglio dietro al cespuglio che avevano usato come protezione.
“Cosa sta succ…”
Ma il ragazzo si portò repentinamente il dito indice alle labbra, senza smettere di fissare il vialetto che attraversava quel tratto di parco dove si erano trovati fino a poco prima. La ragazza, curiosa, si avvicinò al piccolo varco che Draco si era creato con le mani, tra le foglie, per poter osservare ciò che accadeva, e per poco non rimase a bocca aperta quando vide quelli che sembravano cinque Mangiamorte camminare svelti e con aria sospetta.
Trattenne il respiro e sentì Draco fare lo stesso. Impossibile… si stava nascondendo da loro?
“È passato di qui, ne sono certo.” Disse uno con voce bassa.
I cinque si fermarono e si guardarono intorno, muovendosi con scatti nervosi.
“Ne sei proprio sicuro? Sai cosa rischiamo, vero?” Gli chiese un altro scetticamente.
“Ti dico di sì, l’ho visto con i miei occhi! Non mi credi?” Rispose il primo, irato.
Alla discussione se ne aggiunse un terzo, uno leggermente più basso degli altri.
“Non è questo il momento di litigare! Non fate i ragazzini!” Abbassò la voce “Abbiamo ben altro da fare, adesso!”
Gli altri due annuirono, senza sembrare troppo convinti. Con sommo orrore dei due giovani nascosti dietro il cespuglio, i cinque cominciarono a cercare tra gli alberi. Hermione sentì il battito del proprio cuore accelerare a dismisura, e si voltò istintivamente verso Draco che le fece segno di star ferma. L’uomo più basso, quello che doveva essere il capo di quella pattuglia di Mangiamorte, si stava avvicinando pericolosamente al loro nascondiglio; nonostante si sforzasse di sembrare calmo ed impassibile, Hermione percepiva alla perfezione la paura di Draco, accanto a lei. L’uomo sporse una mano guantata verso il cespuglio, stava per scostare le foglie quando un grido catturò l’attenzione di tutta l’allegra combriccola.
“Hermione! Hermione, ti prego, rispondi!”
La ragazza in questione credette di soffocare: quella era la voce di Ron! Cosa ci faceva Ron lì? Rischiava grosso, veramente grosso! Guardò implorante nella direzione di Draco: dovevano fare qualcosa! Ma il ragazzo biondo si limitò a tenerla bloccata lì trattenendola per un polso. Hermione si augurò che avesse avuto un buon motivo per fare ciò, perché se anche solo lontanamente fosse accaduto qualcosa a Ron, lei…
“C’è qualcuno! Presto, andiamo!” Disse l’uomo accanto al loro nascondiglio, cominciando a correre nella direzione opposta dalla quale proveniva la voce.
Quando i passi felpati dei Mangiamorte si furono dileguati, Draco riprese a respirare normalmente. Ma Hermione era ancora terrorizzata.
“Cosa… cosa volevano?”
Lui la guardò di sfuggita.
“Davvero non ci arrivi? Volevano, anzi, vogliono me.”
Lei scosse la testa, incerta.
“E… e perché mai?”
Draco la osservò scettico.
“Mio Dio, Granger, vogliono catturarmi! È così semplice da capire!”
Hermione era ancora più confusa di prima.
“Ma… perché?”
A quel punto il ragazzo si alzò, senza produrre quasi alcun rumore se non il fruscio di alcune foglie, e le porse una mano, come sostegno.
“Diciamo che… non ho seguito la corrente, la via che qualcuno aveva da sempre marchiato a fuoco per me sulla mia stessa pelle.” La aiutò ad alzarsi, ma si trovavano vicini, troppo vicini: Hermione si sentì mozzare il respiro per via di quegli occhi. “Non chiedermi altro, Granger.”
E lei si decise ad ascoltarlo, almeno per quella volta.
Lentamente tornarono sul vialetto, giusto in tempo per vedersi venire incontro un Ron letteralmente sconvolto. Zuppo esattamente come loro, in una felpa troppo piccola per lui, li guardò per qualche istante, nei suoi occhi la sorpresa più totale. Dopodiché impugnò la bacchetta e la puntò contro Draco.
“Mollala immediatamente, lurido verme!”
Draco non reagì in alcuna maniera, si limitò a scostarsi di poco dalla ragazza. Hermione però cercò di intervenire.
“Aspetta, Ron, non è come sembra!”
Ma Ron non l’ascoltava proprio, reso cieco da una rabbia crescente.
“Avrei dovuto immaginare che un viscido serpente come te vagasse ancora per le nostre strade! Tieni giù le tue subdole zampacce da lei o giuro che non rispondo più delle mie azioni!”
“Ron, smettila!” fece Hermione implorante
“Lascia stare, Granger.” Interloquì Draco passandosi una mano tra i fini capelli biondi, scompigliandoli leggermente. “Non preoccuparti, Weasley, io qui ho finito.”
“Che cosa?!” Ron strabuzzò gli occhi, osservando gli abiti strappati di Hermione sotto il mantello nero e logoro. “Brutto porco! Giuro che ti ammazzo!”
Fece per scagliarsi contro il ragazzo biondo, ma Hermione si intromise tra i due. Ron non aveva la minima intenzione di lasciarsi fermare, ma lo sguardo disperato di Hermione ed i suoi occhi lucidi lo fecero placare.
“Non è come pensi, Ron… per favore…”
“Hermione…” Mormorò lui, fissandola negli occhi.
Draco sorrideva, ma il suo era un sorriso alquanto sprezzante.
“Vi lascio soli, Giulietta e Romeo…” Disse senza alcuna enfasi.
Hermione però si girò di scatto.
“Malfoy!”
“Cosa c’è ancora?” Sbottò lui scocciato.
“Lascialo stare, Hermione, cosa puoi aspettarti da un lurido Mangiamorte come lui? Dopotutto è un Serpeverde.” Ringhiò Ron, con i muscoli tesi.
Hermione guardò sconsolata il ragazzo biondo che si voltò lentamente. Si sarebbe aspettata di vedere rabbia, rancore, furore nei suoi occhi… ed invece venne colpita dal suo sorriso. Un sorriso da cui traspariva un’amarezza incredibile, una tristezza assoluta, una malinconia a dir poco struggente.
“Malfoy…” Sussurrò Hermione cominciando a piangere.
Forse erano stati gli avvenimenti appena accaduti, in effetti non tutti i giorni si litigava col proprio migliore amico, si faceva un incontro particolare che rivelava fatti e sentimenti ancor più particolari, si scampava ad un tentativo di violenza carnale e si sfuggiva ad una pattuglia di Mangiamorte… eppure la ragazza era sicura che la tristezza e l’amarezza di quel sorriso avessero contagiato anche il suo cuore. Negli occhi di Draco, il riflesso di un raggio di luna fece capolino tra le nuvole per pochi brevi istanti. Il sorriso sul suo viso sembrò ancora più amaro, ma nascondeva un qualcosa di… dolce.
“Cosa c’è, Granger? Cominci a capire? Dopo tutti questi anni…” Il raggio di luna svanì dal cielo e dagli occhi grigi del ragazzo. “Adesso inizi a comprendere?” Scosse la testa, quasi con una sorta di amara rassegnazione. “Ormai credo sia troppo tardi.”
Nessuno di loro aggiunse altro. Draco Malfoy, senza mantello, completamente bagnato, si allontanò a passi lenti nel buio del viale. Neppure quando li sorpassò i ragazzi dissero qualcosa.
“Non piangere, Hermione… è tutto passato…”
Ron la cinse con le braccia, stringendola delicatamente a sé, e carezzandole leggermente la schiena.
Ma le lacrime di Hermione non erano facili da placare. Quello sguardo… e quel sorriso… erano devastanti. Una tale disperazione non l’aveva mai vista altrove.
Si concesse di piangere liberamente tra le braccia del suo migliore amico, senza preoccuparsi del fatto di essere arrossita, al ricordo di tutto quello che era successo quel giorno e di quel sorriso triste.

If I only had one more day


   
 
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